Verdi, l’italiano Luca Guidi in corsa per il ruolo di co-portavoce della Fyeg

Luca Guidi dei Giovani Europeisti Verdi, la giovanile di Europa Verde, è candidato per il ruolo di co-portavoce della Federazione dei Giovani Verdi Europei (Federation of Young European Greens). La Federazione riunisce tutte le giovanili dei partiti Verdi d’Europa contando oltre 60mila iscritti.

Finora i due co-portavoce sono stati Sean Currie dei Giovani Verdi Scozzesi e Benedetta Scuderi dei Giovani Verdi Italiani, recentemente eletta come eurodeputata nelle file di Alleanza Verdi e Sinistra. Luca Guidi sarà dunque l’unico candidato di tutto il sud Europa all’Assemblea Generale della Federazione dei Giovani Verdi Europei, che si terrà a Dublino dal 22 al 23 agosto prossimi.

Corrao (Verdi): “Riforma mercato elettrico? Siamo in ritardo, correre ai ripari”

Siamo già in ritardo”. La riforma del mercato elettrico serve perché serviva anche prima della guerra, ma l’Europa si sta dotando di un qualcosa che assomiglia a “una copia sbiadita in bianco e nero”. Al netto di tutto, però, “meglio correre ai ripari adesso e non aspettare un altro decennio”. Ignazio Corrao, europarlamentare dei Verdi, non appare soddisfatto al 100% per quello che è stato messo sul tavolo, ma, confida nell’intervista concessa a GEA, non saranno i Greens a creare ostacoli. “Credo che l’obiettivo sia terminare il primo possibile e dare un segnale ai cittadini europei prima delle elezioni. I mesi tra ottobre e dicembre saranno cruciali”.

Avanti con discussione e iter di approvazione, con i Verdi che, assicura Corrao, cercheranno di migliorare l’impostazione generale e sventare i tentativi di quanti invece intendono lavorare in senso opposto. “Certo il rischio è dietro l’angolo, e partiti di destra come Ppe (Popolari), Ecr (Conservatori) o Id (sovranisti) faranno di tutto per tenere aperte le porte alle fossili. Senza contare la clamorosa spinta sul nucleare di Renew (liberali) che può contare sul partito di Macron e il supporto di vari paesi dell’est”. Tutti “giochi di potere e negoziazioni che possono far male alla proposta”, che comunque porta con sé elementi positivi e condivisibili. A partire dall’introduzione del divieto di disconnessione elettrica, che Corrao non esista a considerare “un grande successo”. Perché, ricorda, “noi come Verdi europei abbiamo chiesto tariffe elettriche scontate per le famiglie a basso reddito”. Illuminazione e riscaldamento “non devono diventare beni di lusso”. Per cui bene così. “Le persone hanno diritto all’energia, a contratti equi e alla libertà di produrre e condividere la propria energia”. Bene anche tassare gli extra-profitti dei ricavi marginali anche se, a detta di Corrao, c’è in deficit di coraggio nel prevederlo solo in casi eccezionali. “Stiamo parlando di ricavi marginali, non vedo il problema per non estendere la tassazione anche con un meccanismo permanente”. In fin dei conti “stiamo parlando di extra profitti di imprese che hanno decine se non centinaia di miliardi di euro, sia in periodo di crisi che non”.

Ancora, tra le cose che l’europarlamentare italiano dei Verdi accoglie è l’assenza di un disaccoppiamento dei prezzi di luce e gas. “Dalla nostra prospettiva di verdi europei non possiamo che apprezzare il fatto che la Commissione non abbia accolto questa istanza, come gruppo siamo contrari al disaccoppiamento e per il mantenimento del ‘merit order’”.

A rendere “sbiadita” la proposta di riforma è lo spazio riconosciuto all’energia da atomo. “Sono molto critico sul fatto che le energie rinnovabili e l’energia nucleare ricevano pari trattamento”. Questo si traduce, per Corrao, in “un dono all’industria nucleare e una redistribuzione dal basso: dalle tasche dei consumatori alle imprese dell’energia nucleare”. Qui la distanza con l’esecutivo comunitario non potrebbe essere più ampia. “L’energia nucleare non è compatibile con un approvvigionamento energetico sostenibile. Investire nel nucleare significa investire nel passato”, e contraddice lo spirito del Green Deal. “La transizione verde deve basarsi su fonti rinnovabili al cento per cento”. Il mercato elettrico dell’Unione europea, insiste “deve essere incentrato sulle energie rinnovabili senza aprire lo spiraglio a nuove dipendenze (gas o nucleare) che ci porterebbero a nuovi ricatti sul medio lungo termine senza dimenticare gli obiettivi climatici”. Perché alla questione ambientale si è aggiunta quella geopolitica.

Tags:
, ,

Berlusconi accelera sul decreto aiuti per famiglie e imprese: “Va fatto oggi stesso”

Vi sono misure immediate, da prendere domani stesso, per scongiurare l’emergenza, e misure strutturali per evitare di ritrovarci in futuro in situazioni come questa”. Il caro bollette è la grande preoccupazione di Silvio Berlusconi, presidente di Forza Italia, l’uomo che riesce a tenere insieme Giorgia Meloni e Matteo Salvini. Intervistato da Gea, il Cavaliere sostiene che la misura immediata, “che già da diversi giorni stiamo chiedendo al Governo“, sia un decreto che protegga le famiglie e le imprese da aumenti insostenibili. “Questo significa che lo Stato si dovrà far carico almeno di una quota importante degli aumenti del gas, o direttamente, con risorse proprie, oppure con la previsione di strumenti innovativi di finanziamento a favore dei distributori di energia”, aggiunge. A medio termine, invece, “bisognerà realizzare tutti quegli impianti che la sinistra ha reso impossibili in questi anni, con la sua politica dei ‘no’: i rigassificatori, i termovalorizzatori, le energie rinnovabili, spesso bloccate con la scusa del paesaggio. E bisognerà far ripartire la ricerca sul nucleare pulito, fin qui irresponsabilmente abbandonata. Eppure è la strada che l’Europa ci indica per il futuro”.

In un momento storico delicatissimo per l’Italia e per l’Europa, ma anche per il mondo intero, Berlusconi cerca una via d’uscita. Quella immediata e sostanzialmente indolore porta ai rigassificatori: “Un telegiornale ha ritrovato le immagini e il mio intervento all’inaugurazione del rigassificatore di Rovigo, il più grande tuttora in servizio. Tredici anni fa anni fa, lo voglio ripetere 13 anni fa, avevo sottolineato l’importanza per il nostro Paese di realizzare rigassificatori per diversificare le fonti di approvvigionamento dell’energia, per diminuire la nostra dipendenza da un solo Paese, la Russia. Il problema è che dopo il mio governo non si è fatto quasi nulla”, attacca. Ma quella resta la strada anche se “le conseguenze di un’ideologia ambientalista vecchia, miope, senza prospettive, imposta dalla sinistra”, rischiano di zavorrare la ripresa del Paese secondo il punto di vista del Cavaliere. “I Verdi in Italia, a differenza di altri paesi europei, sono semplicemente il ‘partito del no’. Le paure irrazionali ci hanno condotto a questa situazione”, il secondo atto di accusa.

Oltre che sulla crisi energetica è sulla transizione ecologica che si sta sviluppando buona parte della campagna elettorale. “Difendere l’ambiente è davvero importante, è una delle grandi scommesse per il futuro dell’umanità, ma bisogna capire che progresso, tecnologia e ambiente sono alleati, non avversari”, sottolinea Berlusconi. Non per caso “i Paesi tecnologicamente più avanzati sono anche quelli che hanno ottenuto risultati migliori nella difesa dell’ambiente. I grandi inquinatori nel mondo contemporaneo sono i paesi come la Cina e l’India, che per ottenere bassi costi si servono di tecnologie inadeguate”, aggiunge con non poca preoccupazione.

L’ambientalismo e il rispetto per la natura sono da sempre uno dei principi cardine del nostro movimento. Del resto mi piace ricordare che io, quando ho iniziato la mia carriera di costruttore, ho ideato città giardino, dove il verde era protagonista, che ancora oggi sono studiate come modello da architetti di tutto il mondo”, ricorda Berlusconi non senza un filo di malcelato orgoglio. Sono i progetti “astratti” quelli che considera pericolosi: “Quando parlo di idee astratte penso per esempio allo stop alle auto a benzina e diesel a partire dal 2035, votato purtroppo dal Parlamento Europeo. Questo è un esempio di quello che non si dovrebbe fare, perché da un lato non è realistico, dall’altro condanna a morte un settore importantissimo come l’industria automobilistica europea, che perde anche ogni incentivo ad investire in tecnologie meno inquinanti. L’effetto paradossale sarà quello di peggiorare, non di migliorare, la tutela ambientale”.

Riparazione

Cavazzini (Verdi): “In Ue diritto alla riparazione diventi storia di successo”

Il diritto alla riparazione come perno della strategia dell’Unione Europea per contrastare l’obsolescenza programmata e le pratiche sleali in ambito digitale, ma soprattutto per cercare di mettere un freno a uno spreco di rifiuti elettronici che ormai ammonta a 11mila tonnellate ogni anno nell’Ue. In attesa della proposta della Commissione Europea – annunciata dal gabinetto guidato da Ursula von der Leyen entro l’autunno 2022 – sono gli eurodeputati a voler fare da pungolo per alzare il più in alto possibile l’asticella delle ambizioni comunitarie. In particolare è questa l’intenzione della presidente della commissione per il Mercato interno e la protezione dei consumatori (IMCO) del Parlamento Ue e relatrice sul diritto alla riparazione, Anna Cavazzini. In un’intervista rilasciata a GEA – Green Economy Agency, l’eurodeputata tedesca del gruppo Verdi ha spiegato quali sono le prerogative dell’Eurocamera e come fare di questa iniziativa un vero punto di svolta per i diritti dei cittadini dell’Unione.

Presidente Cavazzini, qual è la linea rossa per il Parlamento Europeo in vista dell’imminente proposta della Commissione sul diritto alla riparazione?
“Il Parlamento ha definito chiaramente la sua posizione, ci aspettiamo che la Commissione si occupi del nucleo centrale del diritto alla riparazione, ovvero l’accesso ai pezzi di ricambio e ai manuali per gli attori del settore, compresi i consumatori. Abbiamo bisogno di migliori informazioni sulla durata e sulla riparabilità per consentire acquisti sostenibili. Allo stesso tempo, gli incentivi alla riparazione, anziché alla sostituzione, devono trovare riscontro nelle garanzie, nella responsabilità estesa del produttore e negli appalti pubblici”.

Quale parte della proposta rischia di essere la più critica?
“Dobbiamo fare in modo che i prodotti facilmente riparabili diventino una storia di successo non solo per i consumatori e il pianeta, ma anche per le imprese, i commercianti e i produttori. Abbiamo bisogno di un indice di riparazione che convinca i consumatori a spendere un po’ di più al momento dell’acquisto, ma solo se il prodotto dura di più. Questa richiesta sarà un incentivo per le aziende a passare alla riparabilità in fase di progettazione”.

C’è il pericolo che l’obsolescenza programmata rimanga nella pratica?
“L’obsolescenza programmata è particolarmente difficile da bandire, poiché molti operatori del settore ne negano l’esistenza. Inoltre, attualmente è il consumatore a doverla dimostrare. Ecco perché è necessaria un’inversione dell’onere della prova sul produttore, oltre all’inclusione dell’obsolescenza programmata nell’elenco delle pratiche commerciali sleali”.

A oggi abbiamo però una proposta della Commissione sulla modifica della direttiva sui diritti dei consumatori, a proposito della durata e riparabilità dei prodotti. Qual è la sua opinione?
“La proposta della Commissione sull’aggiornamento dei diritti dei consumatori va nella giusta direzione: le scelte sostenibili promuoveranno la transizione verde e l’economia circolare. Anche per quanto riguarda la riparabilità e la durata dei prodotti , le informazioni affidabili per i consumatori sono fondamentali. Siamo anche soddisfatti di vedere che la Commissione sta affrontando la questione dell’obsolescenza programmata, anche noi vorremmo un divieto totale”.

Quali altre iniziative possono essere adottate per implementare il concetto di diritto alla riparazione?
“Alcuni degli elementi fondamentali del diritto alla riparazione possono essere affrontati modificando, per esempio, la direttiva sulle vendite di beni che regola le garanzie: in caso di rottura di un prodotto, l’opzione della riparazione dovrebbe essere preferibile alla sostituzione. Servono poi ulteriori incentivi per rendere la riparazione la prima scelta dei consumatori, attualmente è troppo costosa e troppo lenta”.

E come risolvere il problema dei costi?
“Può essere affrontato a livello di Stati membri. Per esempio, attraverso la riduzione dell’Iva per i servizi di riparazione. Il ritmo delle riparazioni sarà più veloce quando questo mercato non sarà più disfunzionale e ci saranno più attori, non solo le officine autorizzate”.

Un’ultima domanda. Come possiamo stimare il contributo del diritto alla riparazione al Green Deal europeo?
“Il diritto alla riparazione funziona su entrambi i fronti nella transizione verso un’economia circolare. Da una parte, consente ai consumatori di riparare invece di buttare e comprare di più. Dall’altra, si risparmiano risorse mantenendo i prodotti in uso più a lungo. Insieme al riciclo alla fine del ciclo di vita, è un elemento tangibile del Green Deal europeo, che contribuirà a proteggere il clima e l’ambiente”.

(Photo credits: Jan Vašek)

ELEONORA EVI

Evi (Verdi): “Su energia serve una risposta pronta e decisa dall’Ue”

Risposta “pronta e decisa dall’Ue” in termini di politiche energetiche e ambientali di fronte agli sviluppi in Ucraina e al rincaro dei prezzi dell’energia. È quella che evoca in un’intervista a GEA Eleonora Evi, eurodeputata dei Verdi europei (Greens/EFA), secondo cui le politiche dell’Ue dovranno puntare, più di prima, su efficienza energetica e rinnovabili.

La guerra di Russia in Ucraina è slittata in cima all’agenda delle istituzioni comunitarie. Qual è l’impatto sui lavori del Parlamento Europeo sul Green Deal e sui vari dossier del pacchetto sul clima ‘Fit for 55’?
“La tragedia che si sta compiendo in Ucraina ha necessariamente un impatto sulle negoziazioni dei dossier del pacchetto ‘Fit for 55’. Per quanto, alla luce dell’evidenza scientifica, non necessitassimo di ulteriori ragioni per accelerare la transizione verso un’economia neutrale al clima e basata esclusivamente sull’uso di energia da fonti rinnovabili, la guerra di Putin ci dimostra ancora una volta l’insensatezza della dipendenza europea dalle importazioni di gas così come di ogni tipo di combustibile fossile. Decenni di politiche miopi e l’assenza di azioni concrete su rinnovabili ed efficienza energetica non ci permettono più il lusso di tentennamenti e procrastinazioni. La stessa Commissione europea ha chiesto al Parlamento e al Consiglio di accelerare l’adozione delle misure chiave del pacchetto ‘Fit for 55’, ivi inclusi obiettivi più ambiziosi per il 2030 in merito alla riduzione delle emissioni di gas serra e all’efficienza energetica”.

Prima dell’inizio della guerra, la Commissione Ue aveva previsto di arrivare a finalizzare la maggior parte dei dossier del ‘Fit for 55’ prima della prossima COP27 (Conferenza sul clima delle Nazioni Unite) di Sharm el-Sheikh che si terrà in autunno. C’è il rischio di un rallentamento sulla tabella di marcia?
“La priorità politica del gruppo dei Verdi/ALE, nonché mia battaglia personale, è quella di assicurare maggiore ambizione normativa nei dossier del ‘Fit for 55’ in linea con quanto ci chiedono l’urgenza della crisi climatica e l’accordo di Parigi. Alla luce degli attuali tragici sviluppi in Ucraina, congiuntamente all’innalzamento vertiginoso dei prezzi dell’energia, si rivela quanto mai necessaria una risposta pronta e decisa da parte dell’Ue in termini di politiche energetiche ed ambientali che puntino convintamente, celermente e immediatamente su efficienza energetica e rinnovabili”.

Per ridurre la dipendenza dai combustibili fossili russi, l’Esecutivo europeo punta ad alzare i target sulle energie rinnovabili proposti neanche un anno fa nel ‘Fit for 55’. La proposta andrà incontro alle richieste del Parlamento che già chiedeva un aumento al 45%, per il gruppo dei Verdi è abbastanza?
“La proposta della Commissione di aumentare l’obiettivo 2030 per le energie rinnovabili ad almeno il 40% è sicuramente un miglioramento rispetto al precedente obiettivo del 32%, ma vi è ancora purtroppo un grande divario tra questo timido livello di ambizione e quello che è invece necessario a garantire una transizione verso un’economia priva di combustibili fossili ed altamente efficiente entro il 2040, l’unico futuro compatibile con l’accordo di Parigi. Per raggiungere questo obiettivo, infatti, abbiamo bisogno di un target più elevato a livello Ue, ossia almeno il 50% come minimo indispensabile, suddiviso tra Stati membri in target nazionali vincolanti”.

L’Europarlamento ha chiesto un embargo totale sulle importazioni energetiche della Russia, ma gli Stati continuano a essere divisi sull’inclusione del petrolio e del gas. La proposta del premier Draghi di fissare un tetto al prezzo del gas russo (in alternativa a un embargo) potrebbe aiutare a trovare un compromesso in sede di vertice Ue?
“Draghi deve uscire dall’ambiguità e deve smetterla di difendere l’indifendibile, ovvero gli extraprofitti miliardari delle società energetiche che sono realizzati con i soldi delle famiglie, di cui 3,8 milioni stanno entrando nella povertà, e di molte imprese italiane che stanno fallendo per il caro energia. Draghi non ha il coraggio di decidere un contributo di solidarietà per prelevare il 100% degli extra profitti. È questa la proposta che Draghi dovrebbe avanzare in sede Ue. Chiediamo a Draghi di fissare un tetto nazionale per il prezzo del gas pari a 35 € MWh e di 45 € MWh per l’elettricità. Si sblocchino contestualmente i 200 GW di impianti da rinnovabili che rappresentano 4 volte il fabbisogno energetico del nostro paese e che ridurrebbero drasticamente il costo delle bollette”.

Lei è stata relatrice ombra per il gruppo dei Verdi della relazione sull’attuazione della direttiva sull’efficienza edifici, la cui proposta di revisione avanzata a dicembre ha fatto particolarmente discutere in Italia…
“Bisogna demistificare quella narrazione, da parte di una certa parte della stampa, che dipinge sempre e solo un’Europa cattiva, che in questo caso metterebbe le mani addirittura sulle case degli italiani. Ciò che invece raramente si sente dire è che la revisione della direttiva sulla prestazione energetica degli edifici è indispensabile se vogliamo concretizzare gli obiettivi del Green Deal europeo e assicurare il raggiungimento della neutralità climatica. Gli edifici sono infatti una delle maggiori cause di emissioni nell’UE e nel mondo, responsabili del 36% delle emissioni di CO2 e del 40% del consumo totale di energia. Questa revisione è un’occasione preziosa non solo per ridurre drasticamente l’impronta climatica del nostro patrimonio edilizio, ma anche per affrontare il problema della povertà energetica, che colpisce milioni di cittadini europei che non riescono a permettersi di riscaldare o rinfrescare adeguatamente le proprie abitazioni. La strumentalizzazione di questo tema da parte di certa stampa è del tutto fuorviante rispetto al fulcro del problema, che di fatto è rappresentato dalla presenza nel nostro Paese di edifici “colabrodo”, che inquinano e sprecano energia, contribuendo ad aggravare ulteriormente il problema del caro bollette. Senza dimenticare che una ristrutturazione in chiave di efficienza energetica degli edifici non ne aumenta soltanto la qualità, ma anche il valore immobiliare”.

Quali sono le sue idee per modificare la proposta della Commissione?
“Diversi elementi della proposta della Commissione rafforzano l’attuale quadro normativo. Tuttavia, la proposta presenta anche svariate lacune e aspetti da chiarire se si vuole garantire una normativa coerente e completa, soprattutto per quanto concerne le misure per incrementare i tassi di ristrutturazione del patrimonio edilizio esistente, promuovendo altresì pratiche e materiali sostenibili e circolari durante tutto il ciclo di vita degli edifici. Solo così potremo sfruttare i molteplici vantaggi associati a case, uffici, scuole e ospedali più performanti, che riducano la povertà energetica, taglino le emissioni, migliorino la qualità dell’aria, la salubrità e il comfort delle abitazioni, assicurando anche bollette più basse per tutti. Ecco perché è importante che la transizione ecologica parta da qui, al netto delle speculazioni narrative di chi ancora una volta vuole cavalcare l’onda dell’Europa matrigna, invece di mettere in luce l’urgenza dei cambiamenti da fare e i vantaggi concreti di queste misure, specialmente per le fasce più deboli della popolazione”.

L’Esecutivo europeo si è impegnato di recente a diventare, come istituzione, climaticamente neutrale al 2030, facendo leva su edifici più efficienti ma anche sul fare a meno di alcuni edifici e spazi. Seguirà una riflessione dello stesso tipo anche in Parlamento?
“Le istituzioni pubbliche, a partire da quelle europee, devono necessariamente avere un ruolo esemplare nella transizione verso un’economia neutrale al clima. È pertanto da accogliere con grande favore l’impegno della Commissione a diventare un’istituzione del tutto sostenibile entro la fine del decennio, per quanto sia necessario assicurare una vera riduzione delle emissioni e non puntare in misura sostanziale su misure di rimozione del carbonio. Grazie alla volontà della Commissione di rafforzare la cooperazione interistituzionale, si potranno diffondere e discutere concretamente le migliori pratiche e sviluppare approcci e azioni comuni per garantire che tutte le istituzioni europee, non solo la Commissione o il Parlamento, minimizzino il proprio impatto ambientale”.