Industria, a luglio produzione -3,3% annuale: crolla tessile (-18,3%)

Nell’infografica INTERATTIVA di GEA, la produzione industriale in Italia per settori. Secondo Istat, a luglio l’indice complessivo diminuisce in termini tendenziali del 3,3%: i settori di attività economica che registrano gli incrementi tendenziali maggiori sono la fabbricazione di prodotti chimici (+3,9%), le industrie alimentari, bevande e tabacco (+2,5%) e la fornitura di energia elettrica, gas, vapore ed aria (+1,9%). Le flessioni più ampie si registrano nelle industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori (-18,3%), nella fabbricazione di mezzi di trasporto (-11,4%) e nell’attività estrattiva (-5,9%).

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INFOGRAFICA INTERATTIVA Plastica, la produzione a livello globale è inarrestabile

Nell’infografica INTERATTIVA di GEA, su dati Statista, è illustrata la produzione di plastica a livello globale, passata dai 50 milioni di tonnellate del 1976 agli oltre 400 milioni di tonnellate del 2022.

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INFOGRAFICA INTERATTIVA Nucleare, la produzione globale dagli anni ’60 al 2022

Nell’infografica INTERATTIVA di GEA, su dati Ember, è illustrato l’andamento della produzione di energia nucleare a livello globale dal 1965 al 2022. Come di vede la crescita è stata costante nel tempo con uno stop nel 2012 (nel 2011 si verificò il disastro di Fukushima in Giappone) e una ripresa negli anni successivi.

Precipita la produzione industriale italiana: atteso un ulteriore calo dei prezzi

Ad aprile si registra, per il quarto mese consecutivo, una flessione congiunturale dell’indice destagionalizzato della produzione industriale, con diminuzioni estese a tutti i principali comparti. Il quadro è negativo anche su base trimestrale“, scrive l’Istat. “Pure in termini tendenziali, al netto degli effetti di calendario, si osserva una caduta marcata. A livello settoriale è molto ampia la flessione per l’energia e i beni intermedi, mentre risulta contenuto il calo per i beni strumentali“, conclude l’istituto di statistica. I numeri: la produzione industriale è calata dell’1,9% rispetto a marzo. Nella media del periodo febbraio-aprile il livello della produzione è sceso dell’1,3% rispetto ai tre mesi precedenti e in termini tendenziali la discesa è stata del 7,2%. Le stime di mercato erano per un +0,1% mensile e un -4,1% annuale.

Anno su anno le flessioni caratterizzano appunto tutti i comparti; la riduzione è modesta per i beni strumentali (-0,2%), mentre risulta più rilevante per l’energia (-12,6%), i beni intermedi (-11%) e i beni di consumo (-7,3%). Gli unici settori di attività economica in crescita tendenziale sono la fabbricazione di mezzi di trasporto (+5,7%), quella di coke e prodotti petroliferi raffinati (+2,1%) e la produzione di prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici (+0,6%). Le flessioni più ampie invece si registrano nell’industria del legno, della carta e della stampa (-17,2%), nella fornitura di energia elettrica, gas, vapore ed aria (-13,6%) e nella fabbricazione di prodotti chimici e nella metallurgia e fabbricazione di prodotti in metallo (-10,9% per entrambi i settori).

A maggio la tendenza non cambierà, come è emerso dall’ultimo indice Pmi manifatturiero, che si basa su 400 interviste ai principali direttori acquisti. Tariq Kamal Chaudhry, Economist presso Hamburg Commercial Bank, non aveva usato mezzi termini nel commentare l’indagine diffusa la scorsa settimana: “L’industria italiana si sta dirigendo verso una recessione”. Il Purchasing Managers’ Index del mese passato si è attestato al di sotto della soglia neutra di non cambiamento di 50.0 (sopra segnala espansione e sotto contrazione), estendendo l’attuale periodo di peggioramento delle condizioni operative. Il crollo del Pmi a 45.9 da 46.8 di aprile indica, inoltre, la contrazione maggiore in tre anni. Le aziende hanno ampiamente ridotto le giacenze in eccesso, sia da parte loro che da parte dei loro clienti, e la domanda. Il fatto poi che si assista continuamente a un miglioramento dei tempi di consegna ha nel frattempo generato il crollo maggiore dei prezzi di acquisto in 14 anni. Questo fenomeno frena ulteriormente la produzione, in attesa di cali ancora superiori dei prezzi industriali. Il tutto mentre la discesa dei costi – come si leggeva nel rapporto Pmi di maggio – ha spinto le imprese addirittura a cercare di trasferire ai loro clienti qualche riduzione dei prezzi, in risposta a un ko delle vendite e ad un aumento della competizione. Il risultato netto rappresenta il terzo crollo mensile consecutivo dei prezzi di vendita che è stato inoltre il maggiore in tre anni.

Per questo, malgrado le difficili condizioni della domanda, gli attuali segnali di stabilità dei prezzi e della fornitura rafforzano la fiducia tra le aziende per il futuro. Nonostante sia crollato al livello minimo in tre mesi, l’ottimismo rispetto ai prossimi dodici mesi è sopra la tendenza. Ciò si è riversato sulla decisione di aumento di personale, con le aziende che hanno assunto extra dipendenti anche se ad un livello di crescita modesto e al tasso più debole finora riportato nell’anno in corso.

I consumi di gas calano ma la nostra produzione industriale sale

La produzione industriale italiana ha iniziato il 2023 peggio del previsto. A gennaio Istat ha registrato un -0,7% mensile, contro attese di -0,1%, e un incremento dell’1,4% annuale (le aspettative erano per un incremento del 2,9%). Però “il rialzo su base annua è solo un’illusione ottica considerato che a gennaio 2022 la produzione precipitò, secondo gli indici aggiornati di oggi da noi rielaborati, del 3,1% su dicembre 2021 e del 2,7% su gennaio 2021. Non per niente rispetto agli anni precedenti il confronto con il dato di oggi resta sfavorevole”, afferma Massimiliano Dona, presidente dell‘Unione Nazionale Consumatori. “Secondo il nostro studio, infatti, se la produzione di gennaio 2023, nei dati corretti per gli effetti di calendario, è salita dell’1.4% rispetto a gennaio 2022, è ancora inferiore sia rispetto al 2021, -1,4%, sia con il dato pre-pandemia del gennaio 2020, -3,3%, gap che sale addirittura al 6,2 per i beni di consumo non durevoli”, conclude Dona.

Tra i settori di attività economica che presentano variazioni tendenziali (anno su anno) positive si segnalano la fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (+15,3%), la produzione di prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici (+14,3%) e la fabbricazione di computer e prodotti di elettronica (+11,8%). Le flessioni più ampie si registrano invece nella fabbricazione di prodotti chimici (-10,8%), nell’industria del legno, della carta e della stampa (-10,4%) e nella fornitura di energia elettrica, gas, vapore ed aria (-9,3%). Tuttavia, se contestualizzato, il dato della produzione industriale appare meno peggio del previsto. Intanto va considerato che il +1,4% andrebbe raffrontato col consumo di gas, materia prima fontamentale in Italia. E il primo report mensile del Gas Exporting Countries Forum, noto anche come Opec del gas, mostra che “a gennaio il consumo di gas è diminuito del 22% su base annua a 7,6 miliardi di metri cubi. Il calo del consumo di gas è stato determinato dalle temperature più calde, con una temperatura media superiore di 1,1°C rispetto alla norma stagionale”, precisa il Gecf, che sottolinea come “per il 13° mese mese consecutivo, il consumo di gas nel settore industriale sia diminuito su base mensile rispetto all’anno precedente, in risposta ai prezzi elevati del gas naturale”.

“Il calo della produzione industriale è stato più ampio delle attese, ma non annulla il balzo di dicembre”, commenta Paolo Mameli, senior economist della Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo. Anzi, “a differenza che in altri Paesi europei (Germania in primis), la produzione nei settori ad alta intensità energetica è calata ancora su base congiunturale a gennaio (-0,9% mensile), ma la tendenza di calo si è andata via via attenuando nel periodo più recente: la variazione negli ultimi tre mesi risulta pari a -2% trimestre su trimestre a gennaio, dopo un punto di minimo a -6,1% lo scorso settembre”, continua Mameli. Per cui “l’industria, che è stata la principale responsabile del calo del Pil nello scorcio finale dello scorso anno, potrebbe quantomeno non frenare il valore aggiunto a inizio 2023. Ciò indica rischi al rialzo sulla nostra attuale previsione di un’attività economica stagnante nel trimestre in corso dopo il -0,1% trimestrale visto a fine 2022″.

Il Pil potrebbe dunque anche essere positivo da gennaio a marzo. “Di recente, abbiamo rivisto al rialzo le nostre previsioni sulla crescita dell’economia italiana quest’anno (dallo 0,6%, già ampiamente al di sopra del consenso negli ultimi 6 mesi, allo 0,8%), grazie alla moderazione dei prezzi energetici, mentre abbiamo ridotto la nostra previsione per il 2024 (dall’1,8% all’1,5%, che resta peraltro al sopra della stima media di consenso), sulla scia degli effetti ritardati della stretta monetaria della Bce”, conclude il senior economist della Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo.