L’Eurocamera dà il via libera al nuovo regolamento sugli imballaggi
Si chiude il discorso su uno dei dossier divenuto simbolo della progressiva erosione del sostegno al Green Deal europeo, almeno in Italia. Nell’ultima sessione plenaria della legislatura, l’Eurocamera dà la propria benedizione con 476 voti a favore, 129 contrari e 24 astenuti, al regolamento Ue sugli imballaggi e sui rifiuti da imballaggi. Un provvedimento che “difende l’eccellenza italiana“, rivendica la relatrice del testo, la democratica Patrizia Toia. Di tutt’altro avviso la Confederazione Italiana Agricoltori (Cia), che auspica “una soluzione più equa” con il prossimo Parlamento. Contraria anche la Lega con il segretario, e vicepremier, Matteo Salvini che parla di un “danno alle imprese italiane“.
Le norme, frutto del sudatissimo accordo provvisorio raggiunto lo scorso 4 marzo con il Consiglio dell’Ue, introducono obiettivi di riduzione degli imballaggi del 5 per cento entro il 2030, del 10 per cento entro il 2035 e del 15 per cento entro il 2040. E impongono ai Paesi europei di ridurre in particolare i rifiuti di imballaggio in plastica. A partire dal 2030, saranno vietati diversi tipi di imballaggi di plastica monouso, tra cui gli imballaggi per frutta e verdura fresche non trasformate, per i cibi e le bevande consumati in bar e ristoranti e per le monoporzioni (ad esempio condimenti, salse, panna da caffè e zucchero). Il divieto si applicherà anche ai piccoli imballaggi monouso utilizzati negli alberghi e le borse di plastica in materiale ultraleggero al di sotto dei 15 micron. Per evitare effetti nocivi sulla salute, il testo vieta l’utilizzo dei cosiddetti “inquinanti eterni“, ovvero le sostanze perfluoroalchiliche (PFAS), al di sopra di determinate soglie negli imballaggi a contatto con prodotti alimentari.
Quello sugli imballaggi è stato finora uno degli atti legislativi europei più sensibili per il governo e per diversi gruppi d’interesse italiani, con una forte pressione delle delegazioni italiane sia all’Eurocamera sia al Consiglio per ridiscutere in particolare gli obiettivi di riciclo e riuso. Una contrapposizione superata nel testo finale, con la facoltà per gli Stati membri di concedere deroghe agli operatori dei settori coinvolti se i singoli materiali di imballaggio abbiano superato di almeno il 5 per cento gli obiettivi di riciclo definiti da Bruxelles. Non solo: l’Italia ha ottenuto l’esclusione dagli obblighi di riuso del take away, del cartone, di bevande come latte e altre altamente deperibili, vini e altre bevande alcoliche, oltre ad una deroga orizzontale per i materiali di imballaggio. A patto ancora che ci siano alti tassi di riciclo.
“L’approvazione definitiva del regolamento imballaggi è una buona notizia per l’Europa e per l’Italia”, che “concilia gli obiettivi ambientali con gli interessi dell’economia“, ha esultato la dem Patrizia Toia, rivendicando il ruolo svolto per “difendere e valorizzare l’eccellenza dell’industria italiana del riciclo e le filiere di materiali sostenibili“. Una vittoria immediatamente ridimensionata dal presidente nazionale di Cia, Cristiano Fini: pur ammettendo che sul regolamento “c’è stato un grande lavoro di tutto il sistema Italia“, Fini denuncia la criticità del divieto di utilizzo degli imballaggi monouso in plastica per frutta e verdura sotto 1,5 kg, che “non supporta il settore né sul fronte delle spese né sulla garanzia di una migliore conservazione del prodotto, oltre che rispetto all’obiettivo del contrasto allo spreco alimentare”.
Sul piede di guerra la Lega, l’unico partito italiano che anche oggi si è opposto in blocco – così come il gruppo politico europeo a cui appartiene, Identità e Democrazia – all’approvazione del regolamento. Secondo l’eurodeputata del Carroccio Silvia Sardone le nuove norme sugli imballaggi rimangono “fortemente penalizzanti per le imprese italiane” e fanno parte di quei “provvedimenti ideologici green con cui l’Ue ha caratterizzato questo mandato, tra ecofollie e danni gravi a interi settori“. Si accoda il segretario, e vicepremier, Matteo Salvini, secondo cui il regolamento “danneggia le imprese italiane, aumentando burocrazia e costi“.
Prima di essere pubblicato sulla Gazzetta ufficiale Ue ed entrare in vigore, l’accordo dovrà essere approvato formalmente a maggioranza qualificata dagli Stati membri nel Consiglio dell’Ue.