Dal caffè alla birra: le capsule inutilizzate danno vita a una ‘bionda’ artigianale

Si chiama Biova Cellini ed è la nuova birra artigianale nata dalla trasformazione del caffè recuperato dalle capsule ammaccate durante il processo produttivo. E’ frutto della collaborazione tra Cellini, la Contemporary Italian Roastery genovese, e Biova Project,azienda torinese che si concentra sulla trasformazione del surplus alimentare in valore aggiunto con un focus iniziale sulla creazione di birra artigianale dal pane invenduto. Oltre 10.000 capsule altrimenti inutilizzabili sono state trasformate in 2.500 litri di una birra che riscrive le regole del gusto e dell’economia circolare.

“A Cellini da sempre piace pensare oltre, anche e soprattutto quando si parla di temi importantissimi come quello della sostenibilità. Come azienda, non ci sentiamo semplicemente chiamati a garantire il nostro impegno a un’economia il più possibile circolare: per noi l’attenzione alle tematiche ambientali è parte integrante della nostra strategia, nelle fasi produttive così come nella ricerca e sviluppo di nuove referenze da presentare ai nostri consumatori, per accompagnare a un consumo sempre più consapevole senza mai scendere a compromessi per quanto riguarda la qualità del prodotto finale”, commenta Giorgio Boggero, Ceo di Cellini.

La birra, sorprendentemente leggera, trae ispirazione dalla Schwarzbier, lager scura tedesca, ed è caratterizzata da un colore intenso e da piacevoli note di caffè 100% arabica. Ha una gradazione alcolica del 4,7%.

Franco Dipietro, founder e Ceo di Biova Project, sottolinea il vero elemento distintivo di questa collaborazione: “Il progetto con Cellini è nato da una volontà comune: Biova Cellini è un’ottima birra al caffè, che unisce il mondo della birra artigianale a quello del caffè selezionato e tostato con cura. E racconta anche una splendida storia di economia circolare, a dimostrazione che oggi finalmente si può – e si deve – investire davvero sulla sostenibilità aziendale puntando allo stesso tempo ad avere un prodotto di alta eccellenza per il consumatore finale”.

Per celebrare questa nuova avventura di gusto, Cellini insieme a Biova Project ha lanciato il tour Coffe Hour: un calendario di eventi nei bar Cellini di Milano che permetteranno di scoprire un nuovo modo di gustare il caffè, attraverso la degustazione della birra e di una selezione di signature cocktail al caffè firmati Cellini.

La campagna Biova Cellini e la Coffee Hour sono frutto della collaborazione tra la Contemporary Italian Roastery e Sbam, l’agenzia creativa che dal 2023 è partner strategico di Cellini su tutta la comunicazione ATL e digital, mentre media e pr sono gestite da Jakala. A firmare invece l’identità visiva della birra Biova Cellini è Arc’s, con un design in cui convivono il system grafico di Biova Project, e gli elementi distintivi non convenzionali, tipici della comunicazione Cellini.

Tags:
,

INFOGRAFICA INTERATTIVA Inflazione, dato italiano del caffè si ferma al 2,6% a marzo

A marzo 2024 il tasso di variazione annuo del prezzo al consumo del caffè nell’UE è stato del +1%, rispetto al +13,5% di marzo 2023, e si è avvicinato al livello di luglio 2021 (+0,8%). Lo comunica Eurostat. Il tasso di inflazione del caffè è in calo dall’ottobre 2022, quando era al suo massimo (+17,4%), dopo un forte aumento iniziato nell’ottobre 2021 (+2,0%). Nell’infografica INTERATTIVA di GEA si possono vedere sia l’andamento complessivo negli anni in Ue che i dati di marzo dei singoli Paesi europei.

Un caffè nero bollente: le scommesse fondi spingono i prezzi ai massimi

+11,8% in una settimana, +33% in un mese, +165% in cinque anni. Il prezzo del caffè è sempre più bollente. La qualità ‘arabica’ tocca il massimo in due anni e il ‘robusta’ registra un nuovo massimo storico per le preoccupazioni sui raccolti in Brasile e Vietnam, i due dei principali produttori mondiali di caffè.

La regione brasiliana di Minas Gerais, che rappresenta circa il 30% del raccolto di Arabica del Brasile, ha registrato precipitazioni al di sotto della media storica, alimentando le preoccupazioni per la produzione della qualità più diffusa nel mondo. Nel frattempo la produzione di Robusta in Vietnam, il principale produttore mondiale di questo tipo di chicchi di caffè, è stata colpita da una significativa riduzione a causa della siccità. Il dipartimento dell’agricoltura di Hanoi ha previsto un calo del 20% nella produzione per l’anno di raccolto 2023/24, il che rappresenta il raccolto più piccolo degli ultimi quattro anni. Anche le esportazioni vietnamite sono previste in calo del 20% per lo stesso periodo. Queste prospettive di ridotta disponibilità hanno contribuito a sostenere ulteriormente i prezzi.
.
Anche l’acquisto di fondi ha contribuito ad alimentare l’aumento dei prezzi del caffè questo mese, con un aumento delle posizioni long – rialziste – sui contratti di Arabica. Tuttavia, c’è anche il rischio che una posizione long record possa aumentare le pressioni di liquidazione in caso di ribasso dei prezzi. Insomma, potremmo trovarci all’interno di una bolla finanziaria, la stessa che ha spinto sui massimi storici il cacao.

Ci sono infatti segnali misti riguardo alle esportazioni di caffè. Mentre quelle brasiliane sono aumentate, indicando una potenziale disponibilità maggiore sul mercato, le esportazioni globali nel complesso hanno mostrato una crescita più modesta. Inoltre, le scorte di caffè, sebbene siano salite rispetto ai minimi storici, rimangono a livelli relativamente bassi, il che potrebbe sostenere ulteriormente i prezzi.

Da un punto di vista più ampio poi, le previsioni della produzione globale di caffè indicano un aumento significativo nel prossimo anno. L’Organizzazione Internazionale del Caffè (ICO) ha previsto nel suo ultimi report semestrale di dicembre che la produzione globale nel 2023/24 dovrebbe salire del 5,8% anno su anno raggiungendo 178 milioni di sacchi a causa di un eccezionale anno di raccolto fuori biennio. L’Ico ipotizza inoltre che il consumo globale nel 2023/24 aumenterà del 2,2% raggiungendo 177 milioni di sacchi, con un conseguente surplus di 1 milione di sacchi di caffè. Tuttavia le condizioni meteorologiche e le politiche governative potrebbero stravolgere il quadro. Infatti, il rally del caffè è partito lo scorso anno quando El Nino ha colpito la produzione in diversi Paesi.

Se anche il caffè finisce macinato dai cambiamenti climatici

Settemila caffé, cantava Alex Britti… chissà se nei prossimi anni potremmo ordinarli con serenità e assoluta certezza di consumarli. Uno studio dell’Università di Scienze Applicate di Zurigo mette in guardia sul futuro della produzione di chicchi di una delle bevande più amate al mondo: si bevono ogni giorno circa 3 miliardi di tazzine. Se la tendenza degli ultimi tre decenni continuasse, gli esperti prevedono che questa cifra probabilmente raddoppierà entro il 2050. Solo tra il 1990 e il 2022, il consumo globale annuo è salito infatti da 90 a 179 milioni di sacchi da 60 chilogrammi. Ma se il caffé dovesse sparire?
Il mondo si divide in due qualità: Arabica, che rappresenta attualmente il 56% della produzione globale ed è coltivata principalmente in Sud America, e Robusta (la restante produzione), coltivata soprattutto in Asia e utilizzata, tra le altre cose, per produrre il caffè solubile. Lo studio dell’università elvetica si è concentrato sull’idoneità attuale e sull’Arabica in base alle esigenze climatiche e del suolo, utilizzando i risultati climatici di 14 modelli di circolazione globale basati su tre scenari di emissione per modellare gli impatti futuri (2050) dei cambiamenti climatici sulle colture sia a livello globale che nei principali paesi produttori.

A livello produttivo, l’attuale idoneità complessiva più elevata dell’Arabica si riscontra nell’America centrale e meridionale (specialmente in Brasile), nell’Africa centrale e occidentale e in alcune parti dell’Asia meridionale e sud-orientale. Le estensioni settentrionali e meridionali delle regioni di coltivazione globali sono limitate da fattori climatici, principalmente da tre parametri: lunghe stagioni secche (confini settentrionali e meridionali delle regioni di coltivazione in Africa, India, Australia, Brasile orientale), temperature medie annuali elevate (ovest Africa, alcune regioni del Sud-Est asiatico, America Centrale) e le temperature minime medie basse del mese più freddo (confini settentrionali e meridionali dell’America, Cina, alcune regioni del Sud-Est asiatico, alcune aree montuose). In alcune delle regioni climaticamente adatte, i criteri del terreno e del suolo limitano notevolmente l’idoneità alla coltivazione del caffè. Il basso pH del suolo limita l’idoneità del caffè in Sud America (bacino dell’Amazzonia), Africa centrale (bacino del Congo) e Sud-Est asiatico (Sumatra, Malesia, Borneo, Nuova Guinea). In alcune regioni i fattori limitanti sono la struttura inadeguata del suolo (ad esempio in Florida) o i pendii ripidi (ad esempio nell’India settentrionale).

Tenendo conto degli scenari di cambiamento climatico – rivela lo studio – l’idoneità del caffè diminuirà drasticamente entro il 2050. L’idoneità più elevata calerà di oltre il 50% in tutti e tre gli scenari climatici (riscaldamento globale di 1,6, 2,4 e 4 gradi Celsius) e diminuiranno le regioni moderatamente idonee dal 31% al 41%. Cambiamenti negativi nell’idoneità saranno causati principalmente dall’aumento delle temperature medie annuali. Si prevede che la maggior parte delle attuali regioni in crescita diminuiranno di almeno una classe di idoneità (America centrale e meridionale, Africa centrale e occidentale, India, Sud-est asiatico), e che solo poche regioni, soprattutto ai confini settentrionali e meridionali delle aree di coltivazione, trarranno profitto dai cambiamenti climatici (ad esempio Brasile meridionale, Uruguay, Argentina, Cile, Stati Uniti, Africa orientale, Sud Africa, Cina, India, Nuova Zelanda) a causa dell’aumento delle temperature minime del mese più freddo.

Ue al lavoro per la rivoluzione del caffè: le cialde saranno considerate imballaggi

Gustoso, cremoso, con odori e sapori diversi. Sempre lui, ma comunque diverso. In altre parole, c’è caffè e caffè. Quello che l’Ue preferisce è quello sostenibile, e la Commissione europea lavora alla rivoluzione del ‘coffe break’ in capsula. Con la proposta di modifica della direttiva sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio e il suo passaggio in regolamento, i contenitori di caffè per macchinette diverse dalla classica moka diventeranno oggetto delle nuove normative che intende disciplinare l’utilizzo dell’esausto.

Ad oggi le capsule non sono considerate imballaggi, cosa che invece fa la proposta di regolamento. Questo cambio di paradigma, spiega il commissario per l’Ambiente, Virginius Sinkevicius, “consentirà ai produttori di prendere decisioni di investimento che consentano una migliore selezione e successivo riciclo”. Perché, spiega il commissario nella risposta offerta all’interrogazione parlamentare in materia, il contenitore del caffè è in realtà una piccola miniera di sostanze utili all’ambiente e non solo.

La Commissione europea si è resa conto che i fondi di caffè contengono “preziosi nutrienti vegetali come potassio, fosforo e azoto che possono essere utilizzati per arricchire il terreno invece di essere inceneriti”. Sono dunque una risorsa per il suolo, anche in chiave agricola . Ancora, ci sono nei piccoli imballaggi a forma tonda “altre preziose materie prime secondarie di cui sono costituite le capsule, come l’alluminio”, che può tornare utile per il processo industriale e produttivo. Ecco perché “compostare sia la capsula che il materiale in essa contenuto rappresenterebbe l’opzione più vantaggiosa per l’ambiente”. Ed ecco perché, sottolinea ancora Sinkevicius, la proposta di regolamento sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio, prevede “il requisito” che le capsule di caffè siano compostabili. Fermo restando il principio per cui “gli imballaggi dovrebbero essere compostabili quando ciò possa facilitare la raccolta differenziata dei rifiuti organici”, come recita la proposta di regolamento presentata alle parti interessate, a cui si fa notare che cialde o capsule con alluminio non è più sostenibile. Perché, riconosce il commissario all’Ambiente, l’allumino “non è facilmente” recuperabile. Nel caso delle capsule perché trattasi di oggetti densi e piccoli che non vengono ben catturati dalle raccolte ottiche di rifiuti, e comunque la plastica rigida non è accettata in molti impianti europei di compostaggio. Ecco perché “per il caffè è necessario più materiale di imballaggio diverso dall’alluminio”.

Niente paura. La rivoluzione del caffè a casa o in ufficio non avrà ripercussioni economiche. Non si tratta di obbligare nessuno a cambiare apparecchio, tiene a precisare il commissario Ue. “Le capsule di caffè compostabili sono già disponibili in commercio, pertanto, una volta entrato in vigore il requisito non sarà necessaria alcuna sostituzione delle macchine esistenti”.

Dalla plastica al caffè: nasce la stampante 3D che utilizza i fondi usati

(Photo credit Michael Rivera)

Il caffè può fare molte cose: svegliare, riscaldare e regalare un momento di piacere. E, secondo un nuovo studio, potrebbe anche aiutare a ridurre i rifiuti della stampa 3D.
È questa la visione alla base di un nuovo progetto guidato da Michael Rivera, professore assistente presso l’Atlas Institute e il Dipartimento di Informatica dell’Università del Colorado Boulder. Insieme ai suoi colleghi ha sviluppato un metodo per stampare in 3D una vasta gamma di oggetti utilizzando una pasta fatta interamente di vecchi fondi di caffè, acqua e pochi altri ingredienti sostenibili.

Il team ha già sperimentato l’uso dei fondi di caffè per creare gioielli, vasi per piante e naturalmente, tazzine di caffè espresso. La tecnica è anche abbastanza semplice da poter funzionare, con alcune modifiche, sulla maggior parte delle stampanti 3D a basso costo e di tipo consumer.

“Si possono fare molte cose con i fondi di caffè”, spiega Rivera. “E quando non li vuoi più, puoi gettarli di nuovo in un macinino e riutilizzarli per stampare di nuovo”.
Il gruppo ha presentato i suoi risultati quest’estate alla conferenza Designing Interactive Systems dell’Association for Computing Machinery a Pittsburgh. Per Rivera, il progetto fa parte della sua missione di rendere la stampa 3D più sostenibile, consentendo ad artisti, designer, ingegneri e altri di realizzare rapidamente prototipi afferrabili e altri oggetti per la casa, senza incrementare le discariche.

Come prevedibile, l’idea è nata in una caffetteria. Quando Rivera era uno studente alla Carnegie Mellon University, lavorava spesso in bar di Pittsburgh, chiamata Arriviste Coffee Roasters. La caffetteria aveva stipulato un contratto con un gruppo locale che raccoglieva i fondi di caffè usati per il compostaggio, ma durante la pandemia COVID-19 questa attività si era interrotta e i rifiuti avevano cominciato ad accumularsi. Da qui l’idea di sfruttarli.

Come spiega Rivera, la maggior parte delle stampanti 3D sul mercato oggi utilizza termoplastica. La più comune è l’acido polilattico, o PLA, teoricamente compostabile, ma accettato solo da pochi impianti di compostaggio. “Se lo si getta in una discarica, dove finisce la maggior parte del PLA, ci vorranno fino a 1.000 anni per decomporlo”, dice il ricercatore.

Il metodo del team è piuttosto semplice: si mescolano i fondi di caffè essiccati con altre due polveri acquistate, cioè gomma di cellulosa e gomma di xantano, additivi comuni negli alimenti che si degradano facilmente in una compostiera. Poi si aggiunge l’acqua fino a raggiungere la consistenza di una pasta. Una volta essiccato, il materiale dei fondi di caffè è resistente come il cemento.

E anche se per Rivera la stampa con i fondi di caffè potrebbe non diventare una pratica diffusa, potrebbe rappresentare un passo avanti verso la scoperta di altri tipi di materiali sostenibili per la stampa 3D capaci, un giorno, di sostituire la plastica.

 

Tags:
,
illycaffè

Arriva #cupsidedown: la tazzina rovesciata di illycaffè per l’economia circolare

Si può parlare di sostenibilità anche di fronte al bancone del bar, ripensando un gesto semplice e spesso compiuto quasi meccanicamente: prendere in mano una tazzina e godersi un buon caffè. Parte proprio dalla volontà di far scattare una riflessione invitando a ridisegnare un’abitudine quotidiana la campagna di comunicazione lanciata da illycaffè in occasione dell’International Coffee Day che si è tenuto lo scorso primo ottobre. Il progetto si chiama #cupsidedown ed è stato ideato per sensibilizzare le persone sull’importanza dell’economia circolare come sistema alternativo al tradizionale modello di economia lineare. Rovesciare la tazzina diventa la metafora di un capovolgimento di mentalità, un invito a cambiare prospettiva. A raccontarci di più di questa iniziativa è David Brussa, Total Quality e Sustainability Director di illycaffè.

Il caffè – spiega Brussa a GEA – è la seconda commodity, dopo il petrolio, più trattata sui mercati finanziari. Scegliere una tazza di caffè non è solo una scelta di gusto ma anche una di responsabilità nei confronti del pianeta, inteso in modo ampio, come ambiente e come persone che lo abitano. Il fatto di servirlo in una tazzina rovesciata significa ribaltare il punto di vista, vedere le cose da una prospettiva inconsueta. Il caffè è sempre lo stesso, ma presentato in questo modo fa scattare nei consumatori una curiosità positiva. Questo rovesciamento è diventato così il simbolo di un cambio di veduta, assumendo diversi significati, come ad esempio l’invito a vedere che cosa c’è dietro ad una tazza di caffè”.

La campagna ha avuto un riscontro molto positivo e ha ottenuto una grande risonanza: nello scorso mese di ottobre all’interno dei punti vendita i consumatori hanno potuto provare questa insolita esperienza e ne sono rimasti piacevolmente colpiti, mentre sui social network sono stati diffusi contenuti ad hoc per sensibilizzare le persone sull’impatto che possono avere anche i più semplici gesti quotidiani. Il concorso prevedeva anche la possibilità di vincere una delle tazzine ‘rovesciate’.

L’obiettivo non era soltanto quello di creare una tazzina esteticamente ricercata, semplicemente gradevole sotto l’aspetto visivo – sottolinea Brussa – ma anche di dare vita ad un oggetto che coinvolgesse tutti i sensi del consumatore. La tazzina va infatti accompagnata al dito in modo contrario rispetto al movimento abituale, costringe ad un’attenzione in più al momento dell’assaggio e permette di sentire maggiormente profumo e aroma. La meccanicità di un gesto che spesso compiamo distrattamente lascia così il posto ad un momento di riflessione. E non solo, anche dal punto di vista strutturale questo oggetto è diverso dalla produzione standard e ha rappresentato un’interessante sfida in fase di realizzazione”.

La illy Art Collection creata per questa campagna è stata progettata in collaborazione con l’artista Matteo Attruia, che tre anni fa aveva ‘dato voce’ alle tazzine, decorandole con una parola diversa. Abbinando le parole impresse a quelle sui piattini si poteva realizzare una frase personalizzata. Oggi, come nel 2019, le creazioni nate da questa collaborazione artistica sono state numerate e un domani potranno diventare oggetto da collezione.

La campagna #cupsidedown – continua Brussa – è il risultato di un lungo percorso che illy porta avanti dagli anni Novanta, da quando l’azienda si impegna a comprare il caffè direttamente dai produttori, pagandolo per il valore che ha. Per fare un espresso ci vogliono 50 chicchi, che devono essere perfetti: per garantire un prodotto eccellente abbiamo studiato a fondo il processo di produzione, promuovendo le pratiche più efficienti, la sostenibilità sociale e riducendo gli sprechi”.

Nell’ambito del caffè, il tema della sostenibilità si ripresenta anche nel momento in cui si tratta di bicchieri monouso, cui si chiede di preservare l’aroma e il gusto originali dell’espresso, di essere riciclabili assecondando le normative dei diversi stati e di garantire massima funzionalità. Per rispondere a queste esigenze illy ha messo a punto un bicchiere realizzato con carta che arriva da foreste certificate (dove per ogni albero tagliato ne vengono piantati sette), smaltibile nella carta e del tutto esente da odore e sapore. Questo prodotto, frutto di un accurato lavoro di ricerca applicata alla materia prima e ai processi di realizzazione, è diventato il simbolo di un programma pluriennale di sviluppo di soluzioni sempre più sostenibili contrassegnate dall’hasthag #ONEMAKESTHEDIFFERENCE. Uno slogan che sottolinea come ognuno possa dare il proprio contributo, nella scelta dei prodotti utilizzati e nel loro corretto smaltimento. E la differenza si vede: nel 2019 l’impiego di bicchieri take-away ha consentito una riduzione dell’utilizzo della plastica pari a più di 175 tonnellate.

In quest’ottica si inseriscono anche le innovative macchine in grado di erogare caffè, vapore e acqua calda senza dover attendere il raggiungimento della temperatura corretta: dopo ogni somministrazione il dispositivo entra infatti automaticamente in standby assicurando così un importante risparmio energetico.

Qualità e sostenibilità – conclude Brussa – sono due facce della stessa medaglia, e l’etica è lo spessore. Lavorare in modo ecologicamente attento significa operare rispettando i produttori, in sinergia con tutti gli attori della filiera. Nei prossimi anni qualità e sostenibilità saranno due concetti che andranno a sovrapporsi, fondendosi assieme nei processi”.

Nei 30 secondi in cui il barista prepara il caffè si assaporano quindi anni di lavoro, di ricerca e di sperimentazione per assicurare un prodotto di qualità e rispettoso dell’ambiente.

Photo Credits: illycaffè

Un progetto per far diventare la pausa caffè sostenibile

Secondo uno studio dell’Iri, società esperta in ricerche di mercato, nell’anno del lockdown, il 2020, la vendita delle cialde per il caffè ha registrato un vero boom: +18% a valore rispetto all’anno precedente. Nel dettaglio, capsule e caffè macinato insieme hanno rappresentato l’85% delle vendite di caffè nella Gdo (grande distribuzione organizzata).

Chiaramente negli anni anche le macchinette per il caffè in casa hanno registrato un’impennata. Secondo una ricerca Euromonitor le vendite sono passate da 1,8 milioni di unità nel 2008 a 20,7 milioni nel 2018 negli Stati Uniti. Ora, quasi il 40% delle famiglie negli Stati Uniti ha una macchina per il caffè a cialde e quasi i due terzi delle famiglie nel Regno Unito. La conseguenza è che ogni anno nel mondo vengono prodotte circa 20 miliardi di capsule per il consumo in queste macchinette, vale a dire 39mila al secondo.

DIFFERENZA TRA CIALDE E CAPSULE

Va, innanzitutto, chiarita la differenza tra cialda e capsula. La prima è una sorta di filtro in cui è contenuto il caffè in polvere; le capsule, invece, sono piccoli contenitori in alluminio o plastica con all’interno il caffè. Il problema maggiore lo danno le capsule, perché le cialde stanno diventando sempre più compostabili. Le capsule restano invece legate a materiali che vanno riciclati.

L’IMPATTO AMBIENTALE DI CIALDE E CAPSULE

Il problema che si pone, dunque, è quello dell’impatto ambientale. Il produttore britannico di cialde di caffè compostabili Halo, lo scorso anno ha pubblicato una ricerca nella quale si spiega che tre quarti di capsule e cialde finiscono in discarica. Ecco dunque la corsa dei maggiori produttori di caffè in capsule verso una transizione verde. Nestlé, che produce 14 miliardi dei 20 miliardi di capsule consumate a livello globale ogni anno attraverso il suo marchio Nespresso, si sta concentrando su cialde di caffè in alluminio che possono essere riciclate in strutture specializzate.

LA SPERIMENTAZIONE DI NESTLÈ

Nonostante il crescente utilizzo delle capsule da caffè – riferisce Nestlé nel suo ‘Sustainable packaging commitment: road to 2025’ -, ad oggi in Italia non esiste un sistema strutturato per la raccolta e il riciclo, pertanto, insieme a Illycaffè e alle 3 aziende che gestiscono il riciclo dei rifiuti nella Regione Friuli Venezia Giulia, Nestlé e Nescafé Dolce Gusto hanno firmato l’avvio del primo progetto pilota in Italia per lo smaltimento delle capsule esauste di caffè in plastica. Il progetto, operativo a partire da luglio 2021, prevede la raccolta differenziata delle capsule, il loro trattamento presso un apposito impianto sperimentale di separazione di queste ultime dal loro contenuto, e il successivo avvio al recupero dei materiali separati. Insieme a Illycaffè, Nestlé sosterrà i costi di progettazione, realizzazione, e gestione dell’impianto sperimentale di separazione delle capsule, e quelli connessi alla gestione dei rifiuti. A novembre 2021 è inoltre partita una seconda fase che vede protagonisti i comuni di Trieste, Udine, Campoformido e Pasian di Prato“.

SEPARARE L’ALLUMINIO DAL CAFFE’ MACINATO

Secondo un servizio de Il Salvagente, le cialde però sono da preferire alle capsule perché hanno un minor impatto ambientale. “Al contrario di quanto avviene con le capsule, il materiale delle cialde – spiega Il Salvagente – è interamente compostabile, la carta filtro, una volta utilizzata può essere tranquillamente gettata nel cestino dell’umido e così avviata al compostaggio, proprio come i filtri di tisane e tè. E non serve neppure estrarre i fondi del caffè. Non solo, sempre sul versante ambientale, le cialde hanno dalla loro un volume decisamente minore di quello occupato dalle capsule il che equivale a un risparmio sensibile in fase di trasporto dell’alimento e di uso del packaging“. Per recuperare le capsule infatti, l’utente dovrebbe separare in casa l’alluminio del contenitore dal caffè. Ma non tutti lo fanno. Ancora più difficile invece separare la capsula di plastica dal suo contenuto: come riferiva lo studio di Halo in questo caso i 3/4 di queste capsule finiscono infatti nell’indifferenziato.