Ucraina, dalle macerie della guerra la ricostruzione per un futuro green

Una società francese gestisce il progetto di recupero delle materie prime dai siti distrutti dagli attacchi russi

Riutilizzare le macerie della guerra per ricostruire un futuro green. Avvolti nella leggera foschia di un cantiere nel sud dell’Ucraina, operai con caschi rossi lavorano tra i resti di una scuola distrutta da un bombardamento russo. Quello che attualmente è solo un cumulo di macerie sarà riciclato per riparare i danni causati dal conflitto. Per farlo, il grande cumulo di detriti deve essere pazientemente smistato dai dipendenti, ex soldati ucraini smobilitati soprattutto per motivi di salute e reclutati dalla società francese Neo-Eco, specializzata nella procedura, a Lyubomyrivka, nella regione di Mykolaïv. “L’idea è di sbarazzarsi dei rifiuti, senza gettarli in discarica, e di riutilizzarli”, spiega Artem Soumara, che gestisce il progetto.

Basta dare un’occhiata alle macerie per immaginare l’aula che si trovava lì prima di essere distrutta durante i primi mesi della guerra del 2022. Un libro di fisica giace ancora tra i mattoni danneggiati, accanto ad alcuni quaderni strappati. Una volta completato il processo, alcune delle rovine della scuola potranno essere utilizzate per costruire strade, produrre cemento e fondamenta.

Tutto questo “non è facile”, ammette Soumara, e “riciclare è più difficile che comprare nuovo”. Ad esempio, i materiali troppo contaminati dall’amianto, molto diffuso in Ucraina, non possono essere riutilizzati così come sono. In ogni caso, il responsabile del progetto spera di riciclare almeno il 70% dei detriti.

Secondo Neo-Eco, il processo è meno inquinante rispetto all’utilizzo di nuovi materiali, poiché il settore edile è uno dei principali responsabili delle emissioni di CO2. I materiali prodotti in questo modo “costano meno di quelli nuovi”, assicura inoltre Soumara.

Questi aspetti sono cruciali per l’Ucraina, che vuole già iniziare la ricostruzione anche se i combattimenti continuano. La guerra ha causato danni immensi, soprattutto nella parte orientale e meridionale. Secondo la Banca Mondiale, circa il 10% del patrimonio abitativo del Paese è stato danneggiato o distrutto e Kiev stima che alla fine dello scorso anno la guerra avesse già generato 450 milioni di tonnellate di detriti. Un quantitativo decisamente eccessivo per la capacità delle discariche del Paese, che già faticava a riciclare prima dell’invasione. Se abbandonati, questi detriti potrebbero contaminare i campi e le foreste circostanti.

Neo-Eco ha utilizzato questa tecnica dopo l’esplosione del porto di Beirut nel 2020. Ma applicarla in una zona di guerra molto più difficile. Essere circondati da questa distruzione permette agli ex soldati che lavorano nel sito di sentire che “stanno aiutando la loro patria nel confronto con l’aggressore”, anche dopo aver deposto le armi, dice Nelli Iarovenko, la cui ong Mission East è partner del progetto.

Uno di loro, Volodymyr Vinokour, che è stato ferito da schegge sul fronte orientale, lo vede come un “ponte verso la vita civile”. “Ogni giorno avanziamo un po’ alla volta e trasformiamo l’edificio distrutto in qualcosa di nuovo. Stiamo cancellando le conseguenze della guerra”, afferma il 52enne.

Il compito sarà titanico. Il governatore della regione di Mykolaïv, Vitaly Kim, stima che solo il 30% delle migliaia di edifici danneggiati nella zona sia stato riparato, mentre i bombardamenti continuano a causare danni. Con i fondi pubblici ucraini “reindirizzati alle priorità della difesa”, “dipendiamo dall’aiuto dei nostri partner americani ed europei”, spiega. Il progetto Neo-Eco, ad esempio, riceve finanziamenti dalla Danimarca.

Con un budget limitato, i progetti di riutilizzo dei detriti sono “molto utili” perché “rispettosi dell’ambiente e meno costosi”, afferma il governatore, che in passato ha lavorato nel settore immobiliare. Ma è ben consapevole che questo approccio da solo non sarà sufficiente a “salvare la situazione”. Per il governatore, la ricostruzione deve iniziare senza aspettare la fine della guerra, perché molti progetti non saranno completati prima di anni. “Non abbiamo scelta – afferma – dobbiamo farlo ora”.