Sostenibilità, il ‘green’ che piace di più al settore alimentare

L’Energy & Strategy della school of management del Politecnico di Milano lavora per istituire un osservatorio permanente su mercati e filiere industriali dei comparti legati alle energie rinnovabili, all’efficienza energetica, sistema elettrico e smart grid, smart mobility, smart buildings, circular economy,startup e nuove tecnologie per la sostenibilità ambientale. Il Circular Economy Report è alla sua terza edizione.  Davide Chiaroni è professore ordinario al dipartimento di ingegneria gestionale del Politecnico di Milano e cofondatore dell’Energy&Strategy della School of Management del Politecnico di Milano. Ecco il quadro che emerge dai dati d’anteprima del Circular Economy Report dell’Energy&Strategy del Politecnico di Milano, che da tre anni monitora gli investimenti delle imprese in Italia.

1) Cresce il numero di aziende in Italia che investono in pratiche di economia circolare. “Ma servono interventi di portata maggiore”, secondo il parere di Davide Chiaroni, dell’Energy&Strategy del Politecnico di Milano.

2) Nel 2022 il 57% delle aziende ha adottato almeno una pratica di economia circolare. Nel 2021 erano il 44%.

3) Il 65% di chi non ha ancora implementato pratiche circolari non ha dimostrato interesse nell’adottarle in futuro.

4) Tra i 7 macrosettori analizzati dal Circular Economy Report, il comparto food & beverage è quello con il più alto numero di aziende che ha già implementato almeno una pratica manageriale di economia circolare (82%). In ultima posizione il settore elettronica di consumo (15%).

5) La pratica di economia circolare più diffusa in Italia è il riciclo di prodotti e di componenti, adottata dal 61% del campione. Recycle: 61%; Design for Disassembly: 32%; Design for Easy Repair: 32%; Design out Waste: 32%; Remanufacturing/Refuse: 29%; Repurpose: 24%; Design for Upgradability: 19%; Take Back System: 15%; Product Service System: 8%

6) La maggior parte degli interventi è supportata da investimenti tra i 50 mila e i 100 mila euro, con una propensione verso i 50 mila. I tempi di ritorno in più della metà dei casi sono compresi in 24 mesi.

7) Solo il 18% del campione intervistato dal Circular Economy Report partecipa a ecosistemi di simbiosi industriale, ovvero l’interazione tra diversi stabilimenti industriali, anche appartenenti a diverse filiere tecnologico-produttive con l’obiettivo di massimizzare il riutilizzo di risorse normalmente considerate scarti e ottimizzando la conoscenza e le competenze tra aziende.

8) La principale barriera all’adozione di pratiche manageriali per l’economia circolare è l‘incertezza governativa. L’incertezza governativa era la barriera principale anche nel report 2021, ma il dato è in aumento. Nel 2021 le aziende avevano assegnato un punteggio di 3,9 punti. Nel 2022 un punteggio di 4,1.

illycaffè

Arriva #cupsidedown: la tazzina rovesciata di illycaffè per l’economia circolare

Si può parlare di sostenibilità anche di fronte al bancone del bar, ripensando un gesto semplice e spesso compiuto quasi meccanicamente: prendere in mano una tazzina e godersi un buon caffè. Parte proprio dalla volontà di far scattare una riflessione invitando a ridisegnare un’abitudine quotidiana la campagna di comunicazione lanciata da illycaffè in occasione dell’International Coffee Day che si è tenuto lo scorso primo ottobre. Il progetto si chiama #cupsidedown ed è stato ideato per sensibilizzare le persone sull’importanza dell’economia circolare come sistema alternativo al tradizionale modello di economia lineare. Rovesciare la tazzina diventa la metafora di un capovolgimento di mentalità, un invito a cambiare prospettiva. A raccontarci di più di questa iniziativa è David Brussa, Total Quality e Sustainability Director di illycaffè.

Il caffè – spiega Brussa a GEA – è la seconda commodity, dopo il petrolio, più trattata sui mercati finanziari. Scegliere una tazza di caffè non è solo una scelta di gusto ma anche una di responsabilità nei confronti del pianeta, inteso in modo ampio, come ambiente e come persone che lo abitano. Il fatto di servirlo in una tazzina rovesciata significa ribaltare il punto di vista, vedere le cose da una prospettiva inconsueta. Il caffè è sempre lo stesso, ma presentato in questo modo fa scattare nei consumatori una curiosità positiva. Questo rovesciamento è diventato così il simbolo di un cambio di veduta, assumendo diversi significati, come ad esempio l’invito a vedere che cosa c’è dietro ad una tazza di caffè”.

La campagna ha avuto un riscontro molto positivo e ha ottenuto una grande risonanza: nello scorso mese di ottobre all’interno dei punti vendita i consumatori hanno potuto provare questa insolita esperienza e ne sono rimasti piacevolmente colpiti, mentre sui social network sono stati diffusi contenuti ad hoc per sensibilizzare le persone sull’impatto che possono avere anche i più semplici gesti quotidiani. Il concorso prevedeva anche la possibilità di vincere una delle tazzine ‘rovesciate’.

L’obiettivo non era soltanto quello di creare una tazzina esteticamente ricercata, semplicemente gradevole sotto l’aspetto visivo – sottolinea Brussa – ma anche di dare vita ad un oggetto che coinvolgesse tutti i sensi del consumatore. La tazzina va infatti accompagnata al dito in modo contrario rispetto al movimento abituale, costringe ad un’attenzione in più al momento dell’assaggio e permette di sentire maggiormente profumo e aroma. La meccanicità di un gesto che spesso compiamo distrattamente lascia così il posto ad un momento di riflessione. E non solo, anche dal punto di vista strutturale questo oggetto è diverso dalla produzione standard e ha rappresentato un’interessante sfida in fase di realizzazione”.

La illy Art Collection creata per questa campagna è stata progettata in collaborazione con l’artista Matteo Attruia, che tre anni fa aveva ‘dato voce’ alle tazzine, decorandole con una parola diversa. Abbinando le parole impresse a quelle sui piattini si poteva realizzare una frase personalizzata. Oggi, come nel 2019, le creazioni nate da questa collaborazione artistica sono state numerate e un domani potranno diventare oggetto da collezione.

La campagna #cupsidedown – continua Brussa – è il risultato di un lungo percorso che illy porta avanti dagli anni Novanta, da quando l’azienda si impegna a comprare il caffè direttamente dai produttori, pagandolo per il valore che ha. Per fare un espresso ci vogliono 50 chicchi, che devono essere perfetti: per garantire un prodotto eccellente abbiamo studiato a fondo il processo di produzione, promuovendo le pratiche più efficienti, la sostenibilità sociale e riducendo gli sprechi”.

Nell’ambito del caffè, il tema della sostenibilità si ripresenta anche nel momento in cui si tratta di bicchieri monouso, cui si chiede di preservare l’aroma e il gusto originali dell’espresso, di essere riciclabili assecondando le normative dei diversi stati e di garantire massima funzionalità. Per rispondere a queste esigenze illy ha messo a punto un bicchiere realizzato con carta che arriva da foreste certificate (dove per ogni albero tagliato ne vengono piantati sette), smaltibile nella carta e del tutto esente da odore e sapore. Questo prodotto, frutto di un accurato lavoro di ricerca applicata alla materia prima e ai processi di realizzazione, è diventato il simbolo di un programma pluriennale di sviluppo di soluzioni sempre più sostenibili contrassegnate dall’hasthag #ONEMAKESTHEDIFFERENCE. Uno slogan che sottolinea come ognuno possa dare il proprio contributo, nella scelta dei prodotti utilizzati e nel loro corretto smaltimento. E la differenza si vede: nel 2019 l’impiego di bicchieri take-away ha consentito una riduzione dell’utilizzo della plastica pari a più di 175 tonnellate.

In quest’ottica si inseriscono anche le innovative macchine in grado di erogare caffè, vapore e acqua calda senza dover attendere il raggiungimento della temperatura corretta: dopo ogni somministrazione il dispositivo entra infatti automaticamente in standby assicurando così un importante risparmio energetico.

Qualità e sostenibilità – conclude Brussa – sono due facce della stessa medaglia, e l’etica è lo spessore. Lavorare in modo ecologicamente attento significa operare rispettando i produttori, in sinergia con tutti gli attori della filiera. Nei prossimi anni qualità e sostenibilità saranno due concetti che andranno a sovrapporsi, fondendosi assieme nei processi”.

Nei 30 secondi in cui il barista prepara il caffè si assaporano quindi anni di lavoro, di ricerca e di sperimentazione per assicurare un prodotto di qualità e rispettoso dell’ambiente.

Photo Credits: illycaffè

Mucche

Mucche adottate a distanza: la Valsugana punta sulla sostenibilità

È stata una delle prime destinazioni al mondo a ottenere una certificazione per il turismo sostenibile, grazie alla natura incontaminata in cui fare trekking o pedalare tra laghi e montagna e vivere esperienze nel pieno rispetto dell’ambiente. E ora la Valsugana ha deciso di fare un passo in più, provando a coinvolgere, anche da lontano, chi desidera avvicinarsi al territorio. Valsugana-Lagorai hanno organizzato un originale concorso, accessibile dal sito www.visitvalsugana.it, con il quale è possibile vincere…una mucca. O meglio, la sua adozione a distanza.

Tutti gli utenti (residenti in Italia) che avranno compilato il form di registrazione parteciperanno all’estrazione finale dei premi, che consistono in tre adozioni simboliche a distanza di una mucca della Valsugana del valore di 65 euro ciascuna, di cui 15 euro destinati alla gestione del progetto e di altre iniziative territoriali. Inoltre, i vincitori riceveranno 50 euro di prodotti caseari in occasione di una visita estiva alla mucca adottata da effettuare entro il 15 settembre 2022 o, in alternativa, dal 15 giugno 2023 al 15 settembre 2023 C’è tempo fino al 3 agosto per partecipare all’iniziativa.

Il concorso è legato al più ampio progetto ‘Adotta una mucca’, organizzato da Valsugana e Lagorai (sud-est del Trentino), per far conoscere la natura incontaminata delle montagne, insegnare come si produce il formaggio secondo metodi antichi e aiutare a scoprire cosa significa vivere in una malga e portare le mucche all’alpeggio. Ad oggi sono circa 17 le malghe che hanno aderito all’iniziativa e 12.500 le adozioni a distanza sottoscritte. Oltre 50, invece, i singoli progetti sostenuti grazie all’iniziativa.

Con l’adozione a distanza si sostiene il lavoro dei malghesi e, quindi, la possibilità per le mucche di trascorrere l’estate tra i prati della montagna. Inoltre, si garantisce un reddito per i malghesi che in maniera tradizionale si occupano della produzione dei formaggi in maniera naturale. Si tratta di una vera filiera corta a testimonianza che l’economia circolare può essere una nuovo modo per sostenere anche da parte dei consumatori l’economia locale. L’iniziativa è sostenibile anche perché molte della malghe del progetto conferiscono il letame prodotto dalle mucche presso l’impianto di biogas nel comune di Castel Ivano che ha generato sino ad oggi oltre 5 milioni di Kwatt di energia pulita, contenendo da una lato la creazione di gas serra dannosi per l’ambiente e producendo energia pulita.

Una volta che che è stata inviata la richiesta di adozione a distanza, l’utente riceve un attestato e la carta d’identità della mucca scelta. Già, perché sul sito dedicato al progetto è possibile scegliere sia la malga, sia l’animale. Carolina, Lola, Ginevra, Fauna, Melissa, Pamela: ogni mucca ha una scheda dedicata, con foto, origine, residenza e malghese di riferimento. Sarà possibile andare in malga a far visita alla mucca adottata durante il periodo dell’alpeggio, indicativamente da metà giugno a metà settembre.

Ricehouse

Ricehouse, la startup dell’edilizia che punta sugli scarti del riso

Provare a modificare i principi dell’edilizia, indirizzando il settore verso una concezione più improntata sull’economia circolare. La missione nobile di Ricehouse, startup italiana fondata nel 2016 da Tiziana Monterisi e Alessio Colombo, negli ultimi mesi sta incontrando anche le necessità di un comparto colpito dai rincari delle materie prime. Come lascia intendere il nome, infatti, l’azienda utilizza gli scarti della lavorazione del riso per sostituire i prodotti petrolchimici usati abitualmente nel mondo dell’edilizia, riuscendo così a ridurre notevolmente le emissioni. “La carenza della materia prima – racconta Tiziana Monterisi, ad. e cofondatrice di Ricehouse – così come gli alti costi di questa, ha spostato l’attenzione verso la ricerca di alternative. La bioedilizia inizia molto tempo fa, con le costruzioni fatte con materiali naturali perché effettivamente erano gli unici materiali accessibili. L’industria del mercato edile ha poi distrutto, o nascosto, qualsiasi logica utilizzata nel passato. Oggi, la bioedilizia ritrova un mercato forte e di valore grazie alle attenzioni verso qualità e sostenibilità, che giocano un ruolo strategico per indirizzare la domanda di materiale edile”.

L’attività di Ricehouse rende protagonisti gli agricoltori, che rappresentano un interlocutore fondamentale: “Abbiamo coinvolto gli agricoltori fin dall’inizio. Per loro, la nostra collaborazione significa risparmio immediato. In concreto, hanno un risparmio di costi e aumento delle entrate”, prosegue Monterisi, che poi apre una parentesi estremamente interessante sulle opzioni che Ricehouse può esplorare nei prossimi mesi e anni: “Il nostro obiettivo è quello di riuscire a valorizzare il più possibile tutto lo scarto risicolo a disposizione in Italia e far in modo che il nostro Paese possa essere il produttore per eccellenza di materiali naturali. Usando i sottoprodotti del riso per produrre materiali naturali per il mondo edile, potremmo compensare 1.950.000t di CO2 ogni anno, ovvero l’equivalente di piantare 81.000.000 di alberi”.

Ricehouse

Un’analisi che arriva da una società che fin dal 2016 ha saputo leggere le esigenze di un settore cruciale per il nostro Paese. L’attività di Ricehouse è nata con una lunga fase di ricerca delle giuste sinergie, con aziende che potessero sposare i valori e i processi innovativi proposti. Sviluppando una linea di prodotti per l’edilizia derivante dal riciclo degli scarti di lavorazione agricoli, si è resa portavoce di valori nobili e ha anticipato i temi che sarebbero poi stati introdotti dalle istituzioni italiane e internazionali. “Dopo tanti anni – ammette Monterisi – finalmente siamo nel centro dell’argomento. Noi continuiamo a dire quello che dicevano prima, il nostro messaggio non è cambiato. Di fatto, prima mancava il destinatario con cui rapportarsi. Oggi, invece, possiamo sederci a un tavolo di lavoro per dialogare su punti critici e progetti ambiziosi”. Uno di questi punti è indubbiamente la gestione del Superbonus: “Deve essere un percorso serio, uno strumento valido per una transizione ecologica. Per noi è un’opportunità, tanto più concreta quanto più è strutturato in maniera corretta. La vera svolta potrebbe essere data inserendo i materiali naturali come plus. Inoltre, per una valida bioarchitettura servirebbero parametri per la qualifica energetica”.

Alberto Cirio

Cirio a Versalis: “Aiutateci a creare una vera economia circolare”

Arriva da Crescentino, al confine tra le province di Torino e Vercelli, la proposta del governatore piemontese, Alberto Cirio, a Versalis, che nelle campagne del piccolo comune ha dato vita all’unico impianto italiano di produzione di bioetanolo ‘advanced’, cioè ottenuto da biomasse lignocellulosiche che non sono in competizione con la filiera alimentare. Impianto che per Versalis “ha una straordinaria importanza dal punto di vista strategico perché è il primo esempio al mondo di applicazione industriale della tecnologia Proesa (Produzione di etanolo da biomasse) per la produzione di energia rinnovabile“, ha ricordato il presidente Marco Petracchini, durante un incontro istituzionale organizzato per illustrare il ciclo produttivo del sito. Ed è proprio al termine delle spiegazioni ‘tecniche’ che il governatore piemontese ha invitato i vertici di Versalis – società di Eni impegnata nello sviluppo della chimica green – ad allargare il concetto di economia circolare al territorio piemontese, così da portare “benefici non solo all’ambiente, ma anche a tutti i ‘pezzi’ del circolo, a partire dalle aziende“.

L’impianto di Crescentino, acquisito dal gruppo nel 2018, è stato completamente riconfigurato e dall’inizio del 2022 produce bioetanolo partendo da biomasse di legno e cellulosa che, sostanzialmente, sono scarti di altre produzioni. L’obiettivo è trattare 200mila tonnellate all’anno di masse green, per una capacità massima di di circa 25mila tonnellate all’anno di bioetanolo. Lo stabilimento, inoltre, si basa sulla circolarità: si autosostiene dal punto di vista energetico, grazie alla produzione di energia elettrica rinnovabile e vapore dalla centrale termoelettrica che viene alimentata da biomasse a filiera corta e dalla lignina coprodotta dal processo.

Ed è proprio sul tema della circolarità che si è concentrato il presidente della Regione. La Pianura Padana, ha ricordato, è una delle zone più inquinate d’Europaa causa della sua geografia, con le Alpi che ‘chiudono’ Piemonte, Lombardia e Veneto e impediscono ai venti di spazzare via l’inquinamento. In queste Regioni ci sono restrizioni maggiori da parte di Bruxelles per quanto concerne gli scarti dell’agricoltura: ad esempio, è possibile bruciare i residui della potatura soltanto in un determinato periodo dell’anno, cioè dopo aprile. Ma le potature si fanno a ottobre e novembre. E cosa se ne fanno di tutto quel materiale se non possono smaltirlo?“. La Regione, ha spiegato, sta finanziando gli agricoltori affinché “si consorzino e acquistino dei cippatori” e allora “vi chiedo“, ha detto rivolgendosi ai vertici di Versalis, “perché non affiniamo meglio questo meccanismo? Se noi li sosteniamo in questa iniziativa, perché non vi attivate affinché il prodotto della cippatura trovi una destinazione sul territorio, cioè nel vostro impianto?

È un progetto che noi abbiamo già in mente – ha risposto Sergio Lombardini, responsabile BU Biochem Versalisma ci sono, al momento, ostacoli non di natura tecnica, quanto di partnership e normativa“. Ostacoli che, però, potrebbero essere superati “consorziandoci e creando, possibilmente, questa unità di cippatura con una municipalizzata“. “La sua proposta – ha rimarcato – incontra assolutamente una nostra idea“.

Il governatore piemontese, al termine del suo intervento, ha sottolineato quanto sia importante per la politica “progettare e avere una visione. Abbiamo un problema – ha ricordato – che è l’inquinamento. E allora dobbiamo trasformarlo in una opportunità, mettendo l’agricoltura al centro di un sistema di economia circolare. Ci sono molti soldi che arrivano dall’Europa e sono a disposizione per finanziare anche iniziative come queste. Mettiamo sempre un tappeto rosso a chi vuole investire in Piemonte“.

Quando la città è ‘miniera’ di materiali. L’esempio del grattacielo Mi.C

Da oltre una decina di anni nel mondo ha preso piede la filosofia dell’Urban mining, la strategia di riutilizzo dei materiali ‘conservati’ nelle città come materie prime seconde. Causa innalzamento dei prezzi e carenza di materie prime, questa soluzione, che sta alla base dello stesso concetto di economia circolare, è guardata con sempre più interesse. Ne sono la riprova le decine di corsi universitari attivati nei principali atenei italiani e il recente progetto del Mi.C, Milano Centrale district, che vedrà la luce all’alba del 2026, in tempo per le le Olimpiadi invernali Milano-Cortina.

IL NUOVO VOLTO DEL FIANCO SINISTRO DELLA STAZIONE CENTRALE

Il progetto comprende il rifacimento di piazza Luigi di Savoia a fianco della stazione centrale con il completo recupero dell’ex hotel Michelangelo, ora chiuso, che negli ultimi due anni ha accolto pazienti affetti da Covid. Al posto dell’albergo sorgerà un grattacielo di uffici alto 94 metri per 22 piani, più quattro interrati, capace di ospitare duemila persone, con 900 metri quadri di area verde, 65 nuovi alberi, 108 posti auto interrati, per un costo complessivo di 90 milioni di euro. Il tutto è realizzato dal gruppo immobiliare Finleonardo, mentre il progetto è dello Studio Park associati. Secondo il project manager di Finleonardo, Diego Imperiale, l’edificio – che è stato il simbolo del periodo più drammatico della pandemia a Milano – sarà sostituito dal “simbolo della rinascita della città. La nuova Torre Mi.C sarà una struttura all’avanguardia, di ultima generazione, green, sostenibile, perfettamente inserita nel contesto urbano, in linea con gli obiettivi di conversione ecologica e di risparmio energetico italiani ed europei, e collegata a un progetto di riqualificazione di un’area che è una delle porte di accesso della città”.

LA CERTIFICAZIONE E IL RECUPERO DI TUTTI I MATERIALI

L’aspetto interessante di questo progetto, racconta Imperiale, è proprio l’applicazione del concetto di Urban mining. “La torre – spiega – ha due livelli di sostenibilità. Uno è appunto l’Urban mining: andremo infatti a recuperare tutti i materiali del vecchio hotel Michelangelo, dal calcestruzzo, al vetro, alla plastica e al legno”. Trovandosi praticamente al centro della città. il palazzo non poteva essere abbattuto. ad esempio con una demolizione controllata, così i progettisti procederanno con una decostruzione. “Il calcestruzzo e gli altri materiali – prosegue Imperiale – saranno portati a terra, frantumati, certificati e poi riutilizzati per la costruzione della nuova torre”. Insomma, nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma, evitando così di conferire materiale in discarica e di ricorrere a materie prime che a ben guardare in città ci sono già: sono in palazzi dismessi o in rifiuti tecnologici.

L’Urban mining è infatti applicato anche ai Raee, i rifiuti tecnologici composti da vecchi televisori, cellulari o elettrodomestici. All’interno di questi prodotti si nasconde infatti una miniera d’oro di rame, metalli preziosi o altri elementi che possono essere recuperati.

Il secondo livello di sostenibilità della torre Mi.C – prosegue Imperiale – è poi rappresentato dai sistemi energetici di cui sarà dotato il palazzo, come il fotovoltaico che sarà applicato sul tetto, mentre si sta ancora valutando se installarlo anche sulle facciate più esposte all’irraggiamento. Inoltre, lavoreremo con acqua di falda e utilizzeremo pozzi interrati. In più, l’interno dell’edificio avrà un bioclima e spazi verdi. Nell’intero progetto è previsto un giardino di 900 metri quadri aperto alla cittadinanza”. Il palazzo, come detto, ospiterà uffici, ma sarà anche aperto al pubblico con spazi di smart working e con un auditorium al piano interrato.

IL PROBLEMA DEI RIFIUTI EDILI

Riciclare i rifiuti edili contribuisce in modo importante a ridurre l’eccessiva impronta ecologica dell’uomo, soprattutto nelle città. Le costruzioni rappresentano in effetti un settore fondamentale per l’economia circolare, perché le attività legate all’edilizia e al genio civile sono quelle che generano la maggior quantità di rifiuti. Ogni anno, infatti, vengono prodotte milioni di tonnellate di materiali di demolizione e di questi solo una minima parte viene riciclata.
Uno dei Paesi più all’avanguardia in tema di recupero di materiali è la Svizzera. Nell’impianto di incenerimento dei rifiuti di Hinwil nel Canton Zurigo infatti ogni anno vengono recuperate 10.000 tonnellate di ferro, 4.500 tonnellate di altri metalli non nobili e 1–1,6 tonnellate di metalli nobili come oro e palladio. Qui il cantone ha installato il primo impianto al mondo in grado di recuperare altri metalli oltre al ferro.
In aggiunta ai rifiuti solidi domestici, si recuperano i materiali di risulta dell’edilizia, come calcestruzzo, mattoni, ferro, rivestimenti in rame o tubi di plastica, derivanti dalla demolizione di un edificio, che altrimenti finirebbero in discarica. Durante i lavori di smantellamento, le ditte incaricate provvedono a sminuzzare, lavare e raggruppare in base alla grandezza le rocce risultanti dalla demolizione per dare loro una nuova funzione come calcestruzzo riciclato.