A Bruxelles di nuovo rinviato il voto su auto a benzina e diesel

Ennesimo stop deciso dal Coreper ma per il momento non sono state fissate altre date. Il punto sulle auto rimosso dall'ordine del giorno del Consiglio Ue della prossima settimana

Rinviato a data da destinarsi. Perché anche oggi  il comitato dei rappresentanti permanenti presso l’Ue (Coreper) ha deciso, pochi minuti dopo essersi riunito in sessione, di rinviare di nuovo il voto sul regolamento sulle emissioni di auto e furgoni, che prevede anche lo stop all’immatricolazione di auto e furgoni con motore a combustione, diesel e benzina, a partire dal 2035. Per ora il punto è slittato come si diceva “a data da destinarsi”, precisano fonti diplomatiche. Dopo il via libera al Coreper, il testo del compromesso raggiunto a fine ottobre da Parlamento e Consiglio sarebbe finito sul tavolo del Consiglio Ue dell’Istruzione, gioventù, cultura, sport in programma martedì 7 marzo per il via libera formale, ma essendo slittato il voto di oggi tra gli ambasciatori le stesse fonti precisano che il punto sulle auto è stato rimosso anche dall’ordine del giorno del Consiglio Ue di prossima settimana.  La posizione italiana sulla vicenda è nota: il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha confermato che, quando ci sarà l’opportunità, voterà contro l’accordo con il Parlamento europeo sullo stop alla vendita dei motori a combustione, diesel e benzina, a partire dal 2035. Una revisione del regolamento sulle emissioni di nuove auto e furgoni parte dell’ambizioso pacchetto sul clima ‘Fit for 55’, presentato a luglio 2021 come strategia per abbattere le emissioni del 55% entro il 2030 come tappa intermedia per la neutralità climatica.

La transizione passa anche per le auto e per la mobilità, ma per l’attuale governo italiano il futuro non può essere solo elettrico. I Ventisette sono chiamati a dare il via libera a un accordo politico raggiunto con l’Eurocamera nella notte tra il 27 e il 28 ottobre scorso. L’Eurocamera ha confermato l’accordo con gli Stati nella scorsa plenaria di febbraio, mancava ora il passaggio formale tra gli ambasciatori al Coreper (comitato dei rappresentanti permanenti presso l’Ue) e poi in Consiglio dove è richiesta una maggioranza qualificata. L’Italia ha annunciato che voterà contro insieme alla Polonia, mentre la Bulgaria si asterrà. Questi tre Paesi da soli non bastano a formare una minoranza di blocco, è la Germania che ha sollevato alcune perplessità pur avendo sostenuto in passato l’accordo (come anche l’Italia). Urso rivendica il merito all’Italia di aver rilanciato il dibattito, di aver aperto una riflessione su un capitolo che sembrava chiuso.

Un “segnale d’allarme, una sveglia a tutta l’Europa a non dare nulla per scontato”, ha spiegato il ministro. “A dire che l’Italia c’è, è presente e lo saremo in ogni consesso in maniera qualificata e autorevole. Questa battaglia non è del governo di Giorgia Meloni, ma del Paese e dell’Italia“. Sul fronte dell’automotive, i dossier aperti su cui l’Italia punta ad alzare la voce sono quelli delle norme Euro 7 – su cui Roma rivendica il principio di neutralità tecnologica – e quelle relative ai veicoli pesanti. Ma, sintomo che anche il governo italiano è convinto che il provvedimento passerà, sul fascicolo al voto del Coreper, invece, Urso assicura che l’Italia non mette in dubbio le date del 2035 o del 2050, “ma chiediamo che ci sia una riflessione sulla base dei dati concreti che sono sotto gli occhi di tutti e che hanno portato le associazioni di imprese europee e i lavoratori europei a chiedere un cambio di passo alla Commissione”. L’appuntamento per l’Italia è un altro ed è il 2026 quando, se l’accordo otterrà il via libera, “con la clausola di revisione potremmo rimettere in discussione questo percorso in un clima molto diverso, con un nuovo Parlamento europeo in cui aumenta la consapevolezza che occorre cambiare e in una nuova Commissione che uscirà appunto il prossimo anno come indicazione dei diversi governi dell’Ue”.

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