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Allarme siccità, Anbi-Coldiretti: Acqua insufficiente e made in Italy a rischio

Da 4 mesi che non c’è una goccia d’acqua, il Po è un rigagnolo, i fiumi sono diventati torrenti, le montagne hanno perso 3 metri di neve che erano la nostra riserva, il rubinetto“. Quello di Alessandro Folli presidente di Anbi Lombardia, non è più un campanello d’allarme ma quasi una ‘chiamata alle armi’ per istituzioni, consorzi di bonifica, associazioni di categoria e stakeholder. La grande sete assedia infatti città e campagne, il Po sta vivendo un periodo di siccità come mai negli ultimi 70 anni. Sono spariti 3 metri di neve dalle montagne, i laghi si svuotano e nei campi, ormai disidratati, la siccità ha già provocato danni che Coldiretti quantifica in 2 miliardi di euro.

Proprio la principale associazione dell’agricoltura italiana ha ribadito quali sono le priorità durante il convegno ‘Sicurezza alimentare e qualità delle risorse idriche: opportunità della normativa europea sul riuso delle acque depurate in agricoltura’ organizzato a Milano da Anbi e Anbi Lombardia. Il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, ha esordito con una stoccata alla politica e ai decision-makers: “La situazione della siccità è altamente critica – ha spiegato – e negli anni la politica si è seduta e ha lavorato solo sulle emergenze, ma noi da tempo chiediamo investimenti significativi per bacini di accumulo. Si era ritenuto che fosse un’esigenza secondaria“. Ma non bisogna solo dare risposte sull’emergenza ha spiegato il presidente di Coldiretti, nel suo videocollegamento a Palazzo delle Stelline: “Dobbiamo essere lungimiranti perché senza soluzioni, la crisi che stiamo affrontando porterà a un’esplosione dei costi dei prodotti trasformati e commercializzati. Costi già in aumento per i prezzi dell’energia e per indisponibilità, ad esempio, di fertilizzanti“.

Se in ordine di priorità le necessità umane sono al primo posto, immediatamente dopo c’è l’agricoltura: “Non dobbiamo perdere il vantaggio competitivo dell’export agroalimentare Made in Italy, dobbiamo creare occasioni per produrre di più, specialmente in periodi come questi”. Secondo Prandini, “destinare acqua all’agricoltura non è fare una cortesia a noi di Coldiretti perché lo chiediamo da anni, ma significa avere visione e lungimiranza. Questo chiediamo alle istituzioni: uscire da questa logica dell’emergenza. Necessario è pianificare a medio-lungo periodo affinché si possa trattenere il massimo dell’acqua piovana e delle acque reflue“. Per Coldiretti “raccogliamo solo l’11% dell’acqua piovana e potremmo arrivare al 50% evitando così situazioni di crisi come quella che stiamo soffrendo”.

Uno sforzo di collaborazione e confronto è quello chiesto dalla stessa Anbi. “Sono anni che a livello nazionale si parla di riutilizzo acqua – ha chiarito Folli – ma le utility hanno i depuratori che poi scaricano l’acqua: il confronto dev’essere serio tra coloro che danno acqua all’agricoltura e coloro che depurano le acqua come enti locali e le stesse utility“. Oltre all’utilizzo massimo delle acque reflue, la soluzione proposta anche da Coldiretti è un piano di investimento lungimirante su reti di invasi e bacini di accumulo. “È necessario creare le condizioni per recuperare le acque depurate e al contempo avere la consapevolezza che tutte le difficoltà che stiamo vivendo ricadranno sul nostro mondo“, ha denunciato Prandini, secondo cui “le parole fanno la differenza. Chiedere lo stato di calamità è un errore perché ci fermiamo a evidenziare solo i danni economici alle imprese. E servono 2-3 anni per i ristori che sono comunque cifre esigue. Dobbiamo invece chiedere lo stato di emergenza collegato all’intervento della Protezione civile per ridurre i passaggi burocratici e coinvolgere tutti i soggetti, dalle Regioni ai Comuni fino ai Consorzi di bonifica“. Questo è peraltro ciò che ha chiesto lo stesso Prandini al premier Mario Draghi in una lettera.

Parla di situazione “abbastanza grave” anche il governatore della Lombardia, Attilio Fontana. “Noi stiamo attenzionando questo problema da un mese e mezzo e abbiamo già raggiunto nei mesi scorsi degli accordi con gli agricoltori per realizzare interventi che utilizzino nel modo migliore la poca acqua di cui disponiamo” spiega Fontana, intervistato da GEA. Per fare un esempio, “abbiamo concordato con loro di rinviare alcune semine per darci la possibilità di raccogliere maggiore acqua nei laghi che poi abbiamo rilasciato al momento opportuno”. Ma anche con i gestori dei bacini idroelettrici sarebbe già stato raggiunto un accordo sul “rilascio graduale di una quantità importante di acqua che deve servire proprio in questi giorni per mantenere le irrigazioni”. Il problema, secondo Fontana, è che “si possono realizzare tutte le alchimie di questo mondo, ma se manca la materia prima che è l’acqua, prima o poi anche le alchimie rischiano di saltare”. Le prospettive effettivamente non sono rosee data l’assenza ulteriore di precipitazioni per un minimo di almeno 10-12 giorni. Perciò ogni minuto per arginare l’emergenza diventa prezioso e a breve si riunirà nuovamente il tavolo con i ministri dell’Agricoltura, Stefano Patuanelli, e della Transizione ecologica, Roberto Cingolani.

siccità africa

Corno d’Africa, una catastrofe: 20 milioni di persone a rischio fame

A un mese dall’inizio – almeno sul calendario – della stagione delle piogge, nel Corno d’Africa la situazione è sull’orlo della catastrofe. Non piove da mesi e se questa condizione dovesse proseguire, il numero di persone a rischio fame a causa della siccità potrebbe aumentare vertiginosamente dalla stima attuale di 14 milioni a 20 milioni entro il 2022. È l’allarme lanciato dal World Food Programme dell’Onu.

A RISCHIO SOMALIA, KENYA ED ETIOPIA

In Somalia, spiega l’Onu, il 40% della popolazione sta vivendo in una condizione di estrema insicurezza alimentare, che al momento non vede spiragli di miglioramento. In Kenya, mezzo milione di persone, soprattutto nella zona nord del paese, la cui economia si basa principalmente sul bestiame, sono ormai dirette verso una “grave crisi alimentare” e in Etiopia, già devastata da una guerra che dura da 17 mesi, la malnutrizione ha giù superato i livelli di emergenza.

AGIRE SUBITO, MA MANCANO RISORSE

L’agenzia dell’Onu ha stimato che servirebbe un finanziamento di almeno 438 milioni di euro nei prossimi sei mesi per sostenere quest’area dell’Africa, una delle zone più povere del mondo. “Sappiamo dall’esperienza passata che è vitale agire in anticipo se si vuole evitare una catastrofe umanitaria, tuttavia fino ad oggi la nostra capacità di risposta è stata limitata dalla mancanza di fondi”, ha detto Michael Dunford, Direttore regionale del WFP per l’Africa orientale. “È dall’anno scorso – ha aggiunto – che il WFP e altre agenzie umanitarie continuano a rivolgersi alla comunità internazionale, ma le misure richieste non si sono mai concretizzate nei fondi necessari”.

L’IMPATTO DELLA GUERRA IN UCRAINA

La situazione è resa ancora più grave dalle ricadute del conflitto in Ucraina, con il costo del cibo e del carburante alle stelle. Il Corno d’Africa sarà probabilmente l’area più colpita dall’impatto della guerra: il costo del paniere alimentare è già aumentato, in particolare in Etiopia (+66%) e Somalia (+36%), due Paesi che dipendono fortemente dal grano proveniente dal bacino del Mar Nero. Allo stesso tempo, il conflitto ha contribuito all’aumento dei prezzi di cibo e di carburante e all’interruzione delle catene di approvvigionamento.

LA PIU’ GRAVE SICCITA’ DAL 1981

In Etiopia si sta verificando la più grave siccità dal 1981: milioni capi di bestiame sono morti e i raccolti non hanno dato i loro frutti. Nel sud del Paese sono oltre 7 milioni le persone che si svegliano affamate ogni giorno. Il WFP è sul campo con attività di assistenza alimentare e nutrizionale di emergenza, programmi di alimentazione scolastica, adattamento ai cambiamenti climatici e attività di costruzione della resilienza. L’agenzia dell’Onu ha stimato un fabbisogno di di 239 milioni di dollari nei prossimi sei mesi per rispondere all’emergenza.

INSICUREZZA ALIMENTARE PER 3 MILIONI DI KENIOTI

In Kenya, in meno di due anni, il numero di persone bisognose di assistenza è più che quadruplicato. Secondo lo Short Rains Assessment, la rapida escalation della siccità ha lasciato 3,1 milioni di persone in condizioni di grave insicurezza alimentare, tra cui mezzo milione che stanno affrontando livelli di fame di emergenza. Il WFP ha urgentemente bisogno di 42 milioni di dollari per i prossimi sei mesi per soddisfare i bisogni delle comunità più colpite nelle parti settentrionali e orientali del Paese.

IL DRAMMA DELLA SOMALIA

In Somalia, circa 6 milioni di persone (il 40% della popolazione) vive in condizioni di insicurezza alimentare acuta e senza la pioggia il numero è destinato a crescere. L’Onu ha già avviato programmi speciali di assistenza alimentare e nutrizionale di emergenza per sostenere almeno 3 milioni di persone entro fine giugno. Ma senza nuovi fondi non sarà possibile sostenere il resto della popolazione.

Maltempo

Dopo crisi siccità è allarme pioggia. Anbi: “Rete idraulica inadeguata”

È un paradosso, ma dopo la siccità ci preoccupano le piogge”. A dirlo è Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (Anbi), evidenziando lo stato di grande attenzione, nel quale stanno operando i Consorzi di bonifica alla vigilia dell’annunciato ritorno del maltempo; in tutta Italia sono in corso le manovre idrauliche necessarie a gestire, ma soprattutto a trattenere le tanto attese acque pluviali.

Il rischio – prosegue il presidente di Anbi – è che di fronte ad eventi violenti e concentrati come ci sta abituando la tropicalizzazione del clima italiano, terreni inariditi da un inverno eccezionalmente asciutto non riescano ad assorbire la massa d’acqua, trasformandosi in un amplificatore del rischio idrogeologico, che ormai interessa il 94% dei comuni italiani su un territorio, dove mediamente si continuano a cementificare o abbandonare 16 ettari al giorno. Della legge contro l’indiscriminato consumo di suolo si sono ormai perse le tracce nei meandri parlamentari”.

La resilienza idraulica lungo la Penisola è affidata ad oltre 200.000 chilometri di canali con più di 800 centrali idrovore e migliaia di impianti idraulici, dalla cui azione dipende la vivibilità su circa 7 milioni di ettari. “Da tempo – aggiunge Massimo Gargano, direttore generale di Anbi –segnaliamo la crisi della rete idraulica, ormai inadeguata di fronte all’estremizzazione degli eventi atmosferici, principale causa dei 7 miliardi di danni, provocati mediamente ogni anno da accadimenti di origine naturale, cui va aggiunto circa un miliardo di mancata produzione agricola a seguito della siccità. Per questo – aggiunge – il Piano di bacini di accumulo, Piano laghetti che Coldiretti ed Anbi intendono realizzare, costituisce la risposta in termini di infrastrutture e di capacità di invaso della risorsa quando è in eccesso, per averla poi a disposizione in periodi di siccità. Vi sarebbero tutta una serie di valori che si andrebbero a realizzare, acqua per uso civile, energetico, ambientale ed irriguo, in grado di contrastare il dissesto idrogeologico per tutti i cittadini, di fornire acqua alle imprese e creare occupazione. Nel frattempo, guardiamo il cielo, impegnati, come ogni giorno, a gestire una situazione idraulicamente sempre più complessa”.

Siccità, livello acqua del Po mai così basso dal 1972

Il Grande Fiume ha ormai raggiunto il grado di siccità estrema e, fino a metà aprile, la situazione non migliorerà. I dati dell’Autorità di bacino distrettuale del fiume Po, diffusi oggi, evidenziano che negli ultimi 30 giorni il deficit di pioggia registra -92%. La portata dell’acqua in tutte le stazioni di registrazione del dato è sotto la soglia di emergenza e ha raggiunto i livelli più bassi dal 1972.

Non piove da 107 giorni e le portate evidenziano un abbassamento drastico in tutte le stazioni di registrazione del dato, tutte al di sotto della soglia di emergenza, raggiungendo i livelli più bassi dal 1972. L’area ad oggi che ancora mostra il deficit maggiore, quindi con una siccità definita estrema che si sta propagando verso valle, è sicuramente quella Piemontese fino alle province di Piacenza e Cremona, ma il trend si palesa anche a Boretto e Borgoforte, fino a raggiungere il Delta nella stazione di Pontelagoscuro (Fe).

Rispetto alla scorsa settimana le quote rilevate dall’Adbpo hanno portato un ulteriore calo della risorsa idrica disponibile fino al 5% nelle stazioni di Piacenza, oggi a -70% (dal -66% di sette giorni fa) e Cremona a -62% (rispetto al -57% della settimana scorsa); ma sono in discesa anche le quote di Boretto, ora a -61% (da -60%), Borgoforte, a -56% (da -54%) e Pontelagoscuro, a -56% (da -55%). “Sia i Grandi laghi che gli invasi artificiali, invasati dal 5 al 30% rispetto alla media – spiega l’Autorità di bacino – languono pesantemente e i possibili quanto necessari rilasci dal Lago Maggiore a beneficio delle aree sottostanti non saranno attuabili in modo proporzionale al fabbisogno agroambientale”.

E nei prossimi giorni la situazione non è destinata a migliorare. Bisognerà attendere la pioggia fino a metà aprile, anche se la quota di precipitazioni previste sarà comunque sotto la media. E in questo quadro poco rassicurante,  l’aridità dei suoli favorisce anche l’incremento del numero degli incendi e i venti potrebbero peggiorare la situazione. “Sono giorni di grande impegno nel mantenere alta la soglia di attenzione su ogni singola area interessata dalla siccità nelle regioni del Distretto del Po”, ha commentato il segretario generale dell’Autorità Distrettuale del Fiume Po-MiTE Meuccio Berselli . “Le Regioni – ha aggiunto – stanno naturalmente attrezzandosi, grazie al lavoro delle singole agenzie di monitoraggio meteo, per mettere in campo interventi mirati che cercheremo di concertare all’interno del prossimo importante Osservatorio il giorno 29 marzo in cui approfondiremo ogni singola criticità cercando di non disperdere nemmeno una singola goccia di acqua”.