Il grande Rinascimento o il grande deserto? A noi la scelta, ancora per poco

Non c’è bisogno di inventare granché. La maggior parte delle possibili soluzioni sono note, anche nel campo delle scienze economiche, per altre bisogna sostenere con forza la ricerca

cambiamento climatico

Ve li ricordate quelli che davano dei catastrofisti agli scienziati? C’erano quelli che, ancora 4-5 anni fa, ironizzavano sul fatto che facesse freddo a maggio a Milano fregandosene del fatto che la media della temperatura annuale continuasse a salire. Oggi invocano aiuti per l’agricoltura italiana, stremata.

In Gran Bretagna ci sono 40 gradi. Incendi devastanti nella Penisola Iberica. Siccità mai vista e zero termico a 4800 metri in Italia. La natura ce lo sta dicendo in maniera evidente: ‘Avete di fronte l’opportunità di avviare un grande Rinascimento globale. Oppure proseguire verso il disastro. Potete ancora scegliere, ma non per molto’.

Vanno fatte scelte immediate, con ricadute in tempi stretti (entro il 2030), oltre a quelle strategiche, per sostenere il cambiamento a medio e lungo termine. No, non basta quello che i governi hanno fatto sinora: significa trascurare la portata di quello che sta accadendo. Siamo in ritardo di molti anni e quindi non basta fare scelte normali, ma sono necessarie scelte più che straordinarie. Bisogna innanzi tutto agire sulla produzione energetica (subito, non tra 20-30 anni), anche favorendo con forti incentivi le comunità energetiche di autoproduzione (soprattutto solare) tra inquilini, condomini e piccole comunità. È possibile, a portata di mano. Soddisfare il fabbisogno civile in tempi brevi per concentrarsi sulla trasformazione più complessa del sistema produttivo (che deve comunque cambiare strutturalmente).

Ci sono alternative per la produzione di energia, così come per l’urbanistica (decisiva per adattamento e riduzione dell’impatto), per l’industria, per la gestione del territorio e di tutti gli ambienti, anche per l’agricoltura (quella intensiva contribuisce in maniera consistente alle emissioni): come ha ricordato Carlin Petrini, il fondatore di Slow Food, produciamo ogni anno cibo sufficiente per 12,5 miliardi di persone e siamo meno di 8 miliardi; significa che un terzo del cibo viene gettato nell’immondizia e senza avere comunque risolto il problema della fame del mondo.

Non c’è bisogno di inventare granché. La maggior parte delle possibili soluzioni sono note, anche nel campo delle scienze economiche, per altre bisogna sostenere con forza la ricerca. E ridurre l’enorme spreco, in ogni settore.

Perché il cambiamento climatico uccide e distrugge l’economia. Lo dimostrano i fatti di questi giorni, inequivocabili. Ma allargando lo sguardo possiamo apprezzare l’intero, precipitoso evolversi dei fatti che in questi anni ci hanno (noi umani) colpiti come fortissimi schiaffi in pieno volto: incendi e caldo insopportabile in tutta Europa; siccità e carestie terribili in tutto il globo; inondazioni o trombe d’aria a ripetizione, come accaduto anche in Sicilia nel novembre 2021.

Sono fatti drammatici che mettono a rischio le vite umane e l’economia, ma anche la sicurezza globale, perché accelerano le tensioni geopolitiche per le risorse, a partire da cibo e acqua.

Sono, però, fatti che sono stati ampiamente previsti dagli scienziati delle varie discipline, dall’economia alla climatologia. Previsioni che vengono ripetute da decenni e che ovviamente non riguardano il singolo evento ma la tendenza, il quadro che va realizzandosi. Inascoltati a lungo, addirittura irrisi in alcuni casi, gli scienziati hanno anche indicato la via: li ascoltiamo, finalmente?

(Photo credits: THIBAUD MORITZ / AFP)