Legge Montagna riapre valichi a caccia. Animalisti: “Pretesto per massacro animali”

Ieri sera l’Aula del Senato ha dato il via libera definitivo al Ddl Montagna, scatenando l’ira delle associazioni animaliste. Sulla carta, il provvedimento intende promuovere le aree montane e valorizzare le popolazioni contrastando lo spopolamento e la desertificazione delle attività commerciali e produttive.

Nell’iter parlamentare, però, è stato approvato un emendamento sulla caccia che per il ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie, Roberto Calderoli, “recepisce la direttiva europea e la sentenza della Corte Costituzionale“. L’errore, spiega, “è stato considerare assoluto il divieto di caccia nei valichi montani, mentre riguardava specificamente l’aviofauna migratoria”.

Non incassa la spiegazione il mondo ambientalista, che aveva chiesto lo stralcio dal disegno di legge, perché “prevede la cancellazione del divieto di caccia per un raggio di mille metri sui valichi montani, corridoi vitali per milioni di uccelli migratori che nel loro viaggio sono obbligati ad attraversare le Alpi”, avevano denunciato. Inoltre, si prevede l’abbattimento dei lupi attraverso la fissazione, per decreto, del tetto massimo degli esemplari da uccidere annualmente. L’emendamento è stato introdotto, ricorda la Lav, dal cacciatore-senatore Bruzzone. L’ atto vuole dare nuovo impulso alle zone di montagna, ma per la maggioranza parlamentare “si è trasformato nell’ennesima occasione per demolire le poche tutele degli animali selvatici ancora esistenti, consegnandoli ai fucili dei cacciatori“.

I valichi sono zone che rappresentano veri e propri colli di bottiglia per i contingenti di uccelli migratori che dal nord Europa migrano verso il nostro Paese e che, costretti ad attraversare le Alpi, affrontano in milioni questi passaggi perché si trovano a quote inferiori rispetto alle vette circostanti. La norma consente ora di aggirare la sentenza del TAR della Lombardia che a maggio scorso ha imposto il divieto di caccia in 475 valichi montani di quella Regione.

I cacciatori, insiste la Lav, “con una fantasia che sfiora il delirio, si autodefiniscono ambientalisti, mentre il Ministro Lollobrigida si è spinto persino oltre, arrivando a marchiarli con il termine ‘bioregolatori’ pur di tentare di dare dignità a una categoria di cittadini che si diverte a provocare sofferenza e morte tra gli animali selvatici”.

Tra le misure introdotte dal Ddl, diverse sono quelle specifiche per i Comuni al di sotto dei 5 mila abitanti. Di “grande successo della Lega e del centrodestra di Governo”, ha parlato Calderoli, esprimendo soddisfazione. “Abbiamo previsto iniziative per ridurre i divari economici e sociali e a garantire l’accesso ai servizi pubblici, come istruzione e sanità, senza dimenticare l’accesso a poste, banche, farmacie. Andremo a introdurre misure contro lo spopolamento rivolte a giovani e famiglie, per stimolare la natalità e la residenzialità, includendo anche incentivi anche alle imprese. Un occhio di riguardo anche all’ambiente e all’ecosistema montano, patrimonio da proteggere e salvaguardare”, ha spiegato il ministro. A disposizione delle politiche per la montagna ci sono oltre 200 milioni, “soldi mai visti e per la vera montagna, com’è giusto che sia”, rivendica Calderoli: “E’ finito il periodo in cui a ricevere i fondi per le zone montane sono aree che di montano non hanno nulla a che fare, il territorio montano in Italia è il 35% e lì queste risorse devono essere destinate perché si tratta di realtà strategiche per tutto il Paese”.

Siccità, cabina di regia e commissario fino al 31 dicembre. Meloni: “Situazione complessa”

Una cabina di regia per accelerare e coordinare la pianificazione degli interventi infrastrutturali di medio e lungo periodo e, nel breve periodo, un commissario nazionale fino al 31 dicembre 2023, con un incarico rinnovabile e con un perimetro “molto circostanziato di competenze“. Così il governo si prepara ad affrontare l’emergenza siccità che ha colpito l’Italia.

Abbiamo ereditato una situazione complessa“, spiega Giorgia Meloni davanti all’Aula del Senato. Il decreto andrà in consiglio dei ministri entro la fine di marzo, verosimilmente la prossima settimana.

Al tavolo convocato a Palazzo Chigi e presieduto dal vicepremier Matteo Salvini c’erano anche i ministri Francesco Lollobrigida (Agricoltura), Nello Musumeci (Protezione civile), Roberto Calderoli (Autonomie), la viceministra all’Ambiente Vannia Gava e i sottosegretari Alfredo Mantovano e Alessandro Morelli.

Il commissario potrà agire sulle aree territoriali a rischio elevato e potrà sbloccare interventi di breve periodo, come sfangamento e sghiaiamento degli invasi di raccolta delle acque, aumento della capacità degli invasi, gestione e utilizzo delle acque reflue, mediazione in caso di conflitti tra regioni ed enti locali in materia idrica, ricognizione del fabbisogno idrico nazionale.

Ci sarà da risolvere il problema degli acquedotti, ma anche, a monte, quello della raccolta di acqua. Quasi nove litri di pioggia su dieci che cadono lungo la Penisola non vengono raccolti. Per le carenze infrastrutturali, si trattiene solo l’11% dell’acqua piovana e nella distribuzione di quella raccolta, le perdite idriche totali sono pari al 42%, secondo l’Istat. A questo, si aggiunge il problema delle temperature in costante aumento e dell’aumento dell’intensità delle piogge, effetti dei cambiamenti climatici che “richiedono interventi strutturali“, sottolinea Coldiretti.

Il Piano Idrico Nazionale è sempre più urgente, nel rispetto delle priorità indicate dalla “sempre più disattesa legge 152“: dopo quello potabile, per l’acqua viene l’uso agricolo, cioè la produzione di cibo e poi via via tutti gli altri utilizzi, ricorda Francesco Vincenzi, presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (Anbi). I dati disastrosi della rete idrica colabrodo sono all’attenzione delle Corti dei Conti regionali, dove il Codacons ha denunciato “tutte le omissioni da parte degli enti locali che hanno fatto poco o nulla per risolvere tale criticità“.

Il problema non si risolve “con l’ennesima cabina di regia“, denuncia il co-portavoce di Europa Verde, Angelo Bonelli. Quello che serve, afferma, è “un cambio di politiche energetiche e ambientali che sono le stesse da decenni responsabili del disastro climatico“. La siccità è già un problema contingente nella penisola italiana, ricorda, dove fiumi sono diventati “corridoi di sabbia” e le riserve di acqua in Lombardia sono circa il 45% in meno rispetto alla media tra il 2006 e il 2020. “Di fronte a questo disastro, questo governo non capisce che deve cambiare politiche, e non puntare a diventare l’hub del gas europeo, ma delle rinnovabili. Invece – insiste – il governo Meloni fa la guerra al clima, alla casa green, all’auto elettrica e poi per dare una risposta alla siccità istituisce l’ennesima cabina di regia. La risposta di questo governo alla crisi idrica è l’inazione e la guerra alle politiche europee sul clima“.