Renzi, la burocrazia, il dissesto idrogeologico e le nutrie

Sostiene il senatore Matteo Renzi che i soldi per mettere mano al dissesto idrogeologico ci sono già, “persino più del necessario”. E che non si spendono per colpa di una “burocrazia asfissiante”. E ancora che “l’unità di missione serviva per bypassare lacci e lacciuoli. E stava facendo bene prima della chiusura”. Tenendoci lontani dalle polemiche con il Movimento 5 Stelle, con l’ex premier Giuseppe Conte e l’ex ministro Sergio Costa, interessa la centralità del’ discorso di Renzi, pure lui ex presidente del Consiglio: ovvero che l’Italia è zavorrata dalla burocrazia. Stessa accusa lanciata da Matteo Salvini per quanto riguarda le infrastrutture e da altri politici, ad esempio, per sfruttare appieno le energie rinnovabili. Quanto ci vuole per ottenere l’autorizzazione a piantare una pala eolica o a fissare un pannello fotovoltaico? Campa cavallo. Il problema del Paese, giustamente, è il dedalo di autorizzazioni e passaggi a cui deve sottostare qualsiasi tipo di iniziativa si prenda. E intanto il tempo scorre, le (brutte) cose accadono, gli altri (Paesi) scappano.

Torniamo al senatore Renzi: tutto giusto ma lo snellimento delle pratiche di cui sopra da chi dipende? No, perché nelle interlocuzioni del mondo politico sembra che la burocrazia sia qualcosa di molto fastidioso imposto da un’entità terza, evidentemente non identificabile, come gli Ufo. In realtà, è proprio il mondo della politica che ha in mano “lacci e lacciuoli” (cit) e che quindi è nella condizione – se vuole sporcarsi le mani – di reciderli. Eppure tutto ciò non succede: perché alle chiacchiere in libertà non segue mai la concretezza dei fatti. Soprintendenze, vincoli, cavilli, procedure particolarmente complesse: l’ufficio complicazioni affari semplici in Italia non chiude mai, nemmeno a Ferragosto. Ci si sveglia solo ogni tanto, di fronte a tragedie come quelle dell’Emilia Romagna e all’appello dei cittadini “a fare presto” per scavalcare – appunto – la burocrazia.

Se è legittimo interrogarsi sul cambiamento climatico, è doveroso mettere l’Italia nella condizione di agire in fretta e bene. Magari occupandosi seriamente del dissesto idrogeoligico con poche pratiche, persino banali: pulire il letto dei fiumi, tutelare le aree boschive, evitare la cementificazione selvaggia. Al momento, purtroppo, siamo fermi alle nutrie.

La tutela del clima cambia anche l’aria negli archivi

Un’economia meno energivora, anzi, il più “verde possibile” porta con sé anche meno stress per chi lavora. Meno tensioni negli uffici comunali, in quelli delle varie amministrazioni pubbliche, con indubbio beneficio sulla salute, oltre che sull’economia. Potrebbe essere uno degli effetti collaterali della corsa all’impatto climatico zero, accelerata negli ultimi mesi anche dalla guerra della Russia in Ucraina, che ha costretto ad anticipare i tempi della transizione energetica.

Il 16 marzo la Commissione europea ha presentato il ‘Net Zero Industry Act‘, il regolamento per sviluppare un’industria a emissioni zero, che sarà il perno del Piano industriale per il Green Deal. Ci sono dentro le priorità sulle quali intervenire, un elenco di otto tecnologie energetiche strategiche, e c’è dentro un ‘alt’ alla burocrazia.

Nero su bianco la Commissione europea spiega che il Net-Zero Industry Act “mira a semplificare le procedure”, ad esempio richiedendo agli Stati membri di prendere in considerazione gli studi ambientali esistenti e le valutazioni raggruppate per evitare sovrapposizioni. E non è una frase isolata, no, nel testo si spiega che i ‘Progetti strategici Net-Zero‘ per le tecnologie prioritarie, beneficeranno di procedure di autorizzazione ancora più rapide.

Per ridurre ulteriormente la burocrazia, il Net-Zero Industry Act, assicura la Commissione, garantisce che le procedure di autorizzazione “siano completamente online e che le prove pertinenti necessarie per completare tali procedure possano essere scambiate direttamente tra le amministrazioni competenti attraverso il sistema tecnico istituito nell’ambito dello sportello digitale unico”.

E la cosa dovrà funzionare anche sul fronte, dovesse capitare, giuridico: “A questi progetti – raccomanda il documento – dovrà essere riservato, se necessario, un trattamento urgente in tutte le procedure giudiziarie e di risoluzione delle controversie”.

E insomma, il concetto è chiaro: per avere un’economia efficiente e ‘verde’ non basta lavorare sulle fonti energetiche o sui consumi: bisogna snellire la burocrazia. Un effetto secondario che, ci si augura, diventi contagioso.