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Argea: “Sperimentiamo vino biosimbiotico contro siccità. Etichette? Mossa politica”

Contenitori alternativi al vetro. Impianti fotovoltaici. Laghi di raccolta acqua e vino biosimbiotico. Il settore enologico sta affrontando grandi sfide dettate dall’aumento dei prezzi delle materie prime, dalla crisi energetica e dalle conseguenze dei cambiamenti climatici. Non da ultimo, a preoccupare i produttori italiani è l’iniziativa dell’Irlanda di apporre sulle etichette di vino i messaggi di allerta per il rischio sulla salute, i cosiddetti health warning, parificando di fatto il vino alle sigarette. “Il 2022 è stato un anno difficile, dopo la pandemia abbiamo affrontato difficoltà dovute all’incremento dei costi dei materiali. Molti produttori sono stati colpiti dalla crisi energetica… La sfida è cercare di seguire le abitudini di consumo e le richieste di alcuni mercati che sono considerati più evoluti che anticipano un po’ le tendenze del mercato, anche in termini di sostenibilità”, ha spiegato a GEA Massimo Romani, amministratore delegato di Argea, gruppo nato a settembre dall’unione di Botter e Mondo del Vino con l’obiettivo di competere sui mercati esteri e portare la qualità dell’Italia nel mondo.

Come sta proseguendo la vostra avventura?

“Argea è una nuova realtà nata dall’unione delle parole arte e gea (terra): arte della terra. Abbiamo presentato il gruppo il 29 settembre del 2022 ma abbiamo una lunga storia perché nasciamo dall’unione di Botter e Mondo del Vino, con quasi 100 anni di storia. Abbiamo ora 600 dipendenti diretti, oltre a tutta la filiera. Lavoriamo su 9 cantine in 6 regioni italiane. Abbiamo chiuso il 2021 a 420 milioni di euro di cui il 95% di export. Il 2022 è stato un anno difficile, ma siamo comunque riusciti a produrre una crescita rispetto al 2021, stiamo chiudendo ora i conti. Certo, ci sono le prime avvisaglie di attenzione sul mercato a inizio del 2023 ma crediamo poi si vada a stabilizzare”.

Crisi energetica, cambiamenti climatici, aumento dei prezzi.. come il settore può sopravvivere?

“Seguendo le abitudini di consumo e le richieste di alcuni mercati che sono considerati più evoluti che anticipano un po’ le tendenze del mercato: ovvero, sostenibilità. Dal canto nostro, stiamo cercando di studiare soluzioni alternative, ad esempio contenitori alternativi rispetto al classico vetro, che da un lato danno maggiore sostenibilità ambientale e dall’altro offrono un’economicità maggiore del prodotto, in modo da renderci più competitivi come richiede il mercato. Penso a contenitori in pit, a contenitori con carta, allo sviluppo del concetto di bag-in-box, che si usa molto nei mercati nordici, trasferito però sulle bottiglie. A questo si accompagna tutta una serie di studi che vanno ben sperimentati per capire l’impatto organolettico sulla nostra materia prima che è nobile e che va trattata di conseguenza. Tradotto: siamo ben consapevoli della tradizione ma stiamo cercando di capire cosa si può fare per renderci più sostenibili nel medio periodo e anche più competitivi“.

La crisi dei materiali ed energetica ha infatti costretto a ripensare alle fonti di approvvigionamento, rendendo forse sempre più indispensabile una transizione ecologica ed energetica .. nel vostro settore come è attuabile?

Stiamo portando avanti un importante progetto di transizione energetica, ed ecologica, per aumentare la nostra produzione da fonti rinnovabili. Ad esempio, su tutta la parte in cantina, e degli impianti di imbottigliamento e su tutti i magazzini logistici stiamo attivando processi a 360 gradi di produzione di energia da fotovoltaico. Abbiamo un piano rilevante sulla riduzione degli sprechi, sia come educazione sia come investimenti in tecnologie che consumano meno. Questa attenzione la portiamo in tutti gli aspetti della filiera cercando di firmare protocolli con i nostri fornitori che sono spesso anche nostri partner”.

Che cosa chiedete alle istituzioni?

“Un loro aiuto in buona parte è già presente. Ma se in tutto questo percorso, il Pnrr e i progetti del Mase ci aiutassero negli investimenti e ad accelerare questa fase di transizione, potremmo diventare meno sensibili alle oscillazioni di elettricità e gas. E se questo fosse ripetuto su tutti i player della filiera (dal vetro al cartone fino allo scaffale) aiuterebbe in modo concreto un passaggio che oggi è diventato cruciale e a cui gli imprenditori, da anni, stanno lavorando”.

Anche perché gli effetti del riscaldamento globale sono già in atto. Penso alla forte siccità che sta colpendo l’Italia, soprattutto al Nord.

Il cambiamento climatico è una realtà, non è più un messaggio che qualcuno cercava di far passare. Sono anni, 2022 incluso, che rischiamo di avere vendemmie povere. Per fortuna l’anno scorso a inizio agosto ha iniziato a piovere e ci siamo salvati. Le produzioni sono state in linea con gli anni precedenti. Noi siamo presenti in Veneto e in Piemonte (al confine tra Langhe e Roero) e siamo molto preoccupati. A livello di gruppo abbiamo iniziato a lavorare su due fronti: dove c’è la possibilità abbiamo lavorato sulle infrastrutture, come ad esempio in Emilia Romagna dove abbiamo la cantina Podere Dal Nespoli a 300 metri di altitudine. Qui abbiamo lavorato per mettere in funzione laghi di raccolta che ci servono per il sistema di irrigazione. E poi abbiamo lavorato in vigna dove, sulle nostre tenute, una 50ina di ettari, abbiamo creato il primo distretto biosimbiotico in Italia”.

Come funziona?

Vengono inseriti microrganismi in simbiosi con la pianta che la rendono più resiliente agli stress che arrivano dall’ambiente in cui vive, in particolare la siccità e gli sbalzi termici. E questo ci sta portando ad avere una vite molto più resistente rispetto a quella che arriva da sistemi più tradizionali. Sono fasi sperimentali: abbiamo prodotto le prime 18mila bottiglie la scorsa vendemmia, ma è una dimostrazione del fatto che la pianta può sopravvivere in condizioni meno gentili. Si dovrebbe fare di più, perché ora è una realtà con cui dobbiamo fare in conti, tutto il sistema ha bisogno di studiare sistema di iniziative in questo senso perché se non si agisce rischiamo di avere meno produzione, soprattutto in alcune aree”.

E’ possibile che la vendemmia venga anticipata?

“In alcune aree geografiche molto votate alla viticoltura, ma non in Italia, abbiamo visto ad anticipi già di vendemmia nell’ordine delle due tre settimane. Questo però ha provocato diversità nel gusto e nel profilo organolettico del prodotto. Qui ci avventuriamo in un territorio molto complesso di cui non abbiamo risposte”.

Anche perché l’Italia ha proprio una tradizione vinicola molto forte e qui mi connetto al famoso tema dell’Earth Warning dalle famose etichette. Quali rischi possono esserci per l’export italiano? E davvero il vino è dannoso alla salute?

“Ritengo che la situazione sia un po’ scappata di mano. Il vino rientra nell’elenco di tutti gli alimenti che sono stati di volta in volta attaccati, dalle carni rosse ai salumi. In realtà quello che studi anche a livello incrociato, sostenuti dalle varie associazioni, hanno sempre dimostrato è che questi alimenti e bevande consumati in moderazione non danno problemi alla salute. Non sono un medico, ma è chiaro che tutto va fatto con un certo tipo di moderazione. Io credo che sia più un tema commerciale e politico, poi non dubito che magari qualche Paese abbia problemi ben più alti del nostro in termini di consumo. Ma cercare di ridurre l’abuso con questo sistema non gestito rischia di penalizzare di volta in volta l’export di tutti gli Stati dell’Unione europea a seconda del cibo o della bevanda di cui si parla. Allo stesso tempo, al momento non la vedo come una cosa che possa danneggiare in maniera sostanziale almeno nel breve periodo il settore. Ma ricordiamoci che il settore del vino in Italia vale circa 15 miliardi di euro di cui 8 di export, con una quantità di addetti importante e una tradizione oserei dire millenaria. E questo va tutelato”.