Cdp guida la transizione verde dell’Italia

Serviranno soldi, tanti soldi, per fare della transizione sostenibile una realtà. In Italia c’è un problema di risorse, ma spesso “mancano progettualità ed idee”. Un problema nel problema, visto che per energia pulita, mobilità sostenibile, efficienza energetica e tutto ciò che occorre per contrastare il cambiamento climatico vanno intercettati i fondi privati e anche europei. Cassa Depositi e Prestiti decide di ricoprire il ruolo di cosiddetto ‘game-changer’, di soggetto capace di cambiare le regole del gioco e imprimere quel cambio di passo che si rende sempre più necessario. Con la Commissione europea sigla un accordo da 6,7 milioni di euro (5 milioni da bilancio comune Ue e 1,7 milioni attraverso i contributi Cdp) per servizi di consulenza a progetti di investimento infrastrutturale e sociale. Un accordo speciale, il primo del suo genere. “E’ un primato di cui siamo fieri”, sottolinea un soddisfatto Giovanni Gorno Tempini, direttore di Cdp a Bruxelles per sancire il momento storico.

Lo speciale accordo, il primo di questo tipo, contribuirà a migliorare l’accesso ai finanziamenti e gli investimenti nello sviluppo di energia sostenibile, dei trasporti e delle infrastrutture digitali e innovative. Nessuno ‘spoiler’, ma certamente Cassa Depositi e Prestiti è pronta a offrire consulenza su “progetti di vario tipo”, quali “ alternative ai combustibili, all’efficienza energetica e a tutto quello che contribuisce a contrastare i cambiamenti climatici”. Tutto quello che risponde alle esigenze ‘green’ dell’Europa votata all’eco-compatibilità, e tutto quello che “sono le sfide del Paese”.
L’accordo di consulenza risponde a tutte le principali linee d’azione a dodici stelle, innanzitutto InvestEu, il programma per gli investimenti strategici dell’Unione. E’ in questo ambito che si inserisce l’intesa tra l’istituto italiano e l’esecutivo comunitario.

InvestEu, che ha una voce di bilancio a parte nel budget dell’Unione europea, intende mobilitare fondi pubblici e privati a sostegno di una ripresa sostenibile, e “contribuisce a mobilitar investimenti privati per le priorità strategiche dell’Ue, come il Green Deal europeo e la transizione digitale”, ricordano a Bruxelles, dove si è certi che il polo di consulenza InvestEu, “con gestione della Commissione europea e attuazione affidata a partner finanziari”, come Cdp nel caso specifico, “costituirà un efficiente punto di accesso a servizi di consulenza e assistenza tecnica”.
Il sostegno, che va dalla preparazione dei progetti all’attuazione, è la chiave per il successo dell’Italia in Europa. Perché in tutto questo “l’effetto leva sta nella capacità di attingere ai fondi europei”. Quello che preme sottolineare al presidente di Cdp è che “i fondi europei sono intercettabili se ci sono progetti buoni, chiari e monitorabili”. Dietro la parole di Gorno Tempini c’è tutta una strategia volta a fare le riforme che servono con i soldi dell’Europa. Se si presentano progetti validi si può cambiare il Paese senza gravare sull’Erario. “Senza fare le riforme l’Italia è destinata a livello di crescita molto bassi”, ammette l’amministratore delegato di Cassa Depositi e Prestiti, Dario Scannapieco. “Con fierezza ci uniamo alla Commissione europea per concorrere a stimolare una crescita solida e duratura del sistema economico, sociale e ambientale dell’Europa”, ma è alle esigenze nazionali che si guarda.

C’è una strategia. Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega agli Affari europei, Enzo Amendola, non può che salutare con favore questo accordo. “In un momento in cui siamo impegnati nella missione nazionale del piano per la ripresa molto importante garantire contemporaneamente anche la spesa dei fondi del bilancio Ue 2021-2027 e le competenze di Cdp per l’attuazione del programma di investimenti europeo InvestEu sono in questo senso la migliore garanzia per una crescita sostenibile, digitale e inclusiva da un punto di vista sociale e territoriale”. Cdp dunque si fa garante di qualità e affidabilità. Fare tanto, fare bene. La sfida della sostenibilità europea è qui, e Cdp qui ha intenzione di rimanere. “La presenza a Bruxelles è cruciale”, riconosce Scannapieco. “Essere qui vuol dire offrire il nostro contributo per le priorità e gli orientamenti dell’Ue”. Cdp intende aumentare la presenza e l’attività nella capitale dell’Ue. Da Bruxelles la Commissione guarda con soddisfazione e interesse. “Attendo con interesse la firma di molti altri accordi di questo tipo con partner consultivi locali in tutta l’Ue”, fa sapere Paolo Gentiloni. “La firma dell’accordo con Cassa depositi e prestiti, prima banca nazionale di promozione a divenire partner consultivo nell’ambito di InvestEu, segna una pietra miliare”. Il commissario per l’Economia lascia intendere che qualcosa è già cambiato, e che molto ancora può cambiare.

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Energia, studio Cdp: Stoccaggi, infrastrutture e Gnl per uscire da emergenza

L’Italia è tra i Paesi europei energeticamente più dipendenti dall’estero e dispone di una capacità nominale di importazione di circa 130 miliardi di metri cubi di gas all’anno (115 via gasdotto e circa 15 via nave). Tuttavia il livello di effettivo utilizzo delle infrastrutture di interconnessione è al 57% della loro capacità. Senza contare che l’Italia ha riserve comprese tra i 70 e i 90 miliardi di metri cubi anche se produce poco più di 3 miliardi di metri cubi di gas all’anno (4% dei consumi), con una diminuzione di circa 6 volte rispetto ai livelli di fine anni ’90 e il 2000. Sono solo alcuni dei dati presi in considerazione dallo studio di Cassa Depositi e Prestiti ‘Sicurezza energetica: quali prospettive oltre l’emergenza?’, che analizza la situazione italiana e individua le eventuali alternative percorribili per sostituire le importazioni di gas dalla Russia. Il documento conferma che l’Italia “principalmente a causa della scarsa dotazione di risorse naturali“, è tra i Paesi europei energeticamente più dipendenti delle importazioni: quasi tre quarti delle materie prime arrivano infatti da Paesi terzi (73% a fronte di una media Ue del 57%). Non sono dunque sorprendenti, in tal senso, le conseguenze della guerra in Ucraina. Secondo gli analisti di Cdp, “l’approvvigionamento italiano presenta una forte concentrazione in un numero limitato di Paesi caratterizzati da elevati profili di rischio geopolitico“.

LE STRADE DA PERCORRERE

Ma ci sono almeno tre vie percorribili per ridurre la dipendenza energetica, in special modo dalla Russia: pieno sfruttamento della capacità di stoccaggio nel brevissimo periodo, potenziamento della capacità di trasporto del gasdotto Tap, nuovi impianti per il gas naturale liquefatto per consentire una rimodulazione delle importazioni nel breve-medio periodo. A queste opzioni, spiega Cdp, “si aggiunge la necessità di accelerare la transizione verso un sistema più efficiente e meno dipendente dai combustibili fossili, puntando sulle energie rinnovabili”. Il legame di dipendenza energetica dall’estero si è creato infatti nel corso dei passati decenni, per questioni non meramente economiche. Lo studio sottolinea che “l’obiettivo di salvaguardia dell’ecosistema dai rischi ambientali e sismici ha portato l’Italia a rinunciare all’adozione delle tecnologie di fracking e in generale a ridurre drasticamente le aree di operatività“. Il risultato è che “dei 1.300 giacimenti presenti sul suolo nazionale, oggi poco più di 500 vengono coltivati con continuità” e inoltre “l’ammontare più significativo di riserve è localizzato nell’Adriatico settentrionale, dove è stato imposto il divieto di estrazione“.

L’ITALIA COME PLAYER INTERNAZIONALE

Sta di fatto che in un orizzonte di lungo periodo “gli attuali equilibri energetici e geopolitici potrebbero cambiare e alcuni Paesi potrebbero passare da importatori netti di energia a esportatori“. L’Italia potrebbe infatti giocare un ruolo chiave. Anzi da protagonista, grazie al posizionamento strategico e alla valorizzazione di reti e porti. Senza mezzi termini, Cdp spiega che l’Italia “potrebbe candidarsi a diventare un hub di accesso al gas naturale e in futuro anche dell’idrogeno, facendo da ponte tra le due sponde del Mediterraneo e riacquisendo quella centralità che il posizionamento geografico e storico le hanno sempre assegnato“. Dopotutto, l’Italia vanta una rete infrastrutturale per il trasporto del gas naturale tra le più estese d’Europa. Oltre 32.500 chilometri di gasdotti (la quasi totalità della rete) sono gestiti da Snam. Gli approvvigionamenti sono assicurati – prosegue il documento – da cinque gasdottiche trasportano il gas proveniente dalle principali aree di importazione (Russia, Nord Africa, Nord Europa e Asia Centrale) fino alla frontiera italiana in corrispondenza di sei punti di ingresso nella rete nazionale e tre terminali di rigassificazione”. L’interconnessione con l’estero è garantita dal gasdotto Tenp-Transitgas per il gas estratto nel Mare del Nord dai Paesi Bassi attraverso Germania e Svizzera fino al Passo di Gries, in Piemonte, per una capacità annua di circa 20 miliardi di metri cubi. A questo si aggiungono il Tag (40 miliardi), il Ttpc-Tmpc (34 miliardi), il Greenstream (10 miliardi), il Tap (8 miliardi), il terminale di rigassificazione di Panigaglia (3,5 miliardi), il terminale di rigassificazione offshore di Porto Viro (8 miliardi), il terminale galleggiante di Livorno (3,75 miliardi).

DAL BREVE AL LUNGO PERIODO

L’analisi di Cdp prevede dunque suggerimenti e possibili soluzioni, tenendo ben presente che “la prospettiva più efficace è quella di guardare alla sicurezza energetica in un’ottica integrata che consideri contemporaneamente l’esigenza di tutelare la continuità degli approvvigionamenti, presidiare e preservare le infrastrutture critiche di fornitura e sviluppare le fonti rinnovabili”. Tre le priorità, la prima delle quali prevede “il pieno sfruttamento della capacità di stoccaggio nel brevissimo periodo, arrivando ad una quota di riempimento dei siti pari al 90%, che consentirebbe di coprire circa il 20% dei consumi interni”. Lo studio spiega che “se dovessimo portare oggi lo stoccaggio al 90% delle nostre possibilità, dovremmo acquistare circa 120 terawattora di gas. Ipotizzando di applicare il prezzo che attualmente si utilizza sui mercati, si potrebbe immaginare un costo pari a 12 miliardi di euro“. La seconda leva individuata da Cdp è il “potenziamento della capacità di trasporto del Tap da 10 a 20 miliardi di metri cubi l’anno, equivalente quindi a circa due terzi del gas di importazione russa, e incremento dell’effettivo utilizzo dei metanodotti esistenti che trasportano il gas dal Nord Africa“. Nel documento viene rilevato come la “capacità di trasporto del Tap presso Meledugno è attesa salire a 10 miliardi di metri cubi l’anno già entro l’estate 2022 e il raddoppio della capacità potrebbe essere implementato nell’arco di 4 anni“. Infine, serve il “rafforzamento della capacità di rigassificazione, per consentire una rimodulazione delle importazioni di gas verso il Gnl nel breve-medio periodo. A tal fine – prosegue l’analisi – occorre da un lato portare a pieno regime l’impiego dei terminali esistenti, il cui utilizzo è pari a soltanto il 75% della loro capacità teorica, che coprirebbe circa il 20% del fabbisogno nazionale. Dall’altro, si può provvedere alla realizzazione di nuovi terminali di rigassificazione“. E a questo proposito Cdp ricorda che “il governo italiano ha incaricato i principali operatori del settore di individuare due navi Fsru (floating storage regasification unit) che possano fungere da terminali galleggianti con caratteristiche analoghe a quelle dell’Olt di Livorno. I terminali galleggianti rappresentano una soluzione più rapida, economica e a minor impatto rispetto alla costruzione di impianti onshore30: dal momento della concessione sono necessari, infatti, dai 12 ai 18 mesi per la loro attivazione (quando le navi siano già disponibili)“.

LA ‘QUARTA’ SOLUZIONE

A queste tre possibili soluzioni ‘tecniche’, se ne deve aggiungere un’altra, più diplomatico-politica: “La gestione della crisi – si legge ancora nel documento -, per via dei livelli di interconnessione e interdipendenza tra Stati membri, impone in primo luogo un approccio comunitario alla sicurezza energetica. L’Ue nel suo complesso deve, infatti, trovare un’alternativa per i circa 150 miliardi di metri cubi di gas che nel 2021 ha importato dalla Russia (40% del consumo totale di gas)“.