Difesa, crescono le esportazioni di armamenti di Leonardo e Fincantieri

L’export italiano nel settore degli armamenti cresce del 35% nel 2024 trainato dalle vendite di Leonardo (il 27% del totale del fatturato all’estero in questo mercato) e Fincantieri (22%). Mentre si discute delle modalità per finanziare l’aumento della spesa dello Stato per la difesa, le vendite all’estero delle aziende italiane erano già in crescita nel 2024. E dovrebbero aumentare ulteriormente nel 2025 considerando il piano della Commissione europea sulla spesa militare.

Scorrendo i nomi delle aziende che hanno esportato di più, dopo Leonardo e Fincantieri, troviamo Rheinmetall Italia (6%) e Mbda Italia (6%). Si tratta di aziende molto grandi che spesso rappresentano solo l’interlocutore finale di una catena di medi e piccoli produttori specializzati in singole parti.

Questi dati emergono dalla Relazione annuale del governo al Parlamento “sulle operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali d’armamento”, presentata dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano. Il documento è richiesto dalla legge 9 luglio 1990, n. 185, che disciplina la normativa sull’export di armamenti dell’industria della difesa nazionale. Proprio per la natura del settore, per esportare o importare armamenti è necessaria un’autorizzazione da parte dell’Uama (Unità Autorizzazione Materiali d’Armamento) del ministero degli Affari Esteri. Ogni anno viene trasmesso dal governo al parlamento un report che analizza le statistiche relative proprio a queste autorizzazioni.

E’ possibile vedere anche quali sono le destinazioni degli armamenti italiani: al primo posto c’è l’Indonesia con 1,2 miliardi di valore nel 2024. Nel 2023 il Paese era al 35° posto, ma questo dato ha una spiegazione: l’acquisto di due pattugliatori di altura del Paese del Sud-Est asiatico siglato proprio nel 2024. Balzo in avanti in classifica anche per la Nigeria: è passata dal 16° posto del 2023 al 3° posto del 2024. Si mantengono, invece, stabili tra i primi 5 Paesi per le esportazioni italiane Francia, Regno Unito e Germania, in linea con la tendenza degli anni precedenti.

Nel report si parla anche di importazioni. Il valore complessivo nel 2024 è stato di 743 milioni di euro: il 24,76 % proviene dagli Stati Uniti d’America, mentre il 20% arriva da Israele, il 14% dalla Svizzera, l’11 % dal Regno Unito e l’11,57% dall’India. Il dato non comprende le importazioni da Paesi Ue perché in questo caso non servono le autorizzazioni previste per tutti gli altri Paesi.

Nasce lo studio Fincantieri-Eni-Rina per decarbonizzare il trasporto marittimo

Per il settore marittimo bisogna disporre una roadmap realistica che minimizzi i rischi per gli investitori e fornisca soluzioni economicamente efficienti per l’intera industria. E’ quanto sostengono Eni, Fincantieri e Rina, che oggi a Roma hanno illustrato uno studio per accelerare il percorso di decarbonizzazione del settore del trasporto marittimo in linea con il target al 2050 di Net Zero.

Alla luce dell’analisi, il settore marittimo è responsabile di circa il 3% delle emissioni globali di CO2 e punta a raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050. Lo studio, presentato alla presenza del ministro per l’Ambiente e la Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin, si inserisce nel contesto dell’accordo siglato nel marzo del 2024 da Eni, Fincantieri e Rina per sviluppare un Osservatorio globale sulle prospettive di evoluzione delle soluzioni di decarbonizzazione sostenibili nel medio-lungo periodo. L’analisi offre per la prima volta una panoramica globale delle opzioni percorribili per ciascun segmento di naviglio nelle diverse regioni del mondo e combina una valutazione dei volumi con un’analisi integrata dei costi per gli armatori e degli investimenti che il comparto logistico e portuale richiede. I vettori energetici in grado di ridurre, nel breve termine, le emissioni di CO2 sono principalmente il gas naturale liquefatto e i biofuel come HVO e FAME.

Nel lungo termine poi, anche grazie all’ingresso di BioGNL e Biometanolo, i biocarburanti continueranno ad essere la soluzione prevalente del segmento mercantile. Sul tema, il ministro Pichetto è chiaro: ‘‘Per il trasporto marittimo non ci sono soluzioni facili o automatiche. Non possiamo elettrificare, quindi dobbiamo affrontare la questione con una base scientifica certa e solida. Abbiamo la necessità di ridurre le emissioni e decarbonizzare, certamente i biocarburanti sono importanti per arrivare in futuro all’idrogeno, che si sta sviluppando velocemente’‘. Un valido supporto può arrivare dal nucleare, “che può essere un percorso rilevante per il trasporto marittimo”, sottolinea il ministro che assicura pieno appoggio del governo.

Per quanto riguarda i porti ci sarà poi da rivedere il sistema degli Ets, su cui Pichetto ha già fatto pressioni in Ue alla vicepresidente Teresa Ribera: “Il Mediterraneo è un unico mare – sintetizza il ministro – se una nave si ferma a Gioia Tauro non può pagare il 50% in più, mentre se va a Tangeri non lo paga”. Su questo punto, assicura Pichetto, “la vicepresidente Ribera ha dato disponibilità per fare un approfondimento”.

Da parte loro, Eni, Fincantieri e Rina proseguono l’azione congiunta, con una sinergia ritenuta fondamentale per trasformare l’innovazione in soluzioni concrete. “Come sostenuto anche a livello comunitario – sottolinea Giuseppe Ricci, direttore operativo Trasformazione Industriale di Eni – è ormai condiviso che i biocarburanti, in particolare quelli già disponibili e utilizzabili in purezza come l’HVO, sono attualmente tra le migliori soluzioni adottabili per ridurre le emissioni GHG anche del comparto marittimo”. Secondo Pierroberto Folgiero, amministratore delegato e direttore generale di Fincantieri, la decarbonizzazione del trasporto marittimo “è una sfida che richiede visione industriale e capacità di trasformare l’innovazione in soluzioni concrete. Questo studio rappresenta un passo strategico in questa direzione”.

Fincantieri, inoltre, con l’obiettivo Nave Net Zero al 2035, punta ad anticipare il futuro, guidando il cambiamento e integrando tecnologia e sostenibilità per garantire competitività. Secondo Carlo Luzzatto, amministratore delegato e direttore generale di Rina, “il trasferimento di competenze è un fattore chiave per accelerare la transizione energetica. La nostra capacità di mettere a fattor comune know-how ed esperienze maturate in settori diversi – come l’energia e il navale, che presidiamo da tempo – ci permette di sviluppare soluzioni efficaci per la decarbonizzazione”.

Piano Fincantieri verso net zero: Gnl, idrogeno e col nucleare navi col pieno per 15 anni

A Fincantieri “dobbiamo diventare i più pionieri, i più imprenditori, i manager più coraggiosi” verso la decarbonizzazione, dice Pierroberto Folgiero, amministratore delegato di Fincantieri. Il percorso è quasi trentennale, con step già fissati come il Fit for 55, che mira ad abbattere appunto il 55% delle emissioni entro il 2030, e poi c’è il traguardo finale del Net zero, ovvero -100% di emissioni nel 2050. Una traiettoria che rivoluzionerà il settore del trasporto navale, durante la quale – parole sempre dell’amministratore delegato – “dobbiamo risolvere il problema dei nostri clienti”, gli armatori, in un settore per definizione hard to abate ovvero con emissioni difficili da abbattere. “Oggi il nostro cliente ha un problema che sta diventando cash e l’industria deve fornire soluzioni abilitanti a questi clienti. L’industria è il famoso ecosistema, non solo Fincantieri. Questo è un po’ il grande tema che stiamo affrontando, considerando che l’armatore non può cambiare il prodotto che acquista dopo tre anni, deve prendere delle decisioni tecnologiche su un orizzonte a 30 anni, poiché una nave ha una vita utile di 30 anni”.

Nel concreto – sottolinea Folgiero – “abbiamo già disegnato un nuovo layout di nave, che prima di arrivare in sala macchine, dove uno si immagina un po’ il quartier generale delle emissioni, abbiamo cercato di ridurre le emissioni sul resto dell’asse. Siamo pionieri sui tipi di vernici che aumentano la fluido-dinamica. Abbiamo co-brevettato un sistema che crea delle bolle d’acqua sotto la chiglia e abbassa i consumi, perché il primo modo per non emettere è non consumare. Stiamo lavorando sull’energy management a livello di dati industriali, stiamo lavorando sui materiali compositi per alleggerire la nave. Stiamo cercando di ridurre, prima di tutto, le emissioni su quel pezzo del dominio che non è la sala macchina, i carburanti, e sotto la nostra design authority. E con questo set di interventi possiamo dire a un armatore che se viene da noi, la nave Fincantieri, prima di andare in sala macchina, risparmia il 33% delle emissioni rispetto alla nave base, dell’anno base Fit for 55. Poi siamo entrati in sala macchine”, prosegue il manager di Fincantieri, zona dove si concentra il piano industriale 2023-2027.

 

Nei prossimi quattro anni il gruppo presenta una chiara strategia per realizzare navi sempre più ecologiche, sicure e performanti, proiettandosi verso la nave del futuro, sostenibile e digitale, caratterizzata da un impatto ambientale nullo e dotata di funzionalità altamente tecnologiche. Nell’ambito della transizione energetica, infatti, oltre a tematiche relative alla cattura di CO2 e all’impiego di combustibili alternativi nel settore navale, quali Gnl e metanolo, Fincantieri sta lanciando dei progetti sull’impiego dell’idrogeno. “Abbiamo lavorato con gli armatori per creare un mix di motorizzazione, che può essere l’idrogeno, per 5-6 MW, che consente di fare le operazioni in porto a motori spenti. Consideriamo che una grande nave fa 60 MW, quindi 5 MW è ancora poco. Stiamo affrontando tutti i problemi di marinizzazione dell’idrogeno, la molecola più irrequieta della tavola degli elementi, che ha una tendenza a esplodere, ha un’intensità energetica bassa, circa un quinto rispetto ai carburanti tradizionali, e la nave è tutto spazio e peso”, prosegue Folgiero.

È peso perché deve galleggiare per la legge di Archimede. È spazio perché il tuo payload (carico pagante, ndr) va preservato. Quindi, l’intensità 1:5 è un bel problema sulla nave. Però lo stiamo marinizzando, stiamo prendendo le autorizzazioni dagli enti di classifica, stiamo portando a bordo 5 MW di idrogeno”. Certo – prosegue il manager di Fincantieri – “sull’economia dell’idrogeno sappiamo che sussistono temi di costo al chilo, di elettroni verdi sufficienti alla produzione di idrogeno, di distribuzione dell’idrogeno, temi giganteschi che non devono essere una scusa. Vogliamo infatti dimostrare che se qualcuno mette a disposizione in banchina 5 MW, noi realizziamo anche la nave ad idrogeno”.

Nel frattempo già ora “l’impiego di combustibili alternativi, insieme a tematiche relative alla cattura di CO2 e alla capacità di riciclare i rifiuti prodotti a bordo – oggi le nostre navi raggiungono una quota del 90% – rivestono un ruolo primario nella riduzione dell’impatto ambientale. Il Gnl si presenta come il combustibile marino più pulito attualmente disponibile su larga scala e già il prossimo anno consegneremo la prima unità ad alimentazione duale diesel e Gnl, la Sun Princess del gruppo Carnival”, fa sapere Folgiero. “La traiettoria verso il target net zero passerà per il metanolo, per cui abbiamo già ottenuto i primi ordini, l’ammoniaca e l’idrogeno: la prima è in sperimentazione nelle navi per l’offshore, mentre l’idrogeno è già una fonte ausiliaria nelle operazioni in porto delle navi da crociera, grazie all’esperienza della nostra nave-laboratorio Zeus, alimentata tramite fuel cell e prima nel suo genere al mondo“.

Infine, con obiettivo 2050, c’è l’ipotesi nucleare. “Abbiamo sottoscritto con newcleo un accordo che ci permetterà di studiare applicazioni nucleari di IV generazione per navi di grandi dimensioni. Oltre a newcleo, che porta il know-how, abbiamo come partner il Rina, ente di classifica internazionale di primo livello, impegnato nella certificazione di ogni soluzione secondo i più alti standard richiesti, primo fra tutti quello della sicurezza“. Sfruttando l’energia dell’atomo, “un pieno di una nave durerebbe 15 anni”, conclude Folgiero.

Folgiero (Fincantieri): “Nel futuro metanolo e idrogeno, studiamo nucleare su grandi navi”

Transizione e decarbonizzazione sono due parole che segneranno il futuro non solo di case e auto, argomenti al centro delle cronache quotidiane, ma anche del trasporto marittimo, che vede l’Italia ponte naturale nel Mediterraneo e che vanta uno dei principali player nella cantieristica e non solo, a livello mondiale, come Fincantieri. Il gruppo ha chiuso il primo semestre con ricavi per 3,669 miliardi, +4,5 % rispetto allo stesso periodo del 2022, e un margine lordo di 185 milioni dai 90 di un anno fa. In un’intervista a GEA, l’amministratore delegato Pierroberto Folgiero indica i progressi del gruppo verso la sostenibilità e traccia le linee del percorso verso la decarbonizzazione.

Sostenibilità. Avete presentato un piano dettagliato con progetti e missioni da qua al 2027. Secondo lei sarà più impegnativa la transizione energetica nel trasporto marittimo rispetto a quello su strada?

“L’intero mondo della navigazione, che sia crocieristico, mercantile o militare, sta attraversando un processo evolutivo all’insegna dei principi della sostenibilità e dell’economia circolare. Nel quadro del nuovo Piano Industriale abbiamo presentato una chiara strategia per realizzare navi sempre più ecologiche, sicure e performanti, proiettandoci verso la nave del futuro, sostenibile e digitale. Si tratta di una sfida particolarmente ardua, perché tutte le problematiche dell’implementazione di tecnologie legate alla decarbonizzazione che si possono incontrare a terra, si moltiplicano in mare, dove peso e spazio costituiscono vincoli ineludibili. Questo non significa che ci lasciamo intimidire, anzi. Per Fincantieri questa traiettoria è una realtà già consolidata”.

Uno dei temi fondamentali è quello dei carburanti: idrogeno e Gnl quanto possono essere soluzioni realistiche e che tempistiche ci sono?

“L’impiego di combustibili alternativi, insieme a tematiche relative alla cattura di CO2 e alla capacità di riciclare i rifiuti prodotti a bordo – oggi le nostre navi raggiungono una quota del 90% – rivestono un ruolo primario nella riduzione dell’impatto ambientale. Il Gnl si presenta come il combustibile marino più pulito attualmente disponibile su larga scala e già il prossimo anno consegneremo la prima unità ad alimentazione duale diesel e Gnl, la Sun Princess del gruppo Carnival. La traiettoria verso il target net zero passerà per il metanolo, per cui abbiamo già ottenuto i primi ordini, l’ammoniaca e l’idrogeno: la prima è in sperimentazione nelle navi per l’offshore, mentre l’idrogeno è già una fonte ausiliaria nelle operazioni in porto delle navi da crociera, grazie all’esperienza della nostra nave-laboratorio Zeus, alimentata tramite fuel cell e prima nel suo genere al mondo”.

Recentemente avete siglato un accordo per studiare l’utilizzo dei propulsori nucleari: la garanzia di zero emissioni in questo caso ci sarebbe, cambierebbe qualcosa per la sicurezza del trasporto?

“Ciò che oscilla tra il potenziale di una tecnologia e la capacità degli operatori di estrarre quel potenziale, è il fulcro della questione. Le forze migliori devono collaborare per far emergere il percorso di sviluppo che condurrà il nostro settore al raggiungimento degli ambiziosi obiettivi che si è posto. È ciò che abbiamo fatto con l’accordo citato, attraverso cui studieremo applicazioni nucleari di IV generazione per navi di grandi dimensioni. Oltre a newcleo, che porta il know-how, abbiamo come partner il Rina, ente di classifica internazionale di primo livello, impegnato nella certificazione di ogni soluzione secondo i più alti standard richiesti, primo fra tutti quello della sicurezza”.

A livello di gruppo puntate a garantire l’utilizzo di energia elettrica al 100% da fonte rinnovabile entro il 2030. Da dove verrà questa energia? 

“I nostri sforzi per aumentare l’uso di energia rinnovabile sono costanti. Lo scorso anno abbiamo firmato un accordo con Renovit, uno dei principali operatori nazionali per le soluzioni innovative di efficienza energetica, per realizzare impianti fotovoltaici nel nostro network produttivo. Stiamo ultimando l’installazione di 22.000 pannelli fotovoltaici in diversi cantieri italiani, che avranno una potenza complessiva di circa 10 MW e, grazie all’autoconsumo dell’energia prodotta, stimabile tra il 75% e il 100%, ci permetteranno di ridurre il prelievo annuale di energia elettrica dalla rete nazionale di circa 11 GWh. La rotta è tracciata”.

Fincantieri è attiva anche nel mondo dell’eolico. Finora, causa aumento dei costi, la corsa all’offshore in Europa sembra rallentata. O non è così? E in Italia?

“L’eolico offshore può essere un grande volano di sviluppo per l’Italia, fornendo un contributo decisivo alla sicurezza e alla transizione energetiche. Il comparto ci vede protagonisti a livello mondiale, grazie a una forte expertise nella progettazione e costruzione di navi di supporto agli impianti eolici in mare aperto e dei campi eolici flottanti”.

Si parla molto di rischio deindustrializzazione. Secondo lei si può coniugare la transizione con la tenuta e il rilancio dell’industria made in Italy?

“Assolutamente. La transizione deve diventare uno dei canali di rilancio della nostra industria. Proprio in riferimento ai parchi eolici, uno sviluppo in questo senso significherebbe un impulso anche all’occupazione, creando posti di lavoro soprattutto al Sud, considerato che un impianto di produzione può impiegare dalle 200 alle 700 persone e che ci potranno volere, a tendere, diversi impianti. Una simile evoluzione rafforzerebbe anche la posizione dell’Italia quale hub energetico del Mediterraneo. Fincantieri è pronta ad agire come attivatore della transizione energetica, guardando al futuro del Paese”.