Addio a Jane Goodall: dedicò la vita allo studio degli scimpanzè

La famosa primatologa britannica Jane Goodall, figura emblematica della causa ambientale e ambasciatrice degli scimpanzé, è morta all’età di 91 anni. La ricercatrice “è morta serenamente nel sonno” a Los Angeles, dove si trovava per una serie di conferenze negli Stati Uniti, ha precisato l’istituto scientifico che porta il suo nome.

L’instancabile scienziata, che ha dedicato la sua vita allo studio delle grandi scimmie e alla difesa dell’ambiente, ha rivoluzionato la comprensione dell’uomo del suo posto nella natura. A più di 90 anni, questa grande figura del XX secolo continuava a viaggiare per il mondo accompagnata da una scimmia di peluche per sensibilizzare il pubblico sui danni alla biodiversità ed esortarlo ad agire contro il cambiamento climatico. “Rendetevi conto che potete fare la differenza ogni giorno”, aveva detto all’AFP lo scorso anno. “Ognuno ha un ruolo da svolgere”.

“Lascia dietro di sé un’eredità straordinaria per l’umanità e il nostro pianeta”, ha commentato Antonio Guterres, segretario generale dell’Onu, sul social network X, dicendosi “profondamente rattristato” dalla morte di colei che era stata nominata Messaggera di pace dalle Nazioni Unite nel 2002. “Jane Goodall ha saputo condividere con tutti, in particolare con i più giovani, i frutti delle sue ricerche e cambiare il nostro modo di vedere le grandi scimmie”, ha aggiunto Audrey Azoulay, direttrice generale dell’Unesco, in un comunicato trasmesso all’AFP. I suoi “saluti da scimpanzé”, ovvero le sue famose imitazioni dei versi di questi animali “risuoneranno ancora a lungo”, ha assicurato. “Jane Goodall aveva una straordinaria capacità di ispirarci a comunicare con le meraviglie naturali del nostro mondo, e il suo lavoro rivoluzionario sui primati e sull’importanza della conservazione ha aperto le porte a generazioni di donne nella scienza. Michelle e io pensiamo a tutti coloro che l’hanno amata e ammirata”, ha scritto su X l’ex presidente Usa, Barack Obama. 

Jane Goodall è diventata famosa per i suoi studi su questi grandi primati, tra i parenti più stretti dell’uomo. Negli anni ’60, la britannica, che allora aveva solo vent’anni, iniziò a studiarli nella riserva di Gombe in Tanzania. Ha poi rivelato che anche gli scimpanzé utilizzano strumenti, in questo caso un bastoncino per catturare le termiti, una caratteristica che all’epoca si pensava fosse appannaggio esclusivo degli esseri umani. Ha anche documentato i loro comportamenti, dal ricorso alla violenza al lutto dopo la morte di uno di loro. Le sue scoperte hanno rivoluzionato la comprensione dei comportamenti degli animali e ridefiniscono il confine tra l’uomo e le altre specie.

“Ha fatto più di chiunque altro per farci comprendere la ricchezza della vita animale”, ha sottolineato su Instagram l’attrice americana Jane Fonda, anche lei molto impegnata nella difesa dell’ambiente. Il suo lavoro “ha trasformato la gestione della fauna selvatica e ha posto il nostro Paese al centro degli sforzi globali per proteggere gli scimpanzé e la natura”, ha commentato su X Samia Suluhu Hassan, presidente della Tanzania.

Autodidatta, Jane Goodall ha anche imposto il suo stile in un campo largamente dominato dagli uomini, aprendo così la strada ad altre donne. Non nascondeva, ad esempio, il suo amore per i soggetti dei suoi studi, ai quali dava nomi piuttosto che sigle o numeri. Negli anni ’70 ha iniziato a militare per la difesa della natura e nel 1977 ha creato il suo Istituto per gestire in Africa centri di accoglienza per scimpanzé vittime del bracconaggio, poi programmi volti a migliorare le condizioni di vita dei primati in cattività e a sensibilizzare i giovani. Negli ultimi anni, i produttori Lego e Mattel hanno creato delle figurine a sua immagine, con i capelli accuratamente raccolti e un completo color cachi… e naturalmente accompagnate da uno scimpanzé. Un’iniziativa che aveva rallegrato la ricercatrice: “Da tempo sostengo che le ragazze non vogliono solo diventare star del cinema. Molte di loro, come me, vogliono stare nella natura a studiare gli animali”, aveva confidato nel 2022.

Meloni rilancia l’alleanza tra scienza e politica: “Torniamo a pensare in grande”

Una nuova alleanza tra politica e scienza, per riportare l’Italia alle glorie del passato. Giorgia Meloni parla all’Italian scientists association per rilanciare la disponibilità a un dialogo rinnovato tra le istituzioni e la ricerca, necessario in tempi in cui si affacciano “copiose sfide complesse“, sottolinea.

L’Isa presenta un ‘Manifesto della Scienza‘ in sei punti per avviare, spiega l’associazione, non solo un dibattito con i decisori su questioni di interesse comune, ma anche la creazione di tavoli tematici dedicati all’approfondimento di argomenti specifici. La proposta degli scienziati è quella di istituire anche un Ufficio Scientifico e Tecnologico che fornisca supporto alla Presidenza del Consiglio in alcuni ambiti strategici. Il documento è “prezioso“, commenta la premier e assicura che il governo “intende farne tesoro”.

Tra le sfide che si affacciano, una delle più urgenti da affrontare, per la presidente del Consiglio, è quella dell’Intelligenza artificiale generativa che già oggi può essere sostituito l’intelletto, portando l’uomo in un mondo in cui “non è più al centro“. L’Ia apre quindi scenari con i quali “siamo chiamati a confrontarci molto più velocemente di quanto non si stia facendo”, rileva Meloni. Il timore è che si “baratti la libertà con la comodità” e che “quando ce ne accorgeremo potrebbe essere troppo tardi”, avverte.

Quanto all’enorme tema climatico e alla transizione ecologica necessaria, la premier non pensa solo alle energie rinnovabili, parla anche di gas, idrogeno, economia circolare. Senza dimenticare la “grande prospettiva“, si spinge a dire, di produrre in futuro energia pulita e illimitata dalla fusione nucleare. La presidente del Consiglio sogna un contributo determinante dell’Italia, patria di Enrico Fermi, per arrivare prima al traguardo: “Con le nostre eccellenze possiamo continuare a regalare al mondo un futuro migliore e diverso“.

D’altra parte, ricorda, spesso l’Italia è stata all’avanguardia dei tempi, ecco perché, ribadisce, “Scienza e politica devono tornare a quell’equilibrio che è stato alla base della nostra civiltà”: “L’Italia da un po’ di tempo ha dimenticato di sognare e ha dimenticato quello che è capace di fare quando sogna. La nostra sfida oggi è tornare a pensare in grande”. Anche perché, scandisce, “l’eredità ha un senso se si raccoglie e si tramanda“.

La scena del crimine diventa sostenibile: arriva lo spray ecologico per impronte digitali

Gli scienziati hanno sviluppato uno spray fluorescente solubile in acqua e non tossico che rende visibili le impronte digitali in pochi secondi, rendendo le indagini forensi più sicure, facili, veloci e sostenibili. Le impronte digitali latenti (LFP) sono impronte invisibili formate da sudore o sostanze oleose lasciate su un oggetto dopo che questo è stato toccato. I metodi forensi tradizionali per rilevarle utilizzano polveri tossiche che possono danneggiare le prove del Dna, oppure solventi petrolchimici rischiosi per l’ambiente.

Il nuovo spray colorante, sviluppato dagli scienziati della Shanghai Normal University (Cina) e dell’Università di Bath (Regno Unito), è solubile in acqua, presenta una bassa tossicità e consente di visualizzare rapidamente le impronte digitali sulla scena del crimine. I ricercatori hanno creato due diversi coloranti – giallo e rosso – che emettono un bagliore fluorescente che può essere visto sotto la luce blu. I coloranti si basano su una proteina presente nelle meduse, chiamata Green Fluorescent Protein (GFP), ampiamente utilizzata dai ricercatori per visualizzare i processi biologici. Questo significa che i coloranti sono biologicamente compatibili e non interferiscono con la successiva analisi del Dna delle impronte.

Lo spray evita schizzi che potrebbero danneggiare le impronte, è meno ‘disordinato’ di una polvere e funziona rapidamente anche su superfici ruvide dove è più difficile catturare le impronte digitali, come il mattone. Il professor Tony James, del Dipartimento di Chimica dell’Università di Bath (Regno Unito), spiega che “questo sistema è più sicuro, più sostenibile e funziona più rapidamente delle tecnologie esistenti e può essere utilizzato anche su impronte digitali vecchie di una settimana”. “La disponibilità di due diversi colori significa che lo spray può essere utilizzato su superfici di colore differente. Speriamo di poter produrre altri colori in futuro”.
“Stiamo collaborando con alcune aziende per rendere i nostri coloranti disponibili per la vendita. Ulteriori lavori sono ancora in corso”, assicurano i ricercatori. Lo studio è pubblicato sul Journal of the American Chemical Society.

Dodici ricercatori isolati per 9 mesi in Antartide per studiare il clima

Dodici scienziati trascorreranno nove mesi in completo isolamento per studiare il clima e la biomedicina. Prende, infatti, il via nella base italo-francese Concordia, a 3.300 metri di altitudine nel continente antartico, la 19esima campagna invernale del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide (PNRA), finanziato dal Ministero dell’Università e della Ricerca e gestito da ENEA per l’organizzazione e la logistica e dal Cnr per il coordinamento scientifico. Sono 12 gli esperti selezionati che trascorreranno nove mesi in completo isolamento: 5 italiani del PNRA, 6 francesi dell’Istituto polare Paul Emile Victor (IPEV) e un medico tedesco dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA). Durante tutto l’inverno polare, infatti, la stazione non sarà più raggiungibile a causa delle temperature esterne proibitive, che possono scendere fino a -80°C. In questi mesi saranno condotti studi su clima, glaciologia, fisica e chimica dell’atmosfera e biomedicina e diverse attività di manutenzione della stazione.

L’inizio del winterover coincide ogni anno con la chiusura della stazione costiera Mario Zucchelli a Baia Terra Nova, che serra i battenti per riaprire il prossimo ottobre con l’arrivo del contingente della nuova spedizione estiva. Nel corso dell’attuale campagna sono stati condotti oltre 50 progetti di ricerca su scienze dell’atmosfera, geologia, paleoclima, biologia, oceanografia e astronomia, nonostante le difficoltà causate dal ridotto spessore del ghiaccio. I dati raccolti in Antartide saranno poi elaborati e analizzati nei laboratori di diversi enti di ricerca e università italiane. Hanno partecipato alla spedizione 240 ricercatori e tecnici, tra cui 23 esperti militari di Esercito, Marina, Aeronautica, Arma dei Carabinieri e Vigili del fuoco.

Dopo la chiusura della base Zucchelli, le attività di ricerca proseguono, oltre che a Concordia, anche a bordo della nave Laura Bassi, impegnata nella seconda campagna oceanografica nel Mare di Ross con studi dedicati alla geofisica. La rompighiaccio italiana, di proprietà dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (OGS), si è resa protagonista nei giorni scorsi di un record mondiale toccando il punto più a sud dell’emisfero raggiungibile via nave. Le condizioni del mare, straordinariamente libero dai ghiacci, hanno consentito ai ricercatori di effettuare importanti analisi, profilature e attività di pesca scientifica. La Laura Bassi rientrerà al porto di Lyttelton in Nuova Zelanda i primi di marzo, mentre il rientro in Italia è atteso per la seconda metà di aprile.

 

(Photocredit ENEA)

Uno studio italiano conferma: un piatto di pasta rende (tanto) felici

In cuor nostro lo sapevamo – o almeno lo speravamo – ma ora è anche la scienza a darci ragione: un piatto di pasta rende felici. Numerosi studi nutrizionali avevano già dimostrato in passato che grazie all’apporto di triptofano, un buon piatto di spaghetti stimola le endorfine e il buonumore. Quello che, però, non sapevamo è che esiste anche un meccanismo emozionale e neurofisiologico alla base del benessere psicofisico che si prova mangiando un piatto di pasta, che per la prima volta è stato indagato e misurato scientificamente. Una vera e propria esplosione di felicità, pari o addirittura superiore all’emozione suscitata dalla nostra canzone preferita o da un gol dell’Italia (purtroppo non a questi Mondiali).

Lo rivela uno studio italiano del ‘Behavior & Brain Lab’ della Libera Università di Lingue e Comunicazione Iulm, realizzato per i pastai italiani di Unione Italiana Food. È la prima volta che la ricerca scientifica indaga la sfera emotivo-gratificatoria per capire come, quanto e perché siamo felici quando mangiamo un piatto di pasta, tracciando cosa accende nel nostro cervello una forchettata di spaghetti. Per farlo, i ricercatori hanno utilizzato le metodologie neuroscientifiche e del brain tracking simili a quelle che servono per la macchina della verità (l’analisi delle espressioni del volto, delle attivazioni cerebrali legate alle emozioni, della variazione del battito cardiaco e della microsudorazione) su un campione di 40 soggetti (20 donne e 20 uomini) di età compresa tra i 25 e i 55 anni e senza allergie o intolleranze alimentari. Lo studio ha così individuato il tipo di reazione emotiva e il relativo grado di coinvolgimento dell’assaggio di un piatto di pasta, in comparazione ad alcune attività preferite come ascoltare musica, guardare le Olimpiadi, una partita di calcio o di tennis.

Lo studio conferma che mangiare pasta provoca uno stato emotivo-cognitivo positivo con dei risultati uguali, se non addirittura superiori, rispetto a quelli registrati con musica e sport. I quattro parametri di analisi esaminati ci dicono anche che l’esperienza emotiva vissuta durante la degustazione della pasta preferita è pari a quella generata dalla rievocazione di ricordi felici. In particolare quelli legati alla famiglia.

Si può parlare, quindi, di effetto ‘smile’ della pasta? “Attraverso questo studio la scienza si è messa al servizio delle emozioni per certificare che pasta e felicità sono una cosa sola – afferma Vincenzo Russo, professore di Psicologia dei Consumi e Neuromarketing dell’Università Iulm, Fondatore e Coordinatore del Centro di Ricerca di Neuromarketing Behavior & Brain Lab Iulm – I risultati ci dicono che sono proprio i momenti in cui mangiamo la pasta quelli che ci attivano maggiormente a livello emotivo. È, quindi, l’atto vero e proprio di assaggiare e assaporare il piatto nel suo pieno sapore a stimolare le memorie e le emozioni più positive. Questa attivazione cognitiva ed emotiva determinata dall’assaggio della pasta è così forte, piacevole e coinvolgente da persistere anche nei momenti successivi all’aver mangiato”.

Non è sorpreso del risultato Riccardo Felicetti, presidente dei pastai italiani di Unione Italiana Food. “Abbiamo sempre saputo – dice – che un buon piatto di pasta rende le persone felici, ma non sapevamo perché e fino a che punto. Ora arriva la conferma da questa ricerca che abbiamo commissionato allo IULM, nella quale la pasta viene eletta a cibo della felicità, o come piace dire a noi pastai, con il miglior rapporto felicità/prezzo. E portare un po’ di felicità nelle case degli italiani, in un momento come questo, per noi pastai è davvero fonte di soddisfazione e di orgoglio”.

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