Studio Wwa: “Crisi climatica raddoppia possibilità alluvioni mortali”

La tempesta Boris, che nelle scorse settimane ha sferzato ampie aree dell’Europa Centrale e provocato successivamente l’alluvione in Emilia-Romagna, è stata resa due volte più probabile dal cambiamento climatico. A rivelarlo è uno studio di World Weather Attribution. La ricerca, che ha analizzato l’arco temporale che va dal 12 al 16 settembre, ha inoltre messo in evidenza come il quantitativo di pioggia caduta in Europa Centrale durante i 4 giorni esaminati sia il più alto mai registrato.

Secondo gli esperti, le inondazioni diventeranno sempre più distruttive a causa del cambiamento climatico provocato dall’uomo, con un conseguente aumento dei relativi costi, che ha già portato all’impegno da parte dell’Unione Europea per lo stanziamento di 10 miliardi di euro per riparare i danni causati dalla tempesta Boris. Come dichiara Joyce Kimutai, ricercatore dell’Imperial College di Londra “il nostro studio ha trovato le impronte digitali del cambiamento climatico nelle raffiche di pioggia che hanno inondato l’Europa centrale. Ancora una volta, queste inondazioni evidenziano i risultati devastanti del riscaldamento provocato dai combustibili fossili. Finché il petrolio, il gas e il carbone non saranno sostituiti da energie rinnovabili, tempeste come Boris scateneranno precipitazioni ancora più intense, provocando inondazioni devastanti per l’economia”.

La tempesta, che ha riguardato Polonia, Romania, Slovacchia, Austria, Cechia e Germania, ha causato la morte di 24 persone, oltre ad aver devastato case, spazzato via ponti e causato diffuse interruzioni di corrente.

All’origine del fenomeno, secondo gli studiosi, ci sarebbe una combinazione di fenomeni meteorologici, tra cui l’aria fredda in movimento sulle Alpi e l’aria molto calda sul Mediterraneo e sul Mar Nero, che ha creato una “tempesta perfetta” caratterizzata da forti precipitazioni su un’ampia regione. Sulla base dei dati storici, si prevede che l’evento di quattro giorni di precipitazioni si verifichi in media circa una volta ogni 100-300 anni nel clima odierno con un riscaldamento di 1,3°C.

Le alluvioni del 1997 e del 2002 in Europa centrale sono state descritte come eventi che si verificano una volta ogni secolo, ma due decenni dopo, il riscaldamento globale è aumentato da 0,5 a 1,3°C, e sono accadute di nuovo. L’Europa si sta riscaldando anche più velocemente del resto del mondo. La tendenza è chiara: se l’uomo continua a riempire l’atmosfera con le emissioni di combustibili fossili, la situazione sarà più grave. Dobbiamo lottare per fermare il cambiamento climatico per evitare enormi costi sociali ed economici”, spiega Bogdan H. Chojnicki, climatologo della Poznań University of Life Sciences.

Sebbene la tempesta Boris rappresenti un evento unico nel suo genere, il cambiamento climatico, causato principalmente dalla combustione di petrolio, gas e carbone, lo ha reso più intenso e più probabile. Combinando le osservazioni meteorologiche con i modelli climatici, gli scienziati hanno scoperto che il cambiamento climatico ha reso le precipitazioni almeno due volte più probabili e il 7% più intense. Se il mondo non abbandonerà i combustibili fossili, causando un riscaldamento globale di 2°C, simili eventi di pioggia di quattro giorni diventeranno più intensi del 5% e più frequenti del 50%, con il rischio di inondazioni ancora più distruttive.

I ricercatori sottolineano la necessità di dare priorità all’adattamento e alla sua implementazione. È, quindi, importante investire in spazi di stoccaggio su larga scala nelle pianure alluvionali e in sistemi di allerta, nonché ridurre al minimo lo sviluppo urbano nelle aree a rischio di inondazioni, ridurrà l’impatto e salverà vite umane.

Musumeci: “Urgente liberare fiumi tombati. Censimento e più poteri autorità bacino”

I cambiamenti climatici sono in atto da anni e gli eventi estremi che piegano un territorio fragile come l’Italia si decuplicano. Il Paese ha dimostrato in diverse occasione di essere più che pronto in fase di emergenza, meno in fase post-emergenza, del tutto impreparato in fase di prevenzione.

E’ su questa “terza gamba troppo corta” che il ministro della Protezione Civile, Nello Musumeci, vuole intervenire. Anche con provvedimenti che definisce “impopolari“. Tra questi, la liberazione dei fiumi tombati, “tra le cause di morte in area urbana più frequenti“, osserva il capo dipartimento Fabrizio Curcio.

Il piano, per il momento, è quello (mastodontico) di censire tutti i corsi tombati d’Italia, mettendo i dati a sistema con i Comuni. Le risorse serviranno e non potranno essere poche, bisognerà “lavorare sull’intero bacino, capire l’antropizzazione dei singoli territori, riscoprire l’identità dei centri urbani, intervenire per ridurre il consumo di suolo”, fa sapere Curcio.

La denuncia che Musumeci lancia è “a noi stessi“, scandisce, perché, da sempre, l’Italia non è un Paeseculturalmente fatto per la prevenzione“. Sui fiumi c’è poco da disquisire: “L’acqua lo spazio lo vuole e quando non lo trova se lo crea da sola, con le conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti”, tuona il ministro, annunciando che valuterà la possibilità di un intervento normativo per evitare che il fenomeno possa continuare a provocare danni. Dove è possibile, i corsi d’acqua saranno liberati e verrà dato più potere alle autorità di bacino.

Dobbiamo cogliere gli anelli deboli della normativa vigente e capire se siamo di fronte ad un quadro normativo sufficiente per porre rimedio, per salvare il salvabile rispetto all’esistente o se invece serve introdurre una nuova norma che definisca competenze, chi deve fare cosa e dentro quale tempo bisogna farlo”, commenta con Gea, a proposito dell’arrivo di un possibile decreto Legge.

Il presupposto essenziale, in sostanza, è avere un quadro dettagliato del fenomeno: quanto è presente, dove è maggiormente diffuso, dove è possibile intervenire senza creare ulteriori criticità.
Nessuno intende più discutere sul cambiamento climatico“, afferma il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto. “Piove in modo diverso, c’è un rischio di perdita di biodiversità. Una volta, tombare i torrenti era considerato del tutto normale, solo con il tempo ci siamo resi conto di quello che è significato”, ricorda. Di sicuro, la nuova situazione “impone una riflessione” sul reticolo idrografico e la valutazione di “una serie di azioni”, chiarisce.

Affrontare oggi questo tema in modo efficace, in ottica di prevenzione e di gestione delle emergenze, è un problema “essenzialmente di conoscenza e di risorse“, per Marco Casini, segretario generale dell’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino Centrale. L’Autorità, a partire dal 2023, fa sapere, ha avviato una “significativa attività” di aggiornamento delle mappe di pericolosità e di rischio dei principali corsi d’acqua del distretto che porterà entro un anno alla rimappatura di oltre 20 fiumi. Nello stesso tempo ha individuato la necessità di un primo pacchetto di interventi da realizzarsi nei prossimi tre anni per “oltre 2,5 miliardi di euro”. Sul tema, l’Autorità ha già avviato, in collaborazione con le Regioni, i Consorzi di bonifica e i Comuni del distretto, una ricognizione per acquisire un censimento aggiornato: solo su Roma, un’area molto sensibile sotto il punto di vista idrogeologico, il censimento ha per ora evidenziato la presenza di oltre 30 tratti fluviali tombati per una lunghezza di più di 40 chilometri.

Alluvione

Ecco perché le alluvioni sono un effetto del riscaldamento globale

Kenya, Cina, Dubai, Brasile e Somalia. Qui, nelle ultime settimane devastanti inondazioni hanno colpito centinaia di migliaia di persone, causando moltissime vittime, feriti e ingenti danni economici. Anche se non tutte sono direttamente collegate al riscaldamento globale, si sono verificate nel bel mezzo di ondate di calore da record, confermando l’avvertimento degli scienziati che il cambiamento climatico sta aumentando la frequenza e l’intensità degli eventi meteorologici estremi. Perché non riguarda solo l’aumento delle temperature, ma anche tutta una serie di effetti legati all’eccesso di calore immagazzinato nell’atmosfera e negli oceani a causa del rilascio di gas serra da parte dell’uomo, tra cui l’anidride carbonica (CO2).

“I recenti eventi estremi di precipitazione sono in linea con quanto ci aspetteremmo in un clima sempre più caldo”, spiega Sonia Seneviratne, membro dell’IPCC, il gruppo di esperti sul clima incaricato dalle Nazioni Unite. Gli oceani più caldi evaporano di più e l’aria più calda può contenere più acqua: per ogni grado di aumento della temperatura, l’atmosfera può contenere il 7% in più di umidità. “Questo porta a episodi di pioggia più intensi”, osserva Davide Faranda, specialista di fenomeni meteorologici estremi presso il CNRS.

In Pakistan ad aprile è piovuto almeno il doppio della media, con una provincia che ha ricevuto addirittura il 437% in più di acqua. A Dubai, la pioggia di due anni normali è caduta in un solo giorno.

Questo non significa che tutte le regioni del mondo stiano diventando più umide. Secondo Richard Allan dell’Università di Reading, in Inghilterra, “un’atmosfera più calda e assetata è più efficace nell’assorbire l’umidità da una regione e ridistribuirla sotto forma di tempeste altrove”. Questo porta a maggiori precipitazioni in alcuni luoghi, ma anche a siccità e ondate di calore più intense in altri.

Anche le variazioni climatiche naturali influenzano le precipitazioni. È il caso del fenomeno ciclico naturale El Niño sul Pacifico, noto per il suo effetto riscaldante, che da quasi un anno sta alimentando temperature globali record e precipitazioni estreme in alcuni Paesi, tra cui Perù ed Ecuador. Tuttavia, nonostante le variazioni naturali, “l’aumento osservato a lungo termine delle precipitazioni intense è dovuto al cambiamento climatico indotto dall’uomo”, sottolinea Seneviratne.

Non tutte le alluvioni possono essere attribuite al cambiamento climatico, la cui influenza su ogni evento deve essere esaminata caso per caso. Ma gli scienziati dispongono ora di metodi che consentono di confrontare rapidamente un episodio attuale di precipitazioni estreme, ondate di calore o siccità con la probabilità che si verifichi in un mondo senza cambiamenti climatici.

Pioniera di questo approccio, la rete World Weather Attribution (WWA) ha concluso che le piogge torrenziali che hanno colpito gli Emirati Arabi Uniti e l’Oman in aprile erano “molto probabilmente” aggravate dal riscaldamento globale, causato principalmente dalla combustione di combustibili fossili.

ClimaMeter, che utilizza una metodologia diversa, ritiene che le inondazioni di aprile in Cina siano state “probabilmente influenzate” da una combinazione di cambiamenti climatici e El Niño. “Può essere difficile distinguere tra il riscaldamento globale e le fluttuazioni naturali”, e questo è più evidente per alcuni eventi meteorologici che per altri, afferma Flavio Pons, climatologo che ha studiato le inondazioni cinesi.

Per le inondazioni in Brasile, ClimaMeter ritiene che il cambiamento climatico sia il principale responsabile dell’intensificazione delle precipitazioni, senza alcuna influenza significativa da parte di El Niño.

Molti dei Paesi più colpiti dalle inondazioni, come Burundi, Afghanistan e Somalia, sono tra i più poveri e meno attrezzati per far fronte alle piogge torrenziali. Ma l’episodio di Dubai ha dimostrato che anche i Paesi ricchi non erano sufficientemente preparati. “Sappiamo che un clima più caldo favorisce eventi meteorologici estremi, ma non possiamo prevedere con esattezza quando e dove si verificheranno”, dice Joel Hirschi del National Oceanography Centre del Regno Unito. “I preparativi attuali sono inadeguati”, conferma, ed è “più conveniente investire ora” che aspettare.

Meteo, la primavera adesso è davvero in arrivo: stop alle piogge e sole in tutta Italia

La primavera, finalmente. La perturbazione atlantica che ha interessato molte regioni nel giorno di Pasquetta provocando frane, grandinate e forti temporali è stata l’ultima delle feste pasquali. Ora la pressione inizierà ad aumentare su tutta l’Italia riportando un tempo più stabile e gradualmente via via più soleggiato e pure caldo. Antonio Sanò, fondatore del sito www.iLMeteo.it ci spiega che in un primo tempo l’alta pressione non sarà molto decisa nella sua rimonta sul nostro Paese e infatti nella giornata di domani, 3 aprile, un intenso passaggio nuvoloso potrebbe far piovere sui settori alpini e prealpini, ma in maniera piuttosto modesta.

Sarà da giovedì 4 aprile invece che l’anticiclone africano inizierà la sua conquista di tutto il territorio nazionale. E sarà proprio da questa data che le temperature cominceranno ad aumentare anche al Nord.

I dati attuali confermano il ritorno dell’anticiclone sub-tropicale che garantirà, almeno fino al weekend del 6-7 aprile, un tempo stabile, ampiamente soleggiato e soprattutto con temperature in aumento. Basti pensare che sulle regioni settentrionali si potranno raggiungere anche i 24-25°C, valori, questi, sopra la media del periodo di circa 5-6°C. Farà caldo anche sul resto d’Italia con temperature massime sempre superiori ai 20-23°C su gran parte delle città. Questa situazione di calda stabilità atmosferica potrebbe durare almeno fino all’8-9 aprile, dopo di che potrebbero tornare le precipitazioni.

Entrando nel dettaglio, oggi al nord residue precipitazioni sul Friuli Venezia Giulia, sole altrove. Al centro bel tempo prevalente e al sud soleggiato. Domani, 3 aprile, al nord cielo coperto, piogge deboli, nevicate modeste sulle Alpi, al centro cielo molto nuvoloso e al Sud cielo a tratti molto nuvoloso. Giovedì 4 aprile, infine, al nord cielo a tratti nuvoloso ma clima mite, al centro sole e clima mite e al Sud ampio soleggiamento. La tendenza è quella che porta verso sempre più sole e caldo.

Asvis: Prevenzione dissesto troppo scarsa. Musumeci: Testo unico entro l’anno

Un testo unico di prevenzione al dissesto idrogeologico, scritto dal ministero per la Protezione civile con tutti gli altri dicasteri interessati, entro la fine del 2024. Il governo punta così a superare il caos in cui naviga la materia complicatissima della prevenzione delle catastrofi in Italia, sempre più necessaria davanti ai continui eventi estremi dovuti al cambiamento climatico, ma anche a quelli strutturali di un territorio fragile.

L’obiettivo è quello di “pianificare prima ancora di intervenite, spiega il ministro per la Protezione civile, Nello Musumeci. E non pianificare “14mila interventi” (tanti sono quelli considerati urgenti nel Paese), ma cento. “Cento interventi, cento infrastrutture strategiche di carattere nazionale, definendo le risorse per intervenire. Cento interventi che per essere strategici diventano fondamentali. Chi li individua? Le autorità di bacino, che sono quelle che hanno la banca dati“, precisa il ministro, che parla poi di una sub-pianificazione di infrastrutture meno rilevanti di interesse locale, che può essere invece affidata alle Regioni.

Quella delle opere strategiche, invece, deve essere materia della Protezione civile: “Non può non essere così, mi batterò per difendere questo principio incontestabile“, assicura. Perché, affonda: “Non si gioca sulla vita delle persone difendendo gelosie dei capi dipartimenti, non è consentito”.

Sulla mancata tempestività su alcuni interventi, punta il dito sulla Tesoreria di Stato, senza mezze misure: “Non può essere un ostacolo all’azione di governo, soprattutto quando promossa dalla Protezione civile, che per alcune iniziative conta i giorni, non i mesi, come per i Campi Flegrei“, afferma. Sulla sua condotta, arriva a dire, “sarebbe il caso di chiamare in causa il Colle, spero non sia necessario“. Si riferisce a un caso specifico, riguardante proprio il territorio bradisismico: “Lo dico non perché io sia prevenuto nei confronti di un organismo importante, ma per un fatto vissuto personalmente – racconta -. Se una norma prevede l’intesa con il Mef e devo intervenire ad applicarla in tempi rapidi e nel frattempo mi arrivano notizie di sciami sismici costanti, ho il dovere non solo di non dormire la notte, ma di dover chiedere urgenza. Se, dopo averlo fatto e aver presentato sollecito, fanno passare due mesi per la risposta, è chiaro che non va bene“. La soluzione sarà chiedere una corsia preferenziale per alcuni interventi. “Investirò del problema il presidente del Consiglio e se necessario il capo dello Stato“, insiste.

Il problema si pone perché sulla prevenzione, tra il 2013 e il 2019, sono stati spesi solo due miliardi di euro, appena un decimo del costo sostenuto per fronteggiare le emergenze nello stesso periodo. Lo mette in luce l’Asvis nel policy brief sul dissesto idrogeologico. Per ridurre le morti e i danni provocati dalle catastrofi e mitigare le conseguenze devastanti della crisi climatica sui territori e sulle persone che lo abitano è “urgentissimo adeguare in via straordinaria la pianificazione di bacino tramite i Piani per l’Assetto Idrogeologico (Pai) alle nuove mappe di pericolosità”, sottolinea Asvis. Una pianificazione che deve essere sovraordinata rispetto a quella urbanistica comunale e tenere conto delle mappe dei rischi contenute nei Piani Gestione Rischio Alluvioni (Pgra) delle Autorità di bacino distrettuali.

Il Policy Brief sottolinea che il 93,9% dei comuni italiani è a rischio frane, alluvioni ed erosione costiera, un fattore che rende vulnerabile almeno 1,3 milioni di abitanti per le frane e 6,8 milioni per le alluvioni, come indicato dall’Ispra.

Il costo dell’inazione è “nettamente superiore a quello da sostenere per affrontare seriamente i rischi derivanti dalla crisi climatica“, scandisce il direttore scientifico dell’ASviS, Enrico Giovannini, che chiede di rafforzare gli investimenti, ma anche, appunto, “il ruolo di coordinamento della Presidenza del Consiglio in modo da avere una visione integrata delle azioni sul ciclo idrologico“. La pianificazione nazionale deve essere “pluriennale” e affidata al testo unico anche per Asvis. La resilienza dei territori, osserva Giovannini, “passa dalla volontà politica di investire nella prevenzione e nella gestione sostenibile delle risorse idriche“. E’ quello che, d’altra parte, indicano gli impegni che l’Italia deve perseguire per realizzare l’Agenda 2030 dell’Onu ed è quello che prevede il Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici approvato a dicembre.

Musumeci in Toscana. Giani: Stima danni alluvioni intorno ai 2 miliardi

Due miliardi. A tanto potrebbero ammontare i danni delle ultime alluvioni in Toscana.

Il governatore, Eugenio Giani, riceve a Campi Bisenzio il ministro per la Protezione Civile, Nello Musumeci, il capo Dipartimento Fabrizio Curcio, con il sindaco di Firenze Dario Nardella, il presidente Anci Toscana Matteo Biffoni, il sindaco di Campi Bisenzio Andrea Tagliaferri e l’assessora regionale alla Protezione civile Monia Monni.

La Toscana chiede attenzione e risorse, con urgenza quelle per le prime necessità. I danni non si possono ancora del tutto quantificare, ma il presidente della Regione raccoglie e somma le richieste dei sindaci. “Servono fondi per i primi soccorsi, per gli argini, per tutte le situazioni che ci chiederanno un domani i cittadini che hanno perso tutto”, scandisce. Chiede il decreto legge come accaduto in Emilia Romagna, per dare al commissario più poteri in deroga.

Musumeci suggerisce di fare tesoro di quanto accaduto, puntando sulla prevenzione e promette una visita della premier, Giorgia Meloni, a breve. “Eventi estremi come quelli registrati nei giorni scorsi in Toscana – spiega – non possono più essere considerati straordinari. Serve quindi una buona attività preventiva, capace di mitigare i rischi naturali a cui è esposto il territorio”. Intanto, assicura, “lavoriamo tutti insieme – Governo, Regione, Prefetture ed Enti locali – per superare presto l’emergenza e restituire serenità e fiducia a famiglie e imprese”.

Tre sono i fronti fondamentali: gli interventi di somma urgenza (ricostruzione degli argini e messa in sicurezza del territorio), l’assistenza alle famiglie che hanno subito danni e l’attenzione alle imprese colpite. Nell’area dei trenta Comuni toccati dall’emergenza si trovano manifatture centrali per il comparto moda e per l’export del Paese. Oltre 30mila, tra famiglie e imprese, sono state colpite direttamente dalle esondazioni. “Fino ad oggi c’è stata una stretta collaborazione con il Governo, e vorrei continuasse per poter dare risposte concrete alle persone. La volontà è quella di uscirne tutti insieme“, scandisce Giani, che invoca uno spirito di collaborazione. “Spero che prevalga questo clima rispetto alla prospettiva delle polemiche“, afferma.

Integrare le risorse che messe a disposizione finora, è il piano di Giani, per poter completare i lavori di somma urgenza, mettere in sicurezza il reticolato idrico minore e poi, ribadisce, “abbiamo bisogno che si traduca l’ordinanza anche in legge per poter sospendere i contributi previdenziali, i pagamenti, le imposte perché chi è stato danneggiato possa vivere con uno spirito di supporto la prospettiva di ricostruzione”.

Alluvione

In 30 anni sono aumentati del 122% gli insediamenti umani in zone a rischio alluvione

Gli insediamenti umani nelle zone soggette a inondazioni sono aumentati fino al 122% tra il 1985 e il 2015, secondo uno studio pubblicato su Nature. I risultati forniscono una panoramica completa delle tendenze dell’esposizione globale e regionale ai rischi di alluvione, tenendo conto del modello di urbanizzazione locale e dello sviluppo spaziale.

La crescita degli insediamenti urbani ha il potenziale per guidare lo sviluppo economico, ma solleva anche preoccupazioni per l’aumento della vulnerabilità ai rischi naturali e per la pressione sui servizi pubblici e sulle infrastrutture. Sebbene ricerche precedenti abbiano rilevato che le popolazioni colpite dalle inondazioni siano in aumento, un’analisi sistematica delle tendenze dell’esposizione globale alle alluvioni rimane difficile a causa della mancanza di mappe ad alta risoluzione e di dati sugli insediamenti umani.

Jun Rentschler di The World Bank di Washington e colleghi hanno combinato i dati sulla pericolosità delle alluvioni globali con i dati annuali ad alta risoluzione sull’impronta degli insediamenti dal 1985 al 2015. Hanno scoperto che durante questo periodo gli insediamenti umani si sono espansi dell’85,4%. Quelli con la più alta esposizione al rischio di alluvione (cioè le aree a rischio di inondazioni di profondità superiore a 150 cm durante eventi alluvionali di 1 anno su 100) sono aumentati del 122%, indicando che l’espansione umana nelle zone ad alto rischio di alluvione è più rapida della crescita nelle aree a basso rischio.

Le dinamiche dell’esposizione alle alluvioni variano anche tra le regioni e i Paesi di diversi gruppi di reddito. La regione dell’Asia orientale e del Pacifico presenta la percentuale maggiore di insediamenti nelle aree a più alto rischio di alluvione. Tra tutti i gruppi, i Paesi a reddito medio-alto hanno ospitato la percentuale maggiore (60,8%) di insediamenti nelle zone a più alto rischio di alluvione e la Cina è uno dei principali responsabili del sostanziale aumento dell’esposizione alle alluvioni in questo gruppo.

I risultati riflettono un’importante tendenza globale e forniscono spunti per i pianificatori urbani e i responsabili politici, soprattutto se si considera che gli eventi meteorologici estremi si verificano più spesso a causa dei cambiamenti climatici.

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Italia ancora ostaggio dei temporali: rischio alluvioni lampo

L’anticiclone africano quest’anno fatica a imporsi sull’Italia: nella settimana appena iniziata dovremo ancora fare i conti con tanti temporali, poi da mercoledì potrà arrivare anche un insidioso vortice che condizionerà il tempo su molte regioni, col rischio che possano formarsi dei fenomeni estremi come grandinate e nubifragi.

Antonio Sanò, fondatore del sito www.iLMeteo.it comunica che nella giornata odierna forti temporali potranno interessare l’arco alpino (e vicine pianure del Nordovest) e buona parte del Centro Sud a causa dell’ingresso di aria fredda in quota che destabilizzerà non poco l’atmosfera, con la possibilità pure di locali grandinate tra pomeriggio e sera specie su Lazio e Campania.

Da mercoledì 14 poi l’ex-ciclone (simil uragano) Oscar in arrivo dall’Atlantico farà il suo ingresso sul Mediterraneo andando ad interagire con correnti fresche in discesa dal Nord Europa e il caldo umido già presente sul nostro Paese: si tratta di una configurazione molto pericolosa per l’Italia poiché rischia di prender vita un insidioso ciclone mediterraneo. A causa del movimento antiorario delle correnti, il vortice richiamerà a sé aria calda dai quadranti meridionali che, dopo aver attraversato il mare e caricatosi di umidità, fornirà un surplus di carburante per eventi meteo estremi.
Secondo gli ultimi aggiornamenti del Centro Europeo, il rischio è che si verifichino nubifragi e in casi estremi pure le cosiddette ‘alluvioni lampo’ che solitamente interessano fasce ristrette di territorio scaricando al suolo ingenti quantità d’acqua. Maggiormente coinvolte dal maltempo saranno inizialmente la Sardegna, dove potranno verificarsi dei nubifragi particolarmente intensi e poi il Centro-Sud e la Sicilia, dove anche qui localmente potrebbe cadere fino ad oltre 2/300 l/mq di pioggia in pochissimo tempo, l’equivalente delle precipitazioni attese in oltre 2 mesi. Entro venerdì 16 lo scenario non cambierà di molto e il maltempo raggiungerà anche il Nord Est con il suo carico di piogge abbondanti e temporali.

Per quanto riguarda le temperature, le colonnine di mercurio saranno destinate a subire una prima generale flessione già da martedì 13 sulle regioni del Nord e su parte del Centro, per effetto dell’approssimarsi all’Italia del vortice di bassa pressione: i valori termici, nel giro di 24 ore, potranno calare anche di 6-8°C soprattutto sulle regioni centro-settentrionali, scendendo così al di sotto della media del periodo in molte città.

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Il maltempo non dà tregua, Emilia Romagna in allerta rossa

Il maltempo non dà tregua e l’Emilia Romagna trema ancora. Dalla mezzanotte di oggi, e per tutta la giornata di domani, martedì 16 maggio, scatta l’allerta rossa.

Rispetto alle alluvioni di inizio mese, il quadro si preannuncia ancora più complesso, per l’attesa di temporali e dell’innalzamento del livello del mare, che potrebbe comportare maggiori difficoltà del deflusso delle acque dei fiumi. Le criticità maggiori si prevedono nelle zone rese già fragili dalle precedenti frane.

Stamattina si è riunito un tavolo con l’Unità di crisi nazionale e le prefetture di Bologna, Modena, Forlì-Cesena e Ravenna. Quindi, si è tenuto un incontro con i presidenti delle province e dei sindaci dei Comuni capoluogo. Nelle aree interessate dall’allerta rossa, potrebbe essere prevista dai sindaci la chiusura delle scuole e delle strade più a rischio. L’invito, ai cittadini, è di evitare al massimo gli spostamenti e di ricorrere, dove possibile, allo smart working. Una colonna mobile della protezione civile del Friuli Venezia Giulia è già partita alla volta dell’Emilia Romagna: “Siamo stati per allertati questa mattina e ci siamo subito attivati per portare il nostro aiuto nella destinazione indicata, quella di Predappio“, spiega l’assessore regionale con delega alla Protezione civile, Riccardo Riccardi. In particolare, l’allerta rossa è su montagna e collina emiliana centrale, pianura modenese, pianura, collina e montagna bolognese, pianura, collina, montagna e costa romagnola. Allerta arancione invece su montagna e collina piacentina e parmense, pianura reggiana, pianura e costa ferrarese. Secondo i tecnici, si sommano due rischi: quello idraulico e quello idrogeologico. Le prime precipitazioni sono previste dalla mezzanotte, a partire dalla Romagna. Si estenderanno poi nella mattinata di domani al resto della regione. È prevista una cumulata fino a 100 millimetri di pioggia sui rilievi romagnoli; interessati anche l’Appennino nella fascia collinare nella zona bolognese, forlivese-cesenate, ravennate e modenese, con valori tra i 60 e i 70 millimetri d’acqua in media areale. Oltre a quello reggiano con quantitativi inferiori. Le precipitazioni continueranno fino a mercoledì 17. Nell’intero arco delle 48 ore è previsto l’accumulo medio complessivo di circa 150 millimetri di pioggia. Fiumi a rischio esondazione sui bacini Romagnoli e affluenti di Reno, con colmi di piena vicini ai franchi arginali e ai massimi storici registrati. Livelli prossimi alla soglia 3 sono attesi anche su altri fiumi nella pianura modenese. Previsti anche dissesti diffusi su tutto il territorio collinare e montano, numerosi ed estesi nel settore centro-orientale. Il vortice depressionario determinerà anche mare molto mosso sulla Costa, che potrà generare localizzati fenomeni di ingressione marina ed erosione del litorale. Venti forti sui rilievi e sul settore orientale della regione, in particolare sui crinali appenninici emiliani.

Attenzionato anche il Veneto, con rovesci e temporali su tutta la Regione, in particolare sulle zone centro-meridionali. Soffieranno forte i venti da Nord-Est su costa e pianura. Per criticità idraulica e idrogeologica, la fase operativa di ‘Attenzione’ (gialla) parte dalla mezzanotte di oggi fino alle 14 di mercoledì e per vento forte dalla mezzanotte di oggi a quella di domani.

Intanto, in Sicilia la Protezione Civile monitora le criticità causate dalle piogge intense e dalle forti raffiche di vento nella parte Occidentale dell’isola. Al momento non ci sono emergenze, ma la Soris, Sala Operativa della Protezione Civile regionale, i Nopi (Nuclei Operativi di Pronto Intervento) delle provincie di Trapani, Messina e Palermo, sono a lavoro per verificare l’applicazione dei piani di protezione civile, dare supporto ai comuni, ai vigili urbani, alle forze dell´ordine e ai vigili del fuoco.

Pre-allarme nelle Marche per l’avviso di condizioni meteo avverse e criticità idrogeologiche e idrauliche a partire dalla mezzanotte di oggi e fino alle 24 del 16 maggio. Il rischio arancione riguarda in particolare le zone centro settentrionali della Regione. Il rischio giallo la parte meridionale. Per domani sono previste precipitazioni diffuse con cumulate moderate e in alcune aree elevate, più insistenti nella parte centro settentrionale, con venti sostenuti lungo la costa. Si potranno verificare fenomeni diffusi di instabilità di versante e innalzamenti dei livelli idrometrici dei corsi d’acqua. Si prevede inoltre che le precipitazioni continueranno, a fasi alterne, fino a giovedì.

piogge al sud/imago

Meteo, ciclone esplosivo sull’Italia: forte maltempo per giorni

La settimana appena iniziata sarà instabile e perturbata a più riprese, da Nord a Sud; insomma, la primavera sta mostrando tutto il suo lato più eclettico, e all’orizzonte non si vedono figure anticicloniche tali da dispensare un lungo periodo di stabilità atmosferica. Antonio Sanò, fondatore del sito www.iLMeteo.it, comunica che questa fase di acuto maltempo prende origine da una vasta area di bassa pressione presente sull’Europa, che per tutta la settimana continuerà a pilotare masse d’aria di origine polare verso il bacino del Mediterraneo. Le correnti fredde in ingresso andranno ad alimentare una ciclogenesi esplosiva sul mar Tirreno. Non è un termine inventato, bensì una precisa definizione meteorologica: un ciclone bomba (o, appunto, ciclogenesi esplosiva) avviene quando un’area di bassa pressione posta alle medie latitudini vede la pressione atmosferica scendere nel suo minimo barico ad una velocità di almeno un millibar (hPa) all’ora per almeno 24 ore. Nella pratica questo si traduce in precipitazioni abbondanti, anche sotto forma di nubifragio e violente raffiche di vento.

Il rischio collegato a queste configurazioni è che si verifichino eventi meteo estremi come nubifragi e, nei casi più eccezionali, le cosiddette ‘alluvioni lampo’ che solitamente interessano fasce ristrette di territorio, scaricando al suolo ingenti quantità d’acqua.

Secondo gli ultimi aggiornamenti saranno maggiormente a rischio le regioni del Nord Est e quelle tirreniche del Centro Sud dove localmente potrebbe cadere fino ad oltre 200/300 l/mq di pioggia in pochissimo tempo, l’equivalente cioè delle precipitazioni attese in oltre 2 mesi. Andrà prestata particolare attenzione anche ai burrascosi venti che soffieranno lungo le coste tirreniche con punte ad oltre 120 km/h (raffiche quindi da Uragano, secondo la scala Beaufort) e il rischio più che concreto di mareggiate specie lungo i litorali di Lazio, Campania e Calabria.

In ultimo, tornerà anche a cadere la neve sulle nostre montagne: complice le temperature tutt’altro che calde: i fiocchi bianchi potrebbero scendere fin verso i 1400/1500 metri di quota sulle Alpi centro orientali. Un evento di tutto rispetto per essere ormai a metà maggio e che non capita da alcuni anni.