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Smartphone ricondizionati: quante emissioni si risparmiano

Comprare uno smartphone ricondizionato non permette solo un risparmio economico, ma consente anche di evitare emissioni nocive nell’ambiente. L’azienda Back Market, in un suo studio, le ha quantificate: 79,68 kg di CO2 a persona, la quantità necessaria per produrre uno smartphone nuovo. Non una cifra enorme: una cifra leggermente maggiore rispetto a quello che si produce con un viaggio di 100 km con un veicolo a benzina. Si deve ricordare, però, che nel 2021 sono stati prodotti 1,4 miliardi di smartphone nel mondo, secondo uno studio di Counterpoint Research. Questa quantità di CO2, quindi, va considerata in relazione ai numeri del mercato. Uno smartphone ricondizionato, invece, produce 6,82 kg di CO2 a causa della riparazione, dall’approvvigionamento dei pezzi di ricambio alla consegna.

Possiamo parlare di sostenibilità anche in modo più ampio. Uno smartphone ricondizionato fa risparmiare, infatti, 68.400 litri di acqua. Una quantità d’acqua sufficiente per far assumere ad una persona 8 bicchieri d’acqua (2 litri) giornalieri per quasi 94 anni. Per vedere le cose in prospettiva, uno smartphone nuovo necessita di circa 112 anni umani di acqua potabile: la gran parte dell’acqua necessaria serve per l’estrazione delle materie prime. Con il ricondizionato, quindi, si utilizza l’83% di acqua in meno.

La sostenibilità rappresenta anche una delle leve sui cui spingono di più le società che si occupano di smartphone ricondizionati. E il mercato cresce sempre di più. Si stima che nel 2024 il giro d’affari raggiungerà nel mondo i 65 miliardi. Si prevede che entro il 2027 le vendite aumenteranno a un ritmo attorno al 10%. Tutto ciò emerge da uno studio CertiDeal: secondo il report l’aumento costante dei prezzi e la crescita dell’attenzione all’ambiente spingeranno ulteriormente il trend della domanda con una ulteriore proliferazione di piattaforme dedicate.

Secondo questo studio lo smartphone rigenerato consente di risparmiare tra il 15 e il 70% sul prezzo originale. Ci sono alcune regioni, però, in cui il mercato è più sviluppato che nelle altre. Lombardia, Liguria e Lazio sono le regioni che presentano il maggior numero di utenti per acquisti. Queste tre regioni, tra l’altro, hanno raddoppiato la spesa di ricondizionati rispetto al 2020. Al contrario, le regioni più fredde nei confronti dei ricondizionati sono, in ordine percentuale, la Basilicata (1,11%), la Calabria (1,32%) e la Campania (2.85%). Con l’eccezione della Valle d’Aosta, altra regione che registra ordini molto bassi, questi dati evidenziano una forte differenza tra Nord e Sud. Dalle analisi emerge anche che sono le donne a spingere il mercato dello smartphone ricondizionato. Le regioni in cui le donne comprano più smartphone ricondizionati sono la Campania, il Piemonte e la Toscana.

Per quanto riguarda brand e modelli preferiti, gli iPhone di Apple dominano la scena con percentuali decisamente superiori rispetto agli altri dispositivi ricondizionati. In particolare, sempre secondo i dati di acquisto del 2021, i device più acquistati dagli utenti italiani sono stati iPhone 8 (20%), iPhone X (9%) e iPhone 7 (6%).

decarbonizzazione

Clima, verso il G7 dell’Ambiente. Cingolani: “Alleanza per emissioni zero”

Stabilire un’alleanza globale per la protezione del clima, promuovere una transizione energetica pulita, sostenibile e inclusiva, preservare la biodiversità rafforzando le attività correlate all’efficienza delle risorse e all’economia circolare, migliorare la sostenibilità della gestione delle sostanze chimiche, proteggere i mari e tutelare la biodiversità marina. Questi i temi oggetto di discussione alla riunione dei ministri del Clima, dell’Energia e dell’Ambiente dei Paesi del G7 che si terrà il 26 e 27 maggio a Berlino.

In merito all’incontro, nel corso dell’informativa alla Camera, il ministro per la Transizione ecologica, Roberto Cingolani, ha lanciato un messaggio inequivocabile: “Innalzare le ambizioni non è sufficiente. Occorre un richiamo forte a tutti i grandi emettitori, specie quelli che sono membri del G20, a presentare nuovi obiettivi di riduzione in linea con il mantenimento della temperatura globale a 1.5 gradi centigradi e gli impegni adottati a Glasgow“, ha sottolineato il ministro.

CLUB SUL CLIMA

E, in questa direzione, un’importante proposta arriva dalla Germania. Lo ha ricordato lo stesso Cingolani, riferendosi alla costituzione di un ‘Club sul clima’ al fine di allineare le politiche e misure climatiche soprattutto nei settori industriali, accelerando il taglio delle emissioni e, al contempo, “prevenire distorsioni al mercato e il fenomeno del carbon leakage”. Tre i pilastri, ha spiegato il ministro, sui quali poggia il Climate Club: “Misurazione delle emissioni ricorrendo a strumenti quali il Carbon Border Adjustment Mechanism (Cbam); progressiva trasformazione dei settori industriali attraverso approcci comuni di decarbonizzazione delle industrie; sviluppo di partnership internazionali per la sostenibilità nel settore energetico, nelle economie emergenti e nei paesi in via di sviluppo con la progressiva diffusione delle rinnovabili“.

EMISSIONI ZERO ENTRO 2050

Cingolani, nel corso dell’informativa, ha poi ricordato che per il settore energetico “è emersa inoltre, la determinazione ad accelerare la transizione verso un futuro a zero emissioni nette entro il 2050, mantenendo al contempo la sicurezza e l’accessibilità dei sistemi energetici”, anche attraverso la “rapida espansione delle rinnovabili”.

METANO

Tutti temi sul tavolo del prossimo G7, la cui agenda sarà fitta di proposte e nodi da sciogliere. Come quello relativo alla riduzione delle emissioni di metano. “La presidenza tedesca – ha detto Cingolani – ha proposto l’impegno di sviluppare dei piani di azione nazionali volti a diminuirle”. L’obiettivo è quello di “riaffermare l’impegno definito in ambito del Global Methane Pledge adottato a Glasgow per la riduzione delle emissioni globali di metano antropogenico di almeno il 30% al di sotto dei livelli del 2020 entro il 2030”. “L’Italia ha proposto, e la membership G7 ha accolto – ha aggiunto Cingolani – di considerare anche il ruolo delle tecnologie waste-to-fuel (come il biometano) quale preziosa opportunità per mitigare le emissioni di metano“.

IDROGENO

In tema di rinnovabili, al vertice di Berlino si parlerà anche di idrogeno, “elemento chiave verso una piena decarbonizzazione delle economie”. L’idea, ha ricordato il titolare del Mite, è quella di lanciare il “G7 Hydrogen Action Pact, iniziativa volta ad accelerare e rafforzare l’azione congiunta nel campo dell’idrogeno, nonché a favorire le sinergie e la razionalizzazione delle attività svolte nelle diverse piattaforme multilaterali già esistenti”. “Promuovere lo sviluppo e la definizione di standard settoriali comuni al fine di favorire la produzione, l’uso, il commercio e il trasporto di idrogeno è obiettivo anche dell’Italia”, ha fatto sapere Cingolani.

Petrolio cina

Schizza il prezzo del carbone, Ue schiacciata da Cina e India

Può sembrare un paradosso, invece non lo è. Nella stagione in cui si spinge il più possibile per trovare (e sfruttare) fonti energetiche alternative, in particolare quelle ‘pulitissime’ generate dal vento e dal sole, il rischio che il processo di decarbonizzazione si fermi è molto alto. I fossili sono tornati di moda, prova ne sia che negli ultimi mesi il prezzo del carbone è in costante ascesa. C’è chi ha calcolato un rialzo del 600% rispetto a gennaio del 2020, parecchio di più degli idrocarburi e del gas, il nostro incubo quotidiano da quando è scoppiata la guerra in Ucraina e ci si sta sforzando per stoppare le erogazioni da Mosca.

Pare che la ‘colpa’ sia di Cina e India, bisognose di compensare il disavanzo della produzione interna insufficiente per soddisfare i propri bisogni. Pare, anche, che a questi due giganti mondiali – ma non sono i soli, sia chiaro – interessi poco di arrivare alla Carbon neutrality nei prossimi anni. L’esatto contrario di ciò che sta accadendo in Europa, fermamente convinta di dover portare a termine la mission stabilita nell’Accordo di Parigi. Nel 2050, in teoria, i gas serra dovrebbero essere azzerati ma, se la situazione continua a essere questa, diventa un esercizio quasi utopistico immaginare il raggiungimento di un obiettivo tanto importante per la vita del nostro pianeta e, più concretamente, di noi e dei nostri figli.

Il percorso virtuoso intrapreso dalla Ue incide appena per il 7% sulle emissioni globali di CO2. Detto male: l’Europa può sforzarsi si essere virtuosa e green il più possibile però si tratterà sempre di una goccia d’acqua nell’oceano dell’inquinamento mondiale. Di sicuro, il conflitto ucraino non aiuta, come testimonia il ritorno prepotente degli idrocarburi sulla scena internazionale. Se il gas manca, ci si aggrappa a tutto pur di far funzionare – banalizzando – i condizionatori d’estate e i termosifoni d’inverno. E la salute nostra e della Terra può aspettare…

Zoppas

Zoppas sposa la sostenibilità: “Saremo protagonisti della rivoluzione green”

“Il mondo sta vivendo una vera e propria rivoluzione sostenibile e noi vogliamo esserne protagonisti”. A raccontarlo a GEA è Gianfranco Zoppas, presidente dell’omonimo Gruppo. Due controllate, Irca Spa e Sipa Spa, presenza in 70 Paesi nel mondo, con un fatturato aggregato di oltre 800 milioni e 9.100 addetti nel 2021: questa la fisionomia del gruppo industriale di Treviso, fornitore globale per la progettazione, produzione e vendita sul mercato internazionale di resistenze e sistemi riscaldanti destinati al segmento domestico e a quello industriale. “La pandemia prima e l’attuale congiuntura economica dopo – spiega Zoppas – ci ha insegnato che l’essere globali è sicuramente un punto di forza, anche rispetto alla solidità della catena di fornitura. L’altro fattore chiave è l’innovazione, leitmotiv costante per tutte le aziende del Gruppo, che oggi interpretiamo sempre più all’insegna della sostenibilità, che per noi significa impegno ambientale, sociale, creativo, di responsabilità ed etica”.

EMISSIONI DI CO2: -30% ENTRO IL 2025. Tanti gli impegni presi in linea con gli obiettivi europei: arrivare al -30% di emissioni di C02 entro il 2025 con la svolta della carbon neutrality entro il 2050. “Abbiamo iniziato da un’analisi della Carbon Footprint (l’impronta di carbonio, l’indicatore utilizzato per misurare la quantità di CO2 emessa, ndr) – spiega Zoppas – e proseguito con la valutazione EcoVadis e l’adesione al CDP (Carbon Disclosure Project). A essere prima ridotte e poi azzerate saranno le emissioni derivanti da fonti di proprietà o controllate direttamente e le emissioni connesse con l’energia acquistata”. Non solo. Il Gruppo ha già avviato progetti con partner e fornitori “affinché condividano e applichino gli stessi principi di sostenibilità così da intervenire in modo deciso anche sulle emissioni connesse all’attività dell’azienda”.

Gianfranco Zoppas

OBIETTIVO TRANSIZIONE ECOLOGICA. Le direttrici strategiche dei prossimi anni danno la misura dell’approccio innovativo della realtà industriale di Vittorio Veneto. In primis, la transizione ecologica e su questo versante molto è già stato fatto anche per quanto riguarda il profilo delle controllate. Le aree Ricerca e Sviluppo e Sviluppo Nuovi Prodotti, spiega Zoppas, “hanno intrapreso un’attività di innovazione andando sempre più verso prodotti che permettono minori sprechi e maggiore riciclo e riuso. Vogliamo aiutare le persone a consumare meno e meglio, introducendo nuove soluzioni assolutamente non inquinanti finalizzate al risparmio di energia e acqua”. Sipa è impegnata a progettare e realizzare sistemi per la produzione di contenitori che utilizzano PET riciclato al 100% da scaglie di bottiglie lavate in un unico impianto. “Un sistema di economia circolare bottle-to-bottle – dice a GEA il presidente del Gruppo – che offre importanti vantaggi: utilizza meno materie prime (-10%), risparmia più energia (-30%), riduce (-79%) le emissioni di CO2 rispetto alla produzione di contenitori con materiale vergine, ha un basso TCO – Total Cost of Ownership (-15%) e riduce i costi di logistica (-20%) rispetto ad altre tecnologie tradizionali”.

IL FUTURO È NELLO SPAZIO. I piani di sviluppo di Zoppas nei prossimi 5 anni guardano in alto. “Siamo molto concentrati – spiega Zoppas – sulle opportunità della cosiddetta Space Economy. Zoppas Industries (IRCA) è da trent’anni fornitore qualificato e certificato dell’European Space Agency (ESA). Lo sviluppo futuro si giocherà sempre più sulle applicazioni industriali a maggior valore aggiunto. Molti satelliti (europei e non solo) sono equipaggiati con sistemi di controllo termico progettati e prodotti da IRCA. Tanta ricerca, dunque, e una grande attenzione per i mercati nuovi come quello per i sistemi di riscaldamento di seconda generazione per il settore ferroviario e per le auto”.

camion e autobus a idrogeno

Mobilità sostenibile, in Germania 900 stazioni a idrogeno entro il 2030

La Germania amplierà la sua rete di stazioni di idrogeno per soddisfare la crescente domanda di camion e autobus che vogliono viaggiare senza usare petrolio, un progetto infrastrutturale finanziato da un fondo e da alcuni industriali che sperano di espanderlo in Europa. La Germania, che ha già una rete di 90 stazioni a idrogeno, la più densa d’Europa, dovrebbe triplicare le sue dimensioni a 300 stazioni entro il 2030, secondo il principale investitore nell’operazione, il fondo specializzato in idrogeno Hy24. Ciò dovrebbe consentire di “sostenere lo spiegamento di flotte commerciali a basse emissioni di carbonio in Europa”, ovvero camion, autobus a lunga percorrenza o altri trasporti pesanti o intensivi che avranno bisogno di idrogeno per sostituire i combustibili fossili responsabili del riscaldamento globale. Le batterie dei motori elettrici che sostituiscono i motori termici dei veicoli leggeri non sono attualmente considerate sufficientemente potenti per garantire la transizione energetica dei mezzi pesanti che richiedono tempi di ricarica rapidi e lunga autonomia.

Hy24, il fondo specializzato in idrogeno carbon free creato nel 2021 dagli industriali francesi Air Liquide, TotalEnergies e Vinci in collaborazione con il fondo Ardian, con l’obiettivo di sviluppare infrastrutture legate all’idrogeno in tutto il mondo, investirà 70 milioni di euro nella società H2 Mobility che gestisce la rete di stazioni tedesca. Diventerà così l’azionista di riferimento del progetto con circa il 40% del capitale. Anche gli azionisti storici di H2 Mobility – i produttori di gas, automobili ed energia Daimler Truck, Hyundai, Air Liquide, Linde, OMV, Shell e TotalEnergies – investiranno complessivamente circa 40 milioni di euro nello stesso progetto.

La Germania ha sviluppato una visione dell’idrogeno molto integrata da diverso tempo (…) e c’è già una buona rete di stazioni nella rete nazionale” sviluppata dal 2013, riferisce a AFP Pierre-Etienne Franc, direttore generale di Hy24, durante un’intervista telefonica. “Il nostro investimento – aggiunge – consentirà di aumentare la capacità di carico di alcune stazioni, che saranno adattate a camion o autobus a lunga percorrenza, per svilupparne di nuove in Germania, ma anche in Austria, Svizzera e in le zone di confine”.

L’idrogeno decarbonizzato sarà o ‘blu’, cioè con un processo produttivo in cui viene immagazzinata la Co2 emessa, oppure ‘verde’, cioè prodotto per elettrolisi dell’acqua da energia elettrica rinnovabile, fotovoltaica, eolica o idroelettrica.

Secondo Franc, ex senior manager di Air Liquide, questa strategia “sostiene gli sforzi della Commissione europea per attuare il regolamento sull’infrastruttura dei combustibili alternativi (AFIR)” che mira ad armonizzare la distribuzione di terminali elettrici e stazioni di idrogeno in tutto il continente europeo. Questo regolamento dovrebbe consentire “di essere pronti tra il 2025 e il 2027 in modo che i produttori possano schierare veicoli a basse emissioni di carbonio”, ha specificato. “Se vogliamo seriamente decarbonizzare il trasporto, il vettore non può essere solo elettrico, deve anche essere gassoso o liquido e l’idrogeno è l’unico vettore possibile”, ha affermato. Soprattutto per trasporti pesanti ad alta intensità energetica.

QUATTRO RETI NEL MONDO. Quella delle stazioni di idrogeno tedesca è una delle quattro grandi reti di questo tipo esistenti nel mondo, insieme a quelle di Giappone, Corea del Sud e California, a loro volta supportate da un’industria automobilistica in rapida evoluzione. “Oggi ci sono due case costruttrici che hanno una vera e propria strategia dell’idrogeno per le auto: la giapponese Toyota e la coreana Hyundai, che sono riuscite ad abbassare i costi e sviluppare filiere per componenti chiave, ad esempio per serbatoi, celle a combustibile, membrane”, sottolinea il Franc. “Tutti gli altri produttori hanno una strategia di supporto alla mobilità elettrica con la mobilità a idrogeno per usi molto specifici, intensivi e pesanti, auto commerciali, taxi, autobus, logistica”, perché per questi usi “la differenza con l’elettrico è più forte”. In Francia, ad esempio, “gli ultimi progetti presentati da Stellantis mostrano che avranno uno sviluppo di flotte commerciali a idrogeno”, ha osservato. E su questa svolta si sta muovendo anche Renault.

Deforestazione

La deforestazione amplifica la crisi climatica

Le 36 miliardi di tonnellate di anidride carbonica (Co₂) immesse ogni anno nell’atmosfera a causa delle attività umane, ad oggi hanno portato all’aumento di circa 1,1°C della temperatura media globale, rispetto al periodo preindustriale. È quanto si legge nel report del Wwf ‘Deforestazione e cambiamento climatico: l’impatto dei consumi sui sistemi naturali’, pubblicato in occasione della Giornata internazionale delle foreste.

Le conseguenze sui meccanismi che regolano il clima e di conseguenza tutto il funzionamento del Pianeta, spiega il Wwf, sono evidenti e pericolose, come l’aumento di eventi meteo estremi, l’innalzamento del livello del mare, la diminuzione del ghiaccio marino in Artico. Un riscaldamento di oltre 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali (soglia limite sui cui puntare, secondo nell’Accordo di Parigi) aumenta il rischio associato a cambiamenti di lunga durata o irreversibili, come, ad esempio, la perdita di alcuni ecosistemi, “con conseguenze devastanti sul funzionamento della biosfera e delle nostre società”.

Le foreste – afferma l’associazione ambientalista – catturano enormi quantità di carbonio: assorbono ogni anno 1/3 delle emissioni antropiche di Co2 da combustibili fossili, evitandone l’accumulo in atmosfera. Dopo gli oceani, le foreste (in particolare quelle tropicali e boreali) sono a livello globale il secondo maggior serbatoio di carbonio trattenendo complessivamente ben 861 miliardi di tonnellate di carbonio.

Questo, spiega l’associazione ambientalista, viene però compromesso quando ecosistemi naturali, come le foreste, sono distrutti o degradati. Considerando che gli alberi sono costituiti per circa il 20% del proprio peso da carbonio, parte della Co2 assorbita dalle foreste tramite la fotosintesi viene riemessa in atmosfera quando gli alberi vengono tagliati. “In questo modo – si legge nel report – da essere parte della soluzione le foreste diventano parte del problema: la deforestazione rappresenta infatti la seconda fonte umana di Co2, con ben 8 miliardi di tonnellate di Co2 emesse ogni anno dal 2000 ad oggi, periodo in cui è stato perso ben il 10% della superficie forestale mondiale“. Oltre ai problemi legati al clima, la deforestazione mette a rischio la sopravvivenza delle popolazioni indigene che dipendono strettamente da questi ecosistemi e provoca la perdita dell’habitat di molte specie animali e vegetali, causandone spesso l’estinzione.

Secondo il report del Wwf quasi il 90% della deforestazione a livello globale è dovuto all’espansione dell’agricoltura. Gli allevamenti di bovini insieme alle coltivazioni di palma da olio, soia, cacao, gomma, caffè e legno sono stati responsabili del 57% della deforestazione connessa con l’agricoltura tra il 2001 e il 2015, portandoci via un’area di foreste grande quanto la Germania.

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