Assovetro, Marcovecchio: Per transizione non solo una ricetta, perfetto riciclo è vantaggio

“Gli obiettivi sono noti, siamo a cinque anni da un target ambizioso della Commissione europea e le strategie, le strade per arrivarci sono il vero problema e il motivo della discussione”. Lo dice il vicepresidente Energia di Assovetro, Graziano Marcovecchio, a margine del convegno ‘La transizione ecologica del vetro. Innovazioni e tecnologie per decarbonizzare l’intera filiera produttiva’. “Nel convegno di oggi capiremo che il vetro è un settore che si pone alla ricerca di una sola medicina, e sarà così – spiega -. Le strade sono diverse e tante e dobbiamo percorrerne tante e diverse, ognuno per un pezzetto per arrivare agli obiettivi della transizione energetica. È ovvio che il vetro è uno dei più hard-to-abate dei sette, otto settori più importanti italiani e ha un vantaggio, che il vetro ha una caratteristica di sostenibilità importante: per fare il vetro ci vuole il vetro, quindi il perfetto riciclo che abbiamo ci consente di essere ancora più sostenibili per il rispetto dell’ambiente”.

Assovetro, Ravasi: Ridurre consumi energia è missione, obiettivo net zero tra 2040-2050

“Siccome siamo un settore energivoro consumiamo l’1,5% del metano nazionale e l’1% di elettricità nazionale, l’obiettivo è quello di ridurre significativamente i consumi energetici. Ma soprattutto è una missione”. Lo dice il presidente di Assovetro, Marco Ravasi, a margine del convegno ‘La transizione ecologica del vetro. Innovazioni e tecnologie per decarbonizzare l’intera filiera produttiva’. “Negli ultimi venticinque anni li abbiamo già ridotti del 50% passando dal gasolio al metano, efficientando i nostri impianti – aggiunge -. Ora bisogna veramente fare un salto utilizzando idrogeno e tecnologie quali la carbon capture, quindi la cattura della Co2 emessa dai nostri fumi. L’obiettivo finale è essere net zero tra il 2040 e il 2050. Cioè, non avere emissioni di Co2”.

Industria del vetro pronta a decarbonizzare: 68% aziende ha roadmap

Super-enervigori, ma con numeri di riciclo da record e grandi innovazioni. L’industria italiana del vetro accoglie la sfida della decarbonizzazione e il 68% delle aziende ha già una roadmap definita.

La strategia passa dagli investimenti per ridurre i consumi e le emissioni, ma anche dalla diminuzione delle emissioni di CO2, grazie all’uso del rottame che rispetto allo scorso anno ha un prezzo molto inferiore. Nel 2022 sono state di 1.042.295 tonnellate le emissioni dirette risparmiate grazie all’uso del rottame di vetro. Aumenta inoltre l’elettrificazione dei forni e la quota di energia green impiegata, con nuovi combustibili. E ancora, in molti hanno già piani stringenti di riduzione dei gas serra per gli impianti produttivi attraverso nuove soluzioni tecnologiche, così come un approccio sistematico per ridurre l’impronta di carbonio della catena del valore. Si interviene anche sul prodotto, come l’alleggerimento di peso di bottiglie e vasetti e un maggior utilizzo di rottame nella produzione.

Le soluzioni tecnologiche per un cambio di paradigma energetico “ci sono”, sottolinea il presidente di Assovetro, Marco Ravasi. Ma non basta, avverte: “Occorre definire un quadro normativo- regolatorio chiaro e duraturo, con adeguati sistemi incentivanti che rendano sostenibili gli investimenti per le aziende“. Altri paesi, per facilitare la transizione energetica della propria industria energivora, hanno varato piani di supporto economico. Ravasi pensa alla con i ‘contratti di protezione del clima’ e agli Stati Uniti, con sovvenzioni per 6 miliardi di dollari.

Le aziende del vetro stanno facendo la loro parte. Il nostro report di sostenibilità ci dice che il 68% del campione esaminato ha formalizzato una roadmap di decarbonizzazione al 2030 e 2050 e molte vetrerie stanno già attuando importanti cambiamenti sia nel campo dei processi industriali che dei prodotti”, scandisce il presidente.

La percentuale di energia rinnovabile sul totale dei consumi, autoprodotta o acquistata, ha rappresentato oltre l’11% nel 2022 (+1% rispetto all’anno precedente); la diminuzione del peso di bottiglie e vasetti prosegue, le bottiglie di vino hanno ridotto in media il loro peso del 12% negli ultimi 10 anni, richiedendo minor consumo di materie prime, di energia e, di conseguenza, producendo minori emissioni di CO 2 ; l’utilizzo del rottame di vetro è arrivato all’85/87% di media (potenzialmente potrebbe arrivare al 100%) nella produzione delle bottiglie scure (l’utilizzo di una tonnellata di rottame consente di risparmiare 0,67 tonnellate di CO 2 ). Se tutti i forni italiani che producono bottiglie chiare (quelle che utilizzano una minor quantità di rottame) passassero al vetro scuro le emissioni di CO 2 diminuirebbero di circa l’8%.

Ma l’industria nazionale del vetro, come registra il Rapporto di Sostenibilità 2023, non ha solo ridotto la CO 2 , ma anche, tra il 2016 e il 2022, le emissioni di NO X del 41%, quelle di SO X del 49% e le polveri del 53%. Anche i consumi idrici hanno registrato nel 2022 un calo del 39% rispetto al 2016 (addirittura del 7,2% tra il 2021 e il 2022), anche attraverso un importante contributo del recupero. Le aziende vetrarie italiane procedono a passo spedito sulla strada della riduzione della propria impronta carbonica. Zignago Vetro, ad esempio, ha da tempo stabilito obiettivi strategici al 2030 e si è dotata di un vero e proprio Piano di decarbonizzazione. Un’iniziativa chiave di questo percorso è l’impianto di Fossalta di Portogruaro alimentato ad energia rinnovabile prodotta dall’impianto a biomassa di Zignago Power che rifornisce quasi il 100% dell’elettricità consumata dalla vetreria e copre circa il 38% del fabbisogno di energia elettrica del Gruppo.

La centrale di Zignago Power di Fossalta di Portogruaro, di tipo termoelettrico, utilizza, quale combustibile, biomassa di scarto (residui di potatura, scarti di segheria ecc.) e di filiera corta. Inoltre, recupera parte dell’energia termica dei fumi di combustione per produrre acqua calda ed anche per alimentare una rete di teleriscaldamento. Verallia sta portando avanti il progetto Heatox (preriscaldo di gas e ossigeno), nuovo sul mercato, in cui metano e ossigeno passano attraverso uno scambiatore che recupera il delta termico rispetto alla temperatura di uscita del forno. In questo modo, metano e ossigeno entrano nel forno già preriscaldati e hanno bisogno di minori calorie per raggiungere la temperatura di fiamma.

Consumando quindi meno combustibile, si arriva alla riduzione di circa il 5% delle emissioni di CO 2 “scope 1”, ovvero quelle generate direttamente dalla combustione del gas impiegato per l’attività di fusione. Il Gruppo lavora anche per realizzare prodotti super leggeri e a minore carbon footprint, ha da poco lanciato sul mercato la Bordolese Air 300gr, la bottiglia Bordolese più leggera di sempre. Un progetto che utilizza strumenti di modellazione all’avanguardia per prevedere la resistenza meccanica della bottiglia. Nello stabilimento O-I di Villotta di Chions ha preso il via un progetto di utilizzo dell’ossigeno nei suoi due forni fusori, la cosiddetta tecnologia oxy-fuel, che consente di aumentare l’efficienza energetica utilizzando l’ossigeno. Questa nuova tecnologia ha permesso una riduzione del consumo di energia superiore al 38% e delle emissioni di circa l’80%. Altre innovazioni hanno interessato lo stabilimento vetrario, come il riutilizzo “circolare” del calore proveniente dai fumi in grado di preriscaldare il rottame di vetro delle raccolte differenziate prima di immetterlo nei forni di fusione. Il perdurare della crisi geopolitica e dell’inflazione hanno fatto registrare nel 2023 un calo dei consumi in tutta Europa, Italia compresa, e di conseguenza anche della produzione dei contenitori in vetro, “vestito” d’eccellenza per cibi e bevande. La produzione di vetro cavo nel 2023 è diminuita del 5,3%. In particolare, la produzione di bottiglie è calata sempre del 5,3% e quella dei vasi dello 0,9%. È diminuito anche l’import e l’export di bottiglie rispettivamente dell’11,6% e del 18,3%. Per i vasi invece, mentre l’export è calato del 30%, l’import è aumentato del 5,5%.

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Il vetro cresce nel 2022: produzione bottiglie a +1,5%. Ma prezzo rottame vola

E’ il materiale da imballaggio più ecosostenibile e sicuro di tutti: per questo il vetro resiste alle crisi. Ma per riportare il settore sulla strada della normalità ci sono ancora alcuni nodi da sciogliere. A partire dalla volatilità dei prezzi energetici e dall’aumento del prezzo del rottame a livelli mai raggiunti in precedenza. Un incremento che, oltre a incidere sul costo dei contenitori, pone un rischio in termini di mantenimento degli obiettivi di riciclo e di circolarità del settore: il costo di utilizzo del rottame ha ormai superato, infatti, quello della materia prima.

L’aggiornamento dei dati di produzione del packaging in vetro e il check up sullo stato di salute del settore è stato fornito da Assovetro. Nel 2022, nonostante i problemi energetici e l’onda lunga del Covid, la produzione di bottiglie e vasi è aumentata per rispondere ai bisogni di sicurezza e di sostenibilità ambientale richieste dai consumatori, ma anche per accompagnare il successo dei prodotti a marchio Italia che ha visto sempre più bottiglie di vino, e soprattutto spumante, prendere la via dell’estero. La produzione di bottiglie è aumentata dell’1,5% immettendo sul mercato oltre 2 miliardi di “pezzi”, e quella di vasetti del 2,5%. Il prezzo del rottame, però, è passato da circa 25 Euro/ton a 200 Euro/ton.

Nonostante il perdurare di fattori critici, l’industria del packaging in vetro – conferma Roberto Cardini, Presidente della sezione Contenitori di Assovetro – ha continuato a crescere. Il 2023 dovrebbe essere un anno di assestamento per permetterci di affrontare le sfide del futuro dell’industria del packaging in vetro, come quella della decarbonizzazione con la ricerca di nuovi vettori energetici”.

Riciclo e riuso possono convivere per perseguire fino in fondo la circolarità nel settore del packaging alimentare in vetro. La bozza di Regolamento Ue sugli imballaggi si focalizza sul riuso, una sfida, questa, che deve rimodulare le abitudini dei consumatori, la logistica e la creazione di nuovi modelli di business. Nel 2021 il riuso ha interessato 186.000 tonnellate di contenitori in vetro. Proprio le caratteristiche del vetro – sicuro, lavabile e chimicamente resistente – lo rendono un ottimo packaging per il riuso, soprattutto in filiere come quelle dell’ acqua e del latte. Bisogna tener presente che il riutilizzo comunque genera un vantaggio ambientale solo per le distanze limitate (100 chilometri) e si adatta poco alla personalizzazione commerciale.

In fatto di riciclo il vetro resta un’eccellenza italiana, quello dei rifiuti di imballaggi provenienti dalle raccolte differenziate ha raggiunto 2,2 Mt ed ha un tasso di riciclo pari al 76,6%, al di sopra del target europeo del 75% al 2030. L’industria del settore si è impegnata ad arrivare al 90% nel 2030.

Per le sue caratteristiche di sicurezza alimentare, sostenibilità e riciclabilità, il vetro oggi è un materiale che guarda al futuro per 8 consumatori europei su 10 (Fonte: Indagine InSites 2022). Per questi motivi è stato l’unico materiale da imballaggio ad aver registrato in Europa negli ultimi tre anni una crescita media dell’8% rispetto agli altri materiali da imballaggio, che hanno invece risentito di un calo tra il 24 e il 41%. Tre quarti dei consumatori europei raccomandano di acquistare prodotti confezionati in vetro, addirittura l’85% gli italiani, che sono anche, nel panorama europeo, i più “ricicloni”, con 9 su 10 che dichiarano di fare la raccolta differenziata. Un prodotto confezionato in vetro riscuote più fiducia per il 70% degli italiani.

Il risparmio energetico è stato da sempre un obiettivo primario per l’industria del vetro che nel suo complesso consuma ogni anno circa 1,1 miliardi di metri cubi di gas (circa l’1,5 per cento del consumo nazionale). Per questo, anno dopo anno, è diminuito il peso delle bottiglie. Le bottiglie di vino hanno ridotto il loro peso del 12% e quelle di spumante del 18%, così da richiedere minor consumo di materie prime, di energia e, di conseguenza, producendo minori emissioni di Co2 . Anche un sempre maggiore utilizzo del rottame di vetro per la produzione di bottiglie, che in molti casi oggi raggiunge il 90%, fa la differenza: ogni 10% di rottame utilizzato in sostituzione delle materie prime permette un risparmio del 2,5% di energia e una riduzione delle emissioni di Co2 del 5%. L’industria dei contenitori in vetro, prima manifattura europea, con 16 aziende e 39 stabilimenti è presente in quasi tutte le regioni d’Italia, da Nord a Sud, con una maggiore concentrazione al Nord. Conta 7.800 addetti, la quasi totalità con contratto a tempo indeterminato. Il fatturato è valutato in 2,5 miliardi di euro l’anno. Nel 2022 l’import di bottiglie e vasi è aumentato dell’11,3% e l’export è diminuito del 4,4%. Per far fronte alla domanda di contenitori è stato previsto un investimento di 400 milioni per 5 nuovi forni di fusione da realizzare entro il 2024 che garantiranno un incremento della capacità produttiva del 12%; tre di questi entreranno in funzione già nelle prossime settimane.

Capaldo (Feudi S.Gregorio): “L’effetto Irlanda non c’è. Sul vetro dinamiche speculative”

Il settore vitivinicolo è una delle eccellenze che rendono grande il Made in Italy in tutto il mondo. Era impensabile che la scelta dell’Irlanda, di esporre sulle etichette dei prodotti alcolici avvisi sui rischi per la salute simili a quelli che compaiono sui pacchetti di sigarette, non provocasse uno scossone. Anche a livello politico. Infatti la polemica ha occupato, e occupa, grande spazio nel dibattito nazionale ed europeo. Soprattutto perché la legge ha avuto l’avallo dell’Ue. Per capire l’impatto che ha avuto sulle aziende del nostro Paese, GEA ha chiesto ad Antonio Capaldo, presidente dei Feudi San Gregorio, società che dal 1986 produce vino in terra irpina per poi esportarlo in tutto il mondo.

Presidente, vede ripercussioni sul settore per la scelta irlandese?

“No, sostanzialmente. Almeno non per noi. Il tema è serio, perché per noi il vino è parte della nostra cultura e quindi bisogna fare attenzione ad assimilarlo ad altri prodotti alcolici che hanno delle caratteristiche oggettivamente diverse, dunque demonizzarlo. Ma è vero, allo stesso tempo, che chi beve vino di qualità e lo associa ad esperienze di qualità, sa anche di doverlo consumare con moderazione. Di conseguenza, l’impatto sul business io non lo vedo. Vedo positivamente, invece, che il sistema vino si sia mosso in maniera forte, anche a livello istituzionale, sul tema. Anche se alla fine non si può cambiare una legge già definita: ho trovato eccessivo portarla così tanto in Italia, nel senso che quello che ci interessa è fa arrivare la discussione dove ci sono dei rischi. In Italia rischia invece di essere controproducente, perché è una tematica che non aggiunge e non toglie, perché gli italiani già lo sanno”.

Allarghiamo il discorso. Quali sono le criticità che riscontra il settore, visto dalla sua angolatura?

La problematica principiale è legata all’approvvigionamento e ai costi di alcune materie, come vetro, carta, tappi. Devo ammettere, però, che complessivamente il settore ha dimostrato una maggiore resilienza alle dinamiche inflazionistiche. Cioè, la domanda finora ha mantenuto una maggiore resistenza, quindi quasi tutti i produttori hanno aumentato un pochino i prezzi per confrontarsi con l’inflazione sulle materie prime, ma la domanda per il momento ha tenuto. Ma cosa sta succedendo: i prezzi quando vanno al consumo o nelle carte dei vini dei ristoranti aumentano in una maniera ancora superiore, di solito con un certo ritardo temporale. Nel senso che, ad esempio, a noi aumenta il prezzo bottiglia e dopo sei mesi aumenta il prezzo listino, magari dopo un anno questo vino finisce nel ristorante ad un prezzo più alto. Quindi, il pieno impatto non è ancora chiaro. E finché l’Italia, per di più, vive questo boom turistico, il mercato interno, soprattutto nelle grandi città e nelle località turistiche, sta tenendo malgrado gli aumenti importanti che ha subito la ristorazione. E’ chiaro poi che il futuro è incerto, quindi l’aiuto che servirebbe è un supporto sulla supply chain di questi materiali. Ma il problema parte da lontano”.

Allora proviamo a rimettere insieme i pezzi.

“Ripeto, quello del vino può essere considerato ‘fortunato’. Ma l’Italia ha abbandonato una serie di settori strategici, come il vetro. Di vetrerie oggi nel nostro Paese ce ne sono poche, quasi tutte sono fuori e i principali player del vetro hanno un capitale straniero. Ma questo vale anche per tantissimi altri fattori, per cui le nostre filiere dipendono da dinamiche che non sono controllabili. Quindi, oggi il vino sta meglio di altri settori, gli amenti di prezzo non hanno comportato un calo della domanda significativo e al momento i principali mercati per l’export, come Usa, Canada e Giappone, non vivono una fase di crisi. L’unica che vive una fase difficile è l’Inghilterra, ma lo leggiamo da tutti i giornali. Quindi, al momento direi che cose specifiche non servono, ma l’importante è che tutti ci battiamo, principalmente il governo, per cercare di fare in modo che la dinamica inflazionistica diventi recessiva. Perché non è ancora quel momento”.

C’era un problema sul reperimento delle bottiglie.

“‘La nottata non è passata’. E poi c’è anche un altro detto: ‘La notte è sempre più buia prima dell’alba’. Perché ci sono stati ulteriori rincari, tra l’altro sempre più scollegati dal prezzo dell’energia, quindi ci sono dinamiche speculative sul mercato. E’ indiscutibile, perché l’energia è andata in giù in molti Paesi, compresa l’Italia, quindi non si spiega perché ci siano questi rincari. Oggi si dice che sia legata al reperimento delle materie prime ma la dinamica ha portato a più che un raddoppio del prezzo del vetro in due anni. Anche se devo dire che quasi tutte le vetrerie nell’ultimo mese segnalano di prevedere un miglioramento dal secondo semestre di quest’anno, dovuto all’incremento del numero di forni attivi nella produzione”.

Quali sono i fattori che hanno portato a questi rincari?

“Oltre al problema dell’energia, delle materie prime e del fatto che in Ucraina c’erano alcuni forni molto importanti, in questo periodo più di una vetreria aveva programmato ristrutturazioni dei forni, dunque sono rimasti chiusi nel 2020 e 2021. Si è creata, così, quasi una ‘tempesta perfetta’. In compenso, abbiamo però già visto un segnale positivo sul legno; su quest’ultimo c’è stato un problema legato alla filiera per la guerra, perché gran parte del materiale arrivava dall’Ucraina e dalla Russia. Non siamo tornati ai livelli pre-crisi, ma si vedono segnali incoraggianti. Così come se ne vedono ancora sulla carta. Sul vetro invece no, solo parole”.

Sostenibilità in Germania: stoviglie di porcellana nei vagoni ristorante dei treni della Deutsche Bahn

Dal primo gennaio 2023, i passeggeri della compagnia ferroviaria tedesca Deutsche Bahn potranno bere il caffè acquistato a bordo dei treni e consumare i pasti in stoviglie di porcellana o vetro, per una maggiore “sostenibilità”.
L’obiettivo, come spiega l’azienda in un comunicato, “è di ridurre i rifiuti sostituendo le stoviglie monouso in plastica o cartone”. Bicchieri, piatti e ciotole “riutilizzabili” saranno “gratuiti, senza deposito, e disponibili su richiesta per tutti gli ordini” sui treni a lunga percorrenza.

Deutsche Bahn è dunque in linea con le nuove norme entrate in vigore il primo gennaio di quest’anno in Germania e che obbligano ristoranti, pub e caffè a offrire i loro prodotti da asporto in confezioni riutilizzabili; gli imballaggi monouso non saranno vietati, ma dovrà essere offerta una variante riutilizzabile senza costi aggiuntivi. Da marzo 2022, il vettore offre già “il 50% di piatti vegetariani o vegani e il 100% di prodotti biologici”, spiega nel comunicato Michael Peterson, direttore del trasporto passeggeri dell’azienda. E ricorda che “Deutsche Bahn sta accelerando la sua transizione ecologica nella ristorazione a bordo”.
Più in generale, Deutsche Bahn, la più grande consumatrice di energia della Germania, si è posta l’obiettivo di diventare carbon neutral entro il 2040. Secondo un portavoce, attualmente il 62% del traffico ferroviario gestito dalla società è alimentato da energie rinnovabili.

 

Vento e microplastiche e minacciano le piante

Non solo dalle microplastiche accumulate nel suolo, una pianta deve difendersi anche da quelle diffuse dal vento. E, peggio ancora, dalle microplastiche rese ancora più tossiche dalle alte temperature e dall’azione dei raggi del sole.

È il tema di uno studio appena realizzato dall’università di Firenze. Una parte dello stesso team aveva già lavorato, un anno fa, a un altro esperimento per testare gli effetti delle microplastiche rilasciate nel suolo sulla crescita degli ortaggi (zucchine, in quel caso), ma ora per la prima volta − argomenta la ricerca − i risultati riportano prove degli effetti negativi sulla salute delle piante dell’inquinamento atmosferico da microplastiche.

Per simulare l’azione dell’aria nel trasporto delle microplastiche, le piante esaminate (del genere Tillandsia) sono state disposte all’interno di box progettati ad hoc, dove un sistema di ventole e di ricircolo dell’aria provvedeva a tenere sempre sospese le particelle. Inoltre, durante l’esperimento i polimeri sono stati ‘invecchiati’ artificialmente attraverso irradiazione UV e calore, per stimolare i processi a cui le particelle andrebbero normalmente incontro in atmosfera.

Risultato: una forte riduzione della crescita, ma anche un’alterazione dello stato fisiologico delle piante, con meno efficienza durante la fotosintesi e cambiamenti nei nutrienti contenuti nei tessuti della pianta.

Le plastiche somministrate sono fra le più comuni. Policarbonato (PC), polietilene (PE), polivinilcloruro (PVC), polietilentereftalato (PET). Tutti materiali contenuti normalmente nell’edilizia, nelle bottiglie di plastica, negli elettrodomestici, negli imballaggi. Ma ridotti, in questo caso, a meno di un micron di grandezza. Il più tossico? il PCV. Ma dopo il processo di invecchiamento il policarbonato diventa il più dannoso.

I prossimi esperimenti − spiegano dal gruppo di ricerca − potrebbero rivolgersi verso piante edibili, e utilizzare microplastiche di dimensioni ancora minori. Sono risultati che certificano la minaccia dell’inquinamento atmosferico da micro e nano plastiche: la loro dispersione dovrà essere monitorata per evitare che entrino in maniera massiva nella nostra catena alimentare attraverso le specie vegetali destinate al consumo animale ed umano.

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Il vetro diventa sempre più green e aumenta la sua crescita

Nonostante il caro energia e l’aumento dei prezzi delle materie prime, il settore del vetro reagisce rafforzando la capacità produttiva e investe in ambiente: è prevista la costruzione di cinque nuovi forni, mentre diminuiscono le emissioni di Co2.

La produzione di bottiglie, il packaging Doc per i prodotti di eccellenza del ‘made in Italy’, nei primi 9 mesi del 2021 ha registrato una crescita del 6% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente ed è prevista la realizzazione di nuovi forni per ampliare la capacità produttiva, confermando così la posizione dell’industria italiana dei contenitori al primo posto in Europa con il 21,3% di valore di produzione. Ma non solo la produzione ha tenuto duro negli anni di crisi, anche le performance ambientali e sociali hanno realizzato avanzamenti: le emissioni di CO 2 per tonnellata di vetro fuso evidenziano una costante diminuzione e, tra il 2016 e il 2020, sono calate del 6,2% e del 50% negli ultimi 40 anni. Il tasso di riciclo ha raggiunto il 78,6% e l’efficienza dell’utilizzo delle risorse risulta particolarmente elevata. È la panoramica dell’industria italiana del vetro integrata con un’anticipazione del nuovo Rapporto di Sostenibilità di Assovetro, l’Associazione Nazionale degli Industriali del Vetro aderente a Confindustria.

Il settore, seppur sottoposto a fortissime pressioni a causa del rincaro delle materie prime, dei trasporti e dell’energia – ha affermato Marco Ravasi, Presidente della sezione vetro cavo di Assovetro – è impegnato a garantire bottiglie e vasetti ai produttori delle eccellenze agroalimentari italiane e, per questo, abbiamo confermato investimenti nell’ampliamento di capacità produttiva e nella progettazione di nuovi forni. Il vetro, inoltre, bisogna ricordare, garantisce anche la sicurezza alimentare: dopo la pandemia, infatti, ben il 67% degli italiani si è detto preoccupato per la sicurezza alimentare e l’igiene dei contenitori”.

In Italia ci sono 14 aziende con 39 stabilimenti che producono packaging in vetro, 27 sono a nord, 7 al centro e 5 al sud e contano 7.800 addetti con un fatturato annuo di 2,4 milioni di euro. Le previsioni dell’industria del vetro italiana, tra il 2020 e il 2024, mostrano un trend in crescita: + 500 posti di lavoro, la messa in opera di ulteriori 5 forni di fusione con un investimento di 400 milioni di euro e con un aumento della produzione di 500 mila tonnellate di packaging in vetro l’anno e investimenti di 250 milioni di euro l’anno in impianti e macchinari.

Dal 2016 la produzione di contenitori è stata in costante aumento: mentre nel 2016 si producevano circa 4 milioni di tonnellate di packaging in vetro, nel 2020 si è arrivati a più di 4,4 milioni di tonnellate, le sole bottiglie nei primi 9 mesi del 2021 sono arrivate a 3 milioni di tonnellate (+6%) rispetto al 2020 e, per sopperire alla richiesta crescente di bottiglie è aumentato del 20% l’import. In flessione, invece, nei primi 9 mesi del 2021 la produzione di vasi alimentari che è calata del 6,6%. Tra il 2019 e il 2020 le “sinergie” vetro-ambiente hanno risultati positivi: la raccolta differenziata aumenta del 2,6% e il riciclo del 3,6% e il tasso di riciclo è passato, tra il 2019 e il 2020, dal 77,3% al 78,6, al di sopra del target europeo del 75% al 2030, pur impegnandosi ad arrivare al 90% nel 2030.

Il Rapporto di Sostenibilità di Assovetro, che ha coinvolto 19 Aziende, 15 produttrici di vetro cavo e 4 di vetro piano, rappresentando, nel loro complesso, il 90% della presenza industriale installata in Italia, rileva tutte le prestazioni ambientali, economiche e sociali del settore. Sotto il profilo ambientale, l’andamento delle emissioni di Co2 eq. per tonnellata di vetro fuso, evidenzia la costante diminuzione del valore considerato per unità di prodotto, in calo del 6,2% dal 2016 al 2020 e pari a 0,381 tonnellate di Co2 eq. nel 2020, valori che confermano come l’industria del vetro abbia significativamente migliorato le sue performance negli ultimi decenni, riducendo continuamente le sue emissioni. La produzione di vetro è un’attività energivora in quanto, per essere fuso e plasmato, il vetro deve raggiungere alte temperature. Il consumo di energia rappresenta quindi un indicatore chiave per il settore – sotto il duplice profilo economico e ambientale. L’indicatore di prestazione energetica è rimasto costante tra il 2016 e il 2020 e pari complessivamente a 0,17 TEP / Ton di vetro fuso.

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Il vetro è un materiale modello per l’economia circolare: grazie ad un efficace sistema di raccolta differenziata che garantisce l’adeguata qualità del rottame di vetro, il vetro può essere reimmesso nel ciclo produttivo infinite volte, senza perdere le caratteristiche originarie e senza alcun degrado qualitativo. L’impiego di rottame di vetro nella composizione della miscela vetrificabile consente il conseguimento di importanti risparmi energetici, sia indiretti con la sostituzione di materie prime ad alto contenuto energetico, sia diretti, legati cioè ad una riduzione dell’energia di fusione. Alta anche l’efficienza nell’utilizzo delle risorse: per una tonnellata di vetro fuso, è necessario un input di 1,1 tonnellate di materiali. In aumento anche i siti con certificazioni ambientali, oltre il 41% nel biennio 2019-2020.

L’industria del vetro è un’industria ad alta sostenibilità sociale. A fine 2020, le aziende italiane del vetro cavo e del vetro piano impiegavano, complessivamente, 11.738 addetti, con una crescita del 3,9% rispetto al 2016. Sotto il profilo contrattuale, i due comparti si caratterizzano per la predominanza di forme contrattuali stabili, con il 93,6% della forza lavoro impiegata con contratti di lavoro a tempo indeterminato; la percentuale sale al 96,7% se si considera la forza lavoro direttamente contrattualizzata dalle vetrerie, al netto cioè dei lavoratori impiegati con contratti di somministrazione.