energia

L’energia è al centro della crisi ma non del dibattito politico

Come si dice, non l’ha toccata piano. Perché tra le tante cose che Mario Draghi ha detto in conferenza stampa dopo aver approvato il dl Aiuti, ce n’è una destinata a fare particolarmente rumore: la tassa sugli extra profitti. “È intollerabile che ci sia un settore che elude una disposizione del governo”, il j’accuse del Presidente del Consiglio. Non un monito ai naviganti ma qualcosa di più, quasi una promessa che di qui al 25 settembre, pur con il solo compito del disbrigo degli affari correnti, il governo metterà mano a questa anomalia. Perché “si pagherà tutto”, sempre per citare Draghi, inorridito dal fatto che ci siano famiglie e aziende con l’acqua alla gola e imprese energetiche che, lucrando sugli aumenti di gas e petrolio, stanno accumulando guadagni spropositati.

Ballano, detto male, 10 miliardi. Che con i tempi che corrono sono linfa vitale per mettere pezze qua e là in un’economia che cerca di non crollare sotto il peso della pandemia prima e della guerra in Ucraina poi. La rabbia malcelata del premier, ancorché vicino al congedo, è esplosa in un “avremo tempo per studiarli bene”, riferito ad eventuali provvedimenti da prendere nei confronti di imprese che provano a sfuggire alla ghigliottina di tasse sugli extraprofitti. Al momento, dei 10 miliardi previsti è entrato nelle casse dello Stato un decimo, malgrado – come recita un antico adagio – i conti si facciano alla fine. Però, onestamente, qualche perplessità monta. Come la panna.

Adesso: provando ad astrarsi dalla polemica e da ciò che potrà accadere nei prossimi mesi, resta un punto fuori discussione: petrolio e – soprattutto – gas sono al centro di una speculazione che esula da qualsiasi logica, che è antecedente all’attacco di Putin e che inciderà sulla vita di cittadini e aziende in un autunno caldissimo. Il conflitto ucraino è scoppiato sullo sfondo di una contesa energetica che ha una localizzazione geopolitica planetaria perché coinvolge anche Stati Uniti e Cina, di energia saranno pieni giornali e telegiornali per i prossimi mesi, forse anni, di rigassificatori si ferisce ma non si perisce, eppure…

Eppure nell’ingorgo parolaio di una campagna elettorale messa in piedi dall’oggi al domani, di energia si parla ancora poco, di ambiente quasi per nulla. Si parla di molto altro e non sempre a proposito, siamo ancora alle alleanze non ai programmi, siamo alla chiacchiera o al bisticcio, non “al fare”. Gas, petrolio, rinnovabili, bollette: di tutto un po’, tipica ‘fricassea’ politichese. A meno di usare la parola green, come sta avvenendo, per pulirsi la coscienza. E pensare che il governo Draghi, formalmente, è caduto per il termovalorizzatore di Roma. Con tutto il rispetto, una goccia nell’Oceano (inquinato) di questi giorni burrascosi.

mario draghi

Dl Aiuti, verso Cdm domani. Oggi Draghi vede sindacati

Il passaggio tecnico è fatto, ora inizia il countdown per il nuovo decreto Aiuti. Dopo il via libera in Cdm alla Relazione per il Parlamento, che aggiorna gli obiettivi programmatici di finanza pubblica e il relativo piano di rientro (che sarà presentata alle Camere per l’autorizzazione), la strada è spianata per portare in Consiglio dei ministri il testo entro la fine di questa settimana, o al massimo la prossima. Sarà una boccata d’ossigeno per famiglie e filiere produttive, schiacciate dal caro bollette, ma non proprio quello che Mario Draghi sperava di portare a casa: in sostanza, sarà una proroga fino al 31 dicembre delle misure già varate in questi mesi. Compreso il taglio di 30 centesimi alle accise sui carburanti, oltre a una prima tranche di interventi per mitigare i danni causati dalla siccità.

Il quadro è molto più chiaro dopo il primo ciclo di incontri voluti dal premier, che a Palazzo Chigi riceve i vertici di Coldiretti, Confagricoltura, Confartigianato, Cna, Confimi, Casartigiani e Confapi, assieme a una parte dei suoi ministri, Daniele Franco (Economia), Giancarlo Giorgetti (Mise), Andrea Orlando (Lavoro), Renato Brunetta (Pa), Stefano Patuanelli (Mipaaf), oltre al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Roberto Garofoli.

Draghi ribadisce la volontà di “coinvolgere tutti” in questa fase di emergenza, per fronteggiare la flessione dell’economia e in vista di una stagione autunnale che si prevede molto complessa. “Le attività del governo non si fermano” – è stato il ragionamento dell’ex Bce -, perché l’Esecutivo “ha ancora tanto da fare“, sebbene nel perimetro delle funzioni che gli competono in questa fase. Un atteggiamento molto apprezzato dai rappresentanti delle associazioni datoriali del comparto agricolo e artigianato. “L’aumento dei costi energetici impatta drammaticamente sulla vita dei nostri imprenditori, il credito di imposta diventa una misura di fondamentale importanza“, spiega il numero uno di Coldiretti, Ettore Prandini, all’uscita da Palazzo Chigi. Il presidente dei coltivatori diretti chiede che in materia di rinnovabili si arrivi “realmente ad avere i decreti attuativi per gli impianti di biogas e biometano” ma anche per il fotovoltaico “che serve alle imprese agricole“.

L’energia è centrale nei colloqui. “In questo momento è il ‘Covid’ della manifattura“, alza il tiro Maurizio Casasco, presidente di Confapi. Mentre punta sulla “necessità di abbattere il costo per la parte della produzione, considerando l’agricoltura al pari della grande industria alimentare, con gli stessi benefici per quello che riguarda gli oneri fiscali sul costo energetico“, il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti. Che mette sul piatto un’altra richiesta: “Le aziende agricole hanno bisogno di avere sempre di più manodopera“, dunque serve mettere mano al “cuneo fiscale e la decontribuzione a favore delle imprese che stabilizzano i dipendenti“, oltre agli interventi “sul costo degli alimentari per consumatori“, quest’ultimo, se possibile, “velocemente“. In realtà la scelta se azzerare l’Iva sui beni di prima necessità, come pane e pasta, e ridurla al 5% per carne e pesce, è ancora al vaglio dei tecnici.

Il decreto che vedrà la luce nelle prossime ore, invece, riparerà di sicuro all’errore sulla norma del de minimis: “Verrà modificato al prossimo Cdm“, assicura il presidente di Confimi, Paolo Agnelli, riportando le informazioni ricevute direttamente da Palazzo Chigi. Draghi, del resto, con i suoi interlocutori garantisce l’impegno del governo a rispondere in modo positivo ai molti punti sollevati dalle associazioni. Non prima di aver completato il giro. Stamattina, infatti, riceverà Cgil, Cisl e Uil, anche se difficilmente potrà portare avanti i propositi esposti a Maurizio Landini, Luigi Sbarra e Pierpaolo Bombardieri nell’incontro della settimana scorsa: la crisi che ha portato allo scioglimento delle Camere e l’avvio delle procedure per il voto anticipato non permette di andare oltre un certo limite su salario minimo e taglio del cuneo fiscale. Alle 15.30, infine, vedrà Confcommercio, Confesercenti, Federdistribuzione, Alleanza cooperative, Federterziario, Confservizi, Confetra e in agenda c’è anche il confronto con Ania e Abi. Dopodiché il testo arriverà in Consiglio dei ministri. Con la speranza – del premier – di convogliare almeno questa volta la responsabilità di tutte (o quasi) le forze politiche. Nonostante la crisi e la campagna elettorale.

M5S non vota fiducia, Draghi si dimette. Ma Mattarella respinge

La maggioranza di unità nazionale che sosteneva Mario Draghi “non c’è più”, il governo Draghi invece ha ancora una chance. E’ il risultato di una giornata frenetica, rocambolesca, frutto di giorni di tribolazioni, soprattutto nel campo del Movimento 5 Stelle, che non partecipando al voto di fiducia, in Senato, sul decreto Energia 2, innesca di fatto la crisi che porta alle dimissioni del presidente del Consiglio, respinte dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che rimanda il premier alle Camere (mercoledì prossimo) per verificare se c’è ancora una maggioranza o certificare la fine dell’esecutivo. E con molta probabilità della legislatura. Letta tutta d’un fiato, la situazione appare quasi indecifrabile, proprio come è accaduto ai mercati: le principali piazze europee, infatti, chiudono tutte in ribasso (Francoforte -1,86%, Parigi -1,41%, Londra -1,63%). Ma è la Borsa di Milano a farne maggiormente le spese, con un calo del 3,44%. Meglio riavvolgere il nastro, quindi.

Che i pentastellati non avrebbero mai votato la fiducia sul decreto Energia 2 era ormai chiaro sin dalla tarda serata di mercoledì. Giuseppe Conte e i suoi confermano la linea seguita in Cdm, non votando il dl, e alla Camera, votando la fiducia ma non lo scrutinio finale, protestando contro la norma che autorizza il termovalorizzatore a Roma e – a loro giudizio – la scarsità di fondi per i bonus alle famiglie contro il rincaro delle bollette. Il problema è che a Montecitorio il voto disgiunto è possibile, mentre a Palazzo Madama coincide con la fiducia. Dunque, anche l’astensione è un fatto politico. Eppure il ministro per i rapporti con il Parlamento, il Cinquestelle Federico D’Incà, ci prova fino alla fine a evitare lo strappo, tentando un accordo con le forze di maggioranza per un voto ordinario. La verifica si infrange nella scelta di Draghi, che giudica però la questione di fiducia l’unica via percorribile.

In aula la tensione si taglia con il coltello. I partiti di centrodestra affondano colpi su colpi sul M5S, anche il Pd è in evidente imbarazzo, costretto all’equilibrio tra il totale dissenso rispetto alle scelte dell’alleato del campo largo e la responsabilità di non avallare la caduta del governo in una fase di crisi economica e geopolitica mondiale. Tutte le mediazioni falliscono: il risultato è che il decreto viene trasformato in legge dal Senato (172 sì e 39 no), ma Draghi trae la conclusione che “è venuto meno il patto di fiducia alla base dell’azione di governo”. Così dopo il via libera di Palazzo Madama sale al Colle per un’ora di colloquio con il presidente della Repubblica, dal quale non esce nemmeno la minima indiscrezione. Nel tardo pomeriggio, quando si riunisce il Cdm, convocato e poi spostato a chiusura dei mercati, si capisce il perché. Draghi infatti annuncia ai suoi ministri le dimissioni, spiegando “le votazioni di oggi sono un fatto molto significativo dal punto di vista politico“, nonostante “in questi giorni da parte mia c’è stato il massimo impegno per proseguire nel cammino comune, anche cercando di venire incontro alle esigenze che mi sono state avanzate dalle forze politiche“. Alla fine prende atto che “come è evidente dal dibattito e dal voto in Parlamento questo sforzo non è stato sufficiente“.

Le parole sono dure ma non pietre tombali. “Dal mio discorso di insediamento in Parlamento ho sempre detto che questo esecutivo sarebbe andato avanti soltanto se ci fosse stata la chiara prospettiva di poter realizzare il programma di governo su cui le forze politiche avevano votato la fiducia – dice ancora in Cdm -. Questa compattezza è stata fondamentale per affrontare le sfide di questi mesi. Queste condizioni oggi non ci sono più“. Poi, dopo aver ringraziato i colleghi, invitandoli a “essere orgogliosi di quello che abbiamo raggiunto“, il premier è salito al Quirinale. Mentre i siti mondiali rilanciano la notizia, che arriva anche a Mosca, dove l’ex premier russo, Dmitri Medvedev, esulta su Telegram: “Dopo le dimissioni di Boris Johnson e Draghi, chi sarà il prossimo?“.

E’ quasi calato il sole su Roma quando Mattarella scrive ancora un nuovo capitolo di questa giornata, respingendo le dimissioni. E invitando l’ex Bce “a presentarsi al Parlamento per rendere comunicazioni, affinché si effettui, nella sede propria, una valutazione della situazione che si è determinata a seguito degli esiti della seduta svoltasi oggi presso il Senato della Repubblica“. Comunicazioni e non informativa, dunque con voto. In pratica quella verifica invocata anche dagli altri partiti della maggioranza. Alla quale non è escluso che possa partecipare anche il Movimento 5 Stelle. Del resto, già il 18-19 luglio l’Italia è attesa a un appuntamento internazionale importante, il vertice intergovernativo con l’Algeria, in programma ad Algeri. Dove si discuterà di prospettive con il nostro nuovo principale partner-fornitore di gas. Presentarsi con un governo debole, di scopo elettorale o, peggio ancora, non presentarsi proprio sarebbe un passo falso grave. Sono tante le ragioni, dunque, che spingono la situazione politica a restare estremamente fluida. Nonostante il caldo e la confusione che regna nel panorama italiano