Viaggiare inquina. Secondo i dati pubblicati dall’Emissions Database for Global Atmospheric Research (EDGAR), nel 2020 il mondo dei trasporti è stato responsabile di circa un quinto del totale delle emissioni di CO2 a livello globale, arrivate a sfiorare i 36 miliardi di tonnellate. Dai numeri emerge anche il peso preponderante dei trasporti su strada in termini di inquinamento: auto, mezzi pesanti, autobus, veicoli commerciali e moto/scooter arrivano assieme al 78% delle emissioni generate dal settore. A seguire ci sono i mezzi marittimi (11%), gli aerei (8%) e i mezzi su rotaia (appena il 3%).
Il quadro si conferma simile, se non peggiore, restringendo l’analisi alla sola Unione europea. Secondo l’Agenzia europea per l’ambiente (Eea), attualmente i trasporti sono la fonte di circa un quarto delle emissioni di CO2 e la quota legata a veicoli su strada arriva a toccare il 71,7%, precedendo la navigazione (14,1%) e l’aviazione (13,4%). Non solo: a preoccupare è il trend legato al comparto mobilità, opposto a quello di tutti gli altri principali macrosettori. L’Eea, nel suo Transport and environment report 2021 evidenzia come le politiche in materia di clima ed energia nell’Ue hanno portato, tra il 2000 e il 2019, a riduzioni significative delle emissioni di gas serra in campi come la produzione di energia, l’industria manifatturiera, l’edilizia e l’agricoltura. Nei trasporti invece le emissioni totali di gas serra sono aumentate di oltre un terzo nello stesso lasso di tempo, mentre considerando soltanto i veicoli su strada il balzo è del 28%.
La situazione è senza dubbio destinata a migliorare nei prossimi anni, anche se con un ritmo quasi certamente non sufficiente per raggiungere i target di decarbonizzazione fissati da Bruxelles. In particolare, secondo la Commissione Ue le emissioni di CO2 dei trasporti saranno ancora superiori del 3,5% nel 2030 rispetto al 1990 e diminuiranno solo del 22% entro il 2050 rispetto ai livelli del 1990. Cifre ben lontane da quanto previsto nel Green Deal europeo dove, pur non essendo fissati obiettivi specifici per settore, si parlava della necessità di una riduzione del 90% delle emissioni di gas a effetto serra dai trasporti entro il 2050 (rispetto al 1990) per arrivare al traguardo complessivo della neutralità climatica nell’Ue. Non stupisce quindi la messa al bando, dopo mesi di trattative, in tutta l’Ue delle automobili a combustione a partire dal 2035. Anche perché, sempre secondo i dati dell’Eea riferiti al 2019, le automobili sono il mezzo di mobilità meno pulito, arrivando a produrre il 60,6% di tutte le emissioni del comparto trasporti.
La situazione italiana collima solo in parte con quella comunitaria, mostrando alcune peculiarità significativa del nostro paese. La quota dei trasporti sul totale di emissioni di gas serra si è attestata nel 2019 (dati dell’Ispra) al 25,2%, in linea quindi con il contesto complessivo dell’Ue. In Italia però si nota l’ancora più netta preponderanza del trasporto su strada dal quale deriva addirittura il 92,6% dell’inquinamento. Decisamente ridotto l’impatto della navigazione (4,3%) e dell’aviazione (2,3%), praticamente inesistente quello dei mezzi su rotaia (0,1%). Numeri che fotografano perfettamente l’eccessiva dipendenza dell’Italia nei confronti del trasporto su gomma e l’attuale arretratezza in tema di intermodalità gomma-ferro. Con un problema in più: il peso preponderante, rispetto a altri Paesi, dei carburanti fossili, con i consumi di gasolio e benzina che rappresentano circa l’88% del consumo totale su strada.
Per quanto riguarda il trend, le emissioni di gas serra dei trasporti in Italia sono aumentate del 3,2% tra il 1990 e il 2019, mentre quelle del trasporto su strada sono salite leggermente di più (+3,9%). Anche nel nostro Paese però sono attesi miglioramenti significativi, favoriti sia dalle politiche più green in tema di trasporti sia dall’evoluzione tecnologica. Secondo Ispra, nel 2030 le emissioni di CO2 da trasporto su strada diminuiranno del 39% rispetto al 1990, passando da circa 97 a 59 milioni di tonnellate: una tendenza, questa, nettamente migliore rispetto a quella complessiva dell’Ue. Entro il 2050 il calo proseguirà fino a raggiungere i 22 milioni di tonnellate.