Fino a 5 volte il Titanic. Allarme di T&E sulle navi da crociera: sempre più numerose e grandi

Sono raddoppiate in dimensioni rispetto al 2000 e, all’attuale ritmo di crescita, per il 2050 potrebbero diventare quasi otto volte più grandi del Titanic – raggiungendo la sbalorditiva stazza lorda di 345 mila tonnellate – e trasportare quasi 11 mila passeggeri: sono le navi da crociera. È quanto rivela il nuovo rapporto ‘Cruisezilla’ di Transport & Environment – Ong con sede a Bruxelles che si batte per la mobilità sostenibile e le politiche energetiche in Europa.

Il report spiega che l’industria globale delle crociere è esplosa negli ultimi cinquant’anni, con il numero di navi aumentato di venti volte, dalle 21 del 1970 alle 515 di oggi. E, come conseguenza, navi da crociera più cospicue in quantità e in dimensioni hanno prodotto quasi il 20% in più di emissioni di Co2 in Europa nel 2022 rispetto al 2019, prima della pandemia, mentre quelle di metano sono lievitate del 500%. E il settore continua a crescere: a gennaio di quest’anno, ad esempio, è stata varata la più grande nave da crociera del mondo fino ad oggi, l’Icon of the Seas, che contiene 40 ristoranti, 7 piscine e può trasportare 7.600 passeggeri, è più lunga di 15 balenottere azzurre ed è 5 volte più grande del Titanic. Mentre le vacanze in crociera, “sebbene mantengano ancora un’immagine di lusso”, stanno diventando “un’opzione diffusa” nei Paesi sviluppati, con quasi 36 milioni di persone che si prevede faranno un viaggio di questo tipo nel 2024. “Le navi da crociera di oggi fanno sembrare il Titanic un piccolo peschereccio. Quanto possono diventare più grandi questi giganti? Quello delle crociere è il settore turistico in più rapida crescita e le sue emissioni stanno velocemente andando fuori controllo”, ha commentato Inesa Ulichina, responsabile del trasporto marittimo sostenibile presso T&E.

Nel frattempo, l’Ong ha precisato che molti operatori di crociere stanno passando al gas naturale liquefatto (Gnl) come alternativa ai carburanti tradizionali: le navi alimentate a Gnl rappresentano oggi il 38% degli ordini globali di navi da crociera. Ma sebbene emetta meno inquinanti e Co2, il Gnl “rilascia metano, un gas serra oltre 80 volte più potente della Co2” e quindi “le fuoriuscite di metano dai motori a Gnl possono rendere queste navi più dannose per il clima rispetto ai carburanti tradizionali per le spedizioni”. Secondo Ulichina “l’unica soluzione verde e scalabile per decarbonizzare le attività marittime sono gli e-fuel” verdi che, secondo uno studio di Transport & Environment, “potrebbero alimentare quasi il 4% delle navi europee nel 2030“. Inoltre, il fatto che la loro disponibilità sia limitata, così come la questione dell’infrastruttura di rifornimento, “dovrebbero rappresentare un problema minore per le navi da crociera” dal momento che, navigando sulle stesse rotte con orari chiari, le loro esigenze e tempistiche di rifornimento sono “prevedibili e relativamente facili da pianificare”. In più, il passaggio ai carburanti ecologici può essere vantaggioso anche dal punto di vista economico per gli operatori crocieristici dato che, come dimostra lo studio, con il prezzo del carbonio per le navi, entrato in vigore all’inizio di quest’anno, e con l’aumento progressivo delle sanzioni per l’utilizzo dei carburanti più sporchi a partire dal 2025, nel 2030 navigare solo con combustibili fossili diventerà più costoso del 13% rispetto alla miscelazione del 4% di e-metanolo nel mix di carburanti.

L’aumento dei costi di navigazione con combustibili fossili rispetto alla miscelazione di e-carburanti potrebbe raggiungere oltre il 30% nel 2040 e oltre l’80% nel 2050”, ha precisato T&E. Infine, le navi da crociera sono attualmente esenti da imposte sul carburante e dalla maggior parte di quelle su società e consumatori: “Una tassa di 50 euro su un tipico biglietto di crociera porterebbe 1,6 miliardi di euro a livello globale, di cui 410 milioni di euro in Europa”, fornendo “i finanziamenti climatici cruciali e garantire che le forme di viaggio di lusso siano tassate”, ha concluso T&E.

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INFOGRAFICA INTERATTIVA L’importanza del Canale di Suez

Nell’infografica INTERATTIVA di GEA, il peso del trasporto di merci su Paesi selezionati che fanno più ricorso al Canale di Suez. Un rapporto della Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo (Unctad), segnala che il commercio estero per diversi Paesi dell’Africa orientale dipende fortemente dal Canale di Suez: circa il 31% e il 34% del commercio estero in volume rispettivamente per Gibuti e il Sudan viene incanalato attraverso la via navigabile che collega il Mar Mediterraneo al Mar Rosso.

INFOGRAFICA INTERATTIVA L’importanza del Canale di Panama

Nell’infografica INTERATTIVA di GEA, il peso del trasporto di merci su Paesi selezionati che fanno più ricorso al Canale di Panama. Un rapporto della Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo (Unctad), segnala che “il transito nell’istmo del Paese centramericano è particolarmente importante per il commercio estero dei Paesi della costa occidentale del Sud America”: circa il 26% del volume commerciale dell’Ecuador attraversa il canale. La quota si aggira intorno al 22% sia per il Cile che per il Perù. Il Canale si trova ad affrontare una sfida legata ai cambiamenti climatici: la diminuzione dei livelli dell’acqua ha infatti sollevato preoccupazioni sulla resilienza a lungo termine delle catene di approvvigionamento globali, sottolineando la fragilità delle infrastrutture commerciali mondiali.

Piano Fincantieri verso net zero: Gnl, idrogeno e col nucleare navi col pieno per 15 anni

A Fincantieri “dobbiamo diventare i più pionieri, i più imprenditori, i manager più coraggiosi” verso la decarbonizzazione, dice Pierroberto Folgiero, amministratore delegato di Fincantieri. Il percorso è quasi trentennale, con step già fissati come il Fit for 55, che mira ad abbattere appunto il 55% delle emissioni entro il 2030, e poi c’è il traguardo finale del Net zero, ovvero -100% di emissioni nel 2050. Una traiettoria che rivoluzionerà il settore del trasporto navale, durante la quale – parole sempre dell’amministratore delegato – “dobbiamo risolvere il problema dei nostri clienti”, gli armatori, in un settore per definizione hard to abate ovvero con emissioni difficili da abbattere. “Oggi il nostro cliente ha un problema che sta diventando cash e l’industria deve fornire soluzioni abilitanti a questi clienti. L’industria è il famoso ecosistema, non solo Fincantieri. Questo è un po’ il grande tema che stiamo affrontando, considerando che l’armatore non può cambiare il prodotto che acquista dopo tre anni, deve prendere delle decisioni tecnologiche su un orizzonte a 30 anni, poiché una nave ha una vita utile di 30 anni”.

Nel concreto – sottolinea Folgiero – “abbiamo già disegnato un nuovo layout di nave, che prima di arrivare in sala macchine, dove uno si immagina un po’ il quartier generale delle emissioni, abbiamo cercato di ridurre le emissioni sul resto dell’asse. Siamo pionieri sui tipi di vernici che aumentano la fluido-dinamica. Abbiamo co-brevettato un sistema che crea delle bolle d’acqua sotto la chiglia e abbassa i consumi, perché il primo modo per non emettere è non consumare. Stiamo lavorando sull’energy management a livello di dati industriali, stiamo lavorando sui materiali compositi per alleggerire la nave. Stiamo cercando di ridurre, prima di tutto, le emissioni su quel pezzo del dominio che non è la sala macchina, i carburanti, e sotto la nostra design authority. E con questo set di interventi possiamo dire a un armatore che se viene da noi, la nave Fincantieri, prima di andare in sala macchina, risparmia il 33% delle emissioni rispetto alla nave base, dell’anno base Fit for 55. Poi siamo entrati in sala macchine”, prosegue il manager di Fincantieri, zona dove si concentra il piano industriale 2023-2027.

 

Nei prossimi quattro anni il gruppo presenta una chiara strategia per realizzare navi sempre più ecologiche, sicure e performanti, proiettandosi verso la nave del futuro, sostenibile e digitale, caratterizzata da un impatto ambientale nullo e dotata di funzionalità altamente tecnologiche. Nell’ambito della transizione energetica, infatti, oltre a tematiche relative alla cattura di CO2 e all’impiego di combustibili alternativi nel settore navale, quali Gnl e metanolo, Fincantieri sta lanciando dei progetti sull’impiego dell’idrogeno. “Abbiamo lavorato con gli armatori per creare un mix di motorizzazione, che può essere l’idrogeno, per 5-6 MW, che consente di fare le operazioni in porto a motori spenti. Consideriamo che una grande nave fa 60 MW, quindi 5 MW è ancora poco. Stiamo affrontando tutti i problemi di marinizzazione dell’idrogeno, la molecola più irrequieta della tavola degli elementi, che ha una tendenza a esplodere, ha un’intensità energetica bassa, circa un quinto rispetto ai carburanti tradizionali, e la nave è tutto spazio e peso”, prosegue Folgiero.

È peso perché deve galleggiare per la legge di Archimede. È spazio perché il tuo payload (carico pagante, ndr) va preservato. Quindi, l’intensità 1:5 è un bel problema sulla nave. Però lo stiamo marinizzando, stiamo prendendo le autorizzazioni dagli enti di classifica, stiamo portando a bordo 5 MW di idrogeno”. Certo – prosegue il manager di Fincantieri – “sull’economia dell’idrogeno sappiamo che sussistono temi di costo al chilo, di elettroni verdi sufficienti alla produzione di idrogeno, di distribuzione dell’idrogeno, temi giganteschi che non devono essere una scusa. Vogliamo infatti dimostrare che se qualcuno mette a disposizione in banchina 5 MW, noi realizziamo anche la nave ad idrogeno”.

Nel frattempo già ora “l’impiego di combustibili alternativi, insieme a tematiche relative alla cattura di CO2 e alla capacità di riciclare i rifiuti prodotti a bordo – oggi le nostre navi raggiungono una quota del 90% – rivestono un ruolo primario nella riduzione dell’impatto ambientale. Il Gnl si presenta come il combustibile marino più pulito attualmente disponibile su larga scala e già il prossimo anno consegneremo la prima unità ad alimentazione duale diesel e Gnl, la Sun Princess del gruppo Carnival”, fa sapere Folgiero. “La traiettoria verso il target net zero passerà per il metanolo, per cui abbiamo già ottenuto i primi ordini, l’ammoniaca e l’idrogeno: la prima è in sperimentazione nelle navi per l’offshore, mentre l’idrogeno è già una fonte ausiliaria nelle operazioni in porto delle navi da crociera, grazie all’esperienza della nostra nave-laboratorio Zeus, alimentata tramite fuel cell e prima nel suo genere al mondo“.

Infine, con obiettivo 2050, c’è l’ipotesi nucleare. “Abbiamo sottoscritto con newcleo un accordo che ci permetterà di studiare applicazioni nucleari di IV generazione per navi di grandi dimensioni. Oltre a newcleo, che porta il know-how, abbiamo come partner il Rina, ente di classifica internazionale di primo livello, impegnato nella certificazione di ogni soluzione secondo i più alti standard richiesti, primo fra tutti quello della sicurezza“. Sfruttando l’energia dell’atomo, “un pieno di una nave durerebbe 15 anni”, conclude Folgiero.

aereo

Aerei e navi faticano a ridurre emissioni per alti costi carburanti verdi

Sebbene l’aviazione e il trasporto marittimo rappresentino solo l’8% delle emissioni totali di gas serra della Ue, queste sono le fonti di emissioni in più rapida ascesa. L’obiettivo sulla carta è ridurle del 55% entro il 2030 e raggiungere poi l’obiettivo di emissioni nette zero entro il 2050. Un percorso che passa dalla produzione di nuovi mezzi capaci di consumare e inquinare meno e dall’utilizzo di nuovi tipi di carburanti sostenibili. La crisi energetica in corso da oltre un anno e mezzo e il boom dell’inflazione non aiutano il mondo delle navi e degli aerei, che investono per rivedere le loro flotte ma combattono con i prezzi nel tentativo di non perdere competitività.

Fly Net Zero è l’impegno delle compagnie aeree a raggiungere zero emissioni di carbonio entro il 2050. Alla 77esima assemblea generale della Iata – l’organizzazione internazionale delle compagnie aeree – era stata approvata nel 2021 una risoluzione che impegna le società a raggiungere l’obiettivo di zero emissioni nette di carbonio dalle loro operazioni entro il 2050. Attualmente il settore dell’aviazione emette quasi 1 miliardo di tonnellate di Co2 ogni anno, pari al 12% delle emissioni globali dei trasporti, ha affermato il Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti. E con un aumento previsto della domanda di viaggi aerei in media del 4,3% annuo nei prossimi 20 anni, secondo un rapporto Onu, il volume di anidride carbonica che potrebbe essere emesso dalle compagnie aeree nell’atmosfera metterà ulteriormente a dura prova l’ambiente. In questo senso l’introduzione del Saf è fondamentale. Il Saf è un biocarburante che ha proprietà simili al carburante per aerei convenzionale ma con un’impronta di carbonio inferiore dell’80%: alcune delle materie prime per produrlo sono mais, semi oleosi, canna da zucchero, residui agricoli, olio da cucina usato, rifiuti biologici e grasso animale. L’adozione del Saf però è ancora nella sua fase nascente, nonostante le iniziative di quasi 30 Paesi in tutto il mondo per investire in progetti di combustibili rinnovabili.

Secondo un rapporto della Iata la produzione globale di Saf è stata stimata a 240.000 tonnellate nel 2022, +200% rispetto all’anno precedente, ma rappresentava solo lo 0,1% della produzione totale di carburante per aerei di 254 milioni di tonnellate. Pertanto l’obiettivo della stessa Iata di approvvigionarsi di Saf sufficiente a soddisfare il 100% della domanda di carburante per l’aviazione entro il 2050 sembra un miraggio. Il prezzo è un problema: il Saf attualmente costa quasi 2-2,5 volte di più del carburante per aerei convenzionale, rendendo economicamente irrealizzabile per l’industria aeronautica investire nella produzione e nell’uso di biocarburanti. Anche le infrastrutture per la produzione, lo stoccaggio e la distribuzione di Saf sono attualmente limitate, il che rende molto difficile aumentare la produzione e ottenere prezzi competitivi.

Difficoltà nella transizione anche nel trasporto marittimo, le cui emissioni in Europa hanno raggiunto il massimo storico lo scorso anno, secondo una nuova analisi su Trasporti e Ambiente (T&E). Con oltre 135 milioni di tonnellate, le navi del Vecchio Continente stanno emettendo più carbonio di quanto non facessero prima della pandemia. L’incremento è dovuto principalmente alle navi da crociera, cresciute notevolmente rispetto all’anno precedente, e a un numero elevato di navi che trasportano Gnl. Qualcosa si muove tuttavia nell’ambito della transizione. A metà del 2022, un terzo del tonnellaggio ordinato potrebbe già utilizzare Gnl, Gpl o metanolo nei motori a doppia alimentazione e a metà di quest’anno il valore è salito alla metà. “La tendenza è incoraggiante, ma sono ancora troppo poche queste navi (6,5%) che utilizzano effettivamente carburanti a basse emissioni di carbonio o a zero emissioni per avere un impatto reale”, avverte Eirik Ovrum, consulente principale marittimo della società di consulenza indipendente DNV. I carburanti verdi per la navigazione prodotti da elettricità rinnovabile come l’idrogeno e l’e-ammoniaca rappresentano il modo più promettente per decarbonizzare un settore, sottolinea ancora T&E, ma “la diffusione dei carburanti elettronici non avverrà da sola. Ciò è dovuto principalmente ai costi molto elevati, nonostante i piani Ue per aumentare la produzione. Se le proposte della Ue per il trasporto marittimo fossero dotate dei giusti incentivi per i carburanti elettronici, la domanda potrebbe raggiungere fino al 7% del mix di carburanti per il trasporto marittimo europeo già entro il 2030”. E questo – conclude T&E – “darebbe al settore il rilancio necessario per utilizzare carburanti rinnovabili e, infine, raggiungere emissioni nette zero entro il 2050”.