Il riscaldamento globale arriva davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo

Vogliono “costringere i governi a ridurre le emissioni di gas serra“: mercoledì sei giovani portoghesi porteranno 32 Paesi davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU), sperando di creare un corpus giurisprudenziale che rafforzi la lotta al cambiamento climatico. Di età compresa tra gli 11 e i 24 anni, i ricorrenti hanno vissuto in prima persona gli incendi che nel 2017 hanno bruciato decine di migliaia di ettari e causato più di 100 vittime nel loro Paese. È stato un disastro che ha aumentato la loro consapevolezza del riscaldamento globale e ha fatto nascere in loro il desiderio di chiedere responsabilità. “I governi europei non riescono a proteggerci“, afferma il quindicenne André Oliveira, uno dei sei richiedenti. “Siamo in prima linea nel cambiamento climatico in Europa: anche a febbraio ci possono essere 30 gradi. E le ondate di calore sono sempre più gravi“.

Lui e i suoi compagni accusano i 27 Stati dell’Unione Europea, così come la Russia, la Turchia, la Svizzera, la Norvegia e il Regno Unito, di non limitare a sufficienza le loro emissioni di gas serra, ritenendo che ciò alimenti il riscaldamento globale e influisca sulle loro condizioni di vita e di salute. Dal punto di vista legale, i sei giovani portoghesi lamentano violazioni del “diritto alla vita” e del “diritto al rispetto della vita privata“, sanciti dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, in particolare alla luce degli impegni internazionali stabiliti nell’accordo sul clima di Parigi del 2015.

Il loro avvocato, Gerry Liston, membro dell’ONG britannica Global Legal Action Network (Glan), spera in una sentenza della CEDU “che agisca come un trattato vincolante imposto dalla Corte” agli Stati e che imponga loro “di accelerare gli sforzi per mitigare i cambiamenti climatici“. “Da un punto di vista giuridico, sarebbe una svolta“, afferma, in un momento in cui, in Europa come altrove, i tribunali sono chiamati sempre più spesso ad affrontare l’inazione climatica dei governi o le politiche inquinanti delle aziende.

A Strasburgo, dove ha sede la CEDU, il caso è preso sul serio: classificato come “prioritario“, sarà discusso anche davanti all’organo più solenne della Corte, la Grande Camera, composta da 17 giudici. “Si tratta di un caso unico“, ha dichiarato all’AFP una fonte della Corte, soprattutto in termini di “numero di Stati” coinvolti e di questioni affrontate. Negli ultimi trent’anni, la CEDU ha prodotto numerose decisioni relative all’ambiente, ad esempio sulla determinazione della responsabilità in caso di disastri naturali (inondazioni, terremoti, ecc.) o sulle conseguenze della realizzazione di progetti industriali (acciaierie, centrali nucleari, ecc.), ma questa è la prima volta che si occupa specificamente del riscaldamento globale. Ma prima di pronunciarsi sul merito, la Corte esaminerà innanzitutto la ricevibilità del ricorso, che implica il rispetto di criteri rigorosi su cui molti casi si sono arenati in passato, anche in materia ambientale. Nel caso presentato dai sei portoghesi, la questione sarà probabilmente molto dibattuta. La CEDU di solito pretende che i richiedenti abbiano esaurito i rimedi disponibili presso i tribunali nazionali prima di rivolgersi ad essa. In questo caso, tuttavia, i sei ricorrenti si sono appellati direttamente all’istituzione, sostenendo che condurre procedimenti separati in ciascuno dei 32 Stati interessati rappresenterebbe un “onere eccessivo e sproporzionato.

È un Davide contro Golia“, afferma Gearoid O Cuinn, direttore del Glan. “Si tratta di un caso senza precedenti in termini di portata e conseguenze“. Nel loro approccio, i ricorrenti hanno anche attirato l’attenzione del Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, Dunja Mijatović, che ha inviato osservazioni alla Corte. In particolare, la commissaria ritiene che i giudici europei debbano “fornire una protezione concreta alle persone che subiscono le conseguenze del cambiamento climatico“. “Veniamo a Strasburgo con molte speranze“, afferma André Oliveira. “È ancora possibile evitare che la crisi climatica vada fuori controllo, ma il tempo sta per scadere”. La decisione della Corte non sarà annunciata prima di alcuni mesi.

Corridoio di idrogeno ‘verde’ da Barcellona a Marsiglia: energia pulita in tutta Europa

Un corridoio dell’idrogeno ‘verde’ per collegare la Penisola iberica alla Francia ed esportare energia pulita in tutta Europa. L’ambizioso progetto di interconnessione ‘H2Med’ che collegherà Barcellona e Marsiglia sarà operativo nel 2030, costerà circa 2,5 miliardi di euro e avrà la capacità di trasportare fino a due milioni di tonnellate di idrogeno pulito entro il 2030, pari a circa il 10% dei consumi a livello europeo. Ad annunciarlo i leader di Francia, Spagna e Portogallo in una conferenza stampa di presentazione del progetto al fianco della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, che si è tenuta ad Alicante a margine dei lavori del IX vertice Euromediterraneo (EuroMed9).
Ed è proprio alla Commissione Ue che i dettagli del progetto saranno presentati entro il 15 dicembre, per candidarsi a diventare un Progetto di interesse comune ed essere co-finanziato con i fondi europei della Connecting Europe Facility, il meccanismo per collegare l’Europa. Il governo spagnolo – come si legge in un documento di Madrid – punta a ricevere un finanziamento da parte di Bruxelles per circa il 50% del costo complessivo del progetto.
A detta di von der Leyen, le premesse per ricevere il finanziamento da parte dell’Ue ci sono. “Il progetto H2Med va assolutamente nella giusta direzione”, ha detto la leader tedesca in conferenza stampa al fianco del presidente francese Emmanuel Macron, del premier portoghese Antonio Costa e del premier spagnolo, Pedro Sanchez. Ha assicurato di accogliere con “favore la tua imminente candidatura per farne un progetto di interesse comune e ciò lo renderebbe idoneo a richiedere il sostegno finanziario dell’UE”.

Von der Leyen ha ricordato che la futura infrastruttura ha le caratteristiche per essere parte centrale del piano ‘REPowerEu’, presentato a maggio scorso per rispondere alla necessità di affrancare energeticamente l’Ue dalla Russia. Nel piano in questione, Bruxelles ha fissato l’obiettivo di produrre 10 milioni di tonnellate di idrogeno rinnovabile nell’Unione europea entro il 2030, e di importarne altri 10 milioni di tonnellate. Un nuovo progetto infrastrutturale transfrontaliero nella penisola iberica è citato dalla Commissione tra gli esempi di potenziali progetti da finanziare (contenuti nell’allegato 3 della comunicazione del REPower) per andare incontro alle esigenze infrastrutturali degli obiettivi energetici del piano e viene precisato chiaramente che un eventuale gasdotto dovrebbe essere “valutato in vista del suo potenziale a lungo termine per sfruttare l’importante potenziale di idrogeno rinnovabile della penisola iberica, così come del Nord Africa”.
Secondo Bruxelles, la nuova infrastruttura per il passaggio dell’idrogeno ha il potenziale per rappresentare il “primo elemento della spina dorsale dell’idrogeno” in Europa, ha ricordato von der Leyen, mentre l’Unione europea continua a lavorare per dar vita a una più ampia partnership per l’idrogeno verde con tutti i paesi del Mediterraneo meridionale. L’infrastruttura “H2Med” o “BarMar” (dai nomi di Barcellona e Marsiglia, le due città collegate da questo tubo), andrà nei fatti a sostituire il vecchio progetto di gasdotto sotterraneo “MidCat”, di cui si è discusso per anni per collegare le reti del gas francesi e spagnole attraverso i Pirenei e poi abbandonato.

La decisione di non far trasportare all’infrastruttura gas ma direttamente idrogeno è voluta perché Bruxelles possa dichiararlo un progetto di interesse comune, vista la necessità di sviluppare la produzione di energia pulita. “La penisola iberica è destinata a diventare uno dei principali hub energetici d’Europa. E l’Unione europea farà parte di questa ‘storia di successo‘”, ha aggiunto von der Leyen. Il premier portoghese Costa ha assicurato che l’infrastruttura non sarà utile solo al fabbisogno dei tre Paesi, ma al passaggio dell’idrogeno anche a tutto il resto del continente europeo. Secondo i dettagli preliminari del progetto, la tratta Barcellona-Marsiglia è pari a 455 chilometri.

eolico

La rivoluzione energetica incorona Spagna e Portogallo nuove potenze europee

La penisola iberica potrebbe sostituire l’attuale polo industriale dell’energia del Nord Europa, poiché Spagna e Portogallo possono contare su abbondante sole, venti forti e infrastrutture del gas mature, nonché su una vasta gamma di competenze industriali e manageriali. Con una fornitura di gas affidabile dal Nord Africa, prezzi dell’energia elettrica inferiori rispetto al resto d’Europa e un gasdotto di energia rinnovabile che si distingue nel continente, Madrid e Lisbona hanno il potenziale per evolversi in una nuova potenza energetica europea. A rivelarlo è una ricerca di Rystad Energy, società indipendente di ricerca energetica e business intelligence con sede in Norvegia.

Già adesso la Spagna è diventata il terzo esportatore di energia elettrica in Europa nei primi tre trimestri del 2022, dietro solo a Svezia e Germania. Le ragioni? Grande carenza nella produzione di energia in Francia, da dove la Spagna normalmente importa energia, oltre al tetto massimo iberico sulla produzione di energia a gas. Questo ha permesso di abbassare i prezzi dell’elettricità spagnoli e portoghesi rispetto a quelli francesi per gran parte di quest’anno e, a sua volta, ha reso le esportazioni di energia ancora più competitive.

Sul fronte gas invece, non dipendendo dal flusso russo, la penisola riceve la maggior parte del suo metano attraverso gasdotti dall’Algeria e attraverso contratti di importazione a lungo termine per il gas naturale liquefatto. Si stima che le esportazioni di gas algerino verso la Spagna raggiungeranno i 14,6 miliardi di metri cubi (Bcm) nel 2022 e la capacità di rigassificazione di Spagna e Portogallo insieme rappresenta circa 68 Bcm l’anno, ovvero un terzo della capacità di rigassificazione totale dell’Europa. Madrid ha già trasportato circa 1,7 Bcm di gas durante i primi 10 mesi del 2022 attraverso i due gasdotti esistenti – Irun-Biriatou e Larrau-Villar de Arnedo – al confine tra Spagna e Francia. Si tratta di quattro volte il volume esportato nello stesso periodo dell’anno scorso.

Tema green. Rystad Energy prevede che la quota di energie rinnovabili nel mix energetico iberico aumenterà dal 48% nel 2021 al 64% nel 2025 e al 79% nel 2030, ponendo la penisola iberica in pole position nella transizione energetica europea.

Come pioniere nell’industria eolica del Vecchio Continente, la Spagna è attualmente il secondo produttore di energia rinnovabile nella Ue. La penisola iberica ha attualmente più di 50 gigawatt di capacità installata, di cui oltre il 60% proveniente dall’eolico onshore, e non finirà qui. La regione ha piani ambiziosi e, con il Piano nazionale integrato per l’energia e il clima, Madrid mira a ottenere il 74% della sua energia da fonti rinnovabili entro il 2030. Le installazioni solari fotovoltaiche sono aumentate rapidamente negli ultimi anni e si prevede un’ulteriore accelerazione. Se tutto andrà come previsto, le installazioni solari fotovoltaiche raggiungeranno le installazioni eoliche onshore e costituiranno più della metà dell’energia rinnovabile della regione entro il 2030. In Portogallo, l’eolico offshore è destinato a un futuro brillante – sostiene Rystad Energy – poiché il governo ha annunciato il mese scorso che aumenterà l’obiettivo eolico offshore del Paese da 6 GW a 10 GW entro il 2030. Lisbona è anche sulla buona strada per ospitare il primo progetto eolico offshore galleggiante commerciale senza sovvenzioni con la domanda di autorizzazione di BayWa per un impianto da 600 megawatt al largo della costa lusitana.

C’è poi una novità, legata al nuovo progetto chiamato BarMar, ovvero un gasdotto sottomarino da Barcellona a Marsiglia che sostituirà gradualmente il metano fossile con gas rinnovabili come l’idrogeno verde. I primi ministri di Portogallo, Spagna e Francia si incontreranno a dicembre per discutere il finanziamento del progetto. Non è la prima volta che l’idrogeno viene inserito nell’agenda per l’esportazione del potenziale rinnovabile della penisola iberica per aiutare l’Europa a liberarsi dal gas. Un altro corridoio per il commercio di idrogeno verde – ricorda Rystad Energy – è stato infatti pianificato da Cepsa tra Algeciras in Spagna e Rotterdam nei Paesi Bassi, mentre Shell progetta una catena di approvvigionamento di idrogeno tra Sines in Portogallo e Rotterdam.

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Via libera Ue al tetto gas per Spagna e Portogallo

‘Sì’ di Bruxelles a un tetto al prezzo del gas naturale usato per la produzione di energia nelle centrali elettriche. Ma solo per Spagna e Portogallo. È arrivato mercoledì 8 giugno in serata il via libera definitivo della Commissione europea al ‘cap’ proposto da Madrid e Lisbona per ridurre i prezzi all’ingrosso dell’elettricità nel mercato della penisola iberica, affrontando così il rincaro energetico trainato anche dalla guerra in Ucraina (la Russia è il primo fornitore di energia all’UE).

La misura sarà provvisoria e durerà fino al 31 maggio 2023. Nello specifico, il tetto è fissato a 40 euro per megawattora durante i primi sei mesi dall’entrata in vigore e aumenterà di 5 euro al mese per arrivare a 70 euro a partire dal dodicesimo mese. In linea con gli aiuti di stato dell’UE, entrambi i regimi hanno un valore complessivo di 8,4 miliardi di euro (6,3 miliardi di euro per la Spagna e 2,1 miliardi di euro per il Portogallo) e serviranno per ridurre i prezzi all’ingrosso dell’elettricità nel mercato iberico abbassando i costi di input delle centrali elettriche alimentate a combustibili fossili.

Il sostegno, spiega la nota, assumerà la forma di un contributo diretto ai produttori di energia elettrica (in sostanza alle centrali elettriche a gas e carbone) per finanziare parte dei loro costi. “Anche se il nostro obiettivo finale è ridurre l’impatto sui prezzi dell’energia per i consumatori”, ci spiega un funzionario dell’Ue. “La misura temporanea consentirà a Spagna e Portogallo di abbassare i prezzi dell’elettricità per i consumatori che sono stati duramente colpiti dall’aumento dei prezzi dovuto all’invasione russa dell’Ucraina”, ha spiegato la vicepresidente responsabile per la concorrenza, Margrethe Vestager. La misura eccezionale sarà finanziata in parte dal cosiddetto ‘reddito di congestione‘ (vale a dire il reddito ottenuto dal Gestore del sistema di trasmissione spagnolo a seguito degli scambi transfrontalieri di energia elettrica tra Francia e Spagna), e in parte da una tassa che sarà imposta dai due governi agli acquirenti che beneficiano della misura.

Il periodo di tempo di un anno, spiegano ancora fonti, dovrà essere usato dai governi (soprattutto quello di Madrid) per “adottare altre misure che siano in grado di abbassare i prezzi”, ad esempio la revisione della tariffa regolamentata. Al Vertice europeo del 24 e 25 marzo i premier di Spagna, Pedro Sánchez, e Portogallo, António Costa, erano riusciti a ‘strappare’ agli altri capi di stato e governo il via libera informale alla possibilità di un “trattamento speciale” nel mercato energetico dell’UE per aiutarli a combattere l’impennata dei prezzi dell’energia. La ragione è che la penisola iberica ha una situazione molto particolare a livello energetico, gode di “pochissime interconnessioni” con il mercato centrale dell’Ue e un alto carico di energie rinnovabili. Per questo Bruxelles ha acconsentito a lavorare bilateralmente con i due governi per riconoscere la cosiddetta ‘eccezione iberica’, trovando un accordo di principio lo scorso 26 aprile.