La lotta al cambiamento climatico passa anche dalla…radiologia
Nella lotta al cambiamento climatico ciascuno può fare la propria parte, radiologi compresi. Un gruppo di autori diversi, guidati dall’Università di Toronto, ha sviluppato un approccio per i reparti e gli studi di radiologia per ridurre le emissioni di gas serra e diventare più resistenti agli effetti del cambiamento climatico. Il loro piano d’azione è stato pubblicato su Radiology, rivista della Radiological Society of North America(RSNA).
“L’aumento delle emissioni di gas serra provoca cambiamenti climatici, eventi meteorologici estremi e un peggioramento dell’inquinamento atmosferico con effetti negativi sulla salute”, spiega l’autrice principale Kate Hanneman, secondo la quale “l’obiettivo di questo articolo è aumentare la consapevolezza del rapporto interconnesso tra salute del pianeta e radiologia, sottolineare perché i radiologi dovrebbero preoccuparsi della sostenibilità, mostrare le azioni che possono essere attuate per mitigare il nostro impatto e preparare i reparti ad adattarsi agli effetti del cambiamento climatico”.
Si stima, infatti, che la radiologia, attraverso la produzione e l’uso di apparecchiature di imaging medico e delle relative forniture, generi fino all’1% delle emissioni complessive. Da qui l’esigenza di “un approccio coordinato e di azioni concrete” da mettere in atto. Gli autori suggeriscono che i dipartimenti di radiologia dovrebbero istituire di un team di sostenibilità per monitorare e misurare le metriche chiave e gli indicatori di performance.
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Gli interventi ad alto impatto raccomandati per migliorare la sostenibilità in radiologia includono anche il passaggio da forniture mediche monouso a quelle riutilizzabili, lo spegnimento dei sistemi di climatizzazione nelle aree non occupate e quelle delle apparecchiature quando non sono in uso. Come spiega Hanneman, spegnendo gli scanner o portandoli a livelli di potenza inferiori quando non sono in uso, le emissioni complessive di gas serra possono essere ridotte fino al 33% per la risonanza magnetica e tra il 40% e l’80% per la TAC.
Un’altra azione potenziale consiste nell’implementare strumenti di supporto alle decisioni per scegliere esami di imaging a basso consumo energetico, quando è opportuno. Le emissioni di anidride carbonica equivalente variano a seconda della modalità di imaging e sono più elevate per la risonanza magnetica e la tomografia computerizzata rispetto agli ultrasuoni e alle radiografie.
Gli autori suggeriscono anche di abbreviare i protocolli di imaging e di espandere l’uso delle applicazioni cliniche della RM a basso campo e di collaborare con i produttori per aggiornare o rinnovare le apparecchiature piuttosto che acquistarne di nuove, quando possibile. Per ridurre i rifiuti di imballaggio, si suggerisce, poi, di passare da sistemi di iniezione di contrasto monodose a sistemi multipaziente e di stabilire programmi di gestione dei rifiuti sostenibili.
“Non tutte le azioni suggerite saranno applicabili o attuabili in ogni reparto di radiologia”, dice l’autrice, che invita i team che si occupano di sostenibilità a “pensare in modo creativo per determinare quali azioni avranno il maggiore impatto nel loro reparto”.