Sostenibilità, Ue avanti con le ‘case green’: “Aumentare tasso di ristrutturazioni”

Efficienza, sostenibilità, edifici e immobili a prova di futuro. In estrema sintesi: avanti con le case ‘green’. La Commissione europea non molla, e anzi rilancia quello che è stato uno dei cavalli di battaglia della scorsa legislatura. Il rapporto sullo stato dell’unione dell’energia insiste su un tassello del più ampio pacchetto noto come ‘Fit for 55’, contenente le misure per ridurre le emissioni di CO2 di almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990. Tassello che si tramuta in tasto dolente in certi Paesi, a partire dall’Italia. “Gli sforzi per l’efficienza energetica dovranno fare un ulteriore passo avanti per raggiungere l’obiettivo di riduzione del consumo energetico finale dell’11,7 % entro il 2030″, rileva l’esecutivo comunitario nel documento.

A oggi la valutazione condotta sulle bozze aggiornate dei piani nazionali per l’energia e il clima (Nepc) indica una riduzione di solo il 5,8 % rispetto alle proiezioni del 2030. Si è in ritardo. Quindi, in pratica, “i tassi di ristrutturazione e l’elettrificazione delle apparecchiature di riscaldamento in generale rimangono troppo bassi” e le misure nazionali sono “insufficienti” per raggiungere un parco edilizio decarbonizzato entro il 2050. Ai governi si fa perciò presente che “una rapida attuazione della direttiva rivista per la prestazione energetica degli edifici sarà assolutamente fondamentale”.

Raccomandazione chiara, che vale soprattutto per quei governi che, come l’Italia, sulla questione delle case sostenibili continuano a nutrire dubbi e perplessità. Maros Sefcovic, commissario per il Green Deal, ne fa però una questione di bollette. “Dovremmo attuare rapidamente la nuova politica e il nuovo quadro normativo per affrontare i prezzi elevati dell’energia”, sottolinea.
A proposito di prezzi e stangate per le famiglie, c’è un passaggio tanto delicato quanto controverso nel capitolo relativo all’Italia. La Commissione europea sottolinea come nel 2023, il 4,1 % della popolazione ha avuto difficoltà a pagare le bollette mentre il 9,5 % non è stato in grado di mantenere la propria casa adeguatamente riscaldata nel periodo invernale. “Questo sottolinea l’importanza di aumentare il tasso e la qualità della ristrutturazione degli edifici”, in particolare di quelli con le performance energetiche peggiori. Peccato che il dato citato tocchi il tema della gente che non ce la fa, quelle persone a rischio povertà ed esclusione sociale che non pagano perché non hanno soldi, un problema che solo in Italia riguarda 13 milioni di uomini e donne.
Semmai l’invito politico implicito racchiuso in questi rilievi è quello di interventi di sostegno, che passano per riforme del mercato del lavoro che garantiscano più inclusione e migliore retribuzione. Un compito assegnato al governo Meloni nello specifico di un rilievo incastonato nella pagine sull’Italia, ma che nella portata generale del rapporto vale per tutti. Come per tutti vale l’invito a mettere in sicurezza il comparto industriale e lavorare per rilanciarlo.

E’ vero che, come sottolinea la commissaria per l’Energia, Kadri Simson, a livello di Unione europea “non siamo più in balia delle condutture di Putin” vista la riduzione della domanda di gas da Gazprom. Ma per un rischio che si dissipa di nuovi se ne affacciano. “L’industria europea – avverte il rapporto – si trova ad affrontare una sfida significativa alla sua competitività a causa della crescente concorrenza della Cina, degli elevati differenziali dei prezzi dell’energia rispetto ad altri concorrenti industriali come gli Stati Uniti e delle potenziali dipendenze strategiche dalle tecnologie energetiche pulite”.

Green Deal e obiettivi economici sono a rischio. L’invito a rendere ancora più efficienti le abitazioni si deve anche all’eventualità di scenario di un’Unione europea leader nella legislazione verde e solo in quella. Certo, a Bruxelles, comprensibilmente, si guarda ai contenuti positivi del rapporto sullo stato dell’unione dell’energia. Progressi e passi avanti ci sono. Quando si parla di sostenibilità nella prima metà del 2024 metà della produzione di elettricità dell’Ue proveniva da fonti rinnovabili, mentre sul fronte della sicurezza l’importo di gas russo è sceso dal 45 % del fabbisogno complessivo nel 2021 al 18 % entro giugno 2024, riducendo, tra agosto 2022 e maggio 2024 la domanda di gas di 138 miliardi di metri cubi. Inoltre l’Ue ha raggiunto il suo obiettivo di stoccaggio invernale del gas del 90% il 19 agosto 2024, ben prima della scadenza del 1° novembre. L’Ue è certamente più solida e più sicura, ma non consolidata né messa in sicurezza. L’invito ad accelerare sulle case green risponde a questa preoccupazione di fondo.

Granelli: “Il Made in Italy ‘salverà’ l’export, ma sui dazi alla Cina evitare inasprimenti”

Modernità nel segno della tradizione. Le nuove sfide globali toccano ogni ganglio della società civile e, di conseguenza, anche di quella economica: in questo scenario a fare la differenza è chi si sa far trovare pronto ai cambiamenti. Il presidente di Confartigianato, Marco Granelli, traccia la rotta ai microfoni del #GeaTalk (clicca qui per rivedere l’intervista integrale), passando dai criteri Esg alla nuova Europa, all‘Intelligenza artificiale, dalle mosse della Bce alla direttiva Case green. “La sostenibilità è nel Dna di ogni artigiano“, mette in chiaro Granelli, spiegando che “per noi non è una parola nuova, perché i nostri artigiani e i nostri imprenditori sono sostenibili da sempre. Sin dal 2016 siamo con l’Asvis per diffondere gli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e con questo spirito cerchiamo di coniugare il rispetto per l’ambiente con la produttività che ha in sé i valori di cui portatori“.

Però, per “immaginare un mondo improntato sulla sostenibilità economica, ambientale e sociale, abbiamo bisogno di strumenti che ci consentano di migliorarla“. In questo senso i criteri Esg a cui sono sottoposte le aziende, a suo modo di vedere, “potrebbero essere rivisti al meglio“. Perché con quelli attuali “non c’è differenza tra grandi imprese e piccole aziende, mentre invece si dovrebbe tener conto delle dimensioni, anche con uniformità, e semplificando l’accesso a questo tipo di requisiti“.

Lo sguardo si sposta, dunque, in direzione di Bruxelles. Tra pochi mesi sarà operativa la nuova Commissione Ue che lentamente Ursula von der Leyen sta costruendo dopo l’ultima tornata elettorale e la spinosa trattativa sui ‘top jobs‘. Confartigianato nel frattempo ha già le idee ben chiare su cosa chiedere alla nuova Europa: “Competitività, competenze e credito“, elenca Granelli. “Competitività, soprattutto nei rapporti fra imprese e Pubbliche Amministrazioni, in un’ottica di semplificazione e valorizzazione dell’autoimprenditorialità“, ma “con delle competenze, perché tra i grandi problemi che abbiamo c’è quello di non trovare lavoratori e, soprattutto, lavoratori esperti di digitale. Quindi, quello che viene chiesto è di poter avere politiche formative che abbiano sempre un occhio, un aiuto e un sostegno per fare in modo che ci sia sempre più connessione fra giovani imprese e mondo del lavoro“. Poi c’è il “problema atavico del credito“, innanzitutto “includendo di più le piccole imprese nel mercato degli appalti, visto che rispetto alla media europea l’Italia è il Paese dove ne vengono aggiudicati meno“.

Il numero uno degli artigiani cita il dato del 2023: “Abbiamo pagato circa 8-9 miliardi in più di costo del credito. Credo che sia eloquente la difficoltà che c’è oggi ad avere credito, da parte delle nostre imprese, con un tasso attestato al 5,45%, il più alto rispetto alla media Ue“. Altro problema è la ‘refrattarietà’ della Bce a tagliare i tassi. “Questo provoca un blocco degli investimenti. Parlare di sostenibilità e transizione significa anche avere un credito che sia in loro supporto: la tecnologia ce lo impone, altrimenti saremo su un binario morto“.

D’altronde, le difficoltà del commercio estero sono evidenti. Anche se, per Granelli, il Made in Italy è la chiave di volta. “Le piccole imprese, gli artigiani hanno grandi potenzialità per l’export. In un mercato dove aumentano le difficoltà, ed è molto globalizzato e competitivo, l’unicità e la creatività del nostro saper fare italiano può fare la differenza“. Magari facendosi aiutare dai nuovi strumenti tecnologici come l’Intelligenza artificiale. “Ben venga se utilizzata per svolgere tutti quei lavori di routine, standardizzati che oggi sottraggono risorse ed energie ai nostri imprenditori. In quest’ottica, con una complementarietà, diciamo che deve sempre prevalere l’Intelligenza artigiana mentre quella artificiale è al suo servizio“.

Infine, il giro si conclude tornando in Ue, più precisamente alla direttiva sulle Case green. “L’Italia è il Paese con il più alto dissesto idrogeologico d’Europa, con un’alta sismicità e un patrimonio immobiliare vetusto che ha bisogno di essere ristrutturato e consolidato. E’ un tema che dobbiamo assolutamente affrontare (lo abbiamo fatto con i bonus, che hanno avuto un’esperienza ‘travagliata’), ma con i tempi giusti e, soprattutto, con sostegno e incentivi adeguati“, dice la sua il presidente di Confartigianato. Che sottolinea: “E’ un problema che chiaramente chiama in causa ancora una volta l’Europa, perché il nostro Paese non può sicuramente farsi carico di mettere in sicurezza un patrimonio immobiliare così vasto con le proprie risorse: parliamo di centinaia e centinaia di miliardi“. Chi a Bruxelles ha orecchie per intendere, intenda.

Francia al ballottaggio: le diverse posizioni su case green, pesticidi e auto elettriche

Auto elettriche, energia nucleare, pesticidi… i tre blocchi in corsa per il secondo turno delle elezioni legislative in Francia hanno visioni poco compatibili tra loro sulle questioni energetiche e ambientali. Il Rassemblement national è l’unico partito che spera ancora in una maggioranza assoluta domenica prossima, cosa che faciliterebbe l’applicazione del suo programma. Secondo i sondaggi, il blocco macronista o il Nuovo Fronte Popolare potrebbero essere in vantaggio con un’eventuale grande coalizione, impedendo però la completa applicazione dei loro programmi iniziali.

AUTO ELETTRICHE – Rn promette di rinunciare al divieto europeo “sulla vendita di auto a motore termico entro il 2035 e di incoraggiare i produttori francesi a sviluppare veicoli puliti a prezzi accessibili“, senza però fornire ulteriori dettagli. Promette di abbassare l’Iva sui prodotti energetici, ma questo teoricamente è contrario alle norme europee sui carburanti. Il partito di estrema destra vuole anche abolire le zone a basse emissioni (ZFE), che limitano la circolazione dei veicoli più inquinanti in alcune metropoli per combattere l’inquinamento atmosferico.
Il Nuovo Fronte Popolare (NFP) si batte per lo sviluppo del “trasporto pubblico ed ecologico” attraverso, ad esempio, la riduzione dell’Iva sui trasporti pubblici o la riapertura delle piccole linee ferroviarie. La maggioranza precedente voleva proporre di aumentare il numero di veicoli elettrici in leasing sociale a 100.000 all’anno, un programma creato di recente.

ENERGIE RINNOVABILI/NUCLEARE – Per far fronte all’aumento del fabbisogno di elettricità e di decarbonizzazione, il campo presidenziale ha lanciato un programma per 14 nuovi reattori nucleari, il primo dei quali è previsto nel 2035-37. Dal canto suo, RN assicura che sarà in grado di costruire dieci reattori nel 2033-37 e poi dieci nel 2037-42, mentre l’industria, in ripresa, si dice incapace di tenere questo ritmo. Prevede una moratoria sui progetti eolici. Il candidato premier Jordan Bardella ha parlato di “ricostruire il settore fotovoltaico francese”, ma “non c’è alcuna urgenza di passare al solare”, ha detto anche Jean-Philippe Tanguy, presentato come il “mister economia” della RN. In un’eventuale coalizione, la sinistra non sarebbe unita sul nucleare, poiché France Insoumise e gli ecologisti si oppongono mentre i socialisti sono a favore. NFP spingerebbe a incoraggiare l’energia marina (turbine eoliche e mareomotrici) e il settore solare francese.

CASE GREEN – Rn vuole “abrogare tutti i divieti e gli obblighi legati alla diagnosi della prestazione energetica (DPE)”, che vincolano notevolmente la vendita, la locazione. Promette invece un “sostegno pragmatico alle ristrutturazioni in collaborazione con i professionisti“, senza ulteriori dettagli su questa questione, cruciale per gli obiettivi climatici della Francia (gli edifici rappresentano quasi un quinto delle emissioni di gas serra del Paese). Nel campo di Emmanuel Macron, creatore del sistema MaPrimeRénov, è stato annunciato un nuovo “fondo per la ristrutturazione energetica delle abitazioni della classe media e operaia” che sarebbe stato “finanziato da una tassa sul riacquisto di azioni proprie“. Dal lato del NFP l’obiettivo è garantire “il completo isolamento degli alloggi, rafforzando gli aiuti a tutte le famiglie e garantendo il loro pieno sostegno alle famiglie a basso reddito“.

PESTICIDI- L’attuale politica francese è quella di dimezzare l’uso dei pesticidi entro il 2030 secondo un piano denominato Ecophyto e rivisto in primavera dalla vecchia maggioranza, con forti critiche da parte delle associazioni ambientaliste sul metodo di calcolo. La sinistra si batterà per “ristabilire il piano Ecophyto” precedente alla riforma e “vietare il glifosato”, così come i “neonicotinoidi”, come avviene in Francia, ma in modo reversibile per alcune sostanze, non vietate a livello europeo. Il Nuovo Fronte Popolare chiede anche una moratoria sui “megabacini”, mentre la legge sull’orientamento agricolo, il cui esame è stato sospeso con lo scioglimento del Parlamento, prevedeva di accelerare la creazione di questi bacini d’acqua per scopi agricoli.
La RN, denunciando “l’ecologia punitiva”, non dice nulla sulla questione dei pesticidi, segno del voltafaccia del partito: mentre Marine Le Pen da tempo criticava la lobby agrochimica e in precedenza invocava la messa al bando dei neonicotinoidi, la RN ora denuncia l’ambiente standard e ha chiesto in febbraio la cessazione totale del piano Ecophyto.

Adeguare l’Italia alla direttiva Case green costerebbe 180 miliardi

Circa 180 miliardi di euro. Tanto ci costerebbe adeguarci alla direttiva Ue Casa Green (Energy Performance of Buildings Directive) qualora venisse recepita dall’Italia, stando a un modello elaborato ad hoc da Energy&Strategy della School of Management del Politecnico di Milano. Una cifra comparabile con quanto è stato speso nell’ultimo triennio tra superbonus, ecobonus e bonus casa, ma che per essere efficace dovrebbe essere ‘spalmata’ su un numero davvero molto più ampio di edifici, in particolare quelli nelle peggiori condizioni appartenenti alla classe G, che sono circa 5 milioni (il 40% dell’intero parco immobiliare italiano) e andrebbero adeguati per quasi la metà. Interventi che l’Italia dovrà comunque fare, prima o poi, o non raggiungerà gli obiettivi di decarbonizzazione che si è data.

Secondo Casa Green, che definisce i requisiti e i target da conseguire entro il 2030 per immobili residenziali e non, nuovi e ristrutturati, dovremmo ridurre il consumo di energia primaria per gli edifici a uso abitativo del 16% rispetto al 2020, quindi di 6,32 Mtep (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio, passando da 39,49 Mtep a 33,17) e ben il 55% di questo risparmio (3,46 Mtep) dovrebbe riguardare gli immobili di classe G, che sarebbero da efficientare almeno per il 43%, in metratura o in numero di edifici. Un intervento che costerebbe tra i 93 e i 103 miliardi di euro, stando all’analisi contenuta nell’ultimo Energy Efficiency Report 2024 di E&S – illustrato oggi al Politecnico e discusso con le molte aziende partner della ricerca – a cui ne andrebbero aggiunti circa altri 80 per coprire il restante 45% dell’obiettivo, intervenendo sugli edifici delle altre classi energetiche. Il conto complessivo si attesterebbe così attorno ai 180 miliardi di euro (tra 169 e 187).

A differenza di quanto fatto nel recente passato bisognerà intervenire in maniera molto più estensiva sul territorio in termini di numero di edifici – commenta Vittorio Chiesa, direttore di E&Ssempre che il comparto dell’edilizia possa gestire un numero enorme di cantieri in così pochi anni e anche che i prodotti e i materiali siano disponibili, e a un prezzo in linea con quanto previsto dalle stime. Parte di queste risorse potrebbe (o dovrebbe) arrivare da un nuovo grande piano di finanziamenti europei, ma non basta, occorre una pianificazione attenta e la messa a punto di strumenti di supporto alla riqualificazione energetica degli edifici che oggi non è parte della nostra agenda politica, nonostante il PNIEC abbia rivisto al rialzo i target di riduzione dei consumi annuali di energia finale al 2030 insieme agli obblighi di risparmio annuo. Senza interventi sul patrimonio edilizio – va ricordato – gli obiettivi di decarbonizzazione del Paese non saranno mai raggiunti e quindi l’Italia dovrà comunque dotarsi delle risorse necessarie per effettuare quegli investimenti, anche se eventualmente spalmati su un periodo più lungo”.

Ma com’è andata nel 2023? Gli investimenti in efficienza energetica in Italia sono stati pari a circa 85-95 miliardi di euro, trainati dal settore residenziale, che con l’effetto del Superbonus ha fatto la parte del leone (55-59 miliardi di euro, il triplo dei 20 miliardi scarsi spesi nel 2022), e dal terziario (25-29 miliardi). Decisamente poco rilevanti invece la Pubblica Amministrazione, i cui investimenti sono supportati principalmente da PREPAC, PNRR e Conto Termico, e il settore industriale, che ha tuttavia registrato un aumento del 20% rispetto al 2022.

Il boom degli investimenti nel settore residenziale ha rappresentato un’indubbia opportunità per il comparto dell’efficienza energetica, spingendo in particolare quegli interventi che prima del superbonus erano invece relegati a un ruolo più marginale, come il cappotto termico e i serramenti, oggi quasi il 50% del totale. Ma cosa succederà ora che tutte le forme di ‘bonus’ sono uscite di scena o sono state drasticamente ridimensionate?

Il quadro è piuttosto complesso e incerto – spiega Federico Frattini, vicedirettore di E&S e responsabile del Report: da un lato, nonostante le recenti elezioni possano eventualmente cambiare le carte in tavola, l’Europa ha alzato l’asticella degli obiettivi, con l’Energy Efficiency Directive (EED) e soprattutto con l’Energy Performance of Buildings Directive; dall’altro lato, l’indice di propensione agli investimenti in efficienza energetica misurato dalla nostra survey è decisamente in calo e sono molte le preoccupazioni degli operatori riguardo al futuro del mercato”. Non a caso, se guardiamo al futuro dell’efficienza energetica attraverso l’indice Odyssee-Mure (calcolato sulla media di 3 sotto-indicatori – livello attuale, trend e policies – misurati da 0 a 1) l’Italia si colloca al 22° posto tra i 27 Paesi appartenenti alla Ue.

E l’industria? L’incertezza rischia di dimezzare l’adozione del fotovoltaico e gli interventi sui processi. E&S ha condotto un sondaggio sullo stato dell’efficienza energetica nelle imprese italiane, raccogliendo tra aprile e maggio 2024 le risposte di 454 aziende di differenti settori industriali: circa il 45% degli interpellati non ha effettuato per nulla investimenti nel corso del 2023, mentre il 55% che lo ha fatto ha acquistato soprattutto (43%) tecnologie hardware, con un esiguo 9% che ha investito anche in software.

Alla base degli investimenti c’è, e ci sarà anche nei prossimi anni, la volontà di ridurre i consumi, seguita dalla sensibilità del management verso i benefici economici e ambientali, che rappresenterà, specialmente per le tecnologie hardware, un fattore di scelta sempre più centrale. Al contrario, la principale barriera all’adozione è il tempo di ritorno dell’investimento, considerato troppo lungo dalle aziende: questo, insieme all’incertezza normativa, conferma la necessità di incentivi stabili.

Ma il vero campanello d’allarme riguarda le volontà di investimento per i prossimi 5 anni, da cui emerge chiaramente un rallentamento, addirittura un dimezzamento o più, negli investimenti complessivi in efficienza energetica: un’analisi comparata tra i risultati della survey e i dati contenuti nel precedente Energy Efficiency Report 2023 evidenzia infatti un significativo calo d’interesse nel puntare su tecnologie come il fotovoltaico e i sistemi di aria compressa, e di intervenire sui processi produttivi.

Un’altra survey è poi stata condotta tra le imprese dei servizi di efficienza energetica, coinvolgendo 84 aziende fra ESCo indipendenti ed ESCo appartenenti a grandi Utility, per un fatturato complessivo di circa 930 milioni di cui il 60% (557 milioni) nel comparto civile.

Il fotovoltaico si conferma una delle tecnologie di punta dell’offerta delle ESCo nel comparto del civile, proposta da oltre il 75% dei rispondenti, in particolare nel settore PA (97%) e Residenziale (86%). La tipologia di contratto più diffusa è quello ‘chiavi in mano’, indipendentemente dal settore di riferimento, e va rilevato come la modalità EPC con rischio finanziario del cliente sia estremamente poco diffusa. Pare quindi evidente, nonostante da tempo nel settore sia in atto una concentrazione degli operatori, che la logica di servizio energetico e il collegamento dei risultati di risparmio agli interventi effettuati non sia ancora giunta a maturazione.

Case Green, Fratoianni: Eco-patrimoniale? Balle, non parla di costi a carico dei proprietari

“L’eco-tassa patrimoniale è già quella delle Case Green? Stanno raccontando una balla. In quella direttiva non c’è scritto da nessuna parte, e sfidiamo chiunque a dimostrare il contrario, che i costi dell’adeguamento siano obbligatoriamente a carico dei proprietari. Nessuno dice ‘devi pagare quella cosa o incorri in una sanzione’. Quella direttiva dice agli Stati membri di predisporre un piano”. Lo dice il deputato di Avs e leader di Sinistra italiana, Nicola Fratoianni, ai microfoni del Gea Talk. “Smontiamo l’imbroglio della destra e poi costruiamo gli strumenti”, aggiunge.

Case green, da oggi in vigore la direttiva Ue: ai Paesi 2 anni per adeguarsi

E’ entrata in vigore martedì la direttiva rafforzata Ue sulla prestazione energetica nell’edilizia, cioè la meglio nota direttiva sulle ‘Case green’ che i Paesi membri dovranno recepire entro due anni. Il testo mira a dare ai Ventisette un quadro per ridurre le emissioni e il consumo energetico negli edifici dell’Ue: dalle abitazioni ai luoghi di lavoro, dalle scuole agli ospedali passando per altri edifici pubblici. L’obiettivo è quello delle 0 emissioni degli immobili per la metà del secolo.

La direttiva fissa degli obiettivi, ma spetterà agli Stati membri scegliere su quali edifici concentrarsi e quali misure adottare. Ogni Paese sarà chiamato ad adottare una traiettoria nazionale propria per ridurre il consumo medio di energia primaria degli edifici residenziali del 16% entro il 2030 e del 20-22% entro il 2035. Per gli edifici non residenziali, il 16% di quelli con le prestazioni peggiori dovrà essere ristrutturato entro il 2030 e il 26% entro il 2033. “Gli Stati membri avranno la possibilità di esentare da tali obblighi determinate categorie di edifici residenziali e non residenziali, tra cui quelli storici o le Case di villeggiatura. Verranno sostenuti gli sforzi dei cittadini che intendono migliorare le proprie abitazioni. La direttiva prevede l’istituzione di sportelli unici di consulenza sulla ristrutturazione e contiene disposizioni sui finanziamenti pubblici e privati che renderanno le ristrutturazioni più accessibili e fattibili”, ha precisato la Commissione Ue.

Inoltre, dal primo gennaio 2028 tutti gli edifici nuovi di proprietà pubblica, residenziali e non, non devono generare emissioni in loco da combustibili fossili, mentre per tutti gli altri edifici nuovi ciò vale dal primo gennaio 2030 e sono comunque possibili esenzioni specifiche. “La direttiva rafforzata contiene nuove disposizioni tese a eliminare gradualmente i combustibili fossili dal riscaldamento degli edifici e a promuovere la diffusione di impianti a energia solare, tenendo conto delle circostanze nazionali. Gli Stati membri dovranno garantire che i nuovi edifici siano predisposti per il solare“, ha precisato ancora l’esecutivo Ue. Dal primo gennaio 2025, infatti, non saranno più ammesse sovvenzioni per l’installazione di caldaie autonome alimentate a combustibili fossili che verranno abbandonate definitivamente entro il 2040.

La direttiva rafforzata incentiva anche la diffusione di una mobilità sostenibile grazie alle disposizioni sul pre-cablaggio, sui punti di ricarica dei veicoli elettrici e sui posti bici”, ha evidenziato ancora la Commissione. Vista l’ondata di ristrutturazioni che si prevede in tutta l’Ue, per Bruxelles è “fondamentale migliorare la pianificazione dei lavori e fornire un sostegno tecnico e finanziario. “Per combattere la povertà energetica e abbassare le bollette dell’energia, le misure di finanziamento dovranno incentivare e accompagnare le ristrutturazioni ed essere destinate in particolare ai clienti vulnerabili e agli edifici con le prestazioni peggiori, nei quali vive una percentuale maggiore di famiglie con un accesso precario all’energia”, ha precisato la Commissione che, con oltre 100 miliardi di euro stimati di finanziamenti Ue messi a disposizione per sostenere le ristrutturazioni tra il 2023 e il 2030, sta cercando di mobilitare le risorse necessarie per coprire i costi di investimento iniziali.

Valle d’Aosta sul podio italiano: è la prima regione per case green

La Valle d’Aosta è la prima regione d’Italia per case green, grazie a un punteggio di 8,4 su 10: è prima per l’elevato numero di attestati di prestazione energetica Ape (22,1%) – superiore alla media italiana di 14,3% di attestati – e per l’indice di consumo medio di energia rinnovabile (40,8 kWh/m2 anno). E’ quanto emerge da un’indagine realizzata da Acea per fotografare la situazione regione per regione.

La classifica nazionale prende in considerazione variabili come gli Ape green, che, come ricorda la guida di Acea Energia, deve contenere la classificazione energetica degli immobili, le emissioni di CO2 e gli indici di consumo medio di energia rinnovabile e non rinnovabile .

Il tema è caldo, lo scorso 12 aprile si è tenuta la votazione dell’Ecofin: il Consiglio dei ministri europei di Economia e Finanze ha dato il via libera alla direttiva sulla prestazione energetica degli immobili. L’obiettivo è ridurre in maniera netta il consumo energetico e le emissioni di gas inquinanti riconducibili a case e palazzi entro il 2035, con il fine ultimo di realizzare immobili a zero emissioni entro il 2050.

Secondo i dati raccolti dal sistema informativo sugli attestati di prestazione energetica la medaglia d’argento, invece, va al Trentino-Alto Adige con uno score di 7,9. Al terzo posto c’è la Lombardia – seconda per numero di attestati di prestazione energetica (20,7%) – e Basilicata – quarta per Ape (18,6%) e per l’impiego medio di energia rinnovabile (25,9 kWh/m2 anno) –, che totalizzano entrambe un 7,6 su 10.

Fuori dal podio Marche (6,4) e Friuli Venezia-Giulia (6), seguite a pari merito da Abruzzo (5,8) – caratterizzato da basse emissioni di CO2 e da un uso ridotto di energie non rinnovabili – e Veneto (5,8) – penalizzato da un basso utilizzo di energia rinnovabile.

La classifica prosegue poi con Piemonte (5,4) e Toscana (5). Al nono posto, entrambe con un punteggio di 4,9, Puglia e Umbria: la prima, grazie al rilascio di basse quantità di CO2; la seconda, per l’alto valore di consumo medio di energia rinnovabile. Chiude la top 10 la Sicilia (4,7), prima per emissioni ridotte di anidride carbonica.
Tra le regioni meno virtuose, con margini di miglioramento, la Calabria (4,4), l’Emilia-Romagna (4,1) – prima per utilizzo di energia non rinnovabile con 240,7 kWh/m2 anno, superiore alla media annuale italiana di 203,7 kWh/m2 –, Molise (3,8) e Lazio (3,1), sulle quali pesa un numero estremamente ridotto di Ape green rilasciati.

INFOGRAFICA INTERATTIVA Case green, la fotografia del patrimonio immobiliare italiano

Nell’infografica INTERATTIVA di GEA è riportata la situazione del patrimonio immobiliare italiano, sotto il profilo delle classi energetiche, così come riferito dal Centro studi di Unimpresa. Come si vede oltre 4,4 milioni di case in Italia sono in classe G, vale a dire la più inquinante, ovvero il 35,7% del totale degli immobili.

Case green, Santomauro (Cnpr): Costi potrebbero arrivare a 50mila euro a famiglia

L’Ue riaccende i riflettori sulla direttiva EPBD (Energy Performance of Buildings Directive) che ha l’obiettivo di riqualificare milioni di edifici residenziali europei migliorandone l’efficienza energetica attraverso due step: portarli entro il 2030 in classe E ed entro il 2033 in classe D. “L’Italia, secondo l’art.9 della direttiva – spiega Fedele Santomauro, consigliere d’amministrazione della Cassa di previdenza dei ragionieri e degli esperti contabili – ha come obiettivo ridurre del 16% il consumo medio di energia entro il 2030, del 20,22% entro il 2035, per arrivare nel 2050 alle zero emissioni previste per l’intero stock abitativo”. Per raggiungere l’obiettivo sarà necessario intervenire su circa 1,8 milioni di edifici, la maggior parte dei quali, costruiti prima del 1945, concentrate soprattutto nelle classi energetiche F e G. “Anche se è impossibile calcolare precisamente l’importo di ogni singola riqualificazione – conclude Santomauro – secondo i calcoli stimati da Scenari Immobiliari per Il Sole 24Ore, la spesa potrebbe oscillare tra 20 e 55mila euro a famiglia”.

energia

Accordo Ue sulle Case Green: stop alle caldaie a gas slitta al 2040

Poco più di due ore sono bastate a Parlamento e Consiglio Ue per trovare la quadra politica sulla revisione della direttiva sulla prestazione energetica degli edifici (Energy Performance of Building Directive), la cosiddetta direttiva case green tanto criticata in Italia e proposta dall’Esecutivo comunitario a dicembre 2021 per alzare gli standard energetici del parco immobiliare dell’Ue. Nell’accordo finale i negoziatori hanno ammorbidito parte delle richieste iniziali della Commissione europea.

Al centro della proposta dell’Esecutivo comunitario ci sono gli standard minimi di prestazione energetica – contenuti nell’articolo 9 – con cui Bruxelles aveva proposto di inserire un obbligo di ristrutturare almeno il 15% degli edifici con le peggiori prestazioni in ciascun paese dell’Ue. I negoziatori hanno confermato di volersi lasciare alle spalle l’idea di inserire requisiti di ristrutturazione dell’Ue per i singoli edifici basati su classi energetiche armonizzate, preferendo un approccio in cui vengono stabilite le medie di riferimento per ciascun Paese sull’intero patrimonio edilizio.

STANDARD MINIMI DI PRESTAZIONE. Per gli edifici non residenziali, i negoziatori hanno stabilito che almeno il 16% di quelli con le peggiori prestazioni sarà destinato alla ristrutturazione entro il 2030 e il 26% entro il 2033. Quanto a quelli residenziali, le case, si applicherà un obiettivo medio settoriale di riduzione dell’energia, con un minor consumo energetico del 16% nel 2030 e del 20-22% entro il 2035. L’impianto generale della proposta della Commissione europea viene conservato e dunque a partire dal 2030 tutti i nuovi edifici residenziali dovranno essere costruiti per essere a emissioni zero. Per gli edifici pubblici, questo standard si applicherà a partire dal 2028. Entro il 2050 l’intero patrimonio edilizio esistente dovrà essere a emissioni zero. Per garantire flessibilità ai governi, le misure di ristrutturazione adottate dal 2020 saranno conteggiate ai fini dell’obiettivo ed è prevista, apprende GEA da fonti vicine al negoziato, una clausola aggiuntiva che mira a premiare “gli sforzi iniziali”.

STOP ALLE CALDAIE DAL 2040. Tra i dettagli stabiliti nel corso del negoziato, iniziato intorno alle 16.30 di venerdì, è stato posticipato dal 2035 al 2040 l’obbligo di abbandonare le caldaie alimentate da combustibili fossili per il raffrescamento e riscaldamento nelle abitazioni. I colegislatori hanno inoltre concordato di porre fine a tutti i sussidi per le caldaie autonome entro il 2025. Quanto all’obbligo per gli Stati di installare pannelli solari sui tetti, riguarderà solo i nuovi edifici, gli edifici pubblici e non residenziali a partire rispettivamente dal 2026 al 2030. Ma gli Stati membri dovranno anche attuare strategie, politiche e misure nazionali per l’installazione di impianti solari anche negli edifici residenziali. A detta del relatore per l’Eurocamera, l’eurodeputato dei Verdi Ciarán Cuffe, il voto del Parlamento europeo per confermare l’accordo dovrebbe svolgersi a febbraio. E, una volta approvato, l’attuazione dovrebbe iniziare nel 2026. Gli edifici sono responsabili di circa il 40% del consumo energetico europeo e del 36% delle sue emissioni di CO2.