‘Marmolada. Madre Roccia’ in concorso al Trento Film Festival

La Marmolada è diventata protagonista delle cronache il 3 luglio 2022, quando un grosso seracco si è staccato dal versante nord causando la morte di 11 persone. L’incidente ha suscitato un ulteriore dibattito sulle conseguenze del cambiamento climatico e sulla sicurezza degli scalatori in montagna. Parte da questo presupposto ‘Marmolada. Madre Roccia’, suggestivo documentario Sky Original, realizzato da Coldfocus di Matteo Maggi e Cristiana Pecci, che sarà presentato martedì 30 aprile in anteprima assoluta in Concorso Internazionale alla 72esima edizione del Trento Film Festival. I ghiacciai sono da tempo monitorati da esperti come Alessandro Fellin, ingegnere ambientale che collabora, da anni, con la commissione glaciologica della sezione trentina del Club Alpino Italiano. Attraverso l’obiettivo della telecamera, saranno testimoniate le sfide e i pericoli che gli alpinisti affrontano mentre cercano di superare i loro limiti. Insieme a loro, saranno mostrati i segreti nascosti di questa montagna imponente e imparando a rispettarla, sarà possibile comprendere la sua importanza nell’ecosistema.

Sulle maestose vette delle Dolomiti, più precisamente sulla parete sud della Marmolada, la leggendaria Regina delle Dolomiti, inizia uno straordinario viaggio alpinistico. Con spettacolari riprese all’avanguardia tecnologica, tre audaci scalatori, coadiuvati da una giovane aspirante alpinista, si preparano a intraprendere un’impresa epica: aprire una nuova via sulla parete sud. Alla guida della cordata c’è Matteo della Bordella, alpinista professionista noto per il suo spirito d’avventura e la sua passione per l’esplorazione. Con il suo coraggio e la sua determinazione, Matteo è un vero pioniere in cerca di nuovi traguardi. Secondo di cordata Maurizio Giordani, alpinista locale e grande conoscitore di ogni centimetro della Marmolada. In 40 anni di carriera alpinistica ha aperto oltre 50 delle 198 vie presenti sulla parete sud. Maurizio è una fonte inesauribile di conoscenze sulle sfide che questo maestoso massiccio montuoso può offrire. Chiude la cordata Massimo Faletti, guida alpina trentina che ha deciso di mettere la sua abilità al servizio di progetti sociali. Massimo è un uomo che si preoccupa profondamente dell’ambiente naturale che lo circonda e si dedica a sensibilizzare le persone sulle conseguenze del cambiamento climatico. Insieme a loro Iris Bielli, aspirante climber, che li seguirà in questa incredibile impresa sulla Marmolada.

Nel documentario trova spazio anche il racconto della famiglia Del Bon che gestisce da oltre 60 anni il Rifugio Falier, un’importante struttura alpina situata a 2074 metri di altitudine nella splendida valle di Ombretta, ai piedi della famosa Parete d’argento nella parte sud della Marmolada. Il rifugio è di proprietà del Club Alpino Italiano (CAI) – sezione di Venezia – e oltre a essere una meta popolare per piacevoli e tranquille escursioni, il rifugio è anche una base di partenza per alpinisti esperti che desiderano affrontare una delle oltre 200 vie presenti sulla parete sud che, nel corso degli anni, ha attirato i migliori arrampicatori del mondo, offrendo sfide emozionanti e stimolanti. In questo luogo speciale, Franca e Dante Dal Bon, ricevono generazioni di escursionisti e intrepidi scalatori dispensando preziosi consigli. Memoria storica e testimonianza diretta di chi veramente la montagna la vive ogni anno.

Non solo ‘Avatar’: l’ambiente approda agli Oscar

L’ambiente e il clima entrano di prepotenza nella notte del cinema più attesa dell’anno: gli Oscar 2023, che si terranno nella notte fra domenica 12 e lunedì 13 marzo. E se di ‘Avatar – La via dell’acqua’, il sequel della favola ambientalista di James Cameron, ambientata sul pianeta immaginario di Pandora, si è già molto parlato, la pellicola non è l’unica a mettere in guardia dai pericoli di una distruzione della Terra che si avvicina ogni giorno di più.

Si parte dal documentario ‘All that breathes’ di Shaunak Sen. Il lungometraggio esplora l’impatto devastante dell’inquinamento sugli animali a Nuova Delhi, dove l’aria è una delle peggiori al mondo. Il documentario segue tre uomini in una clinica veterinaria autofinanziata, che curano alcune delle centinaia di uccelli che ogni giorno precipitano a terra a causa della nebbia tossica che circonda la capitale indiana. Ogni giorno, nel loro seminterrato arrivano casse di rapaci feriti. Il trio ha persino effettuato un audace salvataggio di un uccello con un’ala spezzata in mezzo a un fiume. “Ogni giorno cadono dal cielo centinaia di uccelli. Quello che mi stupisce è che la gente continui a comportarsi come se tutto fosse normale“, dice uno degli uomini alla moglie. Il film parla anche di come gli uccelli abbiano imparato a nutrirsi di rifiuti, a raccogliere i mozziconi di sigaretta per respingere i parassiti e a cantare a voce più alta per comunicare con il traffico rumoroso di Delhi. Il documentario cerca di portare il pubblico a “considerare l’intreccio tra vita umana e non umana“, ha dichiarato il regista all’Afp.

Ma è tutto incentrato sull’ambiente anche il cortometraggio ‘Haulout’, di Maxim Arbugaev ed Evgenia Arbugaeva, entrambi del popolo Yakut, che racconta la catastrofe che sta colpendo i trichechi in Siberia a causa dello scioglimento dei ghiacci. Il corto segue il biologo marino Maxim Chakilev, che studia la migrazione di questa specie sulle austere coste artiche della Russia, e presenta alcune immagini impressionanti: davanti alla cabina dello scienziato, 100.000 trichechi si ammassano improvvisamente su una spiaggia precedentemente deserta. Questo spettacolo rivela poi una triste realtà: i corpulenti mammiferi si riuniscono lì perché non hanno altra scelta, a causa del ritiro della banchisa. E questa sovrappopolazione ha conseguenze mortali, poiché gli animali si schiantano l’uno contro l’altro.

Entrambe le pellicole cercano di porre l’attenzione sul problema ambientale. Un modo diverso per lanciare una richiesta d’aiuto. Sperando che il pubblico la colga.

Se Acquaman difende davvero l’Oceano

Jason Momoa corre in soccorso all’Oceano. L’attore americano, noto per il suo ruolo di supereroe marino Aquaman, è arrivato al Sundance Film Festival per presentare il documentario cui ha prestato la voce narrante: ‘Deep Rising’, che denuncia la corsa dei grandi gruppi industriali alla ricerca di metalli rari negli abissi. E l’interprete di origine hawaiana ha colto l’occasione per lanciare l’allarme proprio sui pericoli dell’estrazione nelle profondità. I fondali marini profondi, che assorbono grandi quantità di anidride carbonica, sono ambiti per i loro depositi di metalli rari utilizzati in applicazioni industriali ed elettroniche.

I sostenitori dell’estrazione dai fondali marini sostengono che la raccolta dei noduli polimetallici, che contengono nichel e cobalto utilizzati nelle batterie per auto, può contribuire a ridurre la dipendenza dai combustibili fossili. Ma ambientalisti e scienziati temono che, oltre ai rischi per le specie vulnerabili in queste aree, ci sia anche quello di degradare gli ecosistemi marini, che svolgono un ruolo essenziale nella regolazione del clima. Diversi Paesi hanno chiesto una moratoria o un divieto di questo sfruttamento.

“Ci sono stati momenti in cui ho pianto e sono stato preso dall’emozione” durante la narrazione, ha raccontato Momoa all’Afp prima dell’anteprima mondiale del documentario. “È molto importante usare il proprio potere a fin di bene. Si tratta di cose che mi appassionano”, ha aggiunto l’attore, che ha seguito corsi di biologia marina durante gli studi ed è stato nominato ambasciatore della vita sottomarina dal Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente. Per Jason Momoa, guardando questo film “devi farti delle domande”, discuterne “e dire a te stesso: ‘Dobbiamo ripensare tutto'”.

Rai Documentari - E' solo acqua e vento

‘E’ solo acqua e vento’: la vita di Alex Bellini in un documentario

Alex Bellini ha attraversato oceani, deserti, ghiacciai e continenti per superare i suoi limiti, illuminare le sue ombre e cercare una strada possibile oltre le insidie della condizione umana. E ora la storia dell’esploratore e divulgatore ambientale diventa un documentario. ‘E’ solo acqua e vento’, è il titolo del lavoro, scritto e diretto da Luca Rosini e prodotto da Rai Documentari, in prima visione il 25 novembre alle 16.00 su Rai Tre.

Nato a Aprica, un piccolo paese della Valtellina, nel 2001 Alex Bellini decide di abbandonare la facoltà di economia e commercio per correre la sua prima corsa di 250 km, la Marathon des Sables, per spingersi fino all’estremo nord del globo e partecipare all’Alaska Ultrasport nel 2003, una traversata invernale di 1400 km a piedi, dopo essersi allenato per mesi in una cella frigorifera. “Un esploratore è colui che sfida i limiti e li sposta più avanti”, racconta Alex, che per tutta la vita ha cercato di superare con coraggio e tenacia i limiti che la natura ha imposto agli esseri umani. Lo ha fatto compiendo la più lunga traversata a remi in solitaria mai registrata: 18mila chilometri nel Pacifico, dal Perù all’Australia, attraversando il Mediterraneo, l’Atlantico e il Pacifico a remi su una barca di 6 metri, senza assistenza. O correndo 5.400 km da Los Angeles a New York – due maratone al giorno per 70 giorni – attraversando per primo il più grande ghiacciaio d’Europa in inverno.

Quello di Alex Bellini non è solo un viaggio all’insegna dell’esplorazione dei luoghi più selvaggi e incontaminati della terra ma soprattutto un viaggio verticale dentro la sua interiorità, le emozioni ma anche i momenti più difficili, quelli in cui sfida i limiti. “Ho percorso più chilometri dentro di me di quanti ne abbia percorsi fuori”, è la frase con cui ama descrivere la sua vita.

Un viaggio alla scoperta di se stesso e della natura, con un occhio attento all’ambiente. Perché oggi Alex è impegnato con sua moglie Francesca nella discesa dei 10 fiumi più inquinati della terra. Al centro della divulgazione ambientale c’è ancora la sua esperienza: gli esseri umani sono dentro uno storico rito di passaggio che potrebbe portarli a scomparire o a vivere un nuovo rapporto con la natura.

Photo credit: Rai Documentari