Terra dei Fuochi, Bonelli: “Ispra delegittimata, così precipitiamo nel baratro”

Dobbiamo constatare che c’è l’ennesima condanna della Cedu nei confronti dell’Italia, in particolar modo sulle questioni ambientali che attengono i diritti dei cittadini“. Il leader di Avs, Angelo Bonelli non sembra sorpreso della condanna della Corte europea dei diritti dell’uomo nei confronti dell’Italia, per non aver protetto i suoi cittadini dallo scarico di rifiuti tossici da parte di gruppi criminali nella ‘Terra dei Fuochi‘. Condanne di questo tipo erano già avvenute in passato, osserva intercettato da Gea alla Camera dei Deputati. Il deputato ecologista si riferisce, in particolare, all’Ilva: “L’inquinamento di Taranto è la conferma che purtroppo, non solo con questo governo, la questione degli interventi per bonificare le aree, per garantire il diritto alla salute e all’ambiente è estremamente dimenticato e non è un elemento centrale nell’azione politica del governo“, rileva.

La Cedu ha concesso due anni per mettere in atto una strategia correttiva. Basteranno?

Non lo so se si riuscirà a fare in due anni quello che non si è riuscito a fare in decenni. Il punto però è che lì c’è una situazione cronica, strutturale, di malaffare, di comportamenti illegali. I fuochi hanno continuato ad esserci, sappiamo da dove vengono: da un sottobosco di attività commerciali illegali, gestite da gruppi anche illegali e criminali e su questo non si è mai intervenuto alla radice del problema. C’è tutto un sistema economico e commerciale che ruota intorno alle illegalità. Penso che debba esserci la capacità di affrontarle con nettezza e con radicalità per estirpare queste attività e consegnarle a quell’economia sana che rispetta le regole. E’ chiaro che ci sono le bonifiche da fare, ma se si bonifica e poi i fuochi continuano a esserci avremo sempre quella diossina che si sviluppa e poi ricade sui terreni.

Sarebbe il caso di fare un’operazione sul modello Caivano, con lo Stato presente sul territorio e un monitoraggio sistematico?

Sì, ma anche Caivano ha rappresentato uno spot propagandistico, tranne il fatto che, per esempio, una palestra è stata riconsegnata alla collettività. Detto questo però lì c’è un problema che è proprio insito nel malfunzionamento della prevenzione nel nostro Paese. Sono stati depotenziati gli istituti di controllo e di prevenzione dell’inquinamento e dei controlli ambientali. L’Ispra, che è l’organismo che dovrebbe anche svolgere questa funzione e che coadiuva le agenzie regionali di protezione dell’ambiente è stato delegittimato dal punto di vista scientifico e ha continue bordate da parte di questo governo. Tutti quegli organismi che dovrebbero controllare e assicurare poi conseguentemente alla giustizia chi compie atti illegali sono stati delegittimati. In questo modo non si vince nessuna sfida, ecco perché il problema è capire che oggi noi abbiamo necessità di potenziali istituti di controllo e prevenzione, anche di repressione, e di avviare quelle bonifiche, ma solo se non c’è una sistematicità. Se invece tutto diventa solo il comunicato stampa del ministro di turno, la terra di fuochi sarà sempre sotto il controllo di organizzazioni più o meno criminali che pensano che inquinare sia del tutto lecito perché poi tanto ne traggono profitto.

L’ultima bordata agli organismi scientifici è stata data non tenendo conto del parere sul rischio sismico del Ponte sullo Stretto di Messina?

Noi stiamo vivendo una fase molto delicata nel nostro Paese per quanto attiene le politiche ambientali. La delegittimazione degli organismi scientifici significa il via libera allo sfondamento, al deturpamento dell’ambiente, al degrado. I pareri espressi dall’Ispra sulla questione del Ponte non sono stati minimamente considerati, a partire da quello sismico ma anche da quello delle zone di incidenza ambientale, dei siti di importanza comunitaria. Ma penso anche ad esempio a quello che sta accadendo con la modifica sulla legge dell’attività venatoria della deputata Bruzzone, che sta mettendo all’angolo l’Ispra perché non è gradita, i suoi pareri non sono graditi. E’ come quando noi andiamo dal medico che ci dice che dobbiamo fare delle analisi, non ci piace quello che ci dice e poi dopo ci ammaliamo. Non può funzionare così, così rischiamo di andare nel baratro molto rapidamente.

Trasporti, Giovannini: “Difficile ridurre tratte treni, aumentare flessibilità biglietti”

Quello che emerge in questi giorni di caos sul ferro non sorprende troppo l’ex ministro dei Trasporti, Enrico Giovannini. Gli investimenti fatti (“dal governo di Mario Draghi”, tiene a precisare) potevano creare disagi, come avviene però per ogni grande manutenzione. Sull’intera infrastruttura ferroviaria, infatti, sono stati stanziati 54 miliardi, quasi la metà dei quali nel Pnrr, quindi con interventi da concludere entro il 2026.

Intervistato da GEA, Giovannini ricorda i disagi in Liguria, quando si fecero “tanti e doverosi” lavori sulle autostrade nel 2021-2022: “In quell’occasione però coordinammo, per quanto possibile, i cantieri in modo che i lavori si svolgessero nei giorni e negli orari meno trafficati”, rivendica. Sulla gestione di Matteo Salvini non entra nel merito, ma riconosce a RFI “uno sforzo straordinario”.

Non analizza l’opzione maltempo, non commenta i possibili sabotaggi e gli incidenti anomali sulla rete per i quali il Gruppo FS ha preparato un esposto denuncia. I cantieri però, ribadisce, pesano sulla congestione del traffico. Sono milleduecento, ma superati i disagi porteranno benefici: “E’ interessante capire di che tipo di cantieri stiamo parlando”, sostiene. In alcuni casi, infatti, si tratta di nuove linee, in altri di interventi di elettrificazione, in altri ancora di manutenzione e innovazione, “anche per tenere conto del cambiamento climatico“, e poi c’è la digitalizzazione. E’ qui che si sofferma: “Questi ultimi cantieri comporteranno un cambiamento epocale, che consentirà di aumentare la frequenza delle corse in sicurezza, soprattutto dei treni regionali”, spiega.

Al cuore dei disagi c’è la “pressione” sui grandi nodi: Milano, Roma, Firenze. Tutte tratte sulle quali circola ogni tipo di convoglio, Alta Velocità, Intecity, Regionali.

Uno dei ragionamenti che si sta facendo è quello di ridurre la frequenza dei treni, ipotesi che però lo vede scettico: “E’ difficile, perché negli ultimi anni c’è un netto aumento della preferenza per l’uso del treno”. Complice anche la modernizzazione dei convogli: “Uno degli investimenti fatti è quello dei nuovi Intercity per il Sud, che sono quasi come i primi Frecciarossa. Man mano che questo tipo di treno entra in funzione, la domanda per quella specifica tratta aumenta. Per questo è difficile pensare di ridurre le tratte, se non in modo estremamente selettivo”, riflette.

La proposta che avanza ci riporta al post-covid, quando si riaprivano i confini del mondo e le compagnie aeree riprendevano a volare tutte contemporaneamente: “All’inizio emettevano biglietti totalmente flessibili, finché la situazione non è tornata regolare. Si potrebbe anche in questo caso aumentare la flessibilità di cambio dei biglietti, per adattare senza costi i viaggi in caso di particolari eventi”. La compagnia che viaggia su ferro non è una sola, c’è Trenitalia, Italo e presto anche Arenaways, oltre a tutte le compagnie locali: “Qualunque soluzione si adotti – avverte -, deve comunque essere adottata nel rispetto delle regole di mercato”.