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L’Italia celebra la Giornata degli alberi. Ma le città sono sempre meno green

Ridurre le emissioni, prevenire il dissesto idrogeologico, proteggere il suolo. E, ancora, migliorare la qualità dell’aria e la vivibilità degli insediamenti urbani. Nasce con questi obiettivi la ‘Giornata nazionale degli alberi’ – introdotta, o meglio, reintrodotta – nel 2013 con la Legge 10/2023 ‘Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani’. Una sorta di revisione della normativa che regolava la ricorrenza dal 1951 e, prima ancora, di un regio decreto del 1923. La legge, che istituisce il 21 novembre come data simbolo, prevede numerose attività: dalla formazione nelle scuole per conoscere l’ecosistema boschivo e avviare iniziative per la messa a dimora di nuove piante, a progetti di riforestazione urbana alla tutela degli alberi monumentali. In tutto il Paese si moltiplicano le iniziative organizzate dalle associazioni, dalle scuole o dai Comuni, favorite anche da una rinnovata sensibilità alla questione da parte di cittadini e istituzioni.

Undici milioni di ettari, una superficie di aree protette da oltre 3,8 milioni di ettari e parchi nazionali di oltre 250mila ettari. Sono i numeri del patrimonio forestale italiano, che il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto, definisce “immenso, il più ricco di biodiversità d’Europa”

Oltre 2,8 milioni sono gli alberi messi a dimora in Italia nel 2022 e nei primi mesi del 2023, con una crescita del 15,7% rispetto all’anno precedente. Secondo quanto emerge dalla terza edizione dell’Atlante delle foreste Lombardia, Trentino Alto Adige e Veneto sono le regioni con il maggior numero di alberi piantati. I dati provengono dagli oltre 730 macro-progetti di nuove forestazioni urbane ed extraurbane censiti su tutto il territorio nazionale. Si tratta di un patrimonio verde spesso sottovalutato ma fondamentale, come evidenziato dalla ricerca che indaga i diversi “servizi ecosistemici” offerti dalle foreste. “Le nuove aree verdi – si legge nel report – sono infatti in grado di generare un beneficio complessivo del valore di oltre 23,5 milioni di euro per ciascuno degli anni di vita degli impianti arborei ed arbustivi messi a dimora”.

Ma mentre crescono le foreste, le nostre città sono sempre meno green. In Italia il patrimonio forestale e boschivo è cresciuto negli ultimi decenni coprendo il 36,7% del territorio nazionale e oltre 11 milioni di ettari di superficie. Ma non decolla il verde urbano: nel 2022 su 105 capoluoghi la media è di appena 24 alberi ogni 100 abitanti. Numeri insufficienti per il raggiungimento degli obiettivi della Strategia dell’Ue sulla biodiversità di piantare 3 miliardi di alberi entro il 2030 e dell’obiettivo 11 dell’Agenda Onu di città più sostenibili e inclusive. Modena, Cremona e Trieste sono le città più attente e virtuose, con circa un centinaio di alberi ogni 100 abitanti, in pratica uno a testa.

Per questo il Wwf ha lanciato la regola del ‘3-30-300’: tre alberi visibili da ogni abitazione, 30% di copertura arborea in ogni quartiere e uno spazio verde a non più di 300 metri da casa per favorire il verde nelle aree urbane. “Associare l’albero esclusivamente al bosco o alla foresta – spiega il Wwf – ci fa dimenticare il ruolo chiave che gli alberi svolgono nelle città, dove troppo spesso sono visti come un ostacolo o un pericolo”.

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Allarme di Legambiente: “Città italiane (quasi) senza alberi”. Modena e Cremona le più green

Crescono le foreste, ma le nostre città sono sempre meno green. In Italia il patrimonio forestale e boschivo è cresciuto negli ultimi decenni coprendo il 36,7% del territorio nazionale e oltre 11 milioni di ettari di superficie. Ma non decolla il verde urbano: nel 2022 su 105 capoluoghi la media è di appena 24 alberi ogni 100 abitanti. Numeri insufficienti per il raggiungimento degli obiettivi della Strategia dell’Ue sulla biodiversità di piantare 3 miliardi di alberi entro il 2030 e dell’obiettivo 11 dell’Agenda Onu di città più sostenibili e inclusive. A lanciare l’allarme è Legambiente che in occasione del VI Forum nazionale ‘La Bioeconomia delle Foreste. Conservare, ricostruire, rigenerare’ organizzato oggi a Roma, in concomitanza alla Giornata mondiale della città, ha presentato il report ‘Foreste 2023’.

In particolare, il rapporto evidenzia che 43 città hanno una dotazione superiore o uguale a 20 alberi/100 abitanti, 18 città hanno meno di 10 alberi/100 abitanti e 10 città 5 o meno di 5 alberi/100 abitanti. Modena (117 alberi/100ab), Cremona (99 alberi/100 ab) e Trieste (96 alberi/100 ab) le città più attente e virtuose. Rispetto al verde pro-capite Legambiente ha calcolato, su base dati Istat 2021, che su 105 capoluoghi esaminati, la media di verde pro capite in Italia si attesta intorno ai 53,7 metri quadrati.

Troppo poco, insomma, per dare seguito alla strategia europea sulla biodiversità. “Ripensare e rigenerare le aree urbane rendendole più verdi, sostenibili e accessibili significa prendersi cura della salute di cittadine e cittadini e rendere le città più resilienti alla crisi climatica”, dice Stefano Ciafani, presidente nazionale Legambiente. Oltre che tutelare gli ecosistemi forestali, spiega, è necessario “promuovere una bioeconomia circolare che valorizzi il ruolo multifunzionale delle foreste” perché “è l’unico modo per raggiungere gli obiettivi Ue su clima e biodiversità”. Poi l’appello al governo e alle istituzioni affinché “agiscano in primis completando i progetti del Pnrr dedicati al verde urbano, applicando la Legge 10/2013 sugli spazi verdi urbani, promuovendo un piano nazionale di messa a dimora di alberi per orientare le strategie sul tema, per migliorare la vivibilità e il benessere dei cittadini”.

Anche perché, spiega Antonio Nicoletti, responsabile aree protette di Legambiente “molte regioni sono in ritardo nella gestione forestale sostenibile, nella pianificazione e certificazione delle foreste”. Ritardi, osserva “nel contrasto all’illegalità nella filiera legno-energia e la dipendenza dall’estero per l’approvvigionamento” che mettono a rischio gli obiettivi al 2030. L’invito dell’associazione è, quindi, quello di “incrementare i boschi con popolamenti maturi e senescenti con l’obiettivo di tutelare il 30% del territorio e destinare a riserva integrale il 10% delle foreste e realizzare hot-spot di biodiversità forestale”.

L’Ue e la modifica al regolamento sui conti economici ambientali

Tanto patrimonio boschivo, e altrettanta difficoltà a tenerlo sotto controllo come si potrebbe e dovrebbe. L’Unione europea sa solo parzialmente quello che accade a boschi e foreste, complice un mondo verde piuttosto esteso. Circa 182 milioni di ettari di tronchi e chiome, che coprono il 43% della superficie terrestre dell’Ue. Un vero e proprio capitale, se si considera il potere di assorbimento della CO2, il principale responsabile dell’aumento globale della temperatura e conseguente cambiamento climatico. La Commissione europea vuole vederci più chiaro di quanto fatto finora, ritiene che non ci siano dati e informazione a sufficienza, e chiede a Consiglio e Parlamento la riforma del regolamento sui conti economici ambientali.

La normativa comunitaria in questione prevede raccolta e diffusione di sei principali filoni di informazioni: conti delle emissioni atmosferiche, imposte ambientali ripartite per attività economica, conti dei flussi di materia a livello di intera economia, conti delle spese per la protezione dell’ambiente, conti del settore dei beni e dei servizi ambientali e conti dei flussi fisici di energia. Ma qualcosa manca, quanto fatto finora non risponde più alle nuove politiche di sostenibilità dell’Unione europea, e la legislazione va aggiornata al pari della più ampia agenda politica. “La proposta per il modulo dei conti delle risorse forestali è in linea con le politiche in materia di clima e risorse forestali”, rileva la Commissione, e si inserisce nel quadro del Green Deal europeo. È qui che la Commissione ha presentato la nuova strategia dell’Ue per le foreste per il 2030, e la proposta di riforma che mira a raccogliere più informazioni è un tassello ulteriore.

L’esecutivo comunitario intende aggiornare il modo di monitorare il sistema di gestione del patrimonio boschivo. I conti forestali misurano specificamente l’area forestale e la sua quota disponibile per l’estrazione di legname, tutti dati che possono essere utilizzati per monitorare la gestione forestale e l’industria del legno. Accanto a questo il team von der Leyen propone anche informazioni sui sussidi ambientali. Queste ultime riguardano il sostegno degli Stati membri per promuovere un’economia più verde, proteggere l’ambiente e salvaguardare le risorse naturali, incluse quelle forestali.

L’intervento di emendamento risponde anche ad un’esigenza di armonizzazione. I Ventisette Stati membri hanno modalità di raccogliere informazioni tutte diverse. Il team von der Leyen intende agire su questo aspetto per almeno due motivi. In primo luogo le statistiche europee “devono essere comparabili tra Stati membri”, recita il testo di proposta di modifica del regolamento nella parte esplicativa. La riforma del regolamento sui conti economici ambientali permetterà quindi un miglioramento dei resoconti di Eurostat, l’istituto di statistica europea facente capo alla Commissione europea, e la pubblicazione di dati più aggiornai e completi sull’argomento.

In secondo luogo “i temi ambientali hanno una portata e un carattere transnazionali” e non possono essere gestiti solo a livello nazionale, tanto più che l’ambiente è una materia di competenza concorrente, vale a dire condivisa tra Bruxelles e i governi. In terzo luogo, “alcuni impieghi dei conti economici ambientali vanno al di là dell’Ue, come gli obiettivi di sviluppo sostenibile, per cui l’Ue deve applicare norme globali”. La riforma dunque appare obbligata, ma se ne parlerà dopo la pausa estiva.

(Photo credits: COLE BURSTON / AFP)

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La lotta antincendio dei Paesi dell’Ue passa dal Meccanismo di protezione civile

Il Meccanismo europeo di protezione civile, uno strumento che negli anni si sta dimostrando la chiave di volta in Europa per contrastare gli incendi boschivi e proteggere un ambiente naturale sempre più minacciato dai cambiamenti climatici ed estati che toccano livelli record in termini di temperatura. Nel 2022 nell’Unione europea sono andati bruciati oltre 700 mila ettari di boschi – mai così tanti dal 2006 – ma allo stesso tempo sono stati schierati solo negli ultimi due mesi 29 aerei e otto elicotteri antincendio, con 369 vigili del fuoco e più di 105 veicoli a terra mobilitati grazie alla risposta collettiva dell’Unione. Una delle ultime grosse operazioni è stata quella nella Francia sud-occidentale, dove sei aerei della flotta rescEu (di cui due inviati dall’Italia) e quattro squadre di vigili del fuoco provenienti da Germania, Polonia, Austria e Romania hanno supportato i colleghi francesi per domare gli incendi nel dipartimento della Gironda.

Ma cos’è il Meccanismo europeo di protezione civile?

Istituito nel 2001 dalla Commissione europea, si tratta del mezzo attraverso cui i 27 Paesi membri Ue e gli altri sei Stati partecipanti (Islanda, Macedonia del Nord, Montenegro, Norvegia, Serbia e Turchia, con anche l’Albania che presto ne farà parte) possono rafforzare la cooperazione per la prevenzione, la preparazione e la risposta ai disastri, in particolare quelli naturali. Una o più autorità nazionali possono richiedere l’attivazione del Meccanismo quando un’emergenza supera le capacità di risposta dei singoli Paesi colpiti. La Commissione coordina la risposta di solidarietà degli altri partecipanti con un unico punto di contatto, contribuendo almeno a tre quarti dei costi operativi degli interventi di ricerca e soccorso e di lotta agli incendi. In questo modo vengono messe in comune le migliori competenze delle squadre di soccorritori e si evita la duplicazione degli sforzi, per una risposta collettiva più forte e coerente. In 21 anni di attività, il Meccanismo di protezione civile dell’Ue ha risposto a oltre 600 richieste di assistenza all’interno e all’esterno del territorio dell’Unione.

Il Meccanismo comprende un pool europeo di protezione civile, formato da risorse pre-impegnate dagli Stati aderenti, che possono essere dispiegate immediatamente all’occorrenza. Il centro di coordinamento della risposta alle emergenze è il cuore operativo ed è attivo tutti i giorni 24 ore su 24. A questo si aggiunge la riserva rescEu, una flotta di aerei ed elicotteri antincendio (oltre a ospedali da campo e stock di articoli medici per le emergenze sanitarie) per potenziare le componenti della gestione del rischio di catastrofi: a Bruxelles si sta sviluppando anche una riserva per rispondere a incidenti chimici, biologici, radiologici e nucleari. In questa estate di emergenza la Commissione ha finanziato il mantenimento di una flotta antincendio RescEu in stand-by, messa a disposizione da Italia, Croazia, Francia, Grecia, Spagna e Svezia e attivata proprio per domare gli incendi che hanno distrutto quasi ottomila ettari di bosco.