Nucleare, Trino si autocandida a ospitare il deposito nazionale Pichetto: “Speriamo sia via giusta”
Sul deposito unico di rifiuti radioattivi – forse – si vede una luce in fondo la tunnel. Il Comune di Trino, poco meno di 7mila abitanti in provincia di Vercelli, formalizza l’autocandidatura annunciata per ospitarlo sul proprio territorio insieme al Parco tecnologico. Il sindaco, Daniele Pane, ha incassato il via libera della giunta allo scadere del termine ultimo per presentare le autocandidature, come previsto dal Decreto energia approvato lo scorso 9 dicembre.
Una disponibilità “molto importante” per il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto, che, precisa, andrà verificata sulla base delle caratteristiche tecniche e di sicurezza che la legge prevede. Già, perché Trino non è stato inserito tra le 51 aree indicate dalla Cnai, la Carta nazionale delle aree idonee pubblicata dal ministero dell’Ambiente e della Sicurezza, ma il governo ha ribadito la possibilità di avanzare – appunto – l’autocandidatura. Che il comune piemontese ha raccolto.
Trino è uno di quei comuni come ce ne sono tanti, da nord a sud, ma la sua storia è sicuramente particolare. Qui, a metà degli anni ’60 del secolo scorso, entrò in servizio una delle quattro centrali nucleari italiane, la Enrico Fermi. Attiva fino al 1987 – quindi poco dopo il disastro di Chernobyl – fu chiusa dopo il referendum con cui gli italiani dissero ‘no’ a questa forma di energia. Alla fine degli anni ’90 la proprietà della centrale fu trasferita a Sogin, con il compito di bonificare l’area e procedere allo smaltimento dei rifiuti radioattivi. Da allora sono successe molte cose, ma il nostro Paese non ha ancora un deposito destinato alle scorie, cioè un’infrastruttura ambientale di superficie in cui mettere in sicurezza i rifiuti radioattivi prodotti in Italia, sia quelli relativi alle vecchie centrali ormai dismesse sia quelli prodotti, ad esempio, dal mondo sanitario.
Per il sindaco Pane, come aveva ricordato a GEA, la scelta nasce per due motivi: “innanzitutto il deposito unico nazionale è necessario a tutta Italia, è un obbligo previsto dalla normativa europea, e in particolare è indispensabile per noi che tra Trino e Saluggia deteniamo la maggior quantità di radioattività italiana lungo il Po. Da lì vanno spostati subito. Il secondo motivo è determinato dal fatto che nessuno dei siti attualmente individuati si è dato disponibile e quindi rischiamo di trasformare i depositi temporanei in definitivi lì dove sono”. “C’è un assoluto bisogno di chiarezza e trasparenza su questo tema – ribadisce il primo cittadino – e soprattutto bisogna arrivare a una decisione, che sia il più condivisa possibile”, spiega il primo cittadino. La palla passa ora agli esperti, che stabiliranno se effettivamente il territorio è idoneo.
Quello del deposito nucleare non è un problema del passato, ma del presente e del futuro, perché ogni giorno l’Italia produce rifiuti nucleari civili, soprattutto di origine ospedaliera. “È un problema di piena attualità”, puntualizza Pichetto, che comunque ha già previsto di inserire l’energia nucleare nel mix nazionale. Anche se punta sui piccoli reattori modulari, che non arriveranno prima di 10-15 anni e che produrranno una quantità minima di scorie, è importante non farsi trovare impreparati.
Il deposito unico risolverà il problema dei tanti piccoli siti di stoccaggio, molti dei quali pericolosi e non a norma ma soprattutto consentirà di riportare in Italia tutti i rifiuti portati all’estero, mandati in Francia, in Inghilterra e in parte in Slovacchia, perché qui non c’era posto. “Sono pochi cask di rifiuti vetrificati che dobbiamo far rientrare per evitare di continuare a pagare l’affitto ai Paesi che li ospitano ma non sono la vera questione”, assicura il ministro. “L’importante – sostiene – è dare una soluzione al problema che il Paese ha oggi”.
E se finora non si è riusciti a trovare un territorio disposto a ospitare il deposito, la soluzione per il ministro è, appunto, invertire il processo, facendolo partire dal basso invece che imporlo dall’alto, “speriamo che sia la via giusta“. Dopo quasi quarant’anni di “inutili prove di forza”, è l’auspicio, “mi auguro che l’Italia possa finalmente avere il proprio deposito unico nucleare”.