Via libera al Def, Pil all’1% nel 2024. Giorgetti: “Impatto Superbonus devastante”

La crescita è rivista in ribasso, ma a pesare sono soprattutto i conti del Superbonus. Il Consiglio dei ministri approva il Documento di economia e finanza, ma per i numeri del programma strutturale “il termine deciso in sede europea è il 20 settembre“, come spiega Giancarlo Giorgetti, che spera comunque di arrivare a dama prima della scadenza. Il ministro dell’Economia spiega che il Def “tiene conto di quelle che sono le decisioni, o meglio la rivoluzione delle regole di bilancio e fiscali Ue, tali per cui mancano le disposizioni attuative, le istruzioni per la costruzione del percorso“.

Il quadro tendenziale prevede, per il 2024, un Prodotto interno lordo all’1%, Deficit al 4,3 e il debito al 137,8 percento. Il prossimo anno, invece, il Pil è stimato all’1,2%, il deficit al 3,7 e il debito al 138,9%. Nel 2026 la previsione è Pil all’1,1%, deficit al 3 e debito al 139,8 percento, infine nel 2027 le stime vedono il Pil allo 0,9%, il deficit al 2,2 e il debito al 139,6. “Le nostre previsioni sono, per quanto riguarda la crescita economica, riviste al ribasso rispetto alla Nadef, ma le previsioni sono assai complicate da fare in un quadro internazionale geopolitico complicato“, spiega Giorgetti. Che sui bonus dice, senza troppi giri di parole: “L’impatto del Superbonus e simili è, ahimè, devastante“. Entrando poi nel dettaglio: “L’andamento del debito è pesantemente condizionato dai riflessi per cassa del pagamento dei crediti fiscali del Superbonus per i prossimi anni, come è stato ampiamente detto: quando questa enorme massa dei 219 miliardi di crediti edilizi scenderà in forma di compensazione, quindi di minori versamenti nei prossimi anni, diventerà a tutti gli effetti debito pubblico, anche ai fini contabili, oltre a esserlo già oggi, di fatto, in termini di impegni assunti dai cittadini italiani“.

L’obiettivo del governo resta comunque quello di “confermare la decontribuzione, che scade nel 2024 e che intendiamo assolutamente replicare nel 2025“, dice ancora Giorgetti. Anzi, l’obiettivo è procedere spediti verso la prossima legge di Bilancio, tant’è che fonti di Palazzo Chigi faranno sapere che “nella fase attuale in cui mancano ancora le indicazioni operative su come dovrà essere impostato il Piano, è stata concordata a livello europeo la possibilità di sospendere le vecchie procedure per evitare di svuotare l’atto politico di contenuto. Un processo lineare che si concluderà in tempo per la messa a punto della Legge di Bilancio per il 2025, senza nessun rischio di generare incertezze sui mercati“.

Dalle opposizioni, però, arriva un coro di critiche. Dal Pd è la presidente dei deputati, Chiara Braga, a parlare di “presa in giro: il governo presenta un Def ‘transitorio’, cioè non dice come coprirà le spese almeno fino alle europee. Poi la ricetta sarà la solita: tagli a sanità, scuola, lavoro. Irresponsabili e incoscienti, a spese dei cittadini“. Il M5S definisce il testo dell’esecutivo “fantasma“, mentre il capogruppo di Iv in commissione Bilancio della Camera, Luigi Marattin, attacca duro: “In politica ne avevamo viste tante, ma un governo che dice che 15 miliardi di tagli di tasse verranno mantenuti l’anno prossimo quando contemporaneamente presenta un Def che non lo fa, non ci era davvero mai capitato“.

A difendere l’operato del Mef è, invece, Matteo Salvini: “Giorgetti ha fatto un ottimo lavoro, alle opposizioni non va mai bene niente, ma io sono contento di quello che abbiamo fatto“, commenta il vicepremier e leader della Lega. Anche FdI si schiera con il ministro dell’Economia: “Non poteva fare altrimenti il governo se non presentare un Documento di economia e finanza che contenesse soltanto un quadro macroeconomico tendenziale – afferma il presidente della commissione Bilancio del Senato, Nicola Calandrini -. Gli elementi utili per la nuova manovra saranno invece compresi nel Piano fiscale strutturale di medio termine, previsto dalle nuove regole di governance Ue, da presentare entro l’estate“.

Def, tensioni e bagarre dopo lo scivolone. Ma governo porta a casa lo scostamento

La crepa è chiusa. Dopo il “brutto scivolone” di ieri sulla risoluzione per lo scostamento di bilancio collegato al Def (con le risorse per il dl Lavoro che sarà varato il 1 maggio), la maggioranza corre ai ripari e approva, a ranghi quasi completi, il nuovo testo varato dal Consiglio dei ministri in fretta e furia, sia alla Camera che al Senato. Per dirla con la battuta del vice coordinatore nazionale e responsabile organizzazione territoriale di Forza Italia Alessandro Cattaneo,oggi quanto a presenze siamo in overbooking“. Per la cronaca, a Palazzo Madama il testo passa con 112 voti favorevoli e 57 contrari; a Montecitorio con 221 sì, raggiungendo dunque il quorum necessario, e 201 no. Ma proprio alla Camera, luogo del ‘misfatto’ nelle 24 ore precedenti, non sono mancati forti momenti di tensione e qualche sospensione dei lavori fuori programma: la prima per il malore che ha colpito il co-portavoce di Europa Verde e deputato di Avs, Angelo Bonelli, soccorso in infermeria e poi dimesso dal Gemelli dopo alcuni accertamenti che hanno escluso problemi più seri, il secondo per sedare il principio di rissa durante l’intervento in aula del capogruppo di FdI, Tommaso Foti.

Del resto, gli animi erano già surriscaldati ed è bastato veramente poco per far esplodere la situazione. Foti punta il dito contro le opposizioni, che reagiscono prima con urla e poi, nel caso del Pd, abbandonando l’aula. Ed è proprio in quegli istanti che, passando per i banchi della maggioranza, passano accanto ai colleghi di Fratelli d’Italia: l’intervento dei commessi evita, però, che tutto trascenda. Ritornata la calma, la seduta riprende e il governo incassa il voto favorevole. Poi bissato, poche ore dopo, anche in Senato. La polemica, però, continua. “Giorgia Meloni torni in Italia a spiegare ai suoi Deputati come ci si comporta in aula in una democrazia parlamentare“, twitta il dem, Nicola Zingaretti. “Rivotiamo lo scostamento dopo la brutta figura della maggioranza di ieri, dovuta ad uno scivolone che in realtà nasconde divisioni interne alla maggioranza“, punge il capogruppo di Avs in Senato, Peppe De Cristofaro, secondo il quale il Def è “senza visione” e “aumenta le diseguaglianze“. Dai Cinquestelle è la deputata Daniela Torto ad attaccare: “Ormai tutti sentono il sapore amaro del governo delle promesse tradite“.

Le risposte della maggioranza sono altrettanto puntute. Per il deputato di FdI e questore della Camera, Paolo Trancassini, “Foti ha iniziato il suo intervento scusandosi con gli italiani e con il governo per quello che è accaduto ieri. Una prova di responsabilità e senso delle istituzioni che dovrebbe essere presa come esempio dall’opposizione che, come al solito invece, ha tentato di strumentalizzare l’accaduto“, per questo “gli insulti che gli sono stati rivolti sono vergognosi e ingiustificabili”. Tecnica e politica la replica del presidente della commissione Bilancio del Senato, Nicola Calandrini:Quello di ieri è stato un passo falso da non ripetere ma che può accadere. Solo chi non fa non sbaglia“. Mentre il senatore leghista Massimo Garavaglia, pur chiedendo scusa “a Meloni, a Giorgetti, al governo, ma anche ai cittadini“, non cambia il giudizio positivo sul Def. L’impressione, comunque, al di là del singolo episodio, è che la partita politica sia entrata in una fase molto calda.

Def, maggioranza va sotto alla Camera su scostamento. Cdm lampo, oggi si torna in Aula

Sono passate da poco le 16.30 di giovedì quando, nell’aula della Camera, succede qualcosa che non ha precedenti. La risoluzione di maggioranza sullo scostamento di bilancio (3,4 miliardi nel 2023 e 4,5 miliardi nel 2024) non raggiunge la richiesta e necessaria maggioranza assoluta dei componenti della Camera e viene così respinta, creando un cortocircuito. Lo scostamento viene respinto per soli sei voti: 195 i favorevoli, 105 gli astenuti e 19 i contrari. Per l’approvazione sarebbero serviti 201 voti. A questo punto, la mancata approvazione non consente di votare le risoluzioni sul Def.

Tutto si blocca, forse nel momento peggiore. Proprio mentre la premier Giorgia Meloni si trova fuori Italia, a Londra, ed è più difficile serrare i ranghi. Unica soluzione: convocare un Consiglio dei ministri d’urgenza per varare una nuova relazione con uno scostamento diverso, anche di pochissimo. Questo perchè è vietato votare per due volte lo stesso atto parlamentare. E’ l’unica soluzione percorribile, in corsa, non potendo ripetere il voto. E questo accade. Un Cdm lampo, che dura meno di dieci minuti, modifica la Relazione sullo scostamento di bilancio, senza toccare di una virgola il Def. Confermati i saldi di finanza pubblica, mentre la nuova Relazione, si legge in una nota, “la nuova Relazione sottolinea le finalità di sostegno al lavoro e alle famiglie oggetto degli interventi programmati per il Consiglio dei ministri già fissato per il 1° maggio”.

Intanto le opposizioni, che al momento del voto ci hanno messo qualche istante a capire quanto accaduto, vanno all’attacco. “Delle due l’una: o siamo di fronte a un episodio di imperdonabile sciatteria o alla prova conclamata delle divisioni della maggioranza. In entrambi i casi si dimostra la totale inadeguatezza di questo Governo e di questa maggioranza, che dovranno risponderne davanti al Paese“, scrive in una nota la segretaria del Pd Elly Schlein, parlando di “dilettantismo”. Mentre i Cinque Stelle chiedono che Meloni salga al Colle per “farsi consigliare da Mattarella” dopo un “fallimento epocale”.

La situazione resta critica. La Relazione sullo scostamento dovrà essere nuovamente votata oggi prima alla Camera, alle 11.30, dove se nulla osta si voterà anche il Def, e subito dopo in Senato, alle 14. L’obiettivo è ottenere il via libera dal Parlamento rapidamente, in modo da poter confermare l’appuntamento di domenica con i sindacati e poi il Consiglio dei ministri del Primo maggio. E il Governo, che fra le mani ha già la delicata situazione del Pnrr, non può permettersi scivoloni economici.

Al governo Meloni 8 vice e 31 sottosegretari, Gava all’Ambiente

La squadra c’è. Con la nomina avvenuta oggi in Cdm di 8 vice ministri e 31 sottosegretari, Giorgia Meloni completa il suo governo e ora può dedicarsi ai dossier più urgenti. In primis la Nota di aggiornamento al Def, che sarà nel prossimo Consiglio dei ministri, venerdì prossimo. Dove la premier spera di “discutere anche di energia“, oltre al fatto che in quell’occasione saranno assegnate le deleghe ai vari ministeri.

Tutti passaggi propedeutici all’appuntamento più importante per ogni esecutivo: la legge di Bilancio. Cosa non facile per la presidente di FdI, che avrà a disposizione una finestra davvero risicata per far combaciare tutte le tessere del puzzle. Infatti, non a caso, nella prima conferenza stampa dall’ingresso a Palazzo Chigi usa proprio un’espressione plastica: “Stiamo facendo una corsa contro il tempo“.

Entrando nel dettaglio, sono 18 le nuove figure di governo provenienti dalle file di Fratelli d’Italia, mentre la Lega ottiene 11 nomine, Forza Italia 8 e Noi moderati 1. Entra anche Vittorio Sgarbi, che sarà al ministero della Cultura. All’Ambiente e la sicurezza energetica fa il suo ritorno Vannia Gava, che riceve i galloni di vice del ministro Gilberto Pichetto Fratin: l’esponente della Lega era già stata sottosegretaria sia con Sergio Costa ai tempi del governo giallo-verde con premier Giuseppe Conte, sia con Roberto Cingolani con Mario Draghi alla guida di Palazzo Chigi. Nella squadra dell’ex Mite entra anche Claudio Barbaro, come sottosegretario, in quota FdI: romano, 67 anni, una lunga carriera come dirigente sportivo ma anche una buona esperienza politica. Entrato nel Consiglio comunale di Roma nel 1993 con il Msi, fu rieletto con An nel 1997; mentre dal 2008 al 2013 è deputato con il Pdl e dal 2018 al 2022 senatore prima con la Lega e poi con Fratelli d’Italia, dopo una breve parentesi al gruppo Misto. Al ministero dell’Agricoltura e sovranità alimentare saranno due sottosegretari ad affiancare Francesco Lollobrigida. Si tratta di Patrizio La Pietra, 61 anni, coordinatore di FdI per la provincia di Pistoia dal 2014, deputato nella legislatura 2018-2022, rieletto ma al Senato lo scorso 25 settembre; e Luigi D’Eramo, della Lega, classe 1976, deputato dal 2018 fino alle scorse elezioni politiche. Alle Infrastrutture e mobilità sostenibili Matteo Salvini avrà al suo fianco, come vice, Edoardo Rixi, altro leghista, fortemente voluto dal segretario federale a Porta Pia, e Galeazzo Bignami (FdI). In squadra, come sottosegretario, ci sarà anche Tullio Ferrante (FI), classe 1989, avvocato originario della provincia di Napoli, eletto deputato lo scorso mese di settembre per la sua prima esperienza parlamentare. Al ministero dell’Economia, poi, nessuna sorpresa: in quota Fratelli d’Italia Maurizio Leo è il nuovo vice ministro, che affiancherà Giancarlo Giorgetti assieme ai sottosegretari Lucia Albano (sempre FdI), Federico Freni della Lega, che resta dunque al Mef dopo l’esperienza con il governo Draghi, e Sandra Savino, new entry da Forza Italia. Al ministero delle Imprese e made in Italy, l’ex Mise, un vice ministro, Valentino Valentini (FdI), e due sottosegretari: Fausta Bergamotto (FdI) e il leghista Massimo Bitonci.

Il resto della squadra è composto da Edmondo Cirielli (FdI) vice ministro, Giorgio Silli (Noi moderati) e Maria Tripodi (FI) sottosegretari alla Farnesina; Emanuele Prisco (FdI), Wanda Ferro (FdI) e Nicola Molteni (Lega) al Viminale; Francesco Paolo Sisto (FI) vice ministro, Andrea Delmastro delle Vedove (FdI) e Andrea Ostellari (Lega) alla Giustizia; Isabella Rauti (FdI) e Matteo Perego (FI) alla Difesa; Maria Teresa Bellucci (FdI) vice ministro e Claudio Durigon (Lega) sottosegretario al Lavoro e politiche sociali; Paola Frassinetti (FdI) all’Istruzione e merito; Augusta Montaruli (FdI) a Università e ricerca; Gianmarco Mazzi (FdI), Lucia Borgonzoni (Lega) e Vittorio Sgarbi alla Cultura; Marcello Gemmato (FdI) alla Salute; Giuseppina Castiello (Lega) e Matilde Siracusano (FI) ai rapporti con il Parlamento. Alla Presidenza del Consiglio dei ministri arrivano, poi, 4 sottosegretari: all’Innovazione Alessio Butti (FdI), all’Attuazione del programma di governo Giovanbattista Fazzolari (FdI), all’Editoria Alberto Barachini (FI) e al Cipe Alessandro Morelli (Lega). Ora la palla passa al Parlamento, dove nei prossimi giorni, al massimo una settimana – suggeriscono i rumors – dovranno essere composte le commissioni di Camera e Senato, con relativi presidenti e uffici di Presidenza. Dopodiché il quadro sarà completo e toccherà ai dossier, soprattutto energia e bollette, prendere la luce dei riflettori.