ghiacciaio rutor

Ghiacciai in piena emorragia: sul Rutor persi 1,5 km² in 50 anni

(Photocredit: Legambiente)

Il nuovo record italiano dello zero termico raggiunto alla stazione di radiosondaggio Novara Cameri a 5.328 metri testimonia l’aumento senza precedenti delle temperature e l’inesorabile destino dei ghiacciai alpini, in piena emorragia, per effetto della crisi climatica. E’ la sentenza senza appello di Legambiente, che oggi ha presentato il monitoraggio sul Ghiacciaio del Rutor, in Valle d’Aosta nella prima tappa della IV edizione di Carovana dei Ghiacciai, la campagna internazionale promossa da Legambiente con la partnership scientifica del Comitato Glaciologico Italiano (CGI). E che quest’anno assume una dimensione internazionale, grazie alla collaborazione con Cipra (Commissione Internazionale per la Protezione delle Alpi) con ben due delle sei tappe localizzate in Austria e Svizzera, allo scopo di costruire nuove alleanze attraverso uno scambio con il mondo della ricerca europeo ma anche con i cittadini e le istituzioni locali e che farà il suo viaggio dal 20 agosto al 10 settembre attraverso l’alta quota per monitorare il drammatico ritiro dei ghiacciai a causa della crisi climatica.
Secondo i dati di Legambiente, il Ghiacciaio del Rutor, il terzo ghiacciaio valdostano per estensione (dopo Miage e Lys) e allo stato attuale con un’area di circa 7,5 Km2 , è sempre più minacciato dagli effetti dei cambiamenti climatici, che provocano una crescente perdita di massa glaciale. Una perdita di superficie di circa 4 km² dal 1865 ad oggi, di cui 1,5 km² persi solo negli ultimi cinquant’anni. Sempre facendo un confronto con la situazione dei primi anni Settanta, la fronte del lobo destro si è ritirata di 650 metri mentre quella del lobo sinistro di 750 metri.   Secondo Arpa Valle d’Aosta, nonostante l’accumulo invernale 2023 del ghiacciaio risulti sorprendentemente tra i migliori degli ultimi vent’anni (situazione ben più positiva rispetto a quelle degli accumuli dei vicini ghiacciai di Timorion e del Grand Etret), quest’estate ci si aspetta un bilancio di massa negativo anche se meno severo rispetto agli ultimi anni.

Nel suo complesso, la dinamica di ritiro del Rutor risulta condizionata dal paesaggio geomorfologico caratterizzato da un’alternanza di conche colme di sedimenti e ricche di laghi e dorsali rocciose allineate alle strutture geologiche alpine. “Questo fa sì – spiega Legambiente – che il ritiro non avvenga in modo lineare, ma alternando fasi relativamente stazionarie o di lento ritiro (come l’attuale) quando la fronte si trova in prossimità di una conca, fino a quando emerge una barra rocciosa che isola la fronte dal resto del ghiacciaio, momento in cui si verifica un marcato e rapido regresso della fronte”.   “ll ghiacciaio del Rutor – commenta Marco Giardino, vicepresidente del Comitato Glaciologico Italiano e docente dell’Università di Torino – è emblematico perchè le condizioni geologiche e geomorfologiche consentono di conservare traccia dell’evoluzione ambientale, nel breve e nel lungo termine. Un luogo ideale per dimostrare l’importanza di associare al monitoraggio diffuso e comparativo sui ghiacciai operato dal Comitato Glaciologico Italiano, un approccio multidisciplinare anche alle zone proglaciali, per rilevare i fenomeni di deposito ed erosione e stabilire un bilancio idrico e dei sedimenti traspostati dalle acque di fusione”.

Dopo la Valle D’Aosta la Carovana dei Ghiacciai 2023 farà la sua seconda tappa in Piemonte, sul Ghiacciaio del Belvedere, focalizzata su ghiacciai e rischi in alta montagna. La tappa inizierà il 24 agosto con un incontro con gli amministratori locali dal titolo ‘La carta di Budoia per l’adattamento ai cambiamenti climatici: un impegno a favore del clima’

Emergenza clima: i ghiacciai si ritirano. Legambiente: “Piano adattamento entro fine anno”

Irriconoscibili, spogli, crepati. Così sono i ghiacciai dopo l’estate più calda di sempre. “Siamo tornati su quelli che avevamo osservato due anni fa, vista l’annata particolarmente pesante. Abbiamo ritrovato un’emorragia di ghiaccio, torrenti gonfi e contemporaneamente siccità dappertutto, laghi scomparsi. La Marmolada è diventata una regina nuda, completamente scoperta dal ghiaccio“, racconta Vanda Bonardo, responsabile nazionale Alpi di Legambiente, presentando il report finale ‘Carovana dei ghiacciai’ del Cigno verde.

La crisi climatica corre più veloce che mai, “a un ritmo impensabile anche dagli stessi esperti“, avverte il presidente nazionale, Stefano Ciafani. Le montagne sono la sentinella principale dei cambiamenti. I pascoli secchi intorno ai ghiacciai non riescono a stoccare l’anidride carbonica: “C’è stata una riduzione di stoccaggio del 30-40%”, denuncia Bonardo.

Dalla tragedia della Marmolada, all’alluvione delle Marche, fino alla frana di Ischia: nell’anno più drammatico per il Paese, Legambiente torna a chiedere con urgenza “una reale governance del territorio e dei rischi“, sollecita strategie adeguate e piani di adattamento al clima su scala regionale e locale, a tutela dei territori e delle comunità: “E’ fondamentale che il Governo Meloni approvi il Piano di adattamento climatico entro fine anno come annunciato e metta in campo gli strumenti e le risorse per attuarlo nel prossimo futuro. È altrettanto fondamentale procedere speditamente allo sviluppo delle politiche di mitigazione, partendo dall’aggiornamento del PNIEC agli obiettivi del programma europeo RePower EU”, afferma il presidente, Stefano Ciafani.

Il piano di adattamento ai cambiamenti climatici resta una “priorità assoluta” per il governo, assicura il ministro per il mare e la protezione civile, Nello Musumeci: “E‘ una vergogna che dopo sei anni non sia stato ancora reso operativo”, denuncia. “Non puoi fare prevenzione se non hai prima la previsione. Io non vado alla ricerca di responsabilità, dico soltanto di recuperare il tempo impegnato. Quando si ha nelle mani un piano di previsione che può mettere in pericolo la sicurezza di un territorio, si lavora anche di notte pur di arrivare ai tempi necessari e sei anni su questo strumento di previsione sono già tanti“.

Quanto ai ghiacciai, nello specifico, sulle Alpi Occidentali c’è in media un arretramento frontale annuo di circa 40 metri. Importante è il ritiro di 200 metri della fronte del Ghiacciaio del Gran Paradiso. I ghiacciai del Timorion (in Valsavaranche) e del Ruitor (La Thuile) con una perdita di spessore pari a 4,6 metri di acqua equivalente, registrano la peggiore perdita degli ultimi ventidue anni. Il Miage, in 14 anni, ha perso circa 100 miliardi di litri di acqua: il suo lago glaciale appare e scompare, negli ultimi tre anni in maniera sempre più rapida e repentina (in passato si verificava circa ogni 5/10 anni). ‘Sorvegliati speciali’ i ghiacciai Planpincieux e Grandes Jorasses in Val Ferret per il rischio di crolli di ghiaccio che potrebbero coinvolgere gli insediamenti e le infrastrutture del fondovalle. Nel settore centrale delle Alpi, emblematico il Ghiacciaio del Lupo che, solo nel 2022, nel suo bilancio di massa registra una perdita del 60% rispetto a quanto perso nell’arco di 12 anni. Il Fellaria perde in 4 anni quasi 26 metri di spessore di ghiaccio. Tra i fenomeni di collasso delle fronti spicca quello del Ghiacciaio del Ventina (Gruppo del Monte Disgrazia), che in un anno ha perso 200 metri della sua lingua. Per quanto concerne le Alpi Orientali, del grande Ghiacciaio del Careser (Val di Pejo), rimangono placche di pochissimi ettari, la sua superficie si è ridotta dell’86%. Numerosi gli arretramenti delle fronti, in gran parte dovuti alla cesura delle parti frontali, oltre un chilometro per la Vedretta de la Mare e a 600 metri per il Ghiacciaio di Lares (Gruppo dell’Adamello). E il Ghiacciaio della Marmolada tra quindici anni potrebbe scomparire del tutto, dopo che nell’ultimo secolo ha perso più del 70% in superficie e oltre il 90% in volume. In linea con gli altri due settori le perdite di spessore registrate per i ghiacciai di Malavalle e della Vedretta Pendente. Unica eccezione è il Ghiacciaio Occidentale del Montasio, piccolo ma resistente che, pur avendo subito in un secolo una perdita di volume del 75% e una riduzione di spessore pari a 40 metri, dal 2005 risulta stabilizzato, in controtendenza rispetto agli altri ghiacciai alpini.