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Veneto assetato: per riequilibrare il deficit da siccità servirebbero 477mm di pioggia ad agosto

Per riportare la situazione delle precipitazioni nella norma, in Veneto ad agosto dovrebbero cadere 477 mm di pioggia, “ossia quasi cinque volte la precipitazione media di agosto (pari a 101 mm, serie 1994-2021)“. E chiaramente questo è impossibile. Lo sottolinea Arpa Veneto nel suo ‘Rapporto sulla risorsa idrica’ nel quale fa il bilancio sulle precipitazioni, le portate dei fiumi, la situazione delle falde e le nevi nel mese di luglio nella regione.

Partendo proprio dalle nevi, è particolarmente drammatica la situazione sulle Dolomiti (nel versante Trentino il 3 luglio scorso, per il forte caldo, un seracco della Marmolada si è distaccato facendo 11 morti): “In quota nelle Dolomiti – riferisce l’agenzia per l’ambiente – il mese di luglio è stato, dopo il 2015, il più caldo dal 1988, con un valore oltre il 90° percentile (evento raro) rispetto al periodo 1991-2020. Gran parte delle giornate sono state calde oltre la media: il giorno più fresco è stato l’8 luglio, il più caldo il 21. La neve in quota è pressoché scomparsa anche nelle zone glaciali. Lo strato attivo del permafrost nel sito campione di Piz Boè, nella terza decade del mese, è più profondo di circa 80 cm (temperature positive fra i 4.5 e i 5.5 metri di profondità) rispetto alla media (fra i 3.5 e i 4.5 m di profondità)“.

Passando invece alle precipitazioni Arpa dice che “gli apporti meteorici registrati a luglio sono inferiori del 40% rispetto alla media, mentre le risorse nivali sono pressoché assenti. Per la falda acquifera quasi tutte le stazioni monitorate mostrano andamenti e livelli in genere inferiori a luglio 2017 anno in cui, per la maggior parte delle stazioni, si sono raggiunti i livelli minimi degli ultimi 20 anni“. Nel mese di luglio in Veneto sono caduti mediamente in 54 mm di precipitazione; la media del periodo 1994-2021 è di 90 mm (mediana 83 mm).

Dal 1994 sul Veneto sono stati misurati in luglio apporti mensili inferiori solo nel 2013 (52 mm) e 2015 (48 mm). Le massime precipitazioni del mese sono state registrate nel Bellunese dalle stazioni di La Guarda (Cesiomaggiore) con 207 mm, rio Rudan-Monte Antelao con 175 mm, Pian del Crep (Val di Zoldo) con 173 mm e Passo Valles (Falcade) con 163 mm. Le minime precipitazioni sono state misurate dalla stazione di Venezia Cavanis con 5 mm, mentre sulle stazioni di Mogliano Veneto (Treviso), Oderzo (Treviso), San Pietro in Cariano (Verona) e Fontanelle (Treviso) si sono rilevati circa 9 mm.

Allargando lo sguardo agli ultimi 6 e 12 mesi, Arpa riferisce di “condizioni di normalità solo sulla parte più settentrionale del bellunese. Sul resto della regione permangono segnali di siccità per lo più estrema, in particolare per l’arco temporale dei 12 mesi dove la siccità estrema occupa gran parte della regione, ad eccezione del bellunese meridionale e delle zone prealpine veronesi e vicentine dove la siccità è valutata severa“.

Osservando le portate dei fiumi, in luglio è proseguito il calo ‘fisiologico’ del volume nei principali serbatoi del Piave, con un rallentamento solo negli ultimi giorni: al 31 luglio il volume totale invasato è di 102,2 milioni di m3 (36,6 milioni di m3 in meno rispetto alla fine di giugno), pari al 61% del volume massimo invasabile, tra il 5° ed il 25° percentile della serie storica (1995-2021) e poco sotto la media del periodo (-22%, pari a -28.4 Mm3).

Infine non stanno meglio le falde: quasi tutte le stazioni monitorate mostrano andamenti e livelli in genere inferiori a luglio 2017 anno in cui, per la maggior parte delle stazioni, si sono raggiunti i livelli minimi degli ultimi 20 anni. Nel settore centrale ad esempio (alta pianura vicentina e padovana) la falda ha proseguito con significativi cali per Dueville e Schiavon e con piccole oscillazioni e una leggera tendenza negativa a Cittadella. Il pozzo di Dueville è andato in asciutta il 26 luglio con circa un mese di anticipo rispetto a quanto avvenuto nel 2003 e il pozzo di Schiavon ha ancora poco margine prima che la falda arrivi a fondo pozzo, cosa avvenuta solo nel 2003 e a fine estate.

Lago Trasimeno

Microplastiche nelle acque dolci: parte monitoraggio Legambiente-Enea-Arpa

Nei laghi Bracciano e Trasimeno sono presenti microplastiche da frammenti di rifiuti, polistirolo e pellet. Lo rilevano i dati del progetto Blue Lakes di Legambiente, in collaborazione con Enea e Arpa. Il problema dell’inquinamento delle acque dolci è diffuso, ma ancora non abbastanza affrontato.

Abbiamo iniziato a monitorare le microplastiche nei laghi nel 2016, venivamo da un monitoraggio in mare e ci siamo resi conto che mancava informazione sull’inquinamento delle acque interne, questa era a nostro avviso una carenza enorme“, spiega Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente, presentando il progetto a Piediluco, lago rientrato recentemente nel monitoraggio. “Con Enea abbiamo iniziato a fare una prima sperimentazione sul lago di Garda, poi abbiamo capito che serviva un’azione più strutturata da qui nasce Blue Lakes”.

Il progetto è articolato: affronta l’emergenza ambientale mirando a prevenire e ridurre la presenza delle microplastiche nei laghi attraverso un approccio integrato che rafforza la governance, forma gli addetti ai lavori, aumenta la consapevolezza attraverso attività di informazione e sensibilizzazione della cittadinanza. L’obiettivo è sviluppare e condividere metodi standardizzati di monitoraggio.

Nei campioni raccolti nel Bracciano e nel Trasimeno, sono stati rilevati soprattutto frammenti, presenti in tutte le stagioni con valori percentuali dal 90 al 70% sulle microplastiche analizzate. Tra le altre microplastiche, i film (che solitamente derivano dalla decomposizione degli imballaggi) mostrano un aumento percentuale nel periodo primaverile; le fibre (associate solitamente al lavaggio degli indumenti) sono in percentuale inferiore (4%) rispetto alle forme predominanti e non sono presenti nei campioni primaverili. Rimane costante infine la presenza dei filamenti con un valore maggiore pari al 9% nel campionamento invernale.

Dalla caratterizzazione chimica condotta per consentire l’identificazione del polimero che compone ogni particella raccolta è emersa una percentuale predominante di polietilene (PE) e polipropilene (PP) in entrambi i laghi, rispettivamente 50 e 15% nel lago di Bracciano, 70 e 20% nel Trasimeno.

Polietilene e Polipropilene sono tra i materiali più presenti nella nostra vita quotidiana: il primo costituisce il 40% del volume totale della produzione mondiale di materie plastiche, il secondo trova largo impiego come plastica per alimenti, ad esempio per contenitori alimentari rigidi, come i vasetti di yogurt, i bicchierini di plastica per caffè o i tappi delle bottiglie di plastica.

microplastiche

Nel lago di Bracciano è presente una maggiore eterogeneità di polimeri, seppure con valori non superiori al 2%, fatta eccezione per il polietilene tereftalato PET (28%). Diversamente nel Trasimeno il polistirene (PS) è il terzo polimero maggiormente presente con valore pari al 10%, mentre il polivinilcloruro (PVC) anche se presente non supera l’1%.

Questi dati sulla quantità e tipologia di microplastiche nei corpi idrici lacustri consentono di colmare il gap di conoscenze rispetto ai numerosi studi condotti nei mari e negli oceani in tutto il mondo, di studiare questo fenomeno complesso e ampiamente diffuso e la standardizzazione dei metodi di monitoraggio è fondamentale per confrontare dati, valutare la distribuzione e l’apporto di particelle nella dinamica terra-mare“, sottolinea Maria Sighicelli, ricercatrice del Dipartimento sostenibilità dei sistemi produttivi e territoriali Enea.

L’applicazione di questo protocollo, aggiunge Zampetti, ha richiesto un “continuo adattamento alle diverse condizioni ambientali delle acque interne sottoposte ad una maggiore incidenza di micro e nano-plastiche dovuta alle numerose attività antropiche e alla vicinanza di aree urbanizzate eterogenee“. La sua definizione è molto importante perché, prosegue “ad oggi, se questo inquinamento è monitorato e codificato nelle acque marine, non lo è nei fiumi e nei laghi, dove non solo le microplastiche sono presenti ma spesso si fa un uso importante delle acque ai fini irrigui o idropotabili. Per questo ci auguriamo che il progetto Blue Lakes possa contribuire a dare uno strumento utile di monitoraggio e a rivedere la normativa sui controlli, inserendo anche questo parametro”.