Nell’eurozona s’indebolisce l’espansione del terziario, mentre risalgono i prezzi

Dopo un promettente inizio anno, con un ritorno alla crescita economica che a maggio ha toccato il valore più forte in un anno, i dati dell’indagine Pmi di luglio hanno di nuovo segnalato una perdita di slancio con un tasso marginale di crescita dell’attività economica, il più debole nell’attuale sequenza di espansione di cinque mesi. A pesare sulla produzione è stata la nuova riduzione della domanda di beni e servizi dell’eurozona, soprattutto dai mercati esteri. I livelli di occupazione hanno mostrato una generale stagnazione, mentre la fiducia è scivolata ai minimi in sei mesi. Quando si parla di prezzi, le tendenze sono state divergenti, visto che l’aumento più rapido dei costi ha contrastato il più debole incremento dei prezzi di vendita da ottobre 2023. In particolare l’Indice Pmi della Produzione Composita dell’Eurozona destagionalizzato, che consiste in una media ponderata dell’Indice Pmi Manifatturiero e dei Servizi, a luglio è rimasto in territorio di espansione. Tuttavia, il secondo mese consecutivo di calo ha ridotto l’indice principale a 50.2 da 50.9 di giugno, avvicinandosi alla soglia di 50.0. Ciò significa che la crescita è stata solo complessivamente marginale e la più debole da marzo, mese in cui i livelli di attività hanno ricominciato a salire.

Divisi per settore, i dati hanno indicato che quello dei servizi è stato l’unico a crescere. Tuttavia, la maggiore contrazione della produzione manifatturiera e l’indebolito rialzo dell’attività terziaria hanno causato una nuova perdita di slancio dell’espansione economica del settore privato. I dati d’indagine a livello nazionale hanno rilevato una nuova frenata dell’economia dell’eurozona proveniente dalla Germania, che ha indicato il primo declino dei livelli di attività economica da marzo. Il settore privato francese ha continuato a peggiorare (ma al tasso più debole in tre mesi), mentre le espansioni della Spagna e dell’Italia sono state appena sufficienti a contrastare le contrazioni delle due maggiori economie dell’eurozona.

A luglio, infatti, l’Indice Pmi sulla Produzione Composita in Italia è sceso a 50.3 da 51.3 di giugno, ed ha segnalato il più lento tasso di crescita dell’attività da inizio 2024. Il rallentamento rispecchia un’espansione più debole del terziario, malgrado il calo del manifatturiero sia diminuito. Nel frattempo, il flusso dei nuovi ordini ha indicato una stagnazione, con l’ulteriore aumento dei nuovi ordini terziari controbilanciato dal calo del manifatturiero. I prezzi di acquisto sono invece aumentati sostanzialmente e a livello storicamente elevato. In entrambi i settori si è registrata una maggiore pressione dei costi. Allo stesso tempo, i prezzi di vendita sono marginalmente aumentati. I manifatturieri hanno di nuovo scelto di tagliare i prezzi, mentre i servizi hanno aumentato le loro tariffe e ad un tasso più debole di giugno.

Tornando all’eurozona, “data la situazione, la nostra previsione di crescita dell’anno dello 0.7% resta ancora cauta. Resta evidente il rallentamento del terziario. Il Pmi è sceso per tre mesi consecutivi fino a 51.9 e le aziende esitano ancora di più ad assumere, mentre i nuovi ordini crescono appena. Anche gli straordinari effetti del campionato europeo di calcio In Germania, le olimpiadi in Francia e il tour di concerti di Taylor Swift in Europa si stanno esaurendo. Quindi nel secondo semestre dell’anno, il terziario non riuscirà probabilmente a fornire una grande spinta“, sottolinea Cyrus de la Rubia, capo economista di Hamburg Commercial Bank. “Non c’è ancora sollievo dall’inflazione“, prosegue. “Di sicuro, i prezzi di vendita stanno salendo al tasso più debole in 38 mesi, e questo avviene generalmente anche per quelli di acquisto, ma l’inflazione è ancora molto alta vista la debolezza dell’economia. Negli ultimi 25 anni, i prezzi di vendita sono rimasti generalmente costanti con l’indice Pmi dell’attività a 52.0 o più basso e, storicamente, i prezzi di acquisto crescevano molto più lentamente rispetto ad ora. Riteniamo che questo aumento della pressione dei costi sia causato dal cambiamento demografico, rendendo più difficile per la Bce di raggiungere l’obbiettivo dell’inflazione al 2%“, sottolinea il capo economista della Hamburg Commercial Bank, “La scivolata del terziario sta accadendo in tutta l’eurozona. La crescita è rallentata in Germania, Italia e Spagna. La Francia, con il Pmi in salita, è l’unica eccezione. Ma anche lì il settore sembra non riuscire a crescere arrancando quindi dietro gli altri Paesi“, conclude de la Rubia.

Germania e Francia spengono la ripresa dell’eurozona, mentre i prezzi risalgono

A giugno, le proiezioni della Bce prevedevano una crescita del Pil nell’eurozona pari allo 0,4% trimestre su trimestre nel periodo aprile-giugno e sostanzialmente si aspettavano che rimanesse a quel livello fino alla fine del 2026. È stato con queste previsioni che la banca centrale ha anticipato per la prima volta il profilo trimestrale della ripresa dell’eurozona, una mossa che, con il senno di poi e tenendo conto degli ultimi sviluppi, sembra sempre più prematura. Probabilmente la Bce avrebbe dovuto ritardare la ripresa economica, come è accaduto negli ultimi due anni, sovrastimando strutturalmente la forza e la tempistica della ripresa. Infatti, i dati previsionali dell’indagine Pmi di luglio hanno registrato una quasi-stagnazione del settore privato dell’eurozona, che ha indicato un progressivo affievolimento della ripresa economica del blocco valutario. I nuovi ordini sono diminuiti per il secondo mese consecutivo e la fiducia è scesa ai minimi in sei mesi, ponendo fine alla sequenza mensile ininterrotta di assunzioni avutasi dall’inizio del 2024. Allo stesso tempo, il tasso di inflazione dei costi è accelerato, ma la debolezza della domanda ha spinto le aziende ad un minore aumento dei prezzi di vendita, il cui tasso di inflazione è infatti stato il più lento dallo scorso ottobre.

A causare la debolezza dell’eurozona è ancora una volta il settore manifatturiero. La produzione di luglio è crollata nettamente e al tasso maggiore dell’anno in corso. In tale contesto, l’aumento dell’attività del terziario ha evitato all’intero settore privato di finire in contrazione, tuttavia l’espansione dei servizi è stata solo modesta e la più debole da marzo. Le due economie principali della regione hanno continuato a frenare la ripresa dell’area euro. Per la prima volta in quattro mesi, la produzione della Germania è scesa, mentre la Francia ha segnato il terzo mese consecutivo di contrazione dell’attività economica. Valori che contrastano con la continua crescita registrata nel resto dell’eurozona, anche se l’ultimo incremento della produzione è stato il meno forte da gennaio.

Nel dettaglio l’indice destagionalizzato Flash Pmi Composito della Produzione dell’eurozona, calcolato sulla base dell’85% circa delle risposte finali solitamente raccolte a fine indagine e redatto da S&P Global, a luglio si è posizionato su 50.1 scendendo da 50.9 di giugno, mostrandosi quindi solo marginalmente superiore alla soglia di non cambiamento e registrando quindi quasi una stagnazione dell’attività del settore privato. In ciascuno dei cinque mesi passati, la produzione ha indicato una crescita, ma questa di luglio è stata la più contenuta della sequenza mostrando quindi un debole inizio per il terzo trimestre dell’anno. Il livello di crescita registrato a luglio è largamente collegato all’attività terziaria, in aumento per il sesto mese consecutivo, ma la cui espansione è stata modesta e la più lenta in quattro mesi. Allo stesso tempo, la produzione manifatturiera ha continuato a diminuire ad inizio del terzo trimestre, prolungando l’attuale sequenza di contrazione a 16 mesi. Il tasso di contrazione è stato oltretutto elevato, segnando il più rapido sinora registrato nel 2024.

Siamo di fronte ad una pausa estiva?”, si chiede Cyrus de la Rubia, capo economista di Hamburg Commercial Bank: “Sembra che l’economia a luglio si stia muovendo a malapena, ma oltre al fatto che stiamo analizzando valori destagionalizzati, osservando i due settori monitorati la situazione è peggiorata drasticamente nel settore manifatturiero in contrasto con la moderata crescita nel settore dei servizi. Le nostre previsioni sul Pil a brevissimo termine, tuttavia, lasciano intendere che una crescita durante il terzo trimestre è ancora possibile”. Il tema è che, “se da un lato la Germania sta apparentemente avendo difficoltà a crescere, l’economia francese è alimentata dalle Olimpiadi. Secondo i dati raccolti a luglio, le aziende dei servizi francesi hanno aumentato la loro attività in preparazione dei giochi olimpici. Al contrario, la domanda del settore manifatturiero tedesco pare abbia trascinato in basso la produzione generale del settore privato“, continua de la Rubia. “Qualora tenessimo in considerazione soltanto una crescita, ci sarebbero forti presupposti per un dibattito sul taglio dei tassi di interessi di settembre da parte della Bce. Tuttavia, i dati relativi ai prezzi non hanno fornito alcuna speranza di sollievo. I prezzi di acquisto del settore dei servizi sono aumentati ad un tasso più veloce e le tariffe ai clienti sono risultate in espansione ad un tasso simile a quello della precedente indagine. A peggiorare il tutto – conclude il capo economista di Hamburg Commercial Bank -. I prezzi di acquisto del settore manifatturiero, in contrazione per oltre un anno da marzo 2023 a maggio 2024, ora risultano maggiori per il secondo mese consecutivo. I prezzi di vendita sono diminuiti solo leggermente, rendendo più difficile per l’inflazione complessiva di avvicinarsi all’obiettivo di crescita del 2%“.

caro prezzi

INFOGRAFICA INTERATTIVA Inflazione, Eurostat: A febbraio 2,6% in eurozona e 2,8% in Ue

Nell’infografica INTERATTIVA di GEA, l’andamento dell’inflazione nell’eurozona e in Ue. Secondo Eurostat, il tasso annuale dell’area euro è stato del 2,6% nel febbraio 2024, in calo rispetto al 2,8% di gennaio. Un anno prima il tasso era dell’8,5%. L’inflazione annuale dell’Ue è stata del 2,8% a febbraio 2024, in calo rispetto al 3,1% di gennaio. Un anno prima era al 9,9%. I tassi annuali più bassi sono stati registrati in Lettonia, Danimarca (entrambi allo 0,6%) e Italia (0,8%), mentre quelli più alti in Romania (7,1%), Croazia (4,8%) ed Estonia (4,4%). Rispetto a gennaio, l’inflazione annua è diminuita in 20 Stati membri, è rimasta stabile in 5 ed è aumentata in 2.

INFOGRAFICA INTERATTIVA Pil, il quarto trimestre 2023 nei Paesi dell’eurozona

Nell’infografica INTERATTIVA di GEA, l’andamento del Pil trimestrale nei Paesi dell’eurozona.

Croazia, all’inflazione si sommano i rincari post-euro: il pane aumenta del 30%

Con l’introduzione dell’euro aumentano i prezzi dei beni di consumo in modo ingiustificato rispetto al reale tasso di conversione. Nel 2023 sono i consumatori dell’ultimo Paese membro dell’Unione europea a entrare nell’Eurozona, la Croazia, a lamentare sensibili rincari rispetto a poche settimane prima, quando era in vigore la moneta nazionale. Ma per il governo guidato da Andrej Plenković si tratta di una vera e propria “truffa”, mentre deve affrontare una situazione complessa sul fronte dell’inflazione.

Il tasso di conversione è stato fissato a 7,53450 kune croate per euro con la decisione del Consiglio Affari economici e finanziari del 12 luglio 2022, ma “alcuni degli attori si comportano in modo fraudolento, aumentando i prezzi e danneggiando i propri cittadini e l’economia”, ha attaccato il premier croato. Un aumento dei prezzi nell’ambito dell’arrotondamento “sarebbe prevedibile e non un grosso problema se fosse di pochi centesimi”, ha puntualizzato Plenković, ma “non è la stessa cosa se è del 10, 20, 30, 40 o 50% in più”.
Basta un confronto prima e dopo il primo gennaio 2023 per capire il livello di aumento dei prezzi. In una città come Rijeka (Fiume) o Zagabria il prezzo medio di una tazzina di caffè è passato da 1,73 euro (13 kune) a 2 euro (15 kune), per un rincaro del 16%. A Osijek, quarta città della Croazia, lo stesso bene prima del passaggio alla nuova valuta costava 1,06 euro (8 kune) ed è passato nel 2023 a 1,2 euro (9 kune, +13%) o addirittura 1,5 euro (11 kune, +41%). Lo stesso discorso si può fare su beni di consumo come pane, grano, latte e carne, dopo la pubblicazione dei risultati delle indagini condotte dall’Ispettorato di Stato: nei panifici è stato registrato un aumento dei prezzi di pane e prodotti da forno tra il 15% e il 30%, per beni come carne di pollo e tacchino, acqua e uova mediamente del 13%, mentre i servizi di ristorazione sono cresciuti fino al 43%.

Oltre all’imposizione di sanzioni per pratiche commerciali sleali e per illecito – che possono arrivare a 26 mila euro – il governo sta discutendo della possibilità di introdurre una lista nera di rivenditori e commercianti, che “renda pubblici i nomi di coloro che lavorano a scapito dei nostri cittadini, alimentando così l’inflazione”. È proprio questa una delle preoccupazioni maggiori per Zagabria, in particolare considerati i dati del novembre 2022. Se nell’Eurozona il tasso di inflazione annuale si è ridotto di mezzo punto – scendendo dal 10,6% al 10,1% – per la Croazia è successo l’esatto opposto, con una crescita ulteriore al 13,5% (+0,3 rispetto al mese precedente). Due punti percentuali in più rispetto all’Italia, con le pressioni al rialzo esercitate soprattutto dai prezzi di prodotti alimentari e bevande analcoliche (19,2%), di ristoranti e alberghi (17%), di alloggi e utenze (16,5%) e dei trasporti (13,3%).

A cercare di gettare acqua sul fuoco è stata la Banca Centrale Europa (Bce), che nel suo ultimo bollettino ha inserito un capitolo specifico sulla situazione economica nel Paese che “si prevede trarrà vantaggio dall’adozione dell’euro”. Uno dei vantaggi è proprio legato ai minori costi di finanziamento per l’economia, “grazie alle aspettative di inflazione ben ancorate e alla riduzione dei costi normativi e del rischio valutario“. Considerato il “già elevato livello di integrazione economica e finanziaria” di Zagabria nell’Eurozona “e la precedente stabilità” del tasso di cambio, “il costo della perdita della capacità di aggiustare il tasso di cambio come strumento di politica macroeconomica in caso di shock asimmetrici sarà probabilmente basso”, conclude la Bce.

Gentiloni

Crisi energetica spaventa l’eurozona. Gentiloni: “Sale rischio recessione”

L’incertezza rimane eccezionalmente elevata e il rischio di una recessione è in aumento”. Parola di Paolo Gentiloni, che lancia l’allarme per l’immediato futuro dell’eurozona. Il commissario europeo per l’Economia non può più nascondere quanto c’è in gioco, adesso che Gazprom ha messo davvero mano ai rubinetti del gas. Dipende tutto dall’andamento dei mercati energetici. “Le prospettive peggiorerebbero notevolmente rispetto alla nostra linea di base se dovessimo vedere un taglio completo del gas russo”. Uno scenario, questo, che si sta materializzando dopo lo stop al gasdotto Nordstream. La questione energetica, con l’aumento dei prezzi, il crollo dell’offerta soprattutto da parte russa, e l’effetto delle sanzioni decretate dall’Ue su petrolio e carbone russi quale risposta all’aggressione dell’Ucraina, alla fine si fanno sentire e nessuno può più ignorarlo, a partire dal componente italiano del collegio dei commissari, che comunque non è il solo a essere preoccupato.

Inflazione e caro-energia stanno avendo ripercussioni”, riconosce un alto funzionario europeo. “Questo rallentamento non è limitato all’eurozona, riguarda anche le principali economie mondiali. Ma l’eurozona è più esposta, soprattutto per l’andamento del settore energetico”. È questo che determina la fragilità e la debolezza dei membri Ue con la moneta unica rispetto ad altri attori, e il rischio di una nuova recessione dopo quelle del 2008 e quella prodotta dalla crisi sanitaria, con lo spegnimento dell’economia seguito alla pandemia di Covid-19. “Quello che sta accadendo, soprattutto sul fronte energetico, ha una impatto sull’economia”, ammette la fonte. Per questo “non si può escludere il rischio di una recessione”. Esattamente quando detto da Gentiloni alla platea del Bruegel Annual Meeting.

Il commissario per l’Economia non si rivolge solo al pubblico presente a Bruxelles. Si rivolge innanzitutto agli Stati membri, con un’attenzione particolare al proprio. L’Italia al voto il 25 settembre avrà a breve un nuovo governo, ed sembra rivolto soprattutto a questo l’invito a non spendere. Perché è vero che il patto di stabilità con le sue regole è sospeso e si hanno maggiori libertà di manovra, ma “dobbiamo fare in modo che le politiche di bilancio non aumentino la pressione inflazionistica”, altrimenti il rischio di recessione potrebbe automaticamente tradursi in stagflazione. Tutti temi su cui si confronteranno i ministri dell’Economia e delle finanze questo venerdì, quando l’Eurogruppo si riunirà a Praga, nel doppio formato regolare a 19 e in quello allargato a 27, con gli Stati membri dell’Ue senza l’euro. La parola d’ordine è e vuole essere “coordinamento”, una risposta europea, a ventisette, invece di tante ricette nazionali singole, diverse e differenziate. È in contesto che lo impone. “La situazione è motivo di preoccupazione, riferiscono degli addetti ai lavori. Per questo motivo “cerchiamo di focalizzarci sul coordinamento della risposta”. A Bruxelles si è convinti che questo sia il solo modo possibile per far fronte alla recessione alle porte.

Gentiloni intanto invita tutti a lavorare per “l’accelerazione dell’adozione di misure di efficienza energetica e l’aumento dell’adozione delle energie rinnovabili”. Si tratta di misure che servono a “ridurre il consumo di combustibili fossili”, a patto che si proceda “a pieno ritmo”. Quindi assicura che la Commissione è al lavoro per risolvere i problemi legati ai mercati dell’energia. Per far fronte al caro-energia, conferma, si stanno superando le divisioni. E ora “è anche possibile intervenire per limitare il prezzo del petrolio e del gas russo e trovare modi per intervenire sul mercato energetico per disaccoppiare i prezzi dell’elettricità e del gas”.