In Piemonte stato di emergenza per maltempo: danni per 25 milioni. Domani allerta in 9 regioni

Italia nella morsa del maltempo. Se infatti nel week end a essere piegate da piogge e frane sono state Piemonte e Valle d’Aosta, per la giornata di domani il dipartimento di protezione civile ha diramato l’allerta gialla in 9 regioni,  con precipitazioni, in prevalenza temporalesche, in particolare sulle aree interne ed adriatiche del centro-sud. Attenzione dunque su  Veneto,parte di Toscana e Umbria, sull’intero territorio di Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basificata e su parte della Calabria. Previsto, inoltre, un rinforzo dei venti da nord-ovest, con effetti maggiori su Sardegna, Sicilia ed estreme regioni meridionali, associata a un generale calo delle temperature.

In Piemonte intanto è il giorno della conta dei danni. Il presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, ha firmato la richiesta dello stato di emergenza destinato alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, al ministro della Protezione civile Nello Musumeci e capo dipartimento della Protezione Civile, Fabrizio Curcio, a causa delle violente precipitazioni che hanno colpito soprattutto le province del Verbano Cusio Ossola, Torino e Vercelli. In particolare è stato coinvolto il territorio della Valle Anzasca e Valle Divedro della provincia del Verbano-Cusio-Ossola, dell’Alta Val Sesia in provincia di Vercelli e dell’Alta Val Susa, Valli di Lanzo, Valli Orco e Soana e Canavese della Città Metropolitana di Torino. È stata anche completata una prima stima degli interventi necessari per le somme urgenze e per il ripristino immediato dei danni provocati dalla perturbazione che ammontano a circa 25 milioni di euro, sulla base dei sopralluoghi operati in queste ore dai tecnici della direzione opere pubbliche della Regione e dalle squadre della Protezione civile. “Voglio ringraziare quanti da giorni con il loro lavoro sono in campo a supporto delle località colpite dalle piogge e per consentire il ripristino della sicurezza di strade e fiumi. In tempi molto rapidi abbiamo inviato al governo la richiesta dello stato di emergenza per poter avere da subito risorse per le opere di somma urgenza da mettere a disposizione e dei Comuni. Siamo stati colpiti da un fenomeno violentissimo, che per fortuna non ha provocato vittime e che siamo riusciti a contenere grazie alla professionalità delle nostre squadre e anche grazie alle opere di messa in sicurezza del territorio realizzate in questi anni” dichiara Cirio.

In Valle d’Aosta le criticità persistono soprattutto nella valle di Cogne dove 250 persone risultano ancora isolate a causa dell’interruzione della strada, sul cui ripristino non è al momento possibile fare delle previsioni di breve periodo. Colpito anche l’abitato di Breuil-Cervinia, fortemente danneggiato. “È una situazione difficile, ma gestita con unità”, ha spiegato Fabrizio Curcio, capo del Dipartimento della Protezione civile nazionale. “Il monitoraggio e la chiusura della strada che collega Aosta a Cogne ha permesso di evitare situazioni peggiori”, ha detto Curcio. Sulle tempistiche di ripristino del collegamento stradale tra Cogne e il fondo valle ha detto: “I tecnici oggi verificheranno i danni, finora il livello del torrente era molto alto. La strada è parecchio compromessa. Ci vorrà tempo, per il ripristino della viabilità ci potrebbero volere settimane”. Si ipotizza circa un mese. La Giunta regionale, che ha espresso vicinanza ai cittadini coinvolti, ha voluto rassicurare i turisti intenzionati a venire in Valle d’Aosta sull’agibilità delle località turistiche e sullo sforzo che sarà intrapreso per rendere accessibile la Valle di Cogne nel minor tempo possibile.

Nella giornata di domenica, per le abbondanti piogge che hanno colpito l’area settentrionale del Piemonte, squadre dei vigili del fuoco hanno operato nelle province del Verbano e di Torino per frane, smottamenti e soccorsi a persone in difficoltà. A Locana (TO) sono state trasferite ieri in una zona sicura 37 persone che erano rimaste bloccate in un ristorante a causa di una frana. A Mathi, sempre provincia di Torino, sono state evacuate precauzionalmente due famiglie residenti in abitazioni minacciate dall’esondazione del fiume Stura di Lanzo. Nella notte fra sabato e domenica i vigili del fuoco sono intervenuti tra Montanaro e San Benigno Canavese per il salvataggio di due adulti e di una neonata di 3 mesi bloccati in auto per l’innalzamento dell’acqua del torrente Orco. A Noasca (TO) esperti nella conduzione di mezzi per il movimento terra sono stati al lavoro per tutta la domenica per liberare da frane la strada che porta a Ceresole Reale. Nell’alto Verbano a Macugnaga per l’esondazione in più punti del torrente Anza squadre hanno operato per evacuare e portare in zona sicura di diverse persone. Dalle ore 5.30 di domenica l’elicottero Drago del reparto volo Piemonte ha effettuato ricognizioni aeree sulle aree interessate dal maltempo.

Valle d’Aosta sul podio italiano: è la prima regione per case green

La Valle d’Aosta è la prima regione d’Italia per case green, grazie a un punteggio di 8,4 su 10: è prima per l’elevato numero di attestati di prestazione energetica Ape (22,1%) – superiore alla media italiana di 14,3% di attestati – e per l’indice di consumo medio di energia rinnovabile (40,8 kWh/m2 anno). E’ quanto emerge da un’indagine realizzata da Acea per fotografare la situazione regione per regione.

La classifica nazionale prende in considerazione variabili come gli Ape green, che, come ricorda la guida di Acea Energia, deve contenere la classificazione energetica degli immobili, le emissioni di CO2 e gli indici di consumo medio di energia rinnovabile e non rinnovabile .

Il tema è caldo, lo scorso 12 aprile si è tenuta la votazione dell’Ecofin: il Consiglio dei ministri europei di Economia e Finanze ha dato il via libera alla direttiva sulla prestazione energetica degli immobili. L’obiettivo è ridurre in maniera netta il consumo energetico e le emissioni di gas inquinanti riconducibili a case e palazzi entro il 2035, con il fine ultimo di realizzare immobili a zero emissioni entro il 2050.

Secondo i dati raccolti dal sistema informativo sugli attestati di prestazione energetica la medaglia d’argento, invece, va al Trentino-Alto Adige con uno score di 7,9. Al terzo posto c’è la Lombardia – seconda per numero di attestati di prestazione energetica (20,7%) – e Basilicata – quarta per Ape (18,6%) e per l’impiego medio di energia rinnovabile (25,9 kWh/m2 anno) –, che totalizzano entrambe un 7,6 su 10.

Fuori dal podio Marche (6,4) e Friuli Venezia-Giulia (6), seguite a pari merito da Abruzzo (5,8) – caratterizzato da basse emissioni di CO2 e da un uso ridotto di energie non rinnovabili – e Veneto (5,8) – penalizzato da un basso utilizzo di energia rinnovabile.

La classifica prosegue poi con Piemonte (5,4) e Toscana (5). Al nono posto, entrambe con un punteggio di 4,9, Puglia e Umbria: la prima, grazie al rilascio di basse quantità di CO2; la seconda, per l’alto valore di consumo medio di energia rinnovabile. Chiude la top 10 la Sicilia (4,7), prima per emissioni ridotte di anidride carbonica.
Tra le regioni meno virtuose, con margini di miglioramento, la Calabria (4,4), l’Emilia-Romagna (4,1) – prima per utilizzo di energia non rinnovabile con 240,7 kWh/m2 anno, superiore alla media annuale italiana di 203,7 kWh/m2 –, Molise (3,8) e Lazio (3,1), sulle quali pesa un numero estremamente ridotto di Ape green rilasciati.

ghiacciaio

Allarme ghiacciai italiani: in 50 anni hanno perso il 40% del volume

Nel 1965, nel catasto italiano erano censiti 1.397 ghiacciai, nel 2015 erano 900, in 50 anni abbiamo perso il 40% del loro volume. Lo denunciano i vertici di Fondazione Montagna Sicura, in audizione in commissione Ambiente del Senato: “Ogni anno perdiamo l’equivalente del centro di Aosta in ghiacciai”, avvertono.

Nei prossimi 30 anni, la temperatura attesa è in aumento di 1,5 gradi e può arrivare, nello scenario peggiore, fino a +4,5 gradi tra il 2070 e il 2100. “Si realizzeranno più eventi estremi, ondate di calore e riduzione dei giorni di gelo in alta montagna, con un aumento della frequenza e dell’intensità di precipitazioni intense”, mette in guardia Igor Rubbo, direttore generale dell’Arpa Valle d’Aosta, una Regione ricca di ghiacciai, importante sentinella di quello che sta avvenendo su scala globale sugli effetti dei cambiamenti climatici.

Con gli effetti dei cambiamenti climatici, si potrà avere una riserva idrica contenuta nella neve, con una riduzione del 20-50% e un anticipo della fase di fusione di circa un mese. L’altezza del manto si ridurrà del 25-35% (a 1.500-2.000 metri). La durata della neve al suolo nel 2050 si prevede sarà di -15/20 giorni a 2000 metri”, osserva Rubbo. Nei torrenti alpini si avrà molta più acqua in inverno e molta meno in estate. Si ridurrà il periodo in cui l’approvvigionamento idrico è utile anche per gli usi primari. Il rischio è di una “importante e consistente perdita di riserva idrica per i territori della pianura”. Per questo, dice rivolgendosi ai deputati, l’urgenza è pensare a delle norme per approcciare il problema di mantenere la riserva di acqua in quota.

Un’altra faccia del problema riguarda il settore idroelettrico: “Il rischio, senza voler essere pessimista, è di trovarsi di fronte a una tempesta perfetta. La risorsa idrica è fondamentale per l’approvvigionamento per la popolazione, abbiamo registrato condizioni nell’inverno estremamente critiche. Questa produzione rischia di incidere sulla produzione idroelettrica, introduce un ulteriore elemento di pressione sul sistema economico-sociale del Paese. Sono attesi impatti non positivi rispetto alla produzione di energia da acqua”, afferma il direttore dell’Arpa Valle d’Aosta.

ghiacciai

Quanto alla Lombardia, anche i suoi tre ghiacciai più grandi, l’Adamello, il Fellaria-Palù e il Forni, “andranno a scomparire entro fine secolo se non vengono ridotte le emissioni e continua l’aumento incontrollato delle temperature”, mette in guardia Riccardo Scotti, consigliere del Servizio glaciologico lombardo. Dalla fine della Piccola Età glaciale del 1850, i ghiacciai lombardi hanno perso il 54% della superficie originaria, ha ricordato il glaciologo. Molto più recentemente, la lingua glaciale del Fellaria, dal giugno 2019 all’ottobre 2021, ha perso 18 metri.

Lo scioglimento dei ghiacciai alpini porterà a “una riduzione della disponibilità d’acqua per un quarto degli abitanti europei”, afferma Valter Maggi, presidente del Comitato glaciologico italiano. L’arco alpino, infatti, fornisce acqua ai quattro principali grandi bacini idrografici d’Europa, il Danubio, il Reno, il Rodano e il Po. “Un bacino come quello del Rodano che prende acqua dai ghiacciai delle montagne avrà una crisi profonda, con una perdita del 40% di forniture di acqua”, fa sapere.