Legambiente premia le città più green: al top c’è Reggio Emilia, male il Sud Italia

In Italia le città con le migliori performance ambientali si concentrano al nord, mentre sud e centro della Penisola faticano a tenere il passo. A restituire una fotografia puntuale è la nuova classifica stilata da Ecosistema Urbano 2024, il rapporto di Legambiente realizzato in collaborazione con Ambiente Italia e Il Sole 24 Ore – sui 106 capoluoghi di provincia per performance ambientali. Quest’anno la Regina green della vivibilità ambientale urbana è Reggio Emilia, che risale la classifica passando dal quinto posto dello scorso anno al primo posto, superando così Trento, che scende in seconda posizione, e Parma, al terzo posto. Una crescita importante quella di Reggio Emilia che si distingue, in particolare, per il suo impegno nella raccolta differenziata (salita nel 2023 all’83,8%), nella lotta allo smog, ma anche per essere la regina della bici con la più ampia rete ciclabile, 48,14 metri equivalenti di piste ciclabili ogni 100 abitanti. Il capoluogo registra anche un calo dei consumi idrici pro-capite (dai 130 l/ab/giorno ai 127) e l’aumento sia dei passeggeri trasportati dal servizio di tpl (dai 91 viaggi pro-capite annui dello scorso anno ai 102); sia dei metri quadrati di suolo a disposizione dei pedoni (da 52,8 mq/abitante dell’anno passato a 56,4). Bene anche Trento e Parma, quest’ultima compie un’altra bella rimonta, da 18esima nell’edizione 2023 a terza per i miglioramenti registrati soprattutto nella mobilità sostenibile, nel trasporto pubblico, e nella raccolta differenziata. C’è da dire che quest’anno il rapporto Ecosistema Urbano 2024, per l’analisi dei 106 capoluoghi che hanno risposto all’indagine, ha rivisto e aggiornato il peso di alcuni indicatori, aggiungendone anche uno nuovo (variazione nell’uso efficiente del suolo), sempre distribuiti in 6 aree tematiche: aria, acque, rifiuti, mobilità, ambiente urbano, energia. Ciò ha comportato più variazioni, a volte importanti, in classifica.

Allargando lo sguardo sulla classifica, nelle prime dieci posizioni dominano le città del nord Italia: dopo Reggio Emilia, Trento e Parma, seguono Pordenone (posizione n. 4 in classifica), Forlì (5), Treviso (6), Mantova (7), Bologna (8), Bolzano (9), Cremona (10). L’Emilia Romagna è la regione con più capoluoghi green nella top ten, tra questi c’è anche Bologna, new entry e unica grande città nella prime dieci posizioni (lo scorso anno era 24esima) con un salto di qualità dovuto, soprattutto, alla raccolta differenziata (passata dal 62,6% al 72,9%). Le altre metropoli arrancano: Milano si piazza al 56esimo posto in classifica, ma eccelle nel trasporto pubblico, mentre Napoli arriva quasi in fondo alla graduatoria, è 103 esima, lo scorso anno era 98esima. Roma, rispondendo in modo esauriente all’indagine, sale in graduatoria al 65esimo posto (nel 2023 era 89esima). Il centro Italia se la cava, con Macerata (23esima), Siena (26) e Livorno (29) tra i capoluoghi che si piazzano meglio in classifica. Male, invece, il Meridione con otto capoluoghi tra le ultime 10 della graduatoria: Caserta (98esima), Catanzaro (99), Vibo Valentia (101), Palermo (102), Napoli (103), Crotone (104), Reggio Calabria (105), Catania (106) che lo scorso anno era penultima. Da segnalare, invece, Cosenza (13esima) che pur peggiorando leggermente, è l’unica città del Sud nelle prime 15 posizioni, seguita al 24esimo posto da Cagliari. Tra le poche note positive per il Mezzogiorno, il primato della qualità dell’aria va a L’Aquila (prima per minore incidenza di PM10) che vanta in materia una situazione ‘ottima’. Giudicata ‘buona’ anche l’aria di Ragusa.

La fotografia scattata da Ecosistema Urbano 2024 di Legambiente mette in evidenza come in Italia le performance ambientali delle città viaggino a velocità e con tempi di applicazione troppo diversi e su cui occorre accelerare il passo. A pesare sulle performance ambientali i ritardi nel contrasto alla crisi climatica, i problemi cronici irrisolti – come smog, inquinamento, consumo di suolo – i ritardi su rigenerazione urbana, efficienza energetica, mobilità sostenibile, e poi gli impatti dell’overtourism. Temi sui cui servono interventi più incisivi.

A tal riguardo Legambiente lancia oggi le sue proposte: per accelerare il passo e per città più vivibili, sostenibili e attente alla qualità della vita, inclusa la sfera sociale, serve un green deal made in Italy per le città che abbia al centro una strategia nazionale urbana che non lasci soli i comuni nell’affrontare i problemi cronici ambientali, la crisi climatica, ma anche il fenomeno dell’overtourism. Su quest’ultimo tema, l’associazione ambientalista lancia un monito: l’overtourism va governato con misure efficaci, come stanno facendo già diverse città europee e nel resto del mondo, e va affrontato con lungimiranza e responsabilità dalle grandi alle medie aree urbane ai piccoli borghi, fino all’alta quota, per un turismo più sostenibile, di qualità, attento e rispettoso anche dei territori e delle comunità locali. All’estero già si sta facendo molto con misure significative, in Italia quei pochi interventi messi in campo sono troppo timidi e inefficaci.

Per città più sostenibili, resilienti e sicure – dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambienteserve un’azione congiunta a livello nazionale e territoriale da parte del Governo, delle Regioni e dei capoluoghi di provincia. Oggi, purtroppo, i temi ambientali sono i grandi dimenticati dall’agenda politica, che affronta i temi legati alla sicurezza dei cittadinI, solo in riferimento ai fenomeni migratori, ma serve affrontare questo problema sotto tutti i punti di vista, senza lasciare da soli gli amministratori locali nella sua risoluzione. Da parte del governo nazionale servono politiche coraggiose, a 360 gradi, e risorse economiche all’altezza della sfida per rendere davvero sicuro il nostro Paese. Si pensi ad esempio all’adattamento alla crisi climatica, che causa sempre più danni e perdite di vite umane; alla rigenerazione urbana e alla messa in sicurezza degli edifici, dalla presenza di amianto e dal rischio terremoti; alla lotta allo smog, che causa quasi 50mila morti premature solo per il PM2,5, o al processo di miglioramento del livello qualitativo dei controlli ambientali in capo alle Agenzie regionali protezione ambientale, oggi disomogenei sul territorio nazionale”.

Quest’anno – commenta Mirko Laurenti, dell’ufficio scientifico di Legambiente e curatore del report Ecosistema Urbanosono stati introdotti alcuni cambiamenti ormai necessari per mantenere sempre aggiornato il nostro studio che è in continua evoluzione con l’obbiettivo di far sì che la classifica rispecchi sempre più la realtà urbana. Dai dati di questa edizione 2024 emerge, con ancora più evidenza, come l’unica via sostenibile per rilanciare davvero il Paese, cominciando dalle città, sia ripensare le realtà urbane del futuro con meno auto e più mezzi meno inquinanti, su ferro ed elettrici, più mobilità sostenibile ed economia circolare, più infrastrutture intelligenti”.

In Italia – dove si registra un indice complessivo di sovraffollamento turistico (ICST) che oscilla tra il molto alto e l’alto – l’overtourism sta avendo impatti sulla vivibilità delle città. Secondo il monitoraggio Ipsos Future4Tourism, lanciato in occasione di Ecosistema Urbano 2024, oggi circa 6 italiani su 10 sono concordi nel trovare strategie per limitare il fenomeno dell’overtourism, mostrando un trend in lieve crescita; di contro 4 su 10 sono contrari. I più favorevoli alle limitazioni sono i cittadini che dichiarano di vivere in località altamente turistiche (il 65% si dichiara favorevole), mentre coloro che abitano in centri mediamente turistici sono più dubbiosi (53% di favorevoli). Alla domanda quali sono i peggiori effetti dell’overtourism i cittadini citano al primo posto il peggioramento della vivibilità del luogo per i residenti (51%), pessima esperienza di visita per i turisti (39%), impatto su ambiente e ecosistemi (38%). Rispetto agli interventi da adottare, in particolare per il 31% del campione occorre consentire l’ingresso solo su prenotazione, per il 26% adottare politiche che dirottino i flussi turistici su territori/aree circostanti ma meno frequentati; per 24% servono limitazioni/maggior controllo del numero di alloggi privati/camere in affitto; per il 24% far pagare un ticket/biglietto di ingresso.
Il report Ecosistema Urbano 2024 porta in primo piano anche due esempi di rigenerazione urbana. Il caso di Latina, a sud di Roma, che ha dato avvio al progetto ‘A gonfie vele, in direzione ostinata e contraria’ per realizzare nuove strutture di edilizia residenziale pubblica e riqualificare aree degradate, puntando su innovazione e sostenibilità. Il cantiere è appena partito. Altro esempio, l’ACER di Ferrara che ha realizzato negli ultimi vent’anni alcuni interventi di edilizia residenziale sociale e pubblica ampliando l’offerta di abitazioni in locazione a canone sociale o convenzionato, riqualificando aree urbane degradate o marginalizzate sulla base dei principi di sostenibilità.

Un ‘Tavolo luminoso’ per progettare città inclusive e sostenibili

Davanti a un tavolo luminoso che riproduce un plastico del quartiere milanese di “Città Studi”, Barbara Piga – ricercatrice al dipartimento di architettura del Politecnico di Milano – sposta con le mani miniature di case e edifici pubblici. Toccando poi sulla mappa elementi riconosciuti da proiettori posizionati sopra il tavolo, simula l’intensità delle ombre a ogni ora del giorno, o la direzione vento, la temperatura rilevata nei diversi angoli della città. Ma soprattutto, riesce a colorare la mappa in base alle emozioni provate dai passanti.

Stress? Euforia? Tranquillità? Malessere? Oppure desiderio di fare sport, o di leggere un libro? Un angolo, uno scorcio, o un edificio possono suscitare una vasta gamma di sensazioni e relazioni affettive. Conoscerle, e misurarle, può aiutare a progettare uno spazio pubblico. O a ripensarlo a misura d’uomo e ambiente.

Sviluppato dal Politecnico di Milano, il “Tavolo Luminoso” (Luminous Planning Table) è stato presentato oggi nell’ateneo lombardo in una nuova implementazione realizzata in collaborazione con l‘Università degli Studi di Milano. Lo strumento – di fatto una piattaforma che colleziona dati e informazioni provenienti da app attivate sul campo – permette a urbanisti e architetti di interagire real time con un ambiente simulato tridimensionale, per contribuire al miglioramento della qualità dell’ambiente urbano e al benessere delle comunità, a partire dai processi collaborativi di progettazione e di valutazione architettonica. L’idea, come spiega Barbara Piga, è “aiutare a mettere tutti gli attori della pianificazione urbana su un piano di dialogo”.

Ma come si raccolgono i dati che raccontano emozioni e stati d’animo delle persone che abitano un luogo? Che si tratti di monitorare la percezione di uno spazio già esistente, oppure di simulare un progetto, si parte dall’esperienza sul campo. Semplificando: i ricercatori invitano un campione rappresentativo di utenti a – semplicemente – passeggiare per lo spazio (può essere per esempio un quartiere, una piazza, un complesso) muniti di tablet. Attraverso un’app specifica, gli utenti possono, in maniera più o meno guidata, inquadrare edifici, alberi o strade, e associarle a un approfondito sondaggio.

“Abbiamo arricchito questo strumento con nuove funzionalità psico-sociali”, spiega Marco Boffi, docente di psicologia sociale e ambientale dell’università degli Studi di Milano, “che permettono di esplorare in tempo reale il legame tra le caratteristiche fisiche dei luoghi e la loro dimensione psicologica, e di approfondire le relazioni affettive che le persone instaurano con l’ambiente e il territorio”. Il software, poi, elaborerà i risultati per restituire un’analisi scientificamente accurata. “Anche perché”, come aggiunge Barbara Piga, “non esiste una singola reazione, ma una molteplicità di percezioni. I dati quindi possono essere filtrati in base alle caratteristiche del campione”.

Questa metodologia è già stata applicata dal team di ricercatori a diversi casi pratici. “Il primo progetto pilota” racconta Barbara Piga, è stato uno studio per il progetto Vitae”, una vigna urbana realizzata dallo studio di Carlo Ratti e Convivio nella zona sud di Milano che comprende uffici e un centro di ricerca. “O ancora – continua – attraverso questo metodo abbiamo validato gli esiti di progetto del rifacimento di un’intera strada di fronte a una scuola pubblica nella municipalità di Sabadell, in Spagna, appena fuori Barcellona. Un evento che ha coinvolto sia il Comune sia gli studenti”.

Mobilità, Bologna è la città più ‘eco-mobile’ d’Italia, Catania la meno sostenibile

Bologna conquista il primo posto del podio per la mobilità sostenibile, a seguire Torino e Firenze, al quarto posto Milano seguita da Parma. Roma soltanto al diciassettesimo posto. Le più insostenibili sono Catania, Potenza e Sassari. Sono questi i risultati del sedicesimo rapporto di Euromobility sulla mobilità sostenibile nelle principali 50 città italiane, che premia le azioni messe in campo nelle città, come i sempre più diffusi sistemi di sharing, in particolare la quantità di auto, bici, scooter e monopattini a disposizione dei cittadini. Prato si conferma la città con più auto di recente immatricolazione, mentre ad Ancona sono quasi il 26% le auto a basso impatto (gpl, metano, ibride o elettriche).

PISTE CICLABILI. In crescita le ciclabili, con Reggio Emilia che si mantiene saldamente al primo posto e L’Aquila che si conferma maglia nera, mentre Aosta e Catanzaro, con zero vittime, sono le città più sicure d’Italia. Prendendo in considerazione come parametro di riferimento il numero di km di piste ciclabili ogni 10mila abitanti, nelle prime 10 città della classifica di Euromobility troviamo ben otto città capoluogo di provincia su nove dell’Emilia-Romagna. Reggio Emilia al primo posto con oltre 15 km/10.000 abitanti, segue Ferrara (2° posto), Modena (3° posto), Forlì (4° posto), Ravenna (5° posto), Rimini (8° posto), Piacenza (9° posto) e Parma (10° posto). Bologna è al 18° posto della classifica.

SERVIZI DI SHARING. Milano con circa 2.500 auto è al primo posto della classifica in termini di servizio Car Sharing. Seguono Roma, Torino e Bologna. Primo e secondo posto per Milano e Roma anche per ciò che riguarda i servizi di scooter e bike sharing. Anche se Firenze risulta essere la città italiana con il maggior numero di biciclette sharing ogni 10mila abitanti. La città con più monopattini in servizio sharing è Roma con ben oltre 14mila monopattini oggi in servizio. Segue Milano con circa 5mila unità. In rapporto al numero di abitanti è però Rimini la città con maggior unità per abitante, nello specifico circa 88 monopattini ogni 10mila abitanti.

IL PRIMATO DI BOLOGNA. Bologna conquista, appunto, il primo posto nella classifica delle città più sostenibili in termini di mobilità. Il primato di Bologna arriva grazie a diverse componenti. Dalla campagna di rilievi annuale effettuata nel settembre 2022 dalla società TPS – Transport Planning Service di Perugia per conto del Comune di Bologna emerge che i ciclisti sono in aumento anche nel 2022 a Bologna (fino al 6% in più sul 2021) con un vero e proprio boom per la Tangenziale delle Biciclette (+41% in Viale Pepoli, +27% in Filopanti e +25% in Silvani) e in altri punti della città: via San Donato +53%, Zanardi +30%, Casarini +26%. In dieci anni i flussi di biciclette hanno registrato un aumento del 62,4% e negli ultimi cinque anni del 20,3 %. La crescita dell’ultimo anno è confermata con aumento medio del 4% e alcuni picchi di incremento nei punti di misura ubicati sulla Tangenziale delle Biciclette (Silvani +25%, Pepoli +41%, Filopanti 27%), ma anche in altri punti (Zanardi +30%, Casarini +26%, cavalcavia Stalingrado +34%). “Questo riconoscimento – spiega l’assessora alla Nuova mobilità del Comune di Bologna, Valentina Orioli – è certamente motivo di orgoglio per il Comune ma non ci rende appagati. Soddisfatti perché anche a livello nazionale vengono riconosciuti i nostri sforzi per avere una mobilità sempre più sostenibile in città, siamo consapevoli che ancora molto c’è da fare ed anche per questo abbiamo lanciato Bologna città 30. Un grande progetto che non porterà solo nuovi limiti di velocità ma renderà la città più a misura delle persone con più spazi per muoversi in sicurezza, una città meno inquinata e rumorosa e sempre più sostenibile”.

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In città boom di zanzare e zecche a causa di alte temperature

Le alte temperature che stanno caratterizzando questo 2022 hanno una ripercussione non solo sull’ambiente (siccità e incendi), ma rappresentano un pericolo per la salute dell’uomo. E non parliamo di problemi cardio respiratori che potrebbero derivare da afa e caldo, ma della proliferazione degli insetti, fenomeno che gli esperti osservano già da tempo. Gea ne ha parlato con il presidente di Sima (Società italiana di medicina ambientale), Alessandro Miani. “L’aumento delle temperature estive – spiega -, con l’allungamento dei periodi torridi (una volta limitati alle prime tre settimane di agosto), è causa di incendi, ma anche di un’anomala invasione d’insetti quali zecche, cavallette e zanzare tigri. In questo contesto, insieme all’inesorabile deforestazione del pianeta, all’estinzione di numerose specie viventi e a una sempre minore biodiversità, vanno emergendo e diffondendosi nuove epidemie, malattie e zoonosi trasmesse da vettori (insetti, animali o pesci) che talora colonizzano nuovi habitat e aree dove non erano precedentemente presenti”.

Ma la siccità che sta caratterizzando buona parte del Paese in questi ultimi mesi, non può essere paradossalmente un aiuto contro la schiusa delle uova di questi insetti?

“La siccità porta a una ridotta produzione delle zanzare questi insetti hanno infatti bisogno di acqua stagnante in cui depositare le proprie uova. Ecco perché osserviamo una proliferazione particolare in città rispetto alla campagna. Nei centri abitati molti sindaci hanno emesso ordinanze per la chiusura delle fontane, ma resta comunque quella stagnante alla base delle fontane dove le zanzare possono deporre le proprie uova. Contemporaneamente poi, le temperature elevate e prolungate stanno portando alla presenza nel nostro Paese di specie aliene. Queste arrivano in Italia a causa delle globalizzazione e trovano qui un habitat ideale, perché simile al loro Paese di origine. Pensiamo al fenomeno della febbre West Nile che sta interessando particolarmente il Veneto in queste settimane. La zanzara tigre invece ormai può essere considerata di casa, ma sta proliferando anche la zanzara coreana e quella giapponese”.

Perché rappresentano un pericolo per la salute dell’uomo?

Tutte le zanzare sono insetti vettori che, nel pungere l’uomo, possono immettere nel nostro organismo un virus di cui sono portatrici. Questo fenomeno si chiama zoonosi e il rischio è che questi insetti possano portare in Italia patologie a noi sconosciute”.

All’origine di questi fenomeni c’è il cambiamento climatico.

La siccità e gli inverni caldi aumentano la proliferazione anche di altri insetti, come le zecche. Queste depositano le proprie uova nel periodo invernale e si schiudono sempre prima perché fa caldo. Questi insetti tendono a stare nascosti quando fa freddo e a uscire quando le temperature sono elevate, in più anche loro sono portatori di patogeni, pensiamo ad esempio alla meningite. Inoltre c’è da evidenziare il fatto, che proprio come per le zanzare, anche le zecche sono sempre più presenti in città. Un tempo si trovavano solo in campagna, in aree incolte con l’erba alta”.

L’ultimo insetto che prolifera con l’aumento delle temperature è poi la cavalletta che non rappresenta un rischio diretto per la salute dell’uomo, ma è capace di devastare campi e raccolti.

“Per Paesi più sfortunati del nostro come quelli africani, le cavallette portano alla morte perché determinano la carestia, ma anche da noi creano notevoli danni all’agricoltura“.

Quali soluzioni dunque si possono adottare per contenere questa proliferazione di insetti?

“Il problema generale è il surriscaldamento globale e su questo fronte si devono muovere gli Stati con politiche adeguate e rapide come lo stop all’utilizzo di fonti fossili per produrre energia. Sono infatti loro le principali responsabili del cambiamento climatico. A livello personale invece ogni Comune può fare qualcosa, come la raccolta puntuale della spazzatura nelle strade. Questa azione infatti riduce la proliferazione di insetti e roditori. Un’altra accortezza è poi quella di non lasciare acqua stagnante in giardini e campi, habitat prediletto dalle zanzare”.

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Docce fredde e insegne spente di notte: l’Europa ai tempi della crisi energetica

Docce fredde nelle piscine, uffici al buio durante la notte, limiti ai termostati di caloriferi e condizionatori, insegne spente. L’Europa cerca di rispondere al rischio di penurie energetiche con tanti piccoli accorgimenti di vita quotidiano oggetto di decisioni comunali, regionali e anche di governo centrale per salvaguardare l’energia. Il caso più emblematico è forse quello spagnolo. Il decreto legge varato a Madrid impone a tutti i luoghi pubblici e tutti gli esercizi commerciali, inclusi ristoranti, di non abbassare l’aria condizionata sotto i 27 gradi in estate e di non aumentare il riscaldamento oltre i 19 gradi in inverno. Lo stesso provvedimento ordina anche ai negozi di spegnere le luci di notte. Insegne e vetrine devono smettere di essere illuminate entro le 22. Misure simili sono già state messe in atto per gli edifici della pubblica amministrazione, mentre restano volontarie per le famiglie.

Anche in Germania si corre ai ripari. A Berlino verrà ridotta l’intensità di illuminazione dei monumenti. Ad Hannover, in bassa Sassonia, decretato lo stop a docce calde per piscine, palestre e centri sportivi. Saranno a disposizione solo fredde, quale misura per evitare sprechi. Inoltre, le piscine pubbliche smetteranno di essere riscaldate a gas. In quanto Stato federale, la Germania vede al momento misure prese a livello di singolo ‘land’. Quello della Bassa Sassonia ha inoltre previsto che gli edifici pubblici non usufruiranno di alcun riscaldamento da aprile a fine settembre di ogni anno, con temperature ambiente limitate a un massimo di 20 gradi per il resto dell’anno. In aree come magazzini, locali tecnici, corridoi, la temperatura massima varia da 10 a 15 gradi. In Baviera decretato lo stop di acqua calda negli uffici distrettuali, la temperatura ambiente negli uffici pubblici sarà ridotta a un massimo di 19 gradi, mentre le aree non utilizzate non saranno riscaldate affatto. Durante le vacanze, l’acqua calda sarà spenta in tutte le scuole e l’illuminazione degli edifici comunali come il municipio di Marienplatz sarà spenta. A Lipsia, nel land della Sassonia, monumenti a illuminazione ridotta.

In Francia imposto il divieto in tutto il Paese di pubblicità luminosa e illuminata durante la notte, dall’1 e le 6. Gli uffici governativi potranno accendere l’aria condizionata solo se la temperatura interna supera i 26 gradi. Anche in Grecia si lavora per evitare sprechi. È stato disposto che i condizionatori non possono essere impostati a temperature inferiori a 27 gradi negli edifici pubblici durante l’estate, e gli impiegati, a fine giornata, devono spegnere i computer invece di lasciarli in stand-by e modalità risparmio energetico.

A questa ondata di buone pratiche che a molti suonano come sacrifici, non fa eccezione l’Italia. Nel Paese è stato disposto che l’aria condizionata negli edifici pubblici non possa scendere sotto i 19 gradi in estate e il riscaldamento non debba superare i 27 in inverno. Niente docce fredde. Almeno per il momento.

In Arabia Saudita prima megalopoli green nel deserto: Neom

La futuristica megalopoli Neom in Arabia Saudita si estenderà per 170 chilometri e ospiterà due enormi grattacieli ricoperti di specchi. I nuovi piani li svela il principe ereditario Mohammed bin Salmane, anche se non fugano i dubbi sulla fattibilità economica e ambientale del progetto.

Chiamati ‘The Line’, i due enormi grattacieli paralleli alti 500 metri saranno il centro della città sul Mar Rosso, un progetto di punta da centinaia di miliardi di dollari di bin Salmane, sovrano de facto del regno, che sta cercando di diversificare l’economia del Paese ricco di petrolio.

Con i suoi taxi volanti e i robot domestici, Neom ha fatto molto scalpore già dall’annuncio del progetto, nel 2017, anche se architetti ed economisti restano scettici sulla fattibilità. Inizialmente è stata presentata come una “Silicon Valley” regionale, un polo biotecnologico e digitale di 26.500 chilometri quadrati. Ma, alla presentazione di ‘The Line’, il principe ha delineato una visione ancora più ambiziosa, descrivendo una città utopica senza automobili, la più vivibile “dell’intero pianeta“.

L’idea è di ripensare la vita urbana in un’area di soli 34 chilometri quadrati per affrontare “i problemi di vivibilità e dell’ambiente“, ha aggiunto. “Il progetto si è evoluto così tanto da quando è stato concepito che a volte è difficile determinarne la direzione“, commenta Robert Mogielnicki dell’Arab Gulf States Institute di Washington.

In passato, le autorità avevano previsto un milione di abitanti a Neom. Il principe ha ora fissato l’asticella a 1,2 milioni entro il 2030 e a nove milioni entro il 2045, puntando su un boom demografico che ritiene necessario per rendere l’Arabia Saudita una potenza economica in grado di competere in tutti i settori.
A livello nazionale, l’obiettivo è di raggiungere 100 milioni di persone entro il 2040, “quasi 30 milioni di sauditi e 70 milioni o più di stranieri“, rispetto ai circa 34 milioni di oggi, ha dichiarato Mohammed bin Salmane. “Questo è l’obiettivo principale della costruzione del Neom: aumentare la popolosità dell’Arabia Saudita. E dato che lo stiamo facendo da zero, perché copiare le città normali?“.

Larga solo 200 metri, ‘The Line intende rispondere all’espansione urbana incontrollata e dannosa per l’ambiente, impilando case, scuole e parchi l’uno sull’altro, secondo il modello dell'”urbanistica a gravità zero“. I residenti avranno accesso a “tutte le loro necessità quotidiane” nel raggio di cinque minuti a piedi, oltre ad altri servizi come piste da sci all’aperto e “un treno ad alta velocità che consente di raggiungere la città in 20 minuti“, spiega il comunicato di presentazione.

Anche Neom dovrebbe essere regolata da una propria legge, in fase di elaborazione, ma i funzionari sauditi hanno già detto che non hanno intenzione di abolire il divieto di bere alcolici imposto dal regno conservatore.

Altra sfida è quella di rispettare le promesse di tutela ambientale del Paese, che si è impegnato – senza convincere gli ambientalisti – a diventare carbon neutral entro il 2060. Secondo un video promozionale pubblicato lunedì, la città sarà alimentata interamente da energie rinnovabili e sarà caratterizzata da “un microclima temperato tutto l’anno con ventilazione naturale“.
Neom è ben posizionata per beneficiare dell’energia solare ed eolica e si prevede che ospiterà il più grande impianto di idrogeno verde del mondo. “Ma la fattibilità nel suo complesso non è chiara, date le dimensioni e i costi senza precedenti del progetto“, osserva Torbjorn Soltvedt della società di consulenza Verisk Maplecroft.

Il costo della “prima fase“, che durerà fino al 2030, è stimato in 1.200 miliardi di riyal sauditi (circa 319 miliardi di dollari), secondo il principe Mohammed.
Oltre alle sovvenzioni statali, si prevede che i fondi arriveranno dal settore privato e dall’Ipo di Neom prevista per il 2024.

Il finanziamento rimane una sfida potenziale, anche se l’attuale impennata dei prezzi del petrolio è più favorevole per il regno rispetto al primo periodo della pandemia da Covid-19. Inoltre, “il finanziamento è solo una parte dell’equazione“, sottolinea Robert Mogielnicki. “La domanda è più difficile da acquistare, soprattutto quando si chiede alle persone di partecipare a un esperimento su come vivere e lavorare nel futuro“.

(Photo credit: FRANCK FIFE/AFP)

STR / AFP

Il surriscaldamento colpisce gli abitanti delle città: quali soluzioni?

Strade asfaltate, mancanza di vegetazione, emissione di calore da parte dei condizionatori. I centri urbani si trasformano in veri e propri termosifoni durante le ondate di calore, ma ci sono modi per ridurre il disagio degli abitanti delle città, che sono più asfissiati rispetto ai vicini di campagna.

MICROCLIMA URBANO

In campagna, la vegetazione utilizza il sole e l’acqua del suolo per la fotosintesi e restituisce all’atmosfera l’acqua prelevata. Di notte, questa ‘evapotraspirazione’ si ferma. Ma nelle città, le superfici in gran parte impermeabili immagazzinano l’energia solare. E di notte, questi edifici, strade e marciapiedi asfaltati rilasciano nell’aria il calore accumulato. Di conseguenza, in città fa spesso più caldo che fuori, con differenze ancora maggiori durante le ondate di calore e di notte, quando può essere di diversi gradi più calda rispetto alla campagna circostante. Questo meccanismo è noto come ‘isole di calore urbane’ (UHI), ma diventa ‘surriscaldamento urbano’ quando si aggiunge il disagio termico degli abitanti, che dipende anche da diversi parametri individuali (età, tetti poco isolati, metabolismo, ecc.). Con importanti impatti sulla salute. “La situazione degli abitanti delle città sottoposti a queste condizioni estreme può portare a colpi di calore e disidratazione, fino alla morte delle persone più fragili“, sottolinea Ademe (Agenzia per la transizione ecologica francese) nella sua guida ‘Rinfrescare le città’. Ad esempio, durante la storica ondata di caldo del 2003, che ha causato più di 15.000 morti in Francia, il tasso di mortalità in eccesso ha raggiunto il 141% a Parigi e l’80% a Lione (sud-est), rispetto al 40% nelle città di piccole e medie dimensioni, secondo Santé Publique France.

FATTORI IDENTIFICATI

I fattori che contribuiscono a queste ‘bolle di calore’ urbane sono ben noti: molte superfici scure, minerali e artificiali, che assorbono il calore, poca vegetazione, proprietà dei materiali da costruzione, acqua insufficiente, attività umane, orientamento degli edifici, forma delle città, ecc. Per non parlare del circolo vizioso dell’aria condizionata che, raffreddando chi se la può permettere, riscalda l’aria esterna attraverso le sue emissioni.

SOLUZIONI

Il tema del raffreddamento urbano è ancora un campo di ricerca recente ma cruciale, poiché le isole di calore urbane rischiano di amplificare gli effetti delle ondate di calore, che si stanno moltiplicando e intensificando con il riscaldamento globale. Esistono soluzioni per far scoppiare queste bolle di calore, come spiega Ademe nella sua guida, che presenta 19 tipi di misure “emergenti o collaudate” tra cui le città possono scegliere in base alle loro esigenze specifiche. In primo luogo, soluzioni basate sulla natura, in breve sulla vegetazione e sull’acqua: sviluppo di parchi che formino vere e proprie isole di freschezza, piantumazione di alberi per l’ombra, tetti verdi per il comfort interno, facciate verdi per limitare il disagio dei pedoni, o anche corpi idrici e fiumi con le loro sponde verdi. Tra le soluzioni “grigie“, Ademe evidenzia le forme urbane “bioclimatiche” che consentono una migliore circolazione dell’aria, l’irrigazione degli spazi urbani, le strutture di ombreggiamento, i pannelli solari per sostituire le superfici che accumulano calore, le pavimentazioni drenanti e l’isolamento degli edifici. Infine, sono citate soluzioni “soft” legate all’uso della città, come la riduzione del traffico stradale e dei motori che producono calore o la limitazione dell’aria condizionata.

NESSUN MIRACOLO

Ma attenzione, “nessuna singola soluzione può risolvere il problema del surriscaldamento urbano“, avverte Ademe, che suggerisce una combinazione di più tecniche. “È quindi importante tenere conto del fatto che alcune soluzioni non sono compatibili, o addirittura si annullano a vicenda, mentre altre agiscono in sinergia”, spiega. Nella scelta delle possibili soluzioni, è necessario considerare anche l’effetto desiderato di ciascuna soluzione: raffreddamento complessivo della città o a livello di comfort dei pedoni. Ad esempio, le fontane e i getti d’acqua hanno un forte impatto sul comfort termico, ma non a livello cittadino. Al contrario, i rivestimenti che riflettono la luce (vernice bianca o materiali innovativi) su pavimenti, pareti o tetti riducono l’isola di calore urbana, ma possono creare disagio ai passanti a causa dell’irraggiamento.

infografica

(Photo credits: STR / AFP)