Capaldo (Feudi S.Gregorio): “L’effetto Irlanda non c’è. Sul vetro dinamiche speculative”
Il settore vitivinicolo è una delle eccellenze che rendono grande il Made in Italy in tutto il mondo. Era impensabile che la scelta dell’Irlanda, di esporre sulle etichette dei prodotti alcolici avvisi sui rischi per la salute simili a quelli che compaiono sui pacchetti di sigarette, non provocasse uno scossone. Anche a livello politico. Infatti la polemica ha occupato, e occupa, grande spazio nel dibattito nazionale ed europeo. Soprattutto perché la legge ha avuto l’avallo dell’Ue. Per capire l’impatto che ha avuto sulle aziende del nostro Paese, GEA ha chiesto ad Antonio Capaldo, presidente dei Feudi San Gregorio, società che dal 1986 produce vino in terra irpina per poi esportarlo in tutto il mondo.
Presidente, vede ripercussioni sul settore per la scelta irlandese?
“No, sostanzialmente. Almeno non per noi. Il tema è serio, perché per noi il vino è parte della nostra cultura e quindi bisogna fare attenzione ad assimilarlo ad altri prodotti alcolici che hanno delle caratteristiche oggettivamente diverse, dunque demonizzarlo. Ma è vero, allo stesso tempo, che chi beve vino di qualità e lo associa ad esperienze di qualità, sa anche di doverlo consumare con moderazione. Di conseguenza, l’impatto sul business io non lo vedo. Vedo positivamente, invece, che il sistema vino si sia mosso in maniera forte, anche a livello istituzionale, sul tema. Anche se alla fine non si può cambiare una legge già definita: ho trovato eccessivo portarla così tanto in Italia, nel senso che quello che ci interessa è fa arrivare la discussione dove ci sono dei rischi. In Italia rischia invece di essere controproducente, perché è una tematica che non aggiunge e non toglie, perché gli italiani già lo sanno”.
Allarghiamo il discorso. Quali sono le criticità che riscontra il settore, visto dalla sua angolatura?
“La problematica principiale è legata all’approvvigionamento e ai costi di alcune materie, come vetro, carta, tappi. Devo ammettere, però, che complessivamente il settore ha dimostrato una maggiore resilienza alle dinamiche inflazionistiche. Cioè, la domanda finora ha mantenuto una maggiore resistenza, quindi quasi tutti i produttori hanno aumentato un pochino i prezzi per confrontarsi con l’inflazione sulle materie prime, ma la domanda per il momento ha tenuto. Ma cosa sta succedendo: i prezzi quando vanno al consumo o nelle carte dei vini dei ristoranti aumentano in una maniera ancora superiore, di solito con un certo ritardo temporale. Nel senso che, ad esempio, a noi aumenta il prezzo bottiglia e dopo sei mesi aumenta il prezzo listino, magari dopo un anno questo vino finisce nel ristorante ad un prezzo più alto. Quindi, il pieno impatto non è ancora chiaro. E finché l’Italia, per di più, vive questo boom turistico, il mercato interno, soprattutto nelle grandi città e nelle località turistiche, sta tenendo malgrado gli aumenti importanti che ha subito la ristorazione. E’ chiaro poi che il futuro è incerto, quindi l’aiuto che servirebbe è un supporto sulla supply chain di questi materiali. Ma il problema parte da lontano”.
Allora proviamo a rimettere insieme i pezzi.
“Ripeto, quello del vino può essere considerato ‘fortunato’. Ma l’Italia ha abbandonato una serie di settori strategici, come il vetro. Di vetrerie oggi nel nostro Paese ce ne sono poche, quasi tutte sono fuori e i principali player del vetro hanno un capitale straniero. Ma questo vale anche per tantissimi altri fattori, per cui le nostre filiere dipendono da dinamiche che non sono controllabili. Quindi, oggi il vino sta meglio di altri settori, gli amenti di prezzo non hanno comportato un calo della domanda significativo e al momento i principali mercati per l’export, come Usa, Canada e Giappone, non vivono una fase di crisi. L’unica che vive una fase difficile è l’Inghilterra, ma lo leggiamo da tutti i giornali. Quindi, al momento direi che cose specifiche non servono, ma l’importante è che tutti ci battiamo, principalmente il governo, per cercare di fare in modo che la dinamica inflazionistica diventi recessiva. Perché non è ancora quel momento”.
C’era un problema sul reperimento delle bottiglie.
“‘La nottata non è passata’. E poi c’è anche un altro detto: ‘La notte è sempre più buia prima dell’alba’. Perché ci sono stati ulteriori rincari, tra l’altro sempre più scollegati dal prezzo dell’energia, quindi ci sono dinamiche speculative sul mercato. E’ indiscutibile, perché l’energia è andata in giù in molti Paesi, compresa l’Italia, quindi non si spiega perché ci siano questi rincari. Oggi si dice che sia legata al reperimento delle materie prime ma la dinamica ha portato a più che un raddoppio del prezzo del vetro in due anni. Anche se devo dire che quasi tutte le vetrerie nell’ultimo mese segnalano di prevedere un miglioramento dal secondo semestre di quest’anno, dovuto all’incremento del numero di forni attivi nella produzione”.
Quali sono i fattori che hanno portato a questi rincari?
“Oltre al problema dell’energia, delle materie prime e del fatto che in Ucraina c’erano alcuni forni molto importanti, in questo periodo più di una vetreria aveva programmato ristrutturazioni dei forni, dunque sono rimasti chiusi nel 2020 e 2021. Si è creata, così, quasi una ‘tempesta perfetta’. In compenso, abbiamo però già visto un segnale positivo sul legno; su quest’ultimo c’è stato un problema legato alla filiera per la guerra, perché gran parte del materiale arrivava dall’Ucraina e dalla Russia. Non siamo tornati ai livelli pre-crisi, ma si vedono segnali incoraggianti. Così come se ne vedono ancora sulla carta. Sul vetro invece no, solo parole”.