Equa distribuzione, ambiente e politiche europee: agricoltura a confronto ad Agrifood24
Non solo le politiche ambientali dell’Unione Europea, ma anche questioni di lunga data come l’equa distribuzione del valore lungo la catena di approvvigionamento alimentare. All’evento ‘Nuove coordinate per la sostenibilità dell’agricoltura Ue’ organizzato da Withub a Bruxelles gli attori della filiera agroalimentare hanno messo in luce le cause all’origine delle proteste degli agricoltori in Europa, e in particolare a Bruxelles.
“Il problema degli agricoltori non è iniziato con il Green Deal, ma oltre 10 anni fa con una serie di politiche sbagliate sulla giusta retribuzione per quello che fanno e producono tutti i giorni”, ha avvertito il presidente della sezione Agricoltura, sviluppo rurale e ambiente (Nat) del Comitato economico e sociale europeo (Cese), Peter Schmidt. Parlando del contributo della filiera agroalimentare sullo stile di vita europeo, Schmidt ha attaccato sul fatto che “non si parla mai degli interessi all’interno della catena di approvvigionamento” e ha ribadito che “la narrativa secondo cui ‘non ci sono abbastanza soldi’ è decisamente sbagliata”. Sulla stessa linea l’eurodeputata del Movimento 5 Stelle Maria Angela Danzì: “Ciò che il consumatore paga al supermercato è all’80 per cento il costo della filiera che viene dopo l’agricoltore“. L’eurodeputata membro della commissione per l’Ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare (Envi) ha ricordato che “servono politiche agricole che incentivino i piccoli agricoltori, faremmo di più l’interesse nazionale se quello che spendono in termini di energie, materiali e sacrificio fosse retribuito in modo adeguato”.
L’amministratore delegato di Filiera Italia e presidente di Eat Europe, Luigi Scordamaglia, ha concordato sul fatto che “serve una più equa ripartizione del valore nella filiera agroalimentare, tutelando la produzione agricola”, ma ha anche sottolineato che “se smantelliamo la produzione sull’alimentare e sulla manifattura con un ambientalismo interpretato in modo sbagliato, l’unica possibilità sarà importare da Paesi terzi che inquinano di più”. Nessuno, ha spiegato “può farci lezioni di ambientalismo, perché agroalimentare italiano emette un terzo delle emissioni rispetto a Francia e Germania, 1/5 per ettaro di altri Paesi come il Brasile”
Ad animare il contraddittorio è stata l’eurodeputata in quota Movimento 5 Stelle, che ha ricordato come “l’approccio One Health ci può consentire di non fare politiche schizofreniche per tutelare la salute degli ecosistemi, delle persone e degli animali”, ma che negli ultimi mesi “il discorso sulle politiche della Commissione è stato condizionato da interessi personali, che le hanno definite ‘mera ideologia di stampo ambientalista’”.
Anche il coordinatore della coalizione #CambiamoAgricoltura, Franco Ferroni, ha attaccato quello che definisce “negazionismo agricolo“, che ha “responsabilità sul cambiamento climatico e sulla perdita di biodiversità”, dal momento in cui “la stretta connessione tra l’agricoltura e il benessere degli ecosistemi non trova la stessa attenzione da parte delle associazioni degli agricoltori”. Nel suo intervento Ferroni ha chiesto di “riaprire il dialogo e il confronto”, perché “è stato creato un clima volutamente di contrapposizione tra agricoltura e ambiente che aveva come obiettivo quello di demolire la strategia del Green Deal”.
È per questo motivo che l’organizzazione che riunisce le associazioni a sostegno della riforma della Politica agricola comune (Pac) considera in modo “positivo” l’approvazione della legge sul ripristino sulla natura. Non è invece d’accordo l’amministratore delegato di Filiera Italia Scordamaglia: “Ci sono 500 milioni di consumatori europei che devono consumare, e non tutti con la stessa capacità di spesa”. Questo significa che “o consumano quello che c’è in Europa o quello che viene prodotto nel Mercosur disboscando“. Scordamaglia ha poi sottolineato che “abbiamo contrastato il fatto che, nel momento in cui il mondo affronta la più grave crisi di sicurezza alimentare, qualcuno voleva imporre di togliere il 10 per cento dei terreni all’agricoltura per il ritorno delle torbiere”.