Trasporti, accordo Ue su taglio emissioni dei veicoli pesanti: -90% entro 2040

Nuovi autobus a emissioni zero dal 2035 (con una tappa intermedia del 90% nel 2030) e riduzione del 90% al 2040 per i camion. I negoziatori del Parlamento e del Consiglio Ue hanno raggiunto oggi (18 gennaio) un accordo politico sul regolamento emissioni di CO2 dei veicoli pesanti, camion e autocarri. Uno degli ultimi file legislativi del Green Deal rimasti da completare prima della fine della legislatura.

I colegislatori hanno mantenuto gli obiettivi di riduzione delle emissioni fissati dalla Commissione europea nella sua proposta, pari al 45% per il periodo 2030-2034, del 65% per il 2035-2039 e del 90% a partire dal 2040, applicandoli ai camion di grandi dimensioni con un peso superiore alle 7,5 tonnellate (compresi i veicoli professionali, come camion della spazzatura, ribaltabili o betoniere a partire da 2035) e autobus.

L’Europarlamento ha insistito per porre fine al motore a combustione entro il 2040, ma si è rivelata un’ambizione troppo lontana. Nonostante questo, “sono soddisfatto di questi obiettivi, perché rappresentano un’enorme accelerazione e la portata della legge è stata ampliata nei negoziati, il che è importante per le nostre ambizioni climatiche”, dichiara l’eurodeputato dei Verdi, Bas Eickhout, capo negoziatore per conto del Parlamento.

Quanto ai nuovi autobus urbani, le norme prevedono una riduzione delle emissioni del 90% entro il 2030 e zero emissioni entro il 2035. I colegislatori hanno concordato di esentare gli autobus interurbani da questo obiettivo e di inserire questo tipo di HDV negli obiettivi generali per gli autobus.

Dopo il tentativo fallito di riaprire la partita dei biocarburanti nel regolamento sulle emissioni delle auto (che ha prescritto un contestato stop all’immatricolazione di nuove auto a combustibili tradizionali, auto e benzina dal 2035), l’Italia ha provato a fare la stessa cosa sul regolamento per i mezzi pesanti chiedendo di inserire nelle nuove norme il fattore di correzione del carbonio, ovvero un modo per contabilizzare il contributo dei carburanti a zero-basse emissioni (come i biocarburanti) all’interno dei regolamenti che riguardano la mobilità.

La richiesta è stata accolta solo in parte. Secondo l’accordo la Commissione effettuerà una revisione dettagliata sull’efficacia e sull’impatto del regolamento entro il 2027. Questa revisione valuterà, tra l’altro, l’estensione del campo di applicazione ai piccoli camion, il ruolo di una metodologia per la dei veicoli pesanti veicoli pesanti (HDV) alimentati esclusivamente con registrazione carburanti a zero emissioni di CO2, in conformità con la normativa Ue e l’obiettivo di neutralità climatica e il ruolo di un fattore di correzione del carbonio nella transizione verso veicoli pesanti a emissioni zero, come richiesto anche dall’Italia.

Autocarri a idrogeno: una via d’uscita incerta dal diesel

Mentre un camion attraversa il cuore di Berlino, il rumore del motore non copre gli applausi: il veicolo è alimentato a idrogeno e ha battuto un record di autonomia che evidenzia il potenziale di questa tecnologia a basse emissioni di carbonio. Daimler Truck, il principale produttore di autocarri al mondo, ha dato una dimostrazione di forza questa settimana guidando il suo prototipo ‘GenH2’ per 1.047 chilometri. Tra lo stabilimento del gruppo a Wörth am Rhein, vicino al confine francese, e la capitale tedesca, il veicolo ha compiuto il viaggio con una sola carica di idrogeno, un record di autonomia, secondo il produttore tedesco.

State dimostrando che un carico pesante può essere trasportato su una lunga distanza in modo sostenibile“, ha lodato Petra Dick-Walther, segretario di Stato del ministero dell’Economia, alla partenza del camion. Ma ci sono ancora molti ostacoli da superare prima che il trasporto su strada si converta a questa tecnologia, tra cui la mancanza di infrastrutture, di risorse di idrogeno, di costi e di sfide tecniche.

La produzione di massa è prevista “nella seconda metà del decennio“, spiega Andreas Gorbach, responsabile della tecnologia per autocarri di Daimler Truck. È necessario soddisfare una serie di condizioni, ammette: “La prima è l’infrastruttura per le stazioni di ricarica dell’idrogeno e la seconda è la redditività economica per i nostri clienti, grazie alla disponibilità di energia verde a un costo competitivo“.

Le celle a combustibile a idrogeno hanno un impatto ambientale ridotto, in quanto emettono solo vapore acqueo, mentre il gasolio utilizzato dai veicoli commerciali pesanti provoca un forte inquinamento. Tuttavia, l’idrogeno deve essere verde – prodotto da fonti di energia rinnovabili – e la produzione è attualmente marginale. Lo sviluppo degli autocarri a idrogeno è meno avanzato di quello dei veicoli pesanti a batteria, di cui Daimler e la svedese Volvo stanno già producendo esempi. Dal punto di vista del costruttore tedesco, le due tecnologie sono complementari. Le batterie sono preferite per i carichi più leggeri e le distanze più brevi, mentre l’idrogeno è riservato alle distanze più lunghe e offre tempi di ricarica molto più brevi. “Per decarbonizzare i trasporti, avremo bisogno di entrambe“, afferma Andreas Gorbach.

Le case automobilistiche europee sono sotto pressione per l’inasprimento degli standard, anche se gli obiettivi sono meno severi rispetto alle autovetture. Un regolamento della Commissione europea del 2019 prevede una riduzione del 30% delle emissioni inquinanti dei camion entro il 2030. Una nuova proposta suggerisce una riduzione del 90%, rispetto ai livelli del 2019, per i nuovi camion entro il 2040. Secondo un recente studio della Federazione europea per i trasporti e l’ambiente (T&E), i produttori europei “potrebbero perdere l’11% della quota di mercato dei veicoli commerciali pesanti entro il 2035” nel Vecchio Continente se non renderanno più ecologiche le loro gamme abbastanza rapidamente.

La start-up americana Nikola, cliente del produttore tedesco di attrezzature Bosch, ha già avviato la produzione di massa del suo modello di veicolo commerciale pesante alimentato a idrogeno dall’altra parte dell’Atlantico, sfruttando le sovvenzioni per l’acquisto pubblico previste dall’Inflation Reduction Act dell’amministrazione Biden. Ad agosto, l’azienda vantava un totale di 202 ordini da parte di 18 clienti. Gli esperti avvertono che l’idrogeno farà breccia solo se i suoi costi diminuiranno. Per il momento, Daimler Truck stima il costo dei suoi modelli elettrici a batteria a circa 2,5 volte quello di un modello diesel equivalente. Per quanto riguarda l’idrogeno, è impossibile fare un calcolo perché l’infrastruttura di ricarica è inesistente.

Daimler ha unito le forze con diversi produttori di camion e fornitori di energia (Shell, BP, Total) in Europa e Nord America per sviluppare una rete di stazioni di ricarica per l’idrogeno. La rete dovrebbe essere pronta “entro la fine del decennio“. Rainer Müller, responsabile di Mercedes Benz Trucks, uno dei marchi del Gruppo Daimler, ci assicura che il costo di utilizzo di un camion a idrogeno sarà “simile” a quello di un camion diesel. Ma altri sono meno ottimisti. Secondo le proiezioni di T&E, l’idrogeno non diventerà competitivo fino al 2040, e solo a determinate condizioni.

In Francia parte sperimentazione sull’autostrada A10 per la ricarica a induzione di auto e camion

Due tecnologie che consentono ai veicoli elettrici di ricaricarsi durante la guida saranno presto testate sull’autostrada A10 vicino a Parigi. Da un lato, bobine magnetiche infilate sotto l’asfalto ricaricheranno le batterie per induzione, come i telefoni cellulari. Dall’altro, un binario inserito a filo dell’asfalto permetterà ai veicoli dotati del sistema di collegarsi al suolo. Ad annunciarlo è il concessionario Vinci Autoroutes.

Questi sistemi di “strada elettrica” potrebbero accelerare la rivoluzione in atto nell’industria automobilistica: consentono ai veicoli elettrici di viaggiare più a lungo, senza fermarsi per ricaricarsi, e senza dover trasportare batterie troppo pesanti e che consumano materiali rari.

La “strada elettrica” sarà essenziale per la rapida elettrificazione dei veicoli commerciali pesanti, la maggior parte dei quali è ancora alimentata a diesel, secondo i rapporti presentati al Ministero dei Trasporti francese nell’estate del 2021. Sulla A10, l’idea è di testare queste soluzioni ad alta velocità. L’obiettivo è quello di “chiarire gli ultimi interrogativi rimasti prima di implementare queste tecnologie su larga scala, su centinaia o migliaia di chilometri“, spiega Louis du Pasquier, responsabile del progetto presso Vinci.
I primi test saranno effettuati nel settembre 2023 a Rouen su una pista chiusa di proprietà di Cerema, un ente pubblico sotto l’autorità del Ministero francese della Transizione Ecologica. Questi sistemi di ricarica dinamica saranno poi installati su quattro chilometri della corsia di destra della A10 in direzione Parigi-Orléans, a monte della barriera di pedaggio di Saint-Arnoult-en-Yvelines. I caricabatterie funzioneranno solo con i veicoli compatibili.

Ci sono ancora diversi ostacoli da superare: secondo le relazioni presentate al Ministero, l’induzione non è potente ed è costosa da installare, mentre la rotaia può intasarsi e causare problemi soprattutto alle due ruote. Oltre all’induzione e alla rotaia conduttiva, in Germania si sta sperimentando una terza soluzione, che utilizza una catenaria come per i tram: è “la più avanzata dal punto di vista tecnico”, ma fornisce energia solo ai camion e i piloni necessari a bordo strada pongono problemi di sicurezza, sottolinea la relazione.

La start-up Electreon, che fornisce il sistema di induzione, ha già progetti in Israele, Svezia, Stati Uniti e Italia, dove Fiat sta testando la ricarica di una piccola 500. Il consorzio Elonroad, che fornisce il sistema ferroviario, lo sta testando nel sud della Svezia dal 2019. L’esperimento sulla A10 avrà una durata di tre anni e un costo di 26 milioni di euro, con il sostegno del piano pubblico France 2030 attraverso la Banca pubblica per gli investimenti (BPI). Hutchinson, una filiale di TotalEnergies, produrrà le bobine e l’Università Gustave-Eiffel testerà l’efficacia delle varie soluzioni.

Thierry Breton, European Commissioner for Internal Market

L’Ue lancia i nuovi standard Euro 7: limiti per auto e mezzi pesanti

Ambiente, clima, sostenibilità, salute e Green Deal. Le nuove iniziative della Commissione per una mobilità pulita su strada intendono rispondere a più sfide contemporaneamente. Si rimette mano al sistema di eco-compatibilità delle quattro-ruote di ogni categoria, istituendo una nuova classe, l’Euro 7, per meglio coniugare gli sforzi di una transizione sostenibile con tutte le iniziative intraprese sin qui per migliorare vita dei cittadini e lotta all’inquinamento. Obiettivo: abbattere le emissioni di ossido di azoto (NOx) e particolato (Pm2,5) su tutte le strade e autostrade dell’Unione europea.

La nuova proposta di regolamento non si concentra sulla CO2, principale gas a effetto serra, ma sul resto. L’inquinamento atmosferico derivante dai gas di scarico dei veicoli è responsabile per il 39% delle emissioni nocive di ossidi di azoto (NOx) nell’Ue e del 47% delle stesse emissioni nelle sue sole aree urbane, nonché del 10% delle emissioni di particolato (Pm2,5) di tutta l’Unione. Si stima che solo nel 2018 l’esposizione cronica all’inquinamento atmosferico da polveri sottili e ossidi di azoto dal traffico stradale sia stata responsabile di oltre 70mila morti premature tra i cittadini europei. Da qui la proposta dell’esecutivo comunitario, che mentre spinge per l’elettrificazione della mobilità su gomma, dall’altra preme per veicoli tradizionali ancora più puliti. Rispetto all’attuale classe più ecologica di veicoli (Euro 6), vale a dire tutte le immatricolazioni dal 2015 in poi, l’obiettivo è ridurre, entro il 2035, del 35% le emissioni di NOx per auto e veicoli commerciali leggeri (automobili e furgoni), e fino al 56% per autobus e veicoli commerciali pesanti (camion e autoarticolati). Sempre entro il 2035 si fissa una riduzione del 13% delle emissioni di polveri sottili rilasciate dal tubo di scappamento di auto e furgoni, e del 39% per bus e camion. Questo per ciò che riguarda i sistemi di scarico e i tubi di scappamento. Mentre per quanto riguarda il sistema di frenata, la Commissione prevede una riduzione fino al 27% di polveri sottili per automobili e veicoli commerciali leggeri.

La data dell’avvio della nuova rivoluzione è differenziata: 1 luglio 2025 per veicoli leggeri e 1 luglio 2027 per veicoli pesanti. Questi i momenti che la Commissione vorrebbe per l’entrata in vigore della nuova categoria di veicoli ‘Euro 7’, nell’auspicio che Parlamento e Consiglio non stravolgano questa tabella di marcia come pure l’obiettivo dichiarato. Bruxelles non vuole imporre troppi oneri ai costruttori, tanto che gli obiettivi di riduzione “dovrebbero essere ottenute con le tecnologie esistenti”. Per questo, sostiene il commissario per il Mercato interno, Thierry Breton, “ritengo che la nostra proposta sia equilibrata”, oltre che necessaria “per proteggere il nostro clima”. E’ un tassello ulteriore di una strategia a dodici stelle di ampio respiro. “Oltre a monitorare e sostenere l’elettrificazione della flotta, ora stiamo affrontando le emissioni che aggravano l’inquinamento atmosferico e influiscono sulla nostra salute”. Una linea confermata anche da Frans Timmermans, vicepresidente esecutivo della Commissione europea responsabile per il Green Deal. “I nostri standard sulle emissioni di CO2 e le norme Euro 7 lavorano di pari passo per assicurarci di ottenere più veicoli puliti e convenienti sulle strade europee”.

L’industria del settore però storce la bocca. L’Associazione dei costruttori europei d’automobili (Acea) ritiene che “la proposta rischia di rallentare il passaggio al trasporto a emissioni zero”. A detta di Oliver Zipse, presidente di Acea e amministratore delegato di Bmw, “il vantaggio ambientale della proposta della Commissione è molto limitato, mentre aumenta notevolmente il costo dei veicoli”.

L’esecutivo comunitario non nasconde che sulla scia delle nuove proposte si prevede “un moderato impatto” sui costi delle auto, stimato tra i 90 e 150 euro, e sul costo di autobus e camion, stimato a circa 2.600 euro. Allo stesso tempo, però, prevede ritorni per l’industria. Da una parte, il passaggio a nuovi testi più moderni e digitali “si tradurrà in una diminuzione dei costi di conformità e degli oneri amministrativi per l’industria automobilistica”. Dall’altra parte ci sono opportunità di mercato, in particolare sul fronte dell’esportazione, visto che “diversi paesi al di fuori dell’Ue, come Australia, Brasile, Cina o India, tendono a basare le proprie regole sulle norme sulle emissioni dell’euro”.

Anche sui test, però, Acea ha qualcosa da dire. Perché la nuova proposta introduce nuove modalità di misurazione delle performance di scarico. “Ci si concentra su condizioni di guida estreme che non hanno quasi alcuna rilevanza nella vita reale”, sostiene l’ad dell’associazione dei produttori di quattro ruote. Una visione che va a sbattere contro quella di Bruxelles. “Avremo test delle emissioni più precisi che riflettano le condizioni di guida reali”, sostiene Timmermans. L’Euro 7 rischia dunque di riprodurre scontri e divisioni politiche tutte europee, come già avvenuto per la messa al bando dei motori tradizionali dal 2035.