COP29, a un mese dal vertice l’accordo sugli aiuti al clima è ancora in sospeso

A un mese dall’inizio della Cop29, le nazioni sembrano ancora in stallo sui negoziati cruciali per gli aiuti al clima, con divisioni su chi paga e quanto, che minacciano le possibilità di un accordo alla fine del summit. Questa Cop, definita “finanziaria”, inizierà sei giorni dopo le elezioni presidenziali degli Stati Uniti. La sfida principale sarà quella di ottenere un impegno da parte dei Paesi ricchi, maggiormente responsabili del riscaldamento globale, ad aumentare sostanzialmente gli aiuti ai Paesi poveri per combattere il cambiamento climatico. Il possibile ritorno alla Casa Bianca di Donald Trump, che ha ritirato gli Stati Uniti dall’accordo sul clima di Parigi, incombe già sui negoziati, che riuniranno oltre 50.000 partecipanti dall’11 al 22 novembre in Azerbaigian.

L’importo attuale degli aiuti per il clima, fissato a 100 miliardi di dollari all’anno, con scadenza nel 2025, è considerato ben al di sotto di quanto necessario. Il Climate Action Network, un gruppo di Ong, ha recentemente stimato, in una lettera inviata ai negoziatori, che sarebbe necessario “almeno un trilione di dollari all’anno” in sussidi.

Ma i principali donatori, tra cui l’Unione Europea e gli Stati Uniti, non hanno ancora indicato quanto sono disposti a contribuire.
Mercoledì, i ministri si incontreranno a Baku per cercare di portare avanti le cose in una “ultima fase critica” prima della Cop29, secondo l’Azerbaigian. “Si tratta di negoziati complessi – se fossero facili, avrebbero già avuto successo – e i ministri avranno successo o falliranno insieme”, ha dichiarato a settembre il presidente della Cop29, Mukhtar Babayev, ex dirigente del settore petrolifero e ministro dell’Ecologia dell’Azerbaigian. Gli osservatori ritengono che quest’anno sia mancata la leadership sul clima, con l’attenzione concentrata altrove, anche se incendi, inondazioni, ondate di calore e siccità hanno colpito in tutto il mondo.

Gli attuali sforzi internazionali per ridurre le emissioni di gas serra non sono sufficienti per limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi Celsius sopra i livelli preindustriali, il limite più sicuro stabilito dall’Accordo di Parigi. In ottobre, Jim Skea, Presidente del Gruppo Intergovernativo di Esperti sul Cambiamento Climatico (IPCC), ha dichiarato: “Siamo potenzialmente diretti verso un riscaldamento globale di 3°C entro il 2100, se continuiamo con le politiche attuali”.

I Paesi in via di sviluppo, le principali vittime dei disastri climatici, vogliono che il nuovo accordo copra non solo le tecnologie a basse emissioni di carbonio e le misure di adattamento, ma anche la ricostruzione post-catastrofe, oltre ad un aumento degli aiuti, che i Paesi sviluppati rifiutano.

I Paesi obbligati a pagare – un elenco di Paesi industrializzati stabilito nel 1992 e riaffermato nell’Accordo di Parigi – vorrebbero che anche le ricche economie emergenti contribuissero.

Ma per i Paesi in via di sviluppo, l’aggiunta di donatori non è il problema. “Non dobbiamo lasciare che gli altri si sottraggano alle loro responsabilità”, ha sottolineato Evans Njewa del Malawi, che presiede il gruppo dei Paesi meno sviluppati, le 45 nazioni più vulnerabili al cambiamento climatico. La Cina, attualmente il più grande inquinatore del pianeta, sta già versando fondi per combattere il cambiamento climatico, ma vuole continuare a farlo alle sue condizioni. Di fronte a un’impasse nelle discussioni iniziali, l’Azerbaigian ha chiesto ai produttori di combustibili fossili di raccogliere un miliardo di dollari per l’azione climatica, promettendo di essere il primo donatore. Gli attivisti per il clima vedono in questo una forma di greenwashing, mentre l’Azerbaigian continua ad espandere la sua produzione di combustibili fossili e il suo presidente Ilham Aliev ha descritto le riserve di gas del suo Paese come un “dono di Dio”.

La riluttanza di questa ex repubblica sovietica ad affrontare la questione dell’eliminazione graduale dei combustibili fossili – una promessa della Cop28 – è un “modello preoccupante”, secondo Andreas Sieber della Ong 350.org. Un altro punto di vigilanza sarà la questione dei diritti umani in questo Stato, descritto come “repressivo” da Human Rights Watch. Amnesty International e i senatori statunitensi hanno espresso preoccupazione per la recente ondata di repressione in Azerbaigian. “La situazione sul campo è piuttosto triste… Quando l’Azerbaigian ospiterà la Cop29, non rimarrà molto della società civile”, ha dichiarato Arzu Geybulla, giornalista indipendente azera. Il numero di leader internazionali attesi a Baku rimane incerto. La Cop29 è meno sotto i riflettori rispetto al suo predecessore a Dubai, e molti credono che la Cop30 in Brasile l’anno prossimo avrà più peso.

Emirati, Azerbaigian e Brasile formano una “troika di presidenze Cop” senza precedenti

Gli Emirati Arabi Uniti, che hanno presieduto la Cop28, e i suoi successori, l’Azerbaigian per la Cop29 e il Brasile per la Cop30, hanno annunciato martedì di aver avviato una partnership senza precedenti per “migliorare la cooperazione e la continuità” nei negoziati globali sul clima con l’obiettivo di limitare il riscaldamento globale a 1,5°C. Questa “troika di presidenze di Cop“, prevista dall’accordo finale della 28esima Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, deve “garantire la collaborazione e la continuità necessarie per mantenere la stella polare di 1,5°C in vista, da Baku a Belém e oltre“, ha dichiarato Sultan Al Jaber, presidente della Cop28, citato in un comunicato stampa.

I 198 Paesi che hanno adottato l’accordo finale della Cop28 il 13 dicembre a Dubai avevano incaricato le tre presidenze di lavorare insieme su “una tabella di marcia per la missione 1,5°C“, l’obiettivo più ambizioso dell’Accordo di Parigi, seriamente minacciato dalla traiettoria delle emissioni di gas serra dell’umanità. Secondo i calcoli delle Nazioni Unite, gli impegni attuali dei Paesi pongono il mondo su una traiettoria di riscaldamento compresa tra 2,5°C e 2,9°C nel corso del secolo. Il limite di 1,5°C sarà probabilmente raggiunto tra il 2030 e il 2035, secondo le stime degli esperti climatici delle Nazioni Unite (Ipcc). Essi sottolineano che ogni decimo di grado in più intensifica e moltiplica i fenomeni estremi.

Secondo l’accordo finale raggiunto alla COP28, questo partenariato dovrebbe “rafforzare in modo significativo la cooperazione internazionale e l’ambiente internazionale favorevole per stimolare l’ambizione nel prossimo ciclo di contributi nazionali determinati“, ossia i piani di riduzione delle emissioni (NDC) di ciascun Paese, che dovranno essere rivisti al rialzo entro la Cop30 di Belém, in Brasile, nel 2025. Secondo l’accordo, questo “al fine di intensificare l’azione e l’attuazione durante questo decennio critico e mantenere il limite di 1,5°C a portata di mano“.

Alla Cop28, il mondo ha concordato di “abbandonare” i combustibili fossili, ma l’accordo non contiene alcun progresso sullo sblocco dei flussi finanziari verso i Paesi in via di sviluppo, uno dei principali punti di stallo dei negoziati globali. Questo tema sarà al centro della Cop29 di Baku, che dovrà fissare un nuovo obiettivo per i finanziamenti al clima forniti dai Paesi sviluppati. Secondo l’Ocse, i Paesi ricchi sono “probabilmente” in ritardo di due anni rispetto al loro impegno iniziale di 100 miliardi di dollari di finanziamenti annuali per il clima entro il 2022. Tuttavia, questi aiuti pubblici sono insufficienti: da qui al 2030, i Paesi in via di sviluppo, esclusa la Cina, avranno bisogno di 2.400 miliardi di dollari all’anno, secondo un calcolo degli esperti delle Nazioni Unite.

Per rimanere entro il limite di 1,5°C, “sarà essenziale stabilire un nuovo obiettivo di finanziamento che rifletta la portata e l’urgenza della sfida climatica“, ha dichiarato il presidente designato della Cop29 Mukhtar Babayev, ministro dell’Ecologia e delle Risorse naturali, definendosi un “costruttore di ponti tra il mondo sviluppato e quello in via di sviluppo“.

Pichetto in Azerbaigian: “Pronti a sostenere il raddoppio del Tap”

C’è il forte interesse dell’Italia al raddoppio della capacità di trasporto del Tap da 10 a 20 miliardi di metri cubi l’anno. Il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, lo ha confermato partecipando alla IX Riunione ministeriale del Consiglio Consultivo del Corridoio Meridionale del Gas (CCCMG), che si compone di tre sezioni tra cui il Tap, che si è tenuta oggi a Baku. “Questo obiettivo – ha aggiunto Pichetto parlando ai suoi colleghi del Consiglio consultivo (Azerbaigian, Albania, Croazia, Montenegro, Bulgaria, Georgia Grecia, Italia, Turchia, Regno Unito, Stati Uniti e Commissione Europea), – rientra perfettamente nella strategia che l’Italia sta mettendo in campo per contribuire sempre di più alla diversificazione delle fonti energetiche che garantiranno la sicurezza dell’Italia anche in un ruolo di fornitore rispetto a molti altri paesi europei”.

Il ministro ha sottolineato che si tratta di una strategia sulla quale è impegnata personalmente la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e che punta ad affermare il ruolo dell’Italia di “hub” verso l’Europa rispetto ai flussi addizionali che vengono dall’Africa ma anche dal corridoio meridionale e per il quale – ha assicurato – “intendiamo realizzare in Italia tutte le infrastrutture necessarie”.

Analogo messaggio il ministro Pichetto ha trasmesso al presidente della Repubblica dell’Azerbaigian Ilham Aliyev che lo ha ricevuto per confermare gli eccellenti rapporti tra i due paesi. Al Presidente Aliyev e agli atri membri del governo azero con i quali ha avuto incontri, Pichetto ha illustrato le misure adottate dall’Italia in risposta alla crisi energetica. A tutti i suoi interlocutori ha inoltre manifestato il forte auspicio di una decisa intensificazione dei rapporti economici tra Italia e Azerbaigian, valorizzando in particolare le eccellenze di livello internazionale che le imprese italiane offrono nel campo delle energie rinnovabili e che potrebbero trovare nuove opportunità dai piani di sviluppo del settore previsti da Baku. Durante la sua missione a Baku il ministro ha incontrato anche il ministro per l’Economia, Mikayil Jabbarov; il ministro dell’Energia, Parviz Shahbazov e il ministro dell’ecologia e delle risorse naturali, Mukhtar Babayev. A margine dei lavori Pichetto ha avuto uno scambio di vedute sui temi più attuali in materia di energia con il Commissario europeo, Kadri Simson anche in vista dei prossimi appuntamenti europei.

In generale il Corridoio Meridionale del Gas è un’infrastruttura strategica che ha realizzato il primo collegamento diretto tra le riserve di gas naturale del Caspio ed il mercato europeo, in un’ottica di diversificazione delle fonti e delle rotte di approvvigionamento per l’Europa. Si compone di tre sezioni tra cui il Tap (Trans Adriatic Pipeline), che attraversa Grecia, Albania e Italia.

Von der Leyen domani in Azerbaigian, l’Ue cerca l’intesa sul gas

Se all’inizio dell’invasione dell’Ucraina un’interruzione “grave” delle forniture di gas russo all’Europa era solo possibile, oggi l’Unione europea è sempre più certa che ci sarà e dunque accelera il lavoro per diversificare i fornitori di energia. Lunedì 18 luglio, ha confermato venerdì (15 luglio) l’esecutivo comunitario, la presidente Ursula von der Leyen e la sua commissaria per l’energia, Kadri Simson, voleranno in Azerbaigian per “rafforzare ulteriormente la cooperazione esistente” tra i due partner. Cooperazione sopratutto energetica, di fronte a un possibile taglio alle forniture di gas dal principale fornitore all’Europa, la Russia.

Del viaggio a Baku dell’esecutivo comunitario aveva parlato per la prima volta lo scorso 27 giugno la commissaria Simson, al termine di un Consiglio dei ministri europei dell’energia in cui si era mostrata preoccupata della possibilità concreta di vedersi tagliare completamente il gas dalla Russia. Bruxelles si prepara dunque a siglare un memorandum d’intesa con l’Azerbaigian per aumentare le importazioni di gas provenienti dalla regione. “Il corridoio meridionale del gas ha un ruolo centrale da svolgere nell’approvvigionamento di gas naturale dell’Ue, in particolare per l’Europa sudorientale“, si legge in una nota dell’esecutivo comunitario in cui è stata comunicata la traversata.

Il memorandum dovrebbe spianare la strada al raddoppio della capacità del Trans Adriatic Pipeline, il gasdotto TAP che trasporta in Europa il gas naturale proveniente dal giacimento gigante di Shah Deniz nel settore azero del Mar Caspio. Il gasdotto è lungo 878 km e si collega con il Trans Anatolian Pipeline (TANAP) al confine turco-greco a Kipoi, attraversa la Grecia e l’Albania e il Mar Adriatico, prima di approdare in Italia, a San Foca (in Puglia). A gennaio 2022 ha erogato circa 8 miliardi di metri cubi standard, con la previsione di raggiungere i 10 miliardi di metri cubi nell’estate 2022. Le trattative con Baku sono iniziate già lo scorso febbraio – nell’ottica di diminuire la dipendenza delle forniture dalla Russia, da cui provengono il 40% delle importazioni di gas all’Europa – per aumentare la capacità di erogazione massima da 10 miliardi di metri cubi l’anno a circa 20, raddoppiandone quindi la capacità.

A metà giugno Bruxelles aveva già siglato un memorandum d’intesa con cui Egitto e Israele si sono impegnati a incrementare le esportazioni di gas naturale verso il Continente. L’insicurezza per ulteriori tagli alla fornitura di gas russo è aumentata questa settimana quando è iniziata la manutenzione programmata del gasdotto Nord Stream 1 che porta gas russo in Germania attraverso il Mar Baltico. Impianti fermi almeno fino al 21 luglio, ma si teme un prolungamento del fermo anche oltre. A quanto riferito da Bruxelles, l’Ue e l’Azerbaigian stanno anche lavorando insieme per costruire un partenariato a lungo termine sull’energia pulita e l’efficienza energetica e negoziando un nuovo accordo globale, che consentirà una cooperazione rafforzata in un’ampia gamma di settori, tra cui la diversificazione economica, gli investimenti e il commercio.