Emissioni di carbonio di Google +48% in cinque anni: colpa dell’IA

Le emissioni di carbonio di Google sono aumentate del 48% in cinque anni a causa dell’intelligenza artificiale. Lo ha rivelato l’azienda stessa in un rapporto pubblicato martedì, nel quale ha spiegato che l’esplosione del fabbisogno di intelligenza artificiale (IA), e quindi di potenza di calcolo, sta compromettendo i suoi sforzi per ridurre le emissioni di carbonio, un problema affrontato anche dai suoi rivali Amazon e Microsoft. Secondo il suo rapporto ambientale annuale, nel 2023 il gigante della ricerca online ha visto le sue emissioni di gas serra raggiungere 14,3 milioni di tonnellate di CO2, con un aumento del 48% rispetto al 2019, anno di riferimento. La causa è l’aumento del consumo energetico dei suoi data center, gli edifici che ospitano i server informatici che costituiscono la spina dorsale del cloud e quindi dei siti web, delle applicazioni mobili, dei servizi online e di tutti i nuovi strumenti di IA generativa come ChatGPT.

Con l’integrazione dell’IA nei nostri prodotti, la riduzione delle emissioni potrebbe rivelarsi difficile“, osserva il gruppo californiano. Il gruppo cita l’aumento del fabbisogno energetico, poiché l’IA richiede una maggiore potenza di calcolo, e le emissioni legate agli investimenti in infrastrutture, come la costruzione di nuovi centri dati o l’ammodernamento di quelli esistenti. Google si è impegnata a raggiungere zero emissioni nette in tutte le sue attività entro il 2030.

Anche Microsoft, la seconda azienda di cloud al mondo, si è posta l’obiettivo di un’impronta di carbonio negativa entro il 2030. Amazon, leader mondiale del cloud grazie ad AWS, il suo ramo dedicato, non prevede un tale risultato prima del 2040. La sua attività principale rimane la vendita online, che richiede magazzini e centri logistici in tutto il mondo. I tre colossi americani sottolineano i loro sforzi per ridurre gli sprechi e sostituire l’acqua che consumano (per raffreddare i server), nonché i loro investimenti nelle energie rinnovabili e nelle tecnologie emergenti per catturare e immagazzinare la CO2 già presente nell’atmosfera.

Ma il successo dell’IA generativa, reso popolare da ChatGPT (sviluppato da OpenAI, il cui principale investitore è Microsoft), rischia di compromettere i loro progressi.

Nel 2023, le emissioni di Microsoft sono aumentate del 29% rispetto al 2020. Quest’anno, il gruppo Windows ha annunciato oltre 15 miliardi di dollari di investimenti nell’IA all’estero, dalla Germania e dalla Francia al Giappone e all’Indonesia, in particolare per costruire nuovi centri dati adattati e finanziare le infrastrutture energetiche necessarie. Tuttavia, le aziende sono fiduciose che i progressi dell’IA ottimizzeranno il consumo energetico e contribuiranno a trovare nuove soluzioni al riscaldamento globale.

Una nuova era per il commercio al dettaglio italiano? Rinnovarsi o perire

L’Italia è un Paese nel quale la dimensione comunale viene dalla storia ed impronta di sé il vivere economico, sociale, culturale e civile. Nella stragrande maggioranza le città e le cittadine italiane sono antiche e anche la loro espansione nel tempo e in particolare negli ultimi 70 anni è avvenuta attorno a nuclei centrali di origine medievale. Questi centri detti ‘storici’ sono stati e sono il cuore della vita comunale perché al loro interno sono insediate le principali funzioni direzionali e di servizi.

Tra queste funzioni quelle del commercio e dell’artigianato sono fondamentali: esse rappresentano un presidio della tradizione italiana del bello e dell’eccellenza nella moda e nell’abbigliamento, nel design e nei mobili, nelle gioiellerie e oreficerie, nelle librerie e nelle arti grafiche, nell’alimentazione e nella ristorazione ecc. e in generale in tutte quelle attività che fanno degli stessi centri storici luoghi estremamente attrattivi per gli italiani e per gli stranieri.

Si tratta, quasi sempre, di attività gestite da imprese famigliari che con grande impegno e sacrificio garantiscono ai clienti un servizio di alto livello. Queste attività, per una serie di ragioni che si cercherà di esaminare in questo articolo, prima fra tutte l’invecchiamento dei titolari e il non facile ricambio generazionale, sono minacciate dai grandi cambiamenti di questa epoca e quindi devono costituire oggetto di attenzione molto alta e di azione innovativa.

Storicamente in Italia le attività commerciali nei centri urbani sono state regolate dai ‘Piani del Commercio’, misure di programmazione adottate dai Comuni per evitare sovrapposizioni e ridondanze e per garantire un equilibrio di mercato che il potere oligopolistico della grande distribuzione nascente rischiava di mettere in crisi.

Gli anni ’80 e ’90 segnati nel mondo, ma anche da noi, da una cultura delle liberalizzazioni ad ogni costo e della sedicente tutela del consumatore hanno portato, anche in Italia, a una revisione delle politiche e delle regole del commercio al dettaglio. Nel 1998 la legge Bersani (dal nome del Ministro dello sviluppo economico di allora che aveva competenze anche in materia di commercio) fa sparire ogni forma di pianificazione del commercio piccolo e medio: infatti non sono più previste licenze per gli esercizi fino a 250 mq di superficie. Chiunque può aprire un negozio e vendere ciò che vuole. Spariscono anche le 14 tabelle merceologiche che regolavano il settore e restano solo due settori: alimentare e non alimentare.

Rimangono regole più severe per gli esercizi commerciali più grandi che, alla fine, restano gli unici tutelati.

Lo spirito è quello dei tempi: un’ideologia spinta di libero mercato, anche se poi saranno gli oligopoli ad avere la meglio, con scarsa incidenza e controllo delle attività antitrust. Singolare il fatto che a declinare questa ideologia liberista in Italia sia stato proprio un uomo di sinistra come Bersani: ma in fondo i piccoli commercianti sono sempre stati dei moderati e hanno sempre votato DC e quindi erano probabilmente non meritevoli di particolare tutele.

La liberalizzazione del commercio fatta da Bersani non nasce in attuazione di qualsivoglia direttiva europea: è un’iniziativa completamente autonoma. Ma il clima è quello che si è detto. Pensate che Mario Monti, allora Commissario europeo alla Concorrenza, in un famoso articolo per il ‘Corriere della Sera’ dal titolo ‘Maastricht e il salumiere’, salutando con giubilo la riforma Bersani, scrive: “La riforma avvicina l’Italia all’unione monetaria ed economica e segna un passo importante di smantellamento di alcune rigidità che pesano sull’economia italiana” (sic).

Come si potesse pensare che la scomparsa della regolamentazione del commercio al dettaglio e quindi la sua messa in pericolo potesse essere un bene per l’Italia è un mistero, o meglio forse no, perché nel titolo dell’articolo di Monti si intuisce tutto lo snobismo e il senso di superiorità del professore nei confronti dei piccoli commercianti; e perché questa vicenda dimostra come anche quella del libero mercato può diventare un’ideologia. Ciò che colpisce è che (allora come oggi) non si tiene per nulla conto della specificità italiana e non si comprende che il commercio al dettaglio nei centri storici italiani è una rarità e una ricchezza straordinaria che andrebbe tutelata come gli stambecchi nel parco del Gran Paradiso. Firenze, Bologna, Imola, Parma, Chiavari solo per citare alcuni centri storici molto importanti per il commercio al dettaglio non sono come Francoforte, Liegi o Bordeaux.

Sono passati 25 anni da allora. Quali sono stati i risultati di quell’approccio e di quelle scelte liberiste? Ne sono venuti effettivi benefici per i consumatori? Quali sono i nuovi problemi che stanno di fronte al commercio al dettaglio italiano e in particolare a quello che si svolge nei centri storici?

Chiavari da questo punto di vista è un buon osservatorio perché il suo centro storico, il suo ‘carruggio dritto’ e i suoi portici sono una straordinaria e millenaria galleria commerciale dove in un contesto di grande bellezza urbana si è nei secoli manifestata, e in parte ancora oggi si manifesta, una ricchezza commerciale di assoluto rilievo che attrae consumatori e visitatori dal capoluogo e da altre importanti città.

Ma il declino e le difficoltà incombono. Invecchiamento della popolazione, faticoso ricambio generazionale nelle imprese familiari, trasformazioni dell’economia e del commercio. Basta osservare come si è trasformato in questi anni il ‘caruggio’ con una progressiva chiusura di attività tradizionali condotte da famiglie del territorio che sono state sostituite da marchi di grandi catene, con esercizi spesso anonimi e standardizzati. I grandi marchi vincono perché sono gli unici in grado di pagare i fitti richiesti dai proprietari dei fondi.

Anche questo non è stato compreso dall’ideologia iper-liberista. Se non c’è più il Piano del Commercio con la sua regolamentazione, se tutti possono vendere tutto, è chiaro che la ricerca e la disponibilità dei fondi si trasforma in un’asta al rialzo dove, inevitabilmente, vincono sempre i più forti (le catene) e perdono i più deboli (i commercianti tradizionali) con un trasferimento di valore e di ricchezza da questi ultimi alla proprietà e alla rendita immobiliare. Paradossi delle liberalizzazioni!!!

Ma oggi un’altra grave minaccia incombe sul commercio tradizionale: Amazon e in generale tutto il commercio online.

La vastità della scelta (ogni cosa è disponibile in rete), la tempestività della consegna (a domicilio in poche ore dall’ordine), i prezzi competitivi (5% almeno di sconto rispetto al prezzo della bottega tradizionale) sono una minaccia epocale non solo per il piccolo commercio al dettaglio ma in prospettiva anche per la grande distribuzione.

È possibile contrastare questo fenomeno? Anche per Amazon vale quanto detto più volte riguardo ai grandi provider dei social, Google, Facebook ecc. La rete, partita come strumento aperto, libero, di tutela del consumatore si è progressivamente trasformata in un gigantesco meccanismo oligopolistico che cerca di estrarre dai consumatori, attraverso la profilatura, dati, preferenze, gusti, inclinazioni.

Al di là di discorsi etici e filosofici, per quanto importanti, se vogliamo essere realisti dobbiamo considerare che questi fenomeni posso essere al massimo regolati non contrastati. E così è anche per l’online.

Il futuro del commercio al dettaglio, e con esso della dimensione economica, sociale, civile e culturale dei nostri centri storici, sta nella sua capacità di ridefinire una missione, un ruolo economico, un nuovo modello di business, cercando di creare un vantaggio competitivo durevole rispetto ad Amazon.

Io penso che le piste siano due da praticare in contemporanea: esclusività e complementarietà. L’esclusività è legata alla grande tradizione italiana del bello, della creatività, del design e sta in un intenso legame tra il commercio e l’artigianato nazionale, con la creazione e la vendita di beni e oggetti esclusivi che non è possibile (o almeno non è facile) trovare in rete. Il commerciante deve diventare un ricercatore di questi beni, uno scout delle ricchezze dell’artigianato italiano, come pure della produzione agricola. Anche i sapori e del cibo, la peculiarità delle varietà di frutta o verdura, la qualità di carne o formaggi possono essere punti forti che fidelizzano il cliente. Inoltre il commerciante, se vuole sopravvivere, deve diventare sempre di più il consulente del consumatore, stabilendo con lui un rapporto di amicizia e di fiducia come quello che si crea tra professionisti e clienti.

La complementarietà consiste in due cose. La prima è trasformare le botteghe tradizionali in show room per oggetti che il consumatore ha individuato in rete ma con un’esperienza del tutto immateriale. Un capo prezioso di abbigliamento, un mobile dalle finiture importanti, un gioiello per essere giudicati e apprezzati fino in fondo devono essere toccati e mostrarsi nella loro materialità. Ma anche i sapori e del cibo, la peculiarità delle varietà di frutta o verdura, o carne, o formaggi possono essere oggetto di un rapporto di fiducia tra il commerciante e il consumatore. La seconda è sfruttare la rete per incrementare il volume di vendite del negozio vendendo a clienti lontani attratti dai marchi e dagli oggetti offerti dalla boutique.

Entrambe queste direzioni (esclusività e complementarietà) richiedono da parte degli operatori commerciali del futuro un nuovo approccio culturale, un salto di qualità e la consapevolezza che la loro è un’attività particolarmente difficile e sofisticata che richiede studio e formazione.

Parco Italia riforesta il Paese: 70mila alberi entro 2024 con supporto di Amazon

Ventidue milioni di alberi entro il 2040, uno per ogni cittadino delle 15 città metropolitane d’Italia, per creare una rete nazionale composta da corridoi ecologici. Un progetto che è anche una visione e si chiama ‘Parco Italia‘.

Promosso da ‘Stefano Boeri Architetti‘ e ‘Fondazione AlberItalia‘, il piano è stato avviato grazie a un investimento da 2 milioni di euro del Right Now Climate Fund, il fondo da 100 milioni di dollari con cui Amazon si impegna nel mondo a sostenere progetti basati sulla conservazione e il ripristino dell’ambiente naturale.

A Roma, nella sede di Confagricoltura, viene presentata la fase di implementazione, che prevede la messa a dimora dei primi 70mila alberi e arbusti entro la fine del 2024. Tra gli ospiti il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, e il sottosegretario all’Agricoltura, Patrizio La Pietra.

L’obiettivo è ambizioso: “Promuove la visione del territorio italiano come di un grande Parco della biodiversità vegetale e faunistica“, spiega Boeri. In coerenza con il progetto di un Parco Mondiale proposto da Richard Weller, Parco Italia mira a stabilire gradualmente una “rete ecologica nazionale che colleghi tra loro le aree protette, i parchi nazionali e regionali, le aree marine protette e i siti di ‘Natura 2000’ di interesse comunitario”, afferma.

A oggi, oltre 15mila alberi e arbusti sono stati già piantati in diversi siti sul territorio, da Motteggiana, in provincia di Mantova, ai due impianti in Abruzzo, in provincia di Chieti e Pescara. Ulteriori 35mila sono invece già stati allocati e verranno piantati entro marzo 2024. Tra questi, un impianto a Monterotondo, nella città metropolitana di Roma, che ospiterà oltre 3mila alberi in un’area di 4 ettari, e un importante progetto a Porto Marghera, in provincia di Venezia. Partendo dalle linee guida nazionali e internazionali di forestazione, il team ha sviluppato un’analisi approfondita per la costruzione di un documento complessivo di linee guida per la progettazione, pianificazione, gestione e manutenzione dei siti di piantagione di alberi in Italia.

Amazon è stata tra i primi partner a supportare il programma: “Pensiamo sia un progetto importante, utilizza un approccio sistemico in cui imprese, comunità scientifica e istituzioni lavorano insieme nella lotta al cambiamento climatico“, spiega Giorgio Busnelli, VP Consumer Goods EU Amazon. Si inserisce in una più ampia strategia incentrata sulla sostenibilità. Nell’ambito dei progetti basati sulla natura che il Right Now Climate Fund supporta in Europa, Amazon ha già investito anche in un programma di espansione delle aree verdi urbane in Germania, in un programma di ripristino di aree naturali e piantumazione di alberi nel Regno Unito, nella prima coltivazione di alghe situata tra turbine eoliche off-shore al mondo, al largo delle coste olandesi. Ha poi investito in un progetto di conservazione e ripristino forestale sui monti Appalachi negli Stati Uniti e nel programma Agroforestry and Restoration Accelerator nella foresta Amazzonica in Brasile. L’azienda è uno dei membri principali della Leaf Coalition, che ha l’obiettivo di raccogliere almeno 1 miliardo di dollari di capitali per proteggere le foreste pluviali nel mondo.

Per realizzare la connessione di Parco Italia, viene proposta una serie di percorsi pedonali e ciclabili che includa un’alta biodiversità di specie vegetali. Si tratta di una rete nazionale di Cammini della Biodiversità, con l’obiettivo di ampliare la presenza di connessioni ecologiche e culturali tra aree naturali protette, aree non protette e percorsi di mobilità lenta e il recupero dei borghi storici che punteggiano la dorsale appenninica e la fascia prealpina.

In questo network di biodiversità, gli agricoltori giocano un ruolo fondamentale, di presidio delle aree interne e collegamento con le aree urbane: “Vogliamo dare il nostro contributo per fornire da una parte le piante, dall’altra nel progetto di visione. Parco Italia è strumento, mezzo e fine. In questa dimensione circolare vogliamo misurarci con i partner di Parco Italia perché riteniamo che dall’interazione ambiente e natura l’agricoltura debba essere parte del cambiamento“, scandisce il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti. “La transizione ecologica – è convinto – non bisogna solo raccontarla, ma anche scriverla“.

Amazon lancia CHALET: strumento che supporta la pianificazione delle infrastrutture di ricarica elettrica

Amazon ha rilasciato oggi CHALET, una nuova tecnologia open-source per aiutare il settore privato, i governi, gli operatori delle reti elettriche e le autorità locali a determinare dove è più strategico collocare i punti di ricarica per veicoli elettrici. Individuare dove costruire le infrastrutture di ricarica è una delle sfide più urgenti che il settore dei trasporti deve affrontare nel suo percorso di decarbonizzazione e strumenti come CHALET possono dare un forte contributo verso questo obiettivo. CHALET, abbreviazione di Charging Location for Electric Trucks (in italiano ‘punti di ricarica per camion elettrici’), affronta questa sfida consentendo agli operatori dei trasporti e della logistica di indicare luoghi e percorsi specifici per la loro rete di distribuzione, oltre che parametri come la batteria del veicolo, l’autonomia e il tempo di transito. CHALET prende in considerazione tutti questi fattori e genera un elenco di posizioni ottimali per collocare le stazioni di ricarica per veicoli elettrici, ordinandole per priorità. CHALET è stato sviluppato nell’arco di 18 mesi da Amazon, che oggi ha reso accessibile a tutti il codice, affinché gli operatori del settore potessero trarre vantaggio da questo strumento. La Sustainable Freight Buyers Alliance (SFBA), un’associazione indipendente che riunisce gli acquirenti di servizi di trasporto merci, finalizzata ad accelerare la decarbonizzazione del settore, sta utilizzando questo tool per costruire insieme ai propri membri una mappa delle infrastrutture di ricarica basata su esigenze reali provenienti dal comparto. L’associazione invita il settore e i governi a partecipare, utilizzando i risultati di questo strumento per sviluppare nuove infrastrutture, ed esorta i principali fornitori di servizi di trasporto e logistica che operano in Europa a contribuire con le proprie informazioni, in modo che la mappa risultante possa riflettere pienamente le esigenze del settore.

I trasporti sono responsabili del 22% delle emissioni totali nell’Unione Europea. L’elettrificazione è una delle opportunità più promettenti per la decarbonizzazione delle emissioni dei trasporti, ma l’infrastruttura pubblica per la ricarica elettrica è rimasta indietro rispetto alla domanda di veicoli del settore pubblico e privato. Una delle sfide principali per lo sviluppo dell’infrastruttura pubblica è l’identificazione dei luoghi più strategici per massimizzare l’uso all’interno del comparto e fornire supporto alle rotte logistiche più trafficate tra i continenti.
Lo strumento è stato accolto con favore da altre organizzazioni di settore come Eurelectric, che intende incoraggiare tutti i propri membri a partecipare attivamente. Quanto maggiore sarà la partecipazione del comparto, tanto più accurata sarà la mappa integrata, in linea con le reali esigenze del settore. Tutte le informazioni relative alle aziende coinvolte sono anonime e riservate.
“L’elettrificazione dei trasporti di media distanza in Europa non potrà espandersi su larga scala fino a quando non sarà realizzata un’infrastruttura di ricarica efficiente e accessibile. I nostri team di ricerca hanno così sviluppato uno strumento efficace e basato sulla scienza, e oggi rendiamo open-source il codice per aiutare tutte le aziende, grandi e piccole, a prendere decisioni strategiche in materia di elettrificazione”, ha dichiarato Andreas Marschner, Vice President, Amazon Transportation Services.

Strumenti come CHALET sono cruciali per promuovere la decarbonizzzione del settore attraverso l’adozione di camion elettrici. Stiamo stimolando il comparto a trasferire informazioni in grado di creare una mappa dei bisogni del settore. L’identificazione di luoghi in cui installare infrastrutture di ricarica può costituire un elemento cruciale per la riduzione delle emissioni”, ha dichiarato Rik Arends, Direttore di Sustainable Freight Buyers Alliance, Smart Freight Centre. “Nel contesto del notevole incremento nell’adozione di veicoli elettrici in tutta Europa, la continua espansione delle infrastrutture di ricarica rappresenta uno snodo strategico nel promuovere una diffusa decarbonizzazione del settore dei trasporti”, ha affermato Kristian Ruby, Segretario generale di Eurelectric. “Per soddisfare la crescente domanda di infrastrutture di ricarica sia le aziende energetiche che le autorità trarranno beneficio dal contributo e dalla consulenza degli operatori di logistici al fine di identificare le migliori posizioni per posizionarle. In quest’ottica, lo strumento CHALET sviluppato da Amazon è uno strumento decisamente interessante”.

CHALET è l’ultimo risultato degli sforzi continui di Amazon per l’elettrificazione. Nell’ottobre 2022, Amazon ha annunciato che investirà oltre 1 miliardo di euro nei successivi cinque anni per elettrificare e decarbonizzare ulteriormente la rete di trasporti dei suoi partner di consegna in Europa. Come primo firmatario del Climate Pledge, Amazon si è impegnata a raggiungere zero emissioni nette di CO2 entro il 2040, con 10 anni di anticipo rispetto a quanto stabilito dall’Accordo di Parigi. Amazon sostiene inoltre l’implementazione di un ambizioso quadro normativo europeo per la decarbonizzazione dei camion, compresi standard più severi in materia di CO2 per i veicoli pesanti, che innalzerebbero gli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 per i nuovi veicoli pesanti per il trasporto merci nell’UE ad almeno il 50% entro il 2030 e al 90% entro il 2040. Pertanto, sostiene inoltre gli sforzi per accrescere le infrastrutture di ricarica elettrica in Europa.

Martinelli (Amazon): Obiettivo raggiunto con progetto pilota su Raee e batterie da e-commerce

Siamo molto orgogliosi di aver potuto realizzare con il ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica e i consorzi questo progetto pilota volto a garantire la raccolta e lo smaltimento dei prodotti Raee e batterie che vengono immessi sul mercato attraverso la vendita di questi prodotti da parte di coloro che utilizzano la nostra vetrina“. Lo dice la Policy and Strategy Director di Amazon Italia, Bianca Martinelli, a GEA, a margine della presentazione dei risultati dell’accordo di programma tra il Mase, Amazon Services Europe Sarl e i consorzi Erp Italia, Erion Weee, Erion Energy per la sperimentazione di un modello di Responsabilità estesa del produttore per gli online marketplace, con specifico riferimento ai alle pile, alle batterie e ai Raee. “L’obiettivo, raggiunto, di questo accordo è garantire che tutti i prodotti immessi sul mercato, venduti attraverso il nostro marketplace, abbiano un sistema di raccolta e di smaltimento corretto – spiega -. Per questo Amazon, con i consorzi e il ministero, attraverso il tavolo tecnico, ha messo a punto un sistema che possa consentire un modello semplificato per la quantificazione dell’immesso sul mercato, la definizione dei contributi per lo smaltimento che devono essere calcolati sulla base dei diversi prodotti immessi sul mercato e, poi, il pagamento ai consorzi per la gestione delle loro attività“.

Amazon investe nelle alghe: assorbono C02, migliorando la biodiversità dell’ecosistema

Un investimento da 1,5 milioni di euro per la creazione della prima coltivazione commerciale di alghe situata tra turbine eoliche offshore al mondo. È l’impegno di Amazon attraverso il fondo globale da 100 milioni Right Now Climate Fund, con cui l’azienda opera per supportare le soluzioni basate sulla natura, in aggiunta all’impegno per la decarbonizzazione delle proprie attività. Il progetto, chiamato North Sea Farm n.1, è situato al largo delle coste dei Paesi Bassi. Le alghe possono aiutare a contrastare il cambiamento climatico in virtù della loro capacità di assorbimento della CO2 e, al contempo, favorire la biodiversità. Quindi, posizionare le coltivazioni di alghe tra le turbine eoliche offshore permette di sfruttare spazio altrimenti inutilizzato per catturare il carbonio e aumentare la rimozione dell’anidride carbonica dall’atmosfera.

Nel localizzare la coltivazione in un’area precedentemente inutilizzata tra le turbine, il progetto è stato in grado di ricavare spazio per la coltivazione di alghe nel già largamente sfruttato Mar del Nord. Se la coltivazione di alghe marine dovesse espandersi fino ad occupare l’intero spazio dei parchi eolici, che dovrebbe arrivare a circa un milione di ettari entro il 2040, potrebbe ridurre milioni di tonnellate di C02 all’anno. Il progetto, sviluppato da un consorzio di ricercatori scientifici guidato dall’organizzazione no-profit North Sea Farmers (NSF), si prevede possa diventare operativo entro la fine dell’anno. Il consorzio auspica che North Sea Farm n.1 possa diventare un modello di riferimento per le coltivazioni di alghe offshore nel mondo.

La North Sea Farm n.1 ambisce a diventare un modello innovativo nella coltivazione di alghe. L’investimento garantirà i fondi necessari alla costruzione di un’area di dieci ettari per la coltivazione delle alghe, che si prevede possano generare una capacità di produzione di almeno 6.000 chili di alghe fresche nel primo anno. Questo finanziamento aiuterà North Sea Farmers ad analizzare e migliorare la capacità produttiva della coltivazione. Allo stesso tempo, i ricercatori esploreranno le potenzialità delle alghe nella riduzione della CO2 dall’atmosfera, creando un modello dell’impatto su larga scala delle coltivazioni. La no-profit auspica che questi riscontri possano contribuire allo sviluppo del settore e alla conseguente creazione di posti di lavoro.
“Le alghe possono diventare uno strumento cruciale per la rimozione dell’anidride carbonica dall’atmosfera, tuttavia sono ad oggi ancora coltivate su scala relativamente ridotta in Europa. Siamo entusiasti di supportare un progetto come questo in grado di contribuire a una maggiore comprensione delle potenzialità delle alghe nel contrasto al cambiamento climatico”, spiega Zak Watts, direttore della Sostenibilità per Amazon in Europa

Torna Amazon Sustainability Accelerator per trovare startup del riciclo

Al via la seconda edizione di Amazon Sustainability Accelerator, con l’invito alle startup nella fase Early Stage e focalizzate sulla sostenibilità a candidarsi al programma. Lanciato da Amazon, EIT Climate-KIC –  l’hub per l’innovazione in materia di clima più importante in Europa – e WRAP – una delle principali Ong britanniche impegnate nel contrasto al cambiamento climatico -, Accelerator è aperto alle startup che stanno creando prodotti di consumo più sostenibili e, per la prima volta, anche a quelle che stanno sviluppando tecnologie in grado di aiutare il settore a riciclare i prodotti in modo più efficace ed efficiente.

Lo scorso anno, i partecipanti ad Accelerator hanno raccolto più di 5 milioni di euro e hanno visto aumentare le proprie vendite su Amazon e non solo di oltre il 250% a seguito della loro partecipazione. Nella scorsa edizione del programma sono state selezionate 12 delle 1.300 startup che hanno risposto al bando, tra queste SURI, una startup basata nel Regno Unito che progetta, produce e vende spazzolini elettrici riutilizzabili e riparabili, con testine di ricambio realizzate in materiali di origine vegetale. Secondo il suo co-fondatore, Mark Rushmore, Accelerator ha rappresentato “un enorme valore aggiunto“, aiutando la sua azienda a passare “da zero entrate a oltre £1 milione in poco tempo“.

Amazon Sustainability Accelerator è un programma su misura di 12 settimane, studiato per aiutare i fondatori a superare le sfide associale all’avvio e all’ampliamento di un business sostenibile. Il programma comprende workshop virtuali e in presenza condotti da esperti, sessioni di mentorship specializzate, un programma personalizzato e l’accesso a una rete di altri founder a loro affini. Amazon e EIT Climate-KIC lavoreranno insieme ai partecipanti per portare a termine una Valutazione dell’impatto climatico sviluppata da Impact Forecast, che contribuirà a valutare il potenziale impatto sul clima delle loro aziende e a studiare strategie per aiutarle a diventare ancora più rispettose dell’ambiente. I partecipanti riceveranno anche una sovvenzione, crediti Amazon Web Services (AWS) e spazi gratuiti per gli uffici.

Quest’anno Amazon Sustainability Accelerator si concentrerà sulle startup di due settori chiave: tecnologie per il riciclo e prodotti di consumo. “L’innovazione fa parte del DNA di Amazon. Attraverso Amazon Sustainability Accelerator siamo in cerca di imprenditori che come noi abbiano a cuore la sostenibilità e siano pronti a far crescere le loro imprese e a rivoluzionare i rispettivi settori”, ha dichiarato Mariangela Marseglia, Country Manager di Amazon per Italia e Spagna. “Accelerator è aperto a imprenditori di tutta Europa, e sarei molto felice di veder rappresentati tra i selezionati l’innovazione e il talento italiani”.

Le startup che verranno selezionate in questa edizione riceveranno una spinta dal punto di vista finanziario grazie a un contributo equity-free di 12.000 euroe all’assegnazione di Crediti AWS Activate dal valore pari a 25.000 dollari. Incontreranno e lavoreranno insieme a leader ed esperti di Amazon, provenienti da vari team – Sostenibilità, Economia circolare, Sostenibilità dei prodotti e Climate Pledge Fund – e potranno accedere a spazi lavorativi gratuiti presso le sedi di Amazon a Londra e a Berlino. I partecipanti del gruppo di startup specializzate in prodotti di consumo riceveranno anche l’accesso gratuito ad Amazon Launchpad per un anno, compresa la gestione dell’account e delle azioni di marketing attraverso la vetrina di Amazon Launchpad. Alla fine del programma, i partecipanti di entrambi i gruppi, Tecnologie per il riciclo e Prodotti di consumo, avranno l’opportunità di proporre le loro aziende a un pubblico di investitori di lungo corso per poter instaurare contatti e ottenere ulteriori capitali.

Amazon da record: è prima azienda al mondo per quantità di rinnovabili acquistate

Amazon ha annunciato oggi di aver incrementato la sua capacità di energia rinnovabile di 8,3 gigawatt (GW) nel 2022 grazie a 133 nuovi progetti in 11 Paesi. Di conseguenza, grazie a un totale di 401 progetti legati alle energie rinnovabili in 22 Paesi, il portfolio globale di Amazon ha superato i 20 GW, che potrebbero generare la quantità di energia necessaria ad alimentare 15,3 milioni di abitazioni in Europa. Su un totale di 128 progetti di energia rinnovabile a livello europeo, sale a 22 il numero dei progetti di energia rinnovabile di Amazon in Italia. Tra questi, anche 2 nuovi progetti fotovoltaici on-site a Roma e a Bitonto (BA); che si aggiungono ai 17 progetti di energia rinnovabile on-site già esistenti e ai 3 progetti di energia rinnovabile off-site già annunciati, per una capacità complessiva in Italia di oltre 115 MW, sufficiente ad alimentare oltre 90.000 abitazioni italiane.

Gli acquisti dell’azienda negli ambiti solare ed eolico continuano ad aggiungere energia rinnovabile alle reti elettriche che alimentano le sue attività, inclusi i data center di Amazon Web Services (AWS), i centri di distribuzione di Amazon e i suoi negozi fisici in diverse parti del mondo. Grazie a questi continui investimenti, Amazon ha stabilito un nuovo record relativo alla quantità di energia rinnovabile acquistata da una singola azienda in un anno. Amazon, infatti, continua a essere al primo posto fra gli acquirenti aziendali di energia rinnovabile, posizione che occupa dal 2020 secondo Bloomberg New Energy Finance. I suoi continui investimenti nelle energie rinnovabili contribuiscono ad accelerare la crescita in nuove regioni del mondo tramite innovative strutture di accordi commerciali, tecnologie e soluzioni cloud.

Questi acquisti, inoltre, avvicinano Amazon all’obiettivo di alimentare le sue attività con il 100% di energia rinnovabile entro il 2025, cinque anni prima dell’obiettivo iniziale del 2030. L’azienda ha ora attivi 401 progetti nel mondo, compresi 164 fra parchi eolici e fotovoltaici e 237 progetti fotovoltaici sui tetti di siti Amazon. Una volta operativo, il portfolio globale di energia rinnovabile di Amazon sarà in grado di generare ogni anno 56.881 gigawattora (GWh) di energia pulita.

“Siamo contenti di essere sulla buona strada per alimentare le nostre attività con il 100% di energia rinnovabile con 5 anni di anticipo rispetto all’obiettivo iniziale. Grazie ai 133 progetti legati alle rinnovabili annunciati in 11 Paesi nel 2022, Amazon ha messo a segno un altro anno da record”, ha dichiarato Adam Selipski, CEO di AWS. “Questi progetti mettono in evidenza la varietà delle nostre fonti di approvvigionamento di energia rinnovabile, e dimostrano la nostra capacità di introdurre nuove tecnologie in nuovi mercati e ridurre ulteriormente gli impatti del cambiamento climatico”.

Amazon, un miliardo per elettrificazione in Europa. In Italia ecco i micro-hub

La rete di trasporto è una delle nostre aree più impegnative da decarbonizzare e per azzerare le emissioni nette di Co2 sarà necessario un investimento sostanziale e prolungato“, spiega Andy Jassy, Ceo di Amazon.L’utilizzo di migliaia di van elettrici, camion a lungo raggio e biciclette ci aiuterà ad allontanarci ulteriormente dai combustibili fossili tradizionali e, si spera, incoraggerà ulteriormente i trasporti e le industrie automobilistiche in Europa e nel mondo a continuare a crescere e innovare, poiché dovremo lavorare insieme per raggiungere i nostri obiettivi climatici“. Per arrivare a questo obiettivo il colosso della distribuzione mondiale ha così deciso di investire oltre un miliardo di euro nei prossimi cinque anni. Amazon sta già utilizzando migliaia di veicoli a zero emissioni allo scarico nelle sue operazioni in Europa e l’investimento annunciato pochi mesi fa ne aggiungerà altre migliaia, accelerando i progressi del gruppo fondato da Jeff Bezos verso il raggiungimento di zero emissioni nette di Co2 entro il 2040, cioè 10 anni prima di quanto stabilito dall’accordo di Parigi.
Nel dettaglio Amazon ora ha più di 3.000 furgoni elettrici che consegnano pacchi ai clienti in tutta Europa, ma l’obiettivo è quello di arrivare a superare le 10.000 unità entro il 2025. E parallelamente la società investirà anche in migliaia di stazioni di ricarica nei suoi siti logistici in Europa.

Per rivoluzionare le consegne in città Amazon ha poi lanciato hub di micro-mobilità elettrici in più di 20 centri in tutta Europa e prevede di raddoppiarne il numero nel giro di tre anni. Gli hub di micro-mobilità sono in pratica stazioni di consegna più piccole, depositi di dimensioni contenute, che si trovano in posizioni centrali. Questi hub permettono ad Amazon di modificare i metodi di consegna, utilizzando ad esempio le cargo bike elettriche o, più semplicemente, intensificando le consegne a piedi. Con i micro hub spariscono infatti parecchi furgoni dalla strada, il che significa alleggerire il traffico urbano e abbattere le emissioni. In Italia da fine novembre sono 4 le città interessate da questi nuovi hub di micro-mobilità: Milano, Napoli, Genova e Bologna. A Milano, oltre il 25% dei pacchi in Area C viene consegnato dai fornitori di servizi di consegna di Amazon Logistics con cargo scooter elettrici a zero emissioni allo scarico grazie all’hub di Rogoredo, e la quota continuerà a crescere nel 2023. A Napoli, il 60% dei pacchi nella zona a traffico limitato viene consegnato attraverso cargo scooter elettrici. L’hub di micromobilità di Genova permette ai fornitori di servizi di consegna di Amazon Logistics di consegnare il 100% dei pacchi con cargo scooter elettrici nella zona a traffico limitato. Il più recente hub di micromobilità di Amazon di Bologna consentirà di consegnare quest’anno il 100% dei pacchi nella zona a traffico limitato della città utilizzando cargo scooter elettrici a tre ruote al posto dei van.

Prima di arrivare al cosiddetto ultimo miglio ce n’è però di strada. Si comincia dai grandi centri di smistamento, fino a considerare le lunghe percorrenze che sono necessarie per consegnare un pacco al cliente. La transizione in questi ultimi due ambiti sta mobilitando il gruppo attraverso due percorsi.
La società alimenta già l’85% delle sue attività con energia rinnovabile, con obiettivo 100 per cento entro il 2025. Stiamo parlando di data center, negozi fisici, uffici aziendali e strutture logistiche, compresi i punti di ricarica in loco. Amazon ora ha oltre 100 progetti di energia rinnovabile in tutta Europa, inclusi 30 progetti di parchi solari o eolici off-site su scala industriale.
Più impervia è la decarbonizzazione dei mezzi pesanti per via delle loro dimensioni e del peso di camion e rimorchi. Il colosso dell’e-commerce oggi ha cinque eHGV (veicoli pesanti per il trasporto merci elettrici) in circolazione nel Regno Unito e 20 in Germania. Per una svolta elettrica serve che tutto il sistema compia la transizione, che può avvenire se produttori e indotto sono sicuri di avere commesse. In questo senso il gigante con sede a Seattle prevede di acquistare e distribuire più di 1.500 veicoli pesanti per il trasporto merci elettrici nella sua flotta europea nei prossimi anni. E per alimentare i suoi eHGV costruirà centinaia di stazioni di ricarica rapida specializzate nei suoi siti logistici in Europa, consentendo all’azienda la ricarica dei veicoli in circa due ore.

Natale sostenibile. Sondaggio Amazon: 6 italiani su 10 apprezzano regali di seconda mano

I temi della sostenibilità e dell’economia circolare piacciono sempre più agli italiani e il Natale non fa eccezione. Quasi sei consumatori su dieci (il 59%) dichiarano che accetterebbero volentieri come regalo un prodotto a cui è stata data nuova vita. È quanto emerge da un sondaggio condotto su duemila persone e commissionato da Amazon Warehouse, la sezione dello store Amazon che ogni anno vende milioni di prodotti di seconda mano, ricondizionati o con confezione aperta.
Chi si dichiara a favore è certo che i regali di seconda mano non solo consentano di risparmiare, ma aiutino a compiere scelte più ecologiche in quanto prolungano la vita dei prodotti. Infatti, oltre due terzi (il 69%) hanno in programma di tenere in considerazione criteri di sostenibilità nei loro acquisti natalizi per quest’anno.
“I consumatori sono sempre più consapevoli dell’impatto ambientale delle loro scelte di acquisto e, grazie ad Amazon Warehouse, possono rendersi conto di come l’attenzione alla sostenibilità, oltre ad essere giusta, sia anche conveniente. Questa crescente consapevolezza dimostra che stiamo lavorando nella giusta direzione”, spiega Mariangela Marseglia, VP e Country Manager di Amazon.it e Amazon.es.

Un quinto degli italiani interpellati concorda che, in generale, negli ultimi anni ci sia stato un aumento della popolarità dei regali ricondizionati, con confezione aperta o di seconda mano, e il 23% pensa che sempre più persone faranno regali di questo tipo, complice anche l’aumento del costo della vita. Su Amazon Warehouse si trovano oltre mezzo milione di articoli, tra cui dispositivi elettronici, giocattoli ed elettrodomestici da cucina. Nel 2021, attraverso Warehouse, Amazon ha venduto milioni di articoli di seconda mano, ricondizionati o con scatola aperta in Europa, consentendo ai clienti di risparmiare fino al 50% per prodotto e di beneficiare, al contempo, delle consegne veloci.

Ma la passione per il second hand non passa solo dal gigante del commercio online. Gli intervistati affermano di affidarsi anche ai negozi dell’usato, compresi quelli con finalità benefiche. La ricerca ha rivelato che, tra i prodotti di seconda mano più popolari e che le persone vorrebbero ricevere questo Natale, ci sono telefoni cellulari, computer portatili e tablet. Ai primi posti in classifica ci sono anche libri, gioielli, opere d’arte e vinili. “Abbiamo interi team dedicati al ricondizionamento dei prodotti e al controllo della qualità degli articoli di seconda mano. Inoltre, la nostra politica di reso, inclusa l’estensione della finestra di restituzione durante il periodo natalizio, si applica anche ai prodotti di seconda mano. In questo modo, i clienti possono compiere acquisti in tutta serenità”, spiega Marseglia.
Al di là dei regali relativi alla stagione natalizia, il 70% degli italiani conferma di aver comprato articoli di seconda mano anche per sé. Quasi la metà degli acquirenti (il 46%) dice di aver risparmiato oltre 100 euro acquistando articoli ricondizionati, con confezione aperta o di seconda mano negli ultimi cinque anni, mentre più di uno su quattro (22%) afferma di aver risparmiato più di 200 euro. Fra i partecipanti al sondaggio che non hanno comprato articoli di seconda mano, ricondizionati o con confezione aperta, il 18% dice di non averci semplicemente mai pensato.