Rapporto Res4Africa: “Accelerare parità di genere nella transizione energetica”

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La Fondazione RES4Africa ha presentato al Csew, la Cairo Sustainable Energy Week in corso nella capitale egiziana, il primo Rapporto sulle donne nel settore energetico, un’iniziativa che mira a sottolineare l’importanza della parità di genere nella transizione energetica, evidenziando azioni concrete per garantire che sia equa e accessibile a tutte le donne coinvolte, non solo nel settore energetico ma anche lungo tutta la catena di approvvigionamento. Redatta da Rima Jreich, Responsabile Senior delle Politiche e della Regolamentazione di Res4Africa, l’analisi mette in evidenza il fatto che le donne sono ancora sottorappresentate nel settore energetico, specialmente nelle posizioni legate alle STEM (Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica) e nei ruoli dirigenziali. Sebbene la loro partecipazione nel settore delle energie rinnovabili sia in realtà più alta (32%) rispetto all’industria del petrolio e del gas (22%), i dati di Deloitte, McKinsey e del Global Energy Talent Index rivelano numeri peggiori: solo l’8% delle donne è impiegato nel settore energetico convenzionale e al massimo il 14% nel campo delle energie rinnovabili. E nonostante il settore delle rinnovabili attiri appunto maggiormente le donne, la gran parte dei loro ruoli rimane limitata ad ambiti amministrativi, con solo il 28% impiegato in ruoli STEM. Escludendo dunque le occupazione ‘amministrative’, il tasso di partecipazione femminile scende drasticamente al 20%.

La situazione è ancor più allarmante in Medio Oriente e Nord Africa (la cosiddetta area Mena). Qui, solo il 20% delle donne è attivamente impiegato o in cerca di lavoro, una cifra che rappresenta meno della metà della media globale. Anche se il 50% delle donne nella Mena possiede lauree STEM, la loro partecipazione nel settore energetico è bassissima: meno del 10% della forza lavoro. In Marocco, per esempio, solo il 7,5% delle donne occupa posizioni lavorative, e nei ruoli dirigenziali la percentuale è persino inferiore al 10%. La mancanza di rappresentanza femminile in posizioni di leadership complica di conseguenza il reclutamento di donne leader nel settore. Il rapporto evidenzia anche disparità salariali significative, con le donne che guadagnano in media il 20% in meno rispetto ai loro colleghi maschi. Questo gap retributivo è aggravato dalla mancanza di disposizioni legali per garantire una retribuzione equa.

Sul fronte della formazione, a livello globale solo il 35% delle donne consegue lauree in STEM, con settori come le tecnologie dell’informazione che mostrano una rappresentanza femminile molto bassa. Tuttavia, ci sono segni di miglioramento: in alcune aree della Mena, come gli Emirati Arabi Uniti e l’Algeria, le donne rappresentano quasi la metà della popolazione studentesca STEM. Nonostante ciò, l’accesso al mercato del lavoro rimane problematico. In Egitto, ad esempio, meno del 10% delle donne è presente nelle professioni scientifiche e ingegneristiche. In Marocco, tuttavia, sono in corso diverse iniziative per incoraggiare le donne a intraprendere percorsi di istruzione legati all’energia e a costruire una carriera nel settore energetico. Queste includono programmi di formazione e capacità dell’Ocse e programmi di formazione e mentoring della WECF (Women Engage for a Common Future). Anne Barre, Coordinator Gender & Climate Policy del WECF, specifica che “la transizione energetica è uno dei settori più importanti in termini di potenziale di creazione di posti di lavoro e rappresenta un’opportunità per le donne di migliorare il loro accesso alla formazione tecnica e alla leadership, allo sviluppo delle competenze e a lavori di alta qualità. È per questo che la WECF lavora a programmi di formazione in collaborazione con diverse organizzazioni, università e aziende. Alcuni programmi si concentrano sulle donne e sulla povertà energetica, sulla dimensione di genere del risparmio energetico e dell’accesso all’energia, mentre altri programmi forniscono alle donne le competenze necessarie per i settori del riscaldamento e del raffreddamento“.

La transizione energetica – sottolinea infine il rapporto di Res4Africa – richiederà “individui con una formazione di livello superiore nei campi STEM, ma anche con competenze e studi generici”. Programmi su misura con una prospettiva di genere devono dunque “affrontare competenze specifiche sia per soluzioni su larga scala che decentralizzate; tecnologia e infrastruttura per la produzione di idrogeno verde, produzione e infrastruttura di veicoli elettrici, digitalizzazione, stoccaggio di energia, innovazione e imprenditorialità, tra gli altri”. Inoltre, si legge ancora nell’analisi, “l’imprenditorialità femminile nel settore energetico deve essere promossa e incoraggiata. Le donne non sono solo consumatrici, ma anche produttrici e promotrici di un uso sostenibile dell’energia. Se valorizzate, le donne potrebbero svolgere un ruolo centrale nel contribuire a un futuro verde e a un’economia giusta. In questo contesto, è necessario fornire supporto finanziario e investimenti nelle imprese di proprietà femminile che utilizzano pratiche sostenibili lungo la catena di approvvigionamento”.

Piano Mattei, a Roma incontro fra istituzioni, rappresentanti di Stati africani e aziende

Si è tenuto ieri sera l’incontro “L’Italia, ponte geopolitico fra Europa e Stati Africani” che ha visto ambasciatori, ministri, segretari e rappresentanti istituzionali di numerosi Stati africani confrontarsi con le istituzioni italiane e i rappresentanti di alcune delle principali aziende del nostro Paese – fra cui ITA Airways, Snam, Intesa, Duferco Energia, Eni, Enel, Edison, ENEA, Acea, Saipem e Terna – coinvolte in importanti progetti di investimento in Africa. Il summit, ideato da Fondazione Articolo 49, in collaborazione con l’Ambasciata del Regno del Marocco, è stato organizzato con l’obiettivo di rilanciare la cooperazione tra l’Unione Europea e l’Africa, in particolare nei settori dell’energia e degli investimenti per lo sviluppo.

Il Presidente del Senato, Ignazio La Russa, in un messaggio letto in apertura ha espresso apprezzamento “per l’impegno di dialogo, confronto e cooperazione” che ha contraddistinto l’iniziativa e ha auspicato che i lavori congressuali “sapranno tradursi in una preziosa opportunità per confermare il ruolo centrale del nostro Paese e dare impulso a nuove e efficaci  collaborazioni tra Europa e Nazioni africane”.

Numerosi gli interventi istituzionali, oltre al messaggio del Presidente del Senato La Russa, anche i contributi dell’Ambasciatore del Regno del Marocco presso l’Italia e Rappresentante permanente presso le agenzie Onu a Roma, Youssef Balla; del presidente di Fondazione Articolo 49 Andrea Poli; del Ministro degli Affari Esteri della Repubblica Unita della Tanzania Mahmud T. Kombo; del presidente della Commissione Esteri del Senato Stefania Craxi; dell’Ambasciatrice della Repubblica dell’Uganda e Vice Decano del Gruppo degli Ambasciatori africani in Italia Elizabeth Paula Napeyok; dell’ambasciatore e segretario generale del Ministero degli Esteri e della cooperazione internazionale Riccardo Guariglia; del responsabile relazioni pubbliche dell’ufficio del Parlamento europeo Fabrizio Spada. Ha presenziato anche  Massimo Riccardo, inviato speciale del Ministero degli Esteri per il Piano Mattei.

“Dal primo momento del rilancio del Piano Mattei abbiamo manifestato grande interesse, con una presenza di gran peso anche del presidente del Governo – ha detto Youssef Balla, Ambasciatore del Regno del Marocco presso l’Italia e Rappresentante permanente presso le agenzie Onu a Roma – Il Marocco, infatti, è stato riconosciuto come prioritario nel Piano Mattei in materie di energie rinnovabili e, in effetti, è già leader nel mondo in questo settore: oggi produciamo il 42% dell’elettricità grazie alle rinnovabili e arriveremo al 52% nel 2030. Ma puntiamo anche ad altri tipi di energie, come l’idrogeno verde. Il nostro Paese è una grande promessa per l’energia verde perché può arrivare a coprire anche il 4% della produzione mondiale”. 

“Grazie al rapporto che negli anni si è creato tra Italia e Tanzania, ci sia un grande spazio oggi per far crescere questa relazione, anche attraverso progetti come il Piano Mattei – ha detto Mahmud T. Kombo, Ministro degli Affari Esteri della Repubblica Unita della Tanzania – E credo che, in vista di quanto l’Italia ha proposto all’Africa per il Piano Mattei, la Tanzania possa essere un buon modello. Quando abbiamo avuto in Tanzania la comitiva italiana per il Piano Mattei, io ero ambasciatore. Insieme, abbiamo identificato cinque settori chiave in cui i due Paesi avrebbero potuto lavorare insieme. Questi sono: il settore agroalimentare, quello dei minerali, il turismo, l’import/export e, infine, l’educazione e il training sulla costruzione e la guida di pmi di successo. L’Italia ha mostrato al mondo come fare, la Tanzania può replicare questo modello”.

“Il Mediterraneo nella sua accezione allargata è parte imprescindibile della nostra proiezione esterna – ha detto  Stefania Craxi, presidente della Commissione Esteri del Senato – Bene ha fatto il governo a rimettere nell’agenda europea il tema del Mediterraneo e dell’Africa, che è la naturale proiezione dello sviluppo europeo. È questa la valenza del Piano Mattei. In questi anni abbiamo fatto l’errore di guardare all’Africa in termini securitari, è il momento di cominciare a guardare a questo continente in termini di opportunità e di sviluppo condiviso”. 

Siamo qui per consolidare il legame tra l’Africa e l’Italia, in modo particolare nel campo dell’energia – ha detto Elizabeth Paula Napeyok, Ambasciatrice della Repubblica dell’Uganda e Vice Decano del Gruppo degli Ambasciatori africani in Italia – Il nostro intento è quello di rafforzare una partnership essenziale, una collaborazione  che ha fondamenta solide e promettenti, di cui la partnership energetica rappresenta la massima espressione. Non si tratta solo di dare una risposta alle crescenti esigenze energetiche dei due Stati, ma di farlo promuovendo uno sviluppo sostenibile”. E ha aggiunto “L’Africa, con le sue abbondanti risorse naturali, offre un potenziale immenso per la produzione di energia rinnovabile in Italia, un Paese che con il suo know-how e le sue tecnologie avanzate, riveste un ruolo fondamentale nel sostenere il nostro impegno per sfruttare le risorse in maniera sostenibile ed efficace”.

 

“La nostra posizione al centro del Mediterraneo e i tradizionali legami di amicizia tra i nostri popoli ci rafforzano nella convinzione che l’Italia sia effettivamente il ponte tra l’Europa e il continente africano – ha detto Riccardo Guariglia, ambasciatore e segretario generale del Ministero degli Esteri e della cooperazione internazionale – Un ponte che rende il nostro Paese un hub energetico per l’UE, con positivi dividendi innanzitutto per il continente africano. Infatti, come il vicepresidente del Consiglio e Ministro degli Esteri Antonio Tajani sottolinea molto spesso, l’Africa va guardata attraverso lenti africane, instaurando col continente un dialogo paritario. Questo è fondamentale e questa è pure l’impostazione del piano Mattei”.  

L’Europa per investimenti pubblici è il partner principale dell’Africa – ha detto Fabrizio Spada, responsabile relazioni pubbliche dell’ufficio del Parlamento europeo – investiremo nei prossimi anni 150 miliardi e naturalmente a questi si aggiungono tutti gli investimenti delle imprese private che sono estremamente importanti. Si sta evolvendo il rapporto fra Unione Europea e Africa in maniera molto positiva, sta diventando un partenariato in cui viene sottolineata anche la dimensione sociale, energetica, la cooperazione allo sviluppo e questo deve tenere conto anche delle evoluzioni demografiche che ci saranno nei prossimi decenni: oggi nell’Unione Europea ci sono 450 milioni di persone, in Africa 1 miliardo e 300 milioni di persone, se l’attuale trend demografico continuerà, nel 2100 viene calcolato che l’Unione Europea avrà diminuito leggermente i propri abitanti – saremo 420 milioni – mentre l’Africa avrà più di 4 miliardi di persone e, naturalmente, diventerà un partner sempre più importante per l’UE. Il Piano Mattei secondo me si sposerà molto bene con i fondi comunitari che vengono erogati già attualmente. Anche questo convegno è utile nell’ottica di riflettere sull’evoluzione della cooperazione tra Europa, Italia e Africa nei prossimi anni”. 

Il direttore di Gea, Green Economy Agency, agenzia di stampa dedicata ai temi della sostenibilità, che ha moderato l’incontro, ha sottolineato l’importanza di questo genere di eventi capaci di creare momenti di incontro su temi centrali per la competitività del nostro Paese inseriti in scenari sempre più complessi: “È un motivo di orgoglio per me, per la fondazione e per Gea riunire la maggior parte degli stati africani e delle aziende di vertice italiane per un prezioso confronto sul Piano Mattei e sugli sviluppi pratici nell’immediato futuro – ha detto Vittorio Oreggia, direttore di Gea – Fondazione Articolo 49 e Gea sono ponti per connettere Africa, Europa e aziende italiane nel rispetto dei reciproci interessi. La speranza è che questo possa essere il primo di una lunga e profittevole serie di incontri”.

L’evento si è svolto in collaborazione con l’Ufficio del Parlamento Ue in Italia e ha ricevuto il patrocinio del Senato della Repubblica, del Ministero degli Esteri, del Ministero dell’Ambiente, della Sicurezza Energetica, del Ministero delle Imprese e del Made in Italy e di ENEA.

Piano Mattei, Kombo (Tanzania): Ottima soluzione per l’Africa, Tanzania Paese modello

“Sono stato qui in Italia per quasi tre anni come ambasciatore e credo che siamo riusciti a elevare le relazioni Italia-Tanzania di gran lunga: il numero di turisti è aumentato, il numero di investimenti è aumentato, il numero di esportazioni e importazioni sia dalla Tanzania all’Italia o dall’Italia alla Tanzania, abbiamo introdotto nuovi prodotti. Credo che al punto in cui siamo arrivati, ci sia un grande spazio per incrementare queste relazioni. Con programmi come il piano Mattei aumenterà ulteriormente la cooperazione dell’Italia in Africa, ma una cosa che voglio sottolineare qui, che è molto importante, la Tanzania e l’Italia hanno una relazione speciale molto unica da oltre 60 anni dalla nostra indipendenza e una di queste è la migrazione inversa di italiani che migrano di più in Tanzania. Noi non abbiamo questa migrazione inversa, abbiamo più italiani che migrano a Zanzibar, che hanno lì la loro seconda casa. Investono a Zanzibar e alcuni di loro sono lì da 30-35-40 anni, compresi i missionari e le missionarie e ci hanno insegnato molto sulla coltivazione della vite e sulla produzione del vino, che ora sta quasi raggiungendo il livello del vino italiano. Quindi c’è molta cooperazione e c’è molto spazio per il miglioramento. Credo che l’intero programma piano Mattei del piano che il governo italiano ha proposto per l’Africa possa essere un’ottima soluzione e la Tanzania possa essere un ottimo modello per questo piano”. Così Mahmud T. Kombo, ministro degli Esteri della Repubblica Unita della Tanzania, a margine dell’evento organizzato da Fondazione Articolo 49 ‘Nuove energie tra Europa e Africa’, che si è tenuta nella residenza dell’ambasciatore del Marocco in Italia, a Roma.

Piano Mattei, De Iuliis (Enea): Italia ponte geografico e culturale con Africa

“Collaboriamo con con l’Africa nel campo energetico, nelle rinnovabili per il grande potenziale. Abbiamo sviluppato insieme a loro grandi impianti, in Marocco, Egitto Mozambico e speriamo di poter sfruttare l’occasione anche del Piano Mattei per portare avanti questa collaborazione di mutuo beneficio, anche per dal punto di vista dell’impatto sociale, oltre che economico ed ambientale L’Italia è fondamentale per la sua posizione, per i rapporti di collaborazione anche che abbiamo soprattutto con il Mediterraneo: Siamo un ponte già geografico, quindi possiamo diventarlo anche dal punto di vista culturale”. Lo ha detto Simona De Iuliis, responsabile della Sezione Supporto Tecnico Strategico (TERIN-STS) di Enea, a margine dell’evento organizzato da Fondazione Articolo 49 ‘Nuove energie tra Europa e Africa’, che si è tenuto nella residenza dell’ambasciatore del Marocco in Italia, a Roma.

Africa, Craxi: Fare modo che Mediterraneo diventi una comunità di destino

“L’Italia, con un Mediterraneo instabile, dopo la Guerra Fredda aveva perso questo ruolo ed è ora ritornata a essere un paese di frontiera, la nostra frontiera è il Sud del mondo, credo che noi dobbiamo fare un grandissimo sforzo in Italia e in Europa per fare in modo che quel Mediterraneo diventi veramente una comunità di destino”. Lo ha detto a Gea Stefania Craxi, presidente della commissione Esteri del Senato, a margine dell’evento organizzato da Fondazione Articolo 49 ‘Nuove energie tra Europa e Africa’, che si è tenuto nella residenza dell’ambasciatore del Marocco in Italia, a Roma.

Africa, Craxi: Da Prima Repubblica ereditiamo immagine positiva di non invasività

“L’Italia eredità dalla prima Repubblica un’immagine positiva nel Mediterraneo di non invasività. Siamo un Paese Mediterraneo, tutto il nostro rapportarci col mondo è frutto della cultura Mediterranea e la posta in gioco è molto chiara: o un Mediterraneo pacifico, luogo di scambi, di incontro tra culture diverse oppure guerre, immigrazione incontrollata e caos”. Lo ha detto a Gea Stefania Craxi, presidente della commissione Esteri del Senato, a margine dell’evento organizzato da Fondazione Articolo 49 ‘Nuove energie tra Europa e Africa’, che si è tenuto nella residenza dell’ambasciatore del Marocco in Italia, a Roma.

Pichetto: “Le e-car sono il futuro, ma ora diciamo no alla monocultura dell’elettrico”

Le e-car saranno sicuramente il futuro “tra 15-20 anni“, ma per il momento l’Italia dice “no alla monocultura dell’elettrico“. Parola di Gilberto Pichetto. Il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, ospite del panel sui cambiamenti climatici alla quinta edizione della ‘Venice Soft Power Conference‘, riprende la vecchia ‘battaglia‘ sulla neutralità tecnologica e annuncia una delle prime mosse che il governo intende portare avanti una volta che si sarà insediata la nuova Commissione Ue: “Chiederemo di iscrivere i biocarburanti nella tassonomia europea, allargando il loro uso oltre aviazione e marina“.

Il concetto base non cambia: “Per raggiungere i nostri ambiziosi obiettivi dobbiamo fare in modo che la politica climatica vada di pari passo con la nostra economia e la nostra società”, dunque anche l’Europa deve attivarsi per tenere insieme la tutela ambientale, i target climatici ma anche la sostenibilità per le tasche dei cittadini. Altrimenti “il rischio che si corre è di introdurre riforme e provvedimenti che rendano la transizione ecologica invisa all’opinione pubblica – avverte -. Che il cambiamento sia vissuto come un peso, un limite, non come un’opportunità”. Non a caso, sfruttare appieno le opportunità che arrivano dallo sviluppo della tecnologia è proprio la strada che Roma suggerisce a Bruxelles: “Non abbiamo bisogno di un’Europa proibizionista, ma di un’Europa innovativa che ponga le esigenze economiche, finanziarie e sociali dei suoi cittadini al centro del futuro approvvigionamento energetico”.

In questo senso non si può rinviare ancora la discussione su uno dei temi maggiormente divisivi nel dibattito pubblico e politico. “Sul nucleare il Parlamento si è espresso per andare avanti con ricerca e sperimentazione, ma tutte le forze politiche devono essere coscienti, e ancor di più lo devono essere i cittadini, perché ci sono stati due referendum sul tema, che senza questa tecnologia non ci sono altre forme di energia per raggiungere gli obiettivi”, sia energetici che ambientali.

Le sole fonti alternative non bastano è mantra ripetuto spesso da chi ha responsabilità di governo. Ma Pichetto coglie l’occasione per togliersi anche qualche sassolino dalle scarpe: “Il problema del consenso è fondamentale, anche se colgo qualche contraddizione in chi a Roma ci accusa di essere negazionisti e poi blocca le rinnovabili a livello locale dove governa”. Ogni riferimento al braccio di ferro con la Sardegna sulla legge per le aree idonee dove installare nuovi impianti, appare puramente voluto.

Nel discorso, molto articolato, che il ministro porta al tavolo della discussione a Venezia, c’è anche la necessità di cambiare approccio con i Paesi da cui oggi ci forniamo per gli approvvigionamenti energetici. Primo tra tutti l’Africa. L’Italia ha lanciato da tempo il Piano Mattei: “Il nostro Governo vuole invertire la rotta, puntando a un cambio di prospettiva per costruire con i nostri vicini della sponda Sud del Mediterraneo un rapporto partitario e non predatorio”, assicura Pichetto. Che allarga la riflessione: “Il Piano Mattei incarna una missione storica dell’Italia, che oggi si riprende con orgoglio il proprio spazio” nel Mediterraneo, dove “riveste un ruolo cruciale” anche come “ponte” con l’Europa.

Ma i vantaggi sono potenzialmente più ampi e importanti, per tutti. Perché “la diffusione delle rinnovabili in Nord Africa è un contributo essenziale alla transizione energetica, sia diminuendo le emissioni globali complessive sia fornendo energia pulita da esportare nell’Europa che ne ha bisogno”. La stagione politica è ripresa.

Il G7 lavora su Africa, Medioriente, Ucraina. Meloni: “C’è già consenso su documento finale”

Photo credit: Palazzo Chigi

La giornata è stata densa, ma il “consenso dei leader è già unanime”. Al termine del primo giorno del G7 a Borgo Egnazia, in Puglia, Giorgia Meloni si dice “molto soddisfatta” del confronto e dei risultati. Quattro le sessioni di lavoro: Africa, Medioriente, due sull’Ucraina. Si aggiunge, a margine, un evento sulla Partnership for Global Infrastructure and Investment. La presidenza italiana vuole dedicare ampio spazio all’Africa, con un approccio “diverso dal passato”, ricorda la premier, in linea con il Piano Mattei. La Partnership for Global Infrastructure and Investment prevede infatti di stanziare 250 miliardi di dollari per l’Africa. Per il Sudafrica e l’Africa sub-sahariana “sono già stati pagati 33 miliardi di dollari“, ricorda la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ribadendo che il Continente ha bisogno di “maggiori investimenti privati”. In questo senso la prossima conferenza Ue-Egittomostrerà la via da seguire“, anticipa.

Per accelerare tutte le iniziative in Africa, si pensa di coordinare le azioni finanziarie: “Sono orgogliosa di annunciare la creazione con la Banca africana di sviluppo di strumenti innovativi finanziari a disposizione di coloro che sono interessati“, spiega Meloni. Il presidente William Ruto del Kenya rivendica che l’Africa “non è parte del problema, è parte della soluzione”. “L’Africa non chiede la carità ma chiede di competere per uguaglianza e non si può fare se non ha infrastrutture, è la nostra priorità“, assicura Meloni. La seconda è che i governi “non possono agire da soli e neppure il settore privato e le banche di sviluppo ma insieme possiamo farcela. Vogliamo trasformare gli impegni in concretezza“, scandisce. I conflitti, la necessità di investire nelle infrastrutture, nelle telecomunicazioni, nel digitale, ma anche nel settore energetico sono le sfide che si presentano al mondo, davanti a un Continente in fortissima crescita demografica, tra i primi a sperimentare le conseguenze del cambiamento climatico.

Serve un maggiore accesso al capitale. Dobbiamo stare dalla parte giusta”, rileva il presidente del Consiglio europeo Charles Michel, parlando di un partenariato “basato sulla fiducia, sul rispetto”. Non potrebbe essere più d’accordo di così su questo approccio l’Ad di Eni, Claudio Descalzi, che invoca un “cambio di rotta radicale” sul Continente, adottando una visione politica “in grado di colmare il divario e che permetta all’Africa di diventare un partner paritario“: “Dobbiamo riconquistare credibilità – insiste – ed esprimere un vero interesse per le esigenze locali e condividere i rischi“. Ad esempio, l’80% del gas prodotto da Eni in Africa è rimasto nel Continente e questo “ha prodotto un clima di fiducia reciproca“. Anche Enel continua a investire. In Marocco, Sudafrica e Zambia, 2,5 miliardi sono andati al settore delle energie rinnovabili. “Per noi l’Africa rappresenta un’opportunità perché ha un potenziale più alto per la generazione di rinnovabili rispetto all’Europa, inoltre lo sviluppo di nuove tecnologie può aumentare la produttività degli impianti e ridurre il costo dell’energia“, afferma l’ad Flavio Cattaneo. Tra l’altro, aggiunge: “Per l’Africa questo apre la possibilità di esportare energia pulita in Europa tramite l’Elmed, aiutando l’Africa stessa a ridurre la sua dipendenza dall’Europa, e l’Europa potrebbe beneficiare di un calo dei prezzi e della diversificazione delle forniture“.

Della necessità di un approccio sistemico parla il ceo di Cdp, Dario Scannapieco, proponendo tre strategie: risorse pubbliche per ridurre i rischi, contributi finanziari a livello multilaterale e un coinvolgimento maggiore del settore privato. Sace supporta progetti in infrastrutture, tecnologie ed energia in Africa per 5 miliardi di euro: “Questo è il risultato delle grandi potenzialità che abbiamo colto nel Continente dall’avvio del Piano Mattei. A conferma del nostro ruolo di catalizzatore di crescita, rafforzeremo la nostra presenza con l’apertura di un nuovo ufficio a Rabat in Marocco”, annuncia l’ad Alessandra Ricci.

Pgii, global gateway e Piano Mattei sono i tre pilastri della strategia per l’Africa. L’obiettivo, per Meloni, è “creare una sinergia tra i progetti, per ottenere maggiori benefici per tutti“.

A Parigi un vertice senza precedenti per porre fine ai metodi di cottura inquinanti

Circa 2,3 miliardi di persone cucinano ancora bruciando legna, carbone o altri combustibili in sistemi rudimentali e inquinanti: un problema sanitario, sociale e climatico di primaria importanza che sarà al centro di un incontro senza precedenti organizzato a Parigi martedì. Secondo un rapporto dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (Aie), della Banca Africana di Sviluppo (Adb) e delle Nazioni Unite, che ha lanciato l’allarme l’anno scorso, oggi un terzo della popolazione mondiale utilizza fornelli aperti o stufe rudimentali alimentate a legna, carbone, carbone, paraffina, rifiuti agricoli o sterco. La combustione di questi materiali inquina l’aria interna ed esterna con particelle sottili che penetrano nei polmoni e causano molteplici problemi respiratori e cardiovascolari, tra cui cancro e ictus. I fumi causano 3,7 milioni di morti all’anno, la terza causa di morte prematura nel mondo e la seconda in Africa. Nei bambini piccoli è una delle principali cause di polmonite. Le vittime principali sono le donne e i bambini, che ogni giorno trascorrono ore alla ricerca di combustibile, tempo che non viene dedicato alla scuola.

Governi, istituzioni, Onu, imprese… circa 800 partecipanti e rappresentanti di 50 Paesi sono attesi martedì presso la sede dell’Unesco su invito dell’Aie, dell’Adb e dei leader di Tanzania e Norvegia. L’obiettivo principale di questo incontro, che si concentrerà principalmente sull’Africa, la prima zona interessata, è quello di riunire gli impegni, sia finanziari che in termini di progetti, i cui dettagli e importi saranno resi noti a mezzogiorno. “Sarà un incontro senza precedenti, ma soprattutto vuole essere un evento che ci permetta di cambiare direzione“, ha dichiarato ai giornalisti Laura Cozzi, Direttore Sostenibilità e Tecnologia dell’Aie, che segue il tema da 25 anni. Il tema dei metodi di cottura “è trasversale, tocca tante questioni, è ora di metterlo al centro dell’attenzione“. Promette “un vero e proprio sforzo di mobilitazione” e si aspetta che vengano annunciate cifre “molto, molto incoraggianti“.

Un altro problema è rappresentato dalle emissioni di metano (spesso legate a una cattiva combustione), oltre che dalla deforestazione, che è una delle principali cause del riscaldamento globale. Secondo l’Aie, un’emanazione dell’Ocse, il passaggio a strumenti di cottura “puliti” entro il 2030 farebbe risparmiare al pianeta 1,5 miliardi di tonnellate di gas serra all’anno (CO2 equivalente), pari alle emissioni del trasporto aereo e marittimo (su circa 50 miliardi di tonnellate all’anno). I progressi sono stati compiuti nei principali Paesi asiatici, con un miliardo di persone che dal 2010 si sono dotate di apparecchi di cottura meno dannosi (alimentati con energia solare, biogas o addirittura gas di petrolio liquefatto). Ma quattro famiglie su cinque nell’Africa subsahariana ne sono ancora sprovviste e la situazione sta peggiorando. “Ci sono stati dei progressi in Kenya, Ghana, Tanzania… ma quello che stiamo vedendo è che la crescita della popolazione sta superando i progressi” in questo continente, avverte Daniel Wetzel, esperto dell’Aie.

Tuttavia, le somme stimate necessarie restano modeste, osserva l’agenzia: per risolvere gran parte del problema in Africa entro il 2030 sarebbero necessari 4 miliardi di dollari all’anno, mentre attualmente si investono solo 2 miliardi di dollari, soprattutto nel resto del mondo. L’Aie sottolinea che si tratta di “una minuscola frazione” degli investimenti globali nel settore energetico (2.800 miliardi di dollari entro il 2023). “Eppure è difficile immaginare una misura più efficace per dollaro investito”, sottolinea Wetzel. “È ovvio che dobbiamo darci da fare“. L’introduzione di piani d’azione proattivi a livello nazionale, l’abolizione delle tasse e delle restrizioni all’importazione di questo tipo di apparecchiature… sono tutte misure necessarie. Anche il sostegno finanziario è essenziale, aggiungono gli esperti: la maggior parte delle famiglie africane prive di attrezzature adeguate non può permettersi un fornello o un combustibile appropriato senza aiuti o incentivi.

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Piano Mattei, Mattarella: “Collaborazione paritaria con l’Africa. Futuro comune con Ue”

La stabilità dell’Africa resta uno dei temi prioritari dell’agenda internazionale. Un concetto ribadito dal capo dello Stato, Sergio Mattarella, anche nella seconda tappa del suo viaggio nel continente africano, al termine dell’incontro al Palazzo Presidenziale di Accra con Nana Addo Dankwa Akufo-Add, presidente della Repubblica del Ghana, Paese che l’Italia considera “un esempio virtuoso di democrazia, un modello che può trasmettere anche ad altri l’importanza della democrazia”, soprattutto in questa fase storica in cui alcune nazioni dell’Africa occidentale “il sistema democratico sembra davvero vacillare”.

Mattarella ricorda come “anche grazie alle riforme intraprese, il Ghana sta superando con successo la crisi economica e finanziaria che l’ha messa a dura prova nel periodo passato”. Del resto si tratta di un “partner fondamentale” per l’Italia “nell’ambito del partenariato tra Africa ed Europa, che intendiamo fondato sul reciproco rispetto, sul rapporto paritario e di collaborazione che giova a entrambe le parti”, spiega il presidente della Repubblica. Perché, a suo modo di vedere, “il futuro di Africa ed Europa è necessariamente comune”, dice confermando la visione già espressa più volte.

Sono tanti i temi su cui è possibile unire le forze, ma è necessario coltivare gli stessi valori. Come accade a Ghana e Italia, “che si ispirano a multilateralismo, dialogo fra tutti i Paesi, pace e alla convinzione che la strada intrapresa in alcune parti del mondo, in Europa, in Africa, in Medio Oriente, per la sopraffazione della guerra, è quella sbagliata”, sottolinea Mattarella. Per questo serve “il rafforzamento delle Nazioni Unite” con la “necessaria” riforma del Consiglio di sicurezza. Per affrontare le “sfide che abbiamo di fronte come umanità, anzitutto quella del clima, che richiedono una grande collaborazione internazionale, impossibile in uno scenario di contrapposizione”.

Roma e Accra, però, hanno “anche una tradizionale, grande collaborazione sul versante energetico, che è un aspetto importante del nostro partenariato”, mette in luce Mattarella. Ricordando che l’Eni è presente in Ghana “da tanto tempo e continuerà ad esserlo certamente, una volta superate le difficoltà” per una cooperazione “che si manterrà e si svilupperà”.

In questo quadro si inserisce “il Piano Mattei che il governo italiano ha lanciato, evocando un protagonista dell’amicizia tra Africa ed Europa e dell’amicizia per l’indipendenza allora conseguita dai Paesi africani”, spiega. Un progetto alla cui base c’è “la volontà di collaborare sul piano paritario, secondo le esigenze e le indicazioni dei Paesi africani, cercando di coinvolgere in questo l’intera Europa”.

Nel discorso del presidente della Repubblica c’è spazio per ricordare il comune impegno contro la pirateria e i traffici illeciti nel Golfo di Guinea: “Un impegno che è importante mantenere fermo”. Anche grazie alla presenza del pattugliatore d’altura ‘Bettica‘ della Marina Militare italiana, che collabora a “questo scopo comune, per la sicurezza della libertà di navigazione”.