Insetticoltura business del futuro, l’intuizione geniale di Bef Biosystems

A volte basta un’intuizione per cambiare un destino, purché geniale. È proprio quello che è successo ai fondatori della Bef Biosystems, startup torinese che recupera scarti alimentari, ricchi di elementi nutrizionali ma destinati al macero, per rimetterli nel ciclo della vita e renderli cibo per insetti e larve, che poi a loro volta diventano mangime per animali. Un cerchio perfetto, sostenibile e redditizio.

La storia la racconta a GEA il ceo dell’azienda piemontese, Beppe Tresso (nella foto, credit: Linkedin). “E’ un’idea di una semplicità disarmante, ma nuova. Nessuno ci ha pensato perché l’allevamento degli insetti è un’intuizione che nasce grazie alla Fao, con il documento (che esiste ancora) ‘Edible insects: future prospects for food and feed security‘, che di fatto teorizzava lo sviluppo dell’insetticoltura come risposta alla produzione di carne, per questioni ambientali. Quando iniziai ad occuparmene io era il 2014, dopo aver ricevuto da un mio collaboratore gli atti di un convegno a cui aveva partecipato in Olanda, durante il quale erano state analizzate prospettive legate sia alla produzione alimentare che ai mangimi. Così mi sono messo a studiare e andando a leggere i documenti tra Consiglio, Commissione e Parlamento europeo mi sono reso conto che la Commissione Ue aveva deciso di spingere sulla produzione di nuove proteine, soprattutto per i mangimi. Ed è lì che è scattato l’interesse. Non vedendo la produzione di proteine per consumo umano significativa nemmeno sotto il profilo business, capii che il mercato per i mangimi sarebbe invece esploso.

E’ interessante capire il ragionamento da cui è partito il manager. “Ogni anno nel mondo si mangiamo 70 miliardi di animali, questo significa filiere di approvvigionamento di mais, soia e farina di pesce per alimentarli. Quindi, di colpo mi sono reso conto che si stava aprendo un mercato incredibile. Così, con alcuni amici, nel 2015 abbiamo iniziato ad allevare le larve, dopodiché abbiamo costruito i primi prototipi e studiato i vari modelli”.

L’esperienza della Bef è un’ennesima dimostrazione pratica che la sostenibilità conviene sempre. Anzi, ci si guadagna. “Mamma mia se è così. A livello medio nazionale, recuperare uno scarto organico per trasformarlo in compost o biogas ai consorzi costa, in media, circa 40 centesimi al chilo. Per fare un chilo di farina di insetto abbiamo bisogno di 16 chili di scarti organici, che non possono avere altre destinazioni. Questo vuol dire che per un chilo di farina proteica da immettere sul mercato, il risparmio è di 8 euro. La sostenibilità è ‘schifosamente’ mercenaria, perché spendiamo di meno. In più, recuperiamo sostanze nutritive che altrimenti andrebbero sprecate”.

Allevare insetti può servire anche alla produzione di altri elementi. Ma anche i biocarburanti? Secondo Tresso “a livello tecnico sì, a livello pratico non ha senso”. Perché “è un problema di energia contenuta in una certa unità di misura. E’ difficile pensare, almeno per qualche anno, che la produzione di larve di insetto costi meno di 2-2,5 euro al chilo. Visto che da un chilo di larve, se va bene, estrai 30, 40 o 50 grammi di biodiesel, quanto ti viene a costare poi alla fine?“.

Parlando di cifre, da questo mercato il guadagno non è da poco. “Con un debito supporto bancario per l’acquisto delle tecnologie, un imprenditore agricolo può, effettivamente, a fine anno, con un’attività di una persona, una persona e mezza, mettersi in casa, puliti, circa 100mila euro. Cose che non si vedono in agricoltura. Poi, è chiaro che serve un supporto finanziario, perché l’acquisto degli impianti è importante e oneroso. Però stiamo parlando di un sistema, come quello italiano, che ha 1.300 imprenditori agricoli che hanno costruito e investito milioni di euro per gli impianti di biogas“.

Un’altra curiosità che Tresso soddisfa è sulla biologicità del prodotto finale, visto che sempre di alimentazione degli animali si tratta. “L’integrazione alimentare con le larve fa sì che oltre ad avere uova (ad esempio, ndr) più buone, effettivamente, possono anche rispondere a logiche di sostenibilità non banali. Ci sono una serie di elementi che giustificano questo nuovo settore. E’ un’idea che sta funzionando, abbiamo prospettive che solo due anni fa mi sarei sognato”.

L’alimentazione che fa tendenza. L’opinione di Simona Fiorentini a War Room Business

Alimentazione, salute, cibi bio e junk food. A War Room Business, il canale web di informazione curato da Enrico Cisnetto, l’intervista a Simona Fiorentini, export manager della Fiorentini Alimentari, azienda che da oltre 100 anni è specializzata in prodotti sostitutivi del pane. L’alimentazione e le abitudini alimentari cambiano, e non sempre – o non solo – in negativo. Anzi. “C’è oggi una tendenza a consumare cibo che fa star bene. – dice Simona Fiorentini intervistata da Monica Satriano – Mentre prima l’alimentazione era unicamente legata al piacere personale, adesso il trend è quello di cercare cibo che ci faccia stare in salute, che ci aiuti a mantenere la forma. Oggi in questo campo c’è molta più cultura diffusa”

biologico

La bioeconomia che premia: 8 start up selezionate dal programma Terra Next

Ci sono la piattaforma nanotecnologica proprietaria che realizza particelle d’olio di dimensioni nanometriche disperse in acqua (dette nanosomi), dentro cui incapsula principi attivi liposolubili, in modo da proteggerli e renderli assumibili, l’azienda che ha sviluppato una bioplastica idrosolubile ottenuta dagli scarti di lavorazione industriale delle aziende ittiche e quella che produce una resina naturale derivata dagli scarti agroindustriali del pomodoro (principalmente bucce), estraendo una sostanza detta cutina, tra le 8 start up scelte nell’ambito del progetto Terra Next e che riceveranno circa 93mila euro di investimento per implementare i propri progetti. Si tratta del programma di accelerazione per piccole e medie imprese e start up che si occupano di bioeconomia, frutto dell’iniziativa di Cdp Venture Capital insieme a Intesa Sanpaolo Innovation Center e Cariplo Factory.

Patrocinata dal Mite, Terra Next ha accolto 126 candidature e le 8 scelte accederanno al programma di accelerazione beneficiando di un investimento iniziale e di un percorso di 3 mesi con base a Napoli, presso il Campus di San Giovanni a Teduccio dell’Università Federico II nel quale avranno l’opportunità di crescere attraverso mentorship, formazione, networking e momenti di approfondimento frontale dedicati al consolidamento della value proposition e del modello di business, alla validazione tecnica e alla prototipazione delle soluzioni, al supporto al go-to-market e al fundraising. Infine, i migliori team avranno accesso a ulteriori investimenti per circa 1 milione di euro, già stanziati dai promotori dell’iniziativa.

Le start up individuate spaziano dalla nutriceutica all’agricoltura rigenerativa, passando da soluzioni bio-based al recupero degli scarti alimentari. Come Sestre, che sviluppa integratori nutraceutici a base di estratti della dieta mediterranea in grado di contrastare problematiche di natura ormonale che compromettono la fertilità femminile o come DND Biotech, che ha messo a punto un sistema capace di studiare e accelerare i processi di biodegradazione dei contaminanti organici combinando robotica, dispositivi wireless e biotecnologie. O, ancora, come Galatea Biotech che ha l’obiettivo di produrre bioplastiche in PLA (acido polilattico) completamente biodegradabili e compostabili.

Terra Next coinvolge inoltre i corporate partner Pastificio Garofalo, Gruppo Getra e Gruppo Nestlé (partner), Novamont (tech partner), Aristea, Nolanplastica, Selepack, e Tecno (member), che forniranno il loro contributo in termini di know-how, asset e network per lo sviluppo delle startup.

packaging

Il 98% aziende del Food investe in sostenibilità: attenzione ai packaging

Il 2021 ha segnato una forte ripresa nel settore del food, con una crescita record del 6,8%, superiore a quella del Pil (6,6%). La crescita si protrarrà anche nel 2022 e nel 2023, con tassi intorno al 4% annuo, più del doppio del Pil. È quanto emerge dal Food Industry Monitor (FIM), l’Osservatorio sul settore food realizzato dall’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo e da Ceresio Investors. Giunto alla sua ottava edizione, l’Osservatorio è dedicato quest’anno all’analisi del rapporto tra innovazione e crescita sostenibile delle aziende alimentari, con un focus sulle aziende familiari e le specificità dei loro modelli di business.

PREZZI MATERIE PRIME

La redditività commerciale (ROS) ha raggiunto il 6,5% nel 2021, e le proiezioni indicano una sostanziale tenuta anche per 2022, nonostante le forti tensioni sui prezzi delle materie prime. La struttura finanziaria delle aziende del settore resta solida, con una lieve crescita del tasso di indebitamento. Nel 2021 le esportazioni hanno ripreso a crescere con un tasso superiore al 10%, in forte rimbalzo rispetto al -0,4% del 2020. Le esportazioni continueranno a crescere, ma a tassi molto più contenuti fino al 2023. I comparti delle farine e del caffè saranno interessati nel 2022 da una crescita a due cifre, questo anche per effetto dell’aumento dei costi delle materie prime. Faranno bene anche i comparti dell’olio, dei surgelati e del latte. Il vino crescerà del 4,8%, appena al di sotto della media settoriale. I comparti più dinamici per le esportazioni nel 2022 saranno: distillati, birra, latte e soft drink, ma anche vino e pasta fanno bene nell’export.

PERFORMANCE DI SOSTENIBILITÀ

L’analisi delle performance di sostenibilità evidenzia che il 98% delle aziende utilizza del tutto o in parte materie prime a ridotto impatto ambientale. Circa l’88% delle aziende usa in via esclusiva o prevalente packaging sostenibili. Circa il 57% ha ottenuto una o più certificazioni inerenti alla sostenibilità ambientale e il 30% circa pubblica un bilancio di sostenibilità, mediamente da almeno tre anni. “Materie prime a ridotto impatto ambientale significa che sono state prodotte secondo criteri quali il km zero o l’agricoltura biologica, con fonti di energia rinnovabile e/o packaging da materie prime riciclate. La tendenza è molto diffusa, anche se utilizzata in modo non esclusivo”, ha precisato Carmine Garzia, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio, docente di Management presso l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo. “Se dunque il 98% delle aziende utilizza del tutto o in parte materie prime sostenibili, solo un 22% le utilizza in modo prevalente. Rispetto ai dati dello scorso anno, le imprese stanno comunque incrementando in modo significativo gli investimenti in sostenibilità”, ha aggiunto.

SOCIETÀ FAMILIARI

Le società familiari hanno un ruolo preponderante nel settore del food. Il 78% del campione di aziende analizzato è controllato da una o più famiglie. L’86% ha un Consiglio d’Amministrazione interamente composto da membri della famiglia, l’11% è caratterizzato da una composizione del CdA mista, che comprende membri esterni e interni alla famiglia; il 3% ha un CdA composto interamente da membri esterni. Solo l’8% delle imprese analizzate ha un CEO esterno alla famiglia: “Un elemento su cui riflettere – sottolinea Alessandro Santini, Head of Corporate & Investment Banking per Ceresio Investors – se si considera che circa il 65% delle aziende è attualmente gestito dalla prima generazione di imprenditori, il 30% dalla seconda e poco più del 4,5% riesce a giungere alla terza e quarta generazione. In molti casi insomma non si considerano i benefici di un modello gestionale aperto, che preveda l’affiancamento di manager esterni a membri familiari, e questo è spesso una delle cause di forte freno allo sviluppo. In taluni casi può minare la continuità familiare dell’azienda”. In generale, comunque, le aziende familiari che riescono a mantenere una guida solida e stabile hanno performance di redditività e produttività superiori a quelle con un CEO non familiare. “I dati dimostrano che la scelta vincente è un management team con membri della famiglia affiancati da manager professionisti, cosa che consentirebbe alle aziende di ottenere migliori performance di redditività (ROS) e soprattutto di costruire un profilo di sostenibilità più solido”, conclude Gabriele Corte, direttore generale di Banca del Ceresio.

Patuanelli: “Il Paese deve difendere il biologico”

Dopo 15 anni di tentativi, nei mesi scorsi il Parlamento ha varato una legge per la valorizzazione dell’agricoltura biologica: obiettivo primario è la diffusione dell’agricoltura pulita, puntando sia sulla crescita della produzione che sull’aumento di consumi, in coerenza con le politiche europee del Green Deal.

Il Paese ha la responsabilità di difendere un primato importante nel biologico, come testimoniato dalla recente approvazione della legge, che rappresenta un veicolo di importanti novità per il sostegno della filiera“, il ministro delle Politiche Agricole, Stefano Patuanelli, partecipando al convegno ‘È l’ora dell’agricoltura bio. Una risorsa strategica per uscire dalla crisi’. “Le azioni messe in campo risultano strategiche per supportare la transizione green e sostenere le sfide future e le mutate esigenze di consumo dei cittadini, anche nell’ottica di allineare l’Italia agli ambiziosi obiettivi europei delle strategie Farm to Fork e Biodiversità 2030 e favorire l’accesso agli investimenti nel contesto della Pac e del Pnrr“, afferma.

Le Associazioni del biologico (Aiab, AssoBio, Associazione per l’agricoltura biodinamica e FederBio) hanno messo a punto un biodecalogo per accelerare la transizione agroecologica applicando pienamente le norme della legge approvata a inizio marzo e nello stesso tempo fornire al Paese una ’riserva strategica’ agricola che permetta di fronteggiare le varie crisi che hanno colpito le nostre società, da quella climatica alla pandemia, fino alla guerra.

Sull’agricoltura biologica, siamo primi in Europa per numero di operatori, 81.731, con un incremento dell’1,3% rispetto al 2019, terzi per superficie, dopo Francia e Spagna“, ricorda Patuanelli. La Sicilia è la Regione più bio d’Italia, a seguire Puglia, Calabria, Toscana. Siamo al primo posto per numero di produttori, oltre 71mila. Il valore dell’Expo dei prodotti bio nazionali è pari a 2,9 miliardi di euro e la pandemia è stata un acceleratore green. La programmazione che parte nel 2023, fa sapere il ministro, “vedrà il mantenimento per 1 miliardo e mezzo delle politiche sul biologico ma avranno anche la forza del cofinanziamento legata al trasferimento di risorse ingenti dal primo al secondo pilastro, 90 milioni all’anno per tutta la programmazione fino al 2027 e parliamo di un aggregato di circa un miliardo di euro a sostegno della programmazione biologica. Elemento positivo è la legge sul biologico, con principi chiari e definiti sul rafforzamento della criticità, la penetrazione del mercato verso consumatori che hanno la maturazione giusta per apprezzare la scelta biologica ma che ancora vedono un’offerta che ha delle fratture, che non ha un messaggio chiaro, questo è l’obiettivo principale della legge sul biologico“.

La scelta tra sostenibilità ambientale ed economica, insiste, “non è possibile, non esiste la sostenibilità ambientale senza quella economica e viceversa. Abbiamo avuto fasi in cui lo sviluppo del Paese ci ha portati a dimenticare la sostenibilità ambientale e a prediligere quella economica, questo non è più tollerabile e i cittadini non lo vogliono più“.

Le associazioni chiedono: Filiere di Made in Italy Bio fondate sul giusto prezzo per agricoltori e consumatori; Fiscalità ambientale e crediti di imposta per i costi di certificazione per abbattere i prezzi al consumatore senza costi aggiuntivi per le imprese; Distretti biologici per favorire sistemi locali di produzione e consumo e valorizzare il territorio rurale a partire dalle aree interne e dalle aree naturali protette; Incentivazione delle imprese agricole che integrano attività agricole, zootecniche e forestali, capaci di favorire la biodiversità e chiudere il ciclo dei nutrienti; Ricerca, innovazione, formazione e consulenza per supportare gli agricoltori e i territori nella transizione al bio; Sviluppo della ristorazione collettiva attraverso organizzazioni di prodotto e strumenti adeguati d’informazione e consulenza; Comunicazione e campagne d’informazione ai cittadini per conoscere i valori del bio e favorire l’aumento dei consumi di biologico; Innovazione digitale e piattaforma di tracciabilità unica in favore di consumatore; Semplificazione burocratica; Obbligo del biologico in aree protette ed Efa.

agricoltura biologica

Biologico? Sempre più attuale ma ostacolato da caro-energia

L’attenzione all’agricoltura biologica è sempre più attuale. E questo è un dato di fatto, dal momento che, si osserva nella relazione sui ‘Finanziamenti per la ricerca nell’agricoltura biologica’, il fatturato – tra consumi interni ed esportazioni – nell’arco di una decina di anni è passato da 2 a 6 miliardi di euro.

La sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato della Corte dei conti ha approvato il rapporto con Delibera n. 8/2022/G, in cui la magistratura contabile ha esaminato la gestione del ‘Fondo per la ricerca nel settore dell’agricoltura biologica’ che finanzia i programmi di ricerca nel ramo, oltreché in quello relativo alla sicurezza e salubrità alimentari. L’esame della Corte incentrato sulla verifica dei risultati conseguiti a fronte di quanto stabilito nel ‘Piano strategico nazionale per lo sviluppo del sistema biologico’, elaborato dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, in cui il Fondo stesso è ricompreso.

È stata evidenziata la necessità di un’accelerazione nell’attuazione dei progetti e l’adozione, da parte dell’amministrazione, di un efficace sistema di monitoraggio degli stessi per attivare la tempestiva revoca del finanziamento, con recupero di quanto anticipato, nei casi di inerzia non giustificata dei soggetti proponenti.

L’agroalimentare è sempre stato il traino delle esportazioni del nostro Paese – ha affermato il ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali, Stefano Patuanelli – e continua ad esserlo perché i tassi di crescita sono importanti: oltre al record di 52 miliardi di export dello scorso anno, ci sono anche i primi mesi di quest’anno in cui non si cede il passo“. “Sicuramente le complicazioni ci sono, la situazione internazionale la conosciamo – ha aggiunto il Ministro – e le difficoltà indotte dall’invasione della Russia in Ucraina sono evidenti, in termini di aumento dei costi, di difficoltà delle imprese a sostenere il costo dell’energia in particolare, che a cascata incide su tutte le produzioni. Il governo sta facendo, per la parte interna, tutto quello che deve fare per sostenere i settori produttivi, ma è importante che l’Europa non receda da quella voglia di stare assieme e agire comune che ci ha caratterizzato nel momento in cui abbiamo affrontato la crisi dovuta alla pandemia, che era asimmetrica, mentre questa è asimmetrica perché colpisce alcuni Paesi in maniera più profonda di altri. E questo può indurre al ritorno delle dinamiche degli egoismi europei“, ha concluso Patuanelli.

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Agricoltura, nuova legge sul biologico. Cosa prevede?

È entrata in vigore la legge sul biologico in agricoltura, approvata in maniera definitiva al Senato il 2 marzo scorso, dopo l’eliminazione dell’equiparazione ai metodi della biodinamica, che aveva sollevato polemiche, bloccando l’iter parlamentare.

Tra le novità introdotte dalla norma ci sono il “marchio nazionale di agricoltura biologica”, che “contraddistingua i prodotti ottenuti con il metodo biologico, realizzati con materie prime coltivate o allevate in Italia”; la definizione giuridica dei distretti biologici e l’organizzazione della produzione e del mercato, compresa l’aggregazione tra i produttori e gli altri soggetti della filiera; la legge delega al governo per la revisione della normativa in materia di armonizzazione e razionalizzazione sui controlli.

Viene anche istituito un tavolo tecnico e un fondo per lo sviluppo della produzione biologica. Al tavolo è affidato il compito di: delineare indirizzi e definire le priorità del Piano d’azione nazionale per l’agricoltura biologica; esprimere pareri sui provvedimenti di carattere nazionale ed europeo in merito alla produzione biologica; proporre attività di promozione del biologico; individuare strategie per favorire l’ingresso e la conversione delle aziende convenzionali al biologico.

È previsto il piano nazionale per le sementi e la certificazione delle sementi biologiche, finalizzato ad aumentare la disponibilità delle sementi per le aziende e a migliorarne l’aspetto quantitativo e qualitativo con riferimento a varietà adatte all’agricoltura biologica e biodinamica. Il Piano ha durata triennale ed è volto a promuovere il miglioramento genetico partecipativo al fine di selezionare piante che rispondano ai bisogni degli agricoltori e che si adattino alle diversità ambientali, climatiche e colturali.

Si introduce anche il fondo di sviluppo dell’agricoltura biologica, il sostegno alla ricerca, ai distretti di filiera, alla formazione professionale, la promozione degli accordi quadro e delle intese di filiera. Il ministro, con proprio decreto aggiornato anche annualmente, determina la quota della dotazione del Fondo da destinare, con separata evidenza contabile, alla realizzazione del marchio biologico italiano, al finanziamento del piano nazionale delle sementi biologiche, nonché, sentito il Ministro dell’università e della ricerca, al finanziamento dei programmi di ricerca e innovazione.

L’approvazione è arrivata dopo la modifica introdotta a Montecitorio, il 9 febbraio ed è entrata in Gazzetta ufficiale il 23 marzo.