Agricoltura, Prandini: “Da Ue serve certezza sui tempi, no limite aiuti di stato”

“La Commissione Europea ha dato i primi segnali in termini di apertura, di ascolto, di dialogo rispetto a quelle che erano le proposte che avevamo avanzato ormai più di due settimane fa, soprattutto la presidente von der Leyen”. Così il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, di fronte al Parlamento europeo a margine delle proteste di agricoltori in corso a Bruxelles. “Manca però ancora la certezza – ha aggiunto – rispetto a quelle che sono le tempistiche in termini di attuazione delle modifiche degli stessi regolamenti, sia per quanto riguarda la semplificazione burocratica, sia per quanto riguarda le certezze delle risorse stanziate. Ma soprattutto abbiamo chiesto di poter andare oltre quello che è il limite degli aiuti di Stato per intervenire nei confronti di quei settori produttivi che sono stati fortemente penalizzati negli ultimi anni. Quindi continueremo a esser presenti a Bruxelles fino a che non avremo la certezza rispetto a quelli che sono i regolamenti che devono essere modificati e dovranno essere attuati”.

Riflettori su Bruxelles: trattori in piazza, attesa per Agrifish

Bruxelles ancora sotto i riflettori del mondo agricolo. Oggi nella capitale belga, in concomitanza col consiglio Agrifish, sono in programma l’assemblea di Confagricoltura e la manifestazione di Coldiretti, che torna in piazza per chiedere risposte all’Unione europea.

Sul tavolo dei ministri dell’Agricoltura dei 27 ci sono le proposte avanzate dalla Commissione per ridurre il carico amministrativo che grava sulle spalle degli agricoltori. Nel documento informale inviato nei giorni scorsi le ipotesi riguardavano la riduzione dei requisiti di condizionalità per accedere ai fondi previsti dalla Politica agricola comune, il dimezzamento del numero di visite in azienda da parte delle amministrazioni nazionali e i chiarimenti sull’uso del concetto di forza maggiore e di circostanze eccezionali per non incorrere in sanzioni.

 

Gli agricoltori hanno chiesto una drastica semplificazione degli adempimenti burocratici imposti dalla Pac. La risposta della Commissione europea è assolutamente inadeguata”, commenta però il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, spiegando che “alcune iniziative vengono addirittura rinviate al prossimo autunno, abbiamo invece bisogno di decisioni immediate ed efficaci”. L’assemblea della Confederazione, che si svolge nella sede del Copa-Cogeca, consegnerà un pacchetto di proposte al ministro dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, Francesco Lollobrigida, che hanno obiettivi ben precisi. Come la revisione della Pac e l’avvio del dialogo per un modello efficiente di agricoltura, “con l’intento di tutelare maggiormente la produttività e la competitività delle imprese del settore, centrale nella sicurezza alimentare e nella transizione ecologica”; poi la semplificazione delle procedure amministrative e la possibilità di garantire reciprocità negli scambi internazionali. Giansanti, in qualità di vicepresidente del Copa, fa parte di una ristretta delegazione che incontrerà il presidente del Consiglio dei ministri dell’Agricoltura europei. “Sarà anche l’occasione per uno scambio di vedute con il Commissario Ue all’Agricoltura, Janusz Wojciechowski – fa sapere Confagricoltura -, sulla difficile situazione del settore, sulla flessione dei prezzi innescata per alcuni comparti dal forte aumento delle importazioni dall’Ucraina”.

Sarà in piazza a manifestare, assieme a migliaia di altri agricoltori, invece, Coldiretti. Secondo le stime della polizia belga, a Bruxelles saranno almeno 1.500 i trattori attesi. “Non è più tempo di annunci, serve cambiare le regole che penalizzano l’agricoltura”, dice il presidente, Ettore Prandini. Che chiede “tempi e strumenti certi per cambiare le politiche europee che minacciano la sopravvivenza del settore”. Per il leader dei coltivatori diretti ”nelle proposte avanzate dalla Commissione abbiamo letto alcune semplificazioni da noi proposte, ma manca completezza e certezza dei dettagli”. Riconosce, comunque, che in Ue “si sono finalmente accorti di alcuni aspetti su cui intervenire, come ad esempio la condizionalità ambientale e la razionalizzazione dei controlli. Sono positive anche le ipotesi di intervento per i piccoli agricoltori. Però – aggiunge Prandini – al momento sono solo dichiarazioni: i tempi delle aziende non combaciano con i tempi della burocrazia europea. Noi vogliamo risposte concrete e interventi immediati”. La manifestazione organizzata da Coldiretti parte alle 10, in concomitanza dell’inizio dei lavori, dalla Stazione Luxembourg per raggiungere Rue de la Loi, nei pressi della sede di Commissione e Consiglio Ue.

Carne sintetica, Scordamaglia: “Nuovi criteri di valutazione seri da Efsa”

Nuovi criteri di valutazione seri, oggettivi e completi da parte dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) con cui trattare l’immissione in commercio di carne e altri ‘nuovi alimenti’ coltivati in laboratorio. Mentre a Bruxelles si riaccende il dibattito sul cibo sintetico con un’iniziativa che vede l’Italia protagonista insieme a Francia e Austria, l’amministratore delegato di Filiera Italia e direttore mercati, politiche europee ed internazionalizzazione di Coldiretti, Luigi Scordamaglia, indica a GEA la via da seguire su un tema che a Bruxelles e in Italia riscalda gli animi. Roma, Vienna e Parigi – sostenute da almeno dieci delegazioni – hanno portato oggi (23 gennaio) all’attenzione del Consiglio Ue Agricoltura un documento per chiedere alla Commissione europea una valutazione dell’impatto dell’immissione in commercio di carne coltivata. Anche se, al momento, a Bruxelles non è arrivata ancora nessuna richiesta in tale direzione.

In Europa sta prendendo forma una nuova Alleanza contro il cibo coltivato in laboratorio. L’Italia quindi non è sola…

“Il passaggio di oggi è importantissimo, a cominciare dal titolo del documento che viene discusso che non è ‘No ai prodotti sintetici’ ma è finalizzato alla salvaguardia dei prodotti di qualità, della terra e degli agricoltori. La questione che si pone il documento – con sempre maggiore appoggio trasversale da parte di altri Paesi – è quale tipologia di modello agroalimentare vuole l’Unione europea, tra un modello fatto di legame con la terra e la tradizione o un futuro di omologazione in cui ci si limita a ingerire dei prodotti sintetici, omologati, solo per soddisfare esigenze nutrizionali di base. Questo è un interrogativo profondo che il documento in apertura si pone”.

E quali sono le richieste?

“E’ un approccio tutt’altro che ideologico, non c’è alcuno schieramento di destra o sinistra. Ci si chiede e si chiede alla Commissione europea di ragionare su un fatto molto semplice: sempre più le evidenze scientifiche mettono in evidenza potenziali rischi mai esistiti prima nei novel food, dunque prima di prendere in considerazione qualsiasi richiesta di autorizzazione al commercio la Commissione dovrebbe rivedere le attuali linee guida (previste dall’Efsa per raccomandare all’Ue l’immissione al commercio) che non comportano ad oggi test clinici o preclinici, tutta una serie di criteri di valutazione che finora non servivano perché non sono mai stati presentati alimenti di questo tipo e che oggi alla luce di questi potenziali rischi diventano essenziali. Il documento dice in maniera più concreta che esistono potenziali rischi per la salute che le attuali linee guida dell’Efsa non prendono in considerazione e quindi serve fermarsi un attimo, modificare questi criteri e introdurne di nuovi”.

Non è prematuro condurre una battaglia di questo tipo dal momento che ad oggi non è stata avanzata alcuna richiesta di immissione in commercio?

“Se fosse arrivata oggi una richiesta di autorizzazione al commercio sarebbe avvenuta dentro le attuali linee guida dell’Efsa per i novel food, si sarebbe fatta una valutazione di contenuto nutrizionale come si è applicata ai novel food che sono stati autorizzati in passato. Quello che si sta chiedendo è di adeguare il sistema di valutazione prima che arrivino le domande di autorizzazione, adeguarli a tecnologie che attualmente non sono previste. Con il documento si sta dicendo di accendere una luce su questo tema, di non lasciarlo passare inosservato e valutiamo scientificamente cosa serve nelle linee guida dell’Efsa per avere un criterio di valutazione serio, oggettivo e completo”.

La Commissione europea ha rimandato la proposta sull’etichettatura nutrizionale armonizzata, ma la presidenza belga ha organizzato per il 25 aprile un simposio scientifico dedicato al tema al sistema di etichettatura a semaforo Nutriscore. Cosa si aspetta?

“Il Nutriscore, dando il bollino verde a prodotti sintetici, tende a dare un giudizio non sulla qualità complessiva dell’alimento e della dieta, ma sull’apporto nutrizionale anche se è chimicamente o sinteticamente rappresentato. Anche il Nutriscore va verso un’omologazione della dieta. Ben venga ogni approfondimento scientifico purché sia veramente scientifico. Nei Paesi in cui il Nutriscore è diffuso (Francia, Belgio, Germania, Lussemburgo, Paesi Bassi, ndr) il tasso di obesità non si è ridotto, anzi è aumentato e questo perché non è il singolo alimento ma la dieta, lo stile di vita corretto, la qualità di ciò che mangiamo che incide sull’obesità che è il vero nemico da abbattere”.

Il Belgio è uno dei Paesi che ha adottato il Nutriscore, questo fattore rischia di orientare troppo il dibattito?

“E’ negativo se il dibattito scientifico viene costruito ad hoc e di parte. Io non credo che il Nutriscore sia un problema solo per l’Italia. L’alternativa all’omologazione della dieta non è solo la dieta mediterranea, il Nutriscore va contro il modo di mangiare, nel più ampio senso culturale, di tutti i Paesi. Il Nutricore è un’omologazione in cui l’alimentazione sintetica è sempre più vista come ingurgitare una serie, un elenco chimico di nutrienti invece che complessivamente fare l’esperienza di cibo di qualità”.

Italgas-Coldiretti insieme per lo sviluppo del biometano. Gava: “Mondo agricolo protagonista”

Sviluppare la produzione del biometano in Italia. E’ l’obiettivo del protocollo d’intesa siglato da Coldiretti e Italgas. L’iniziativa si inserisce nel mutato scenario europeo che, all’indomani dello scoppio della guerra in Ucraina, ha individuato nel biometano la fonte rinnovabile destinata a sostituire un quarto delle forniture di gas di origine fossile un tempo importate dalla Russia. Un obiettivo a sostegno del quale il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) ha stanziato 1,7 miliardi di euro per raggiungere, entro il 2026, una produzione nazionale di circa 2 miliardi di metri cubi all’anno, pari a quattro volte quella attuale. Il protocollo impegna le parti a porre in essere azioni volte a sostenere la realizzazione di nuovi impianti di produzione di biometano, la conversione di quelli che attualmente producono biogas e il loro allacciamento alle reti di distribuzione del gas.

Nello specifico Coldiretti garantirà il coinvolgimento dei soci nei piani di informazione e formazione sul biometano e li sensibilizzerà sul suo utilizzo in diversi ambiti produttivi e industriali e realizzerà una mappatura degli impianti di biogas esistenti e potenzialmente oggetto di conversione a biometano. Italgas, a sua volta, si impegna a contenere i tempi di valutazione delle proposte di connessione dei nuovi impianti alle proprie reti; individuare e realizzare azioni volte a ridurre i costi di allacciamento; promuovere un approccio regolatorio e normativo teso a creare le condizioni per una più efficace ripartizione degli oneri di collegamento alla rete e a mettere in atto azioni volte a superare i limiti di capacità ricettiva delle reti di distribuzione locali.

La firma del protocollo è “un passo importante per l’Italia nel percorso di sviluppo del biometano”, secondo il sottosegretario dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, Patrizio Giacomo La Pietra. Della stessa idea la viceministra dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Vannia Gava, secondo la quale si tratta di “un contributo decisivo a rafforzare la nostra autonomia di approvvigionamento” con cui “il mondo agricolo si rende protagonista della decarbonizzazione”.

Italgas crede fortemente nel valore del biometano, che secondo l’ad Paolo Gallo è “la soluzione ideale, e subito disponibile alla complessa equazione con cui fa i conti l’Europa: raggiungere una transizione ecologica che garantisca sicurezza degli approvvigionamenti e competitività dei costi dell’energia”. Una soluzione che, a sua volta, mette l’agricoltura al centro dello scenario energetico. Per questo secondo il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini, “il ruolo del biogas nel perimetro delle energie pulite rappresenta, infatti, un punto di partenza ineludibile poiché dall’utilizzo degli scarti delle coltivazioni e degli allevamenti è possibile arrivare alla realizzazione di impianti per la distribuzione del biometano a livello nazionale per alimentare non solo i macchinari agricoli ma anche autobus, camion e navi oltre alle auto delle famiglie italiane. In questo modo sarà possibile generare un ciclo virtuoso di gestione delle risorse, taglio degli sprechi, riduzione delle emissioni inquinanti, creazione di nuovi posti di lavoro e sviluppo della ricerca scientifica in materia di carburanti green”.

Prandini riunisce governo al ‘Villaggio Coldiretti’ e chiede sostegni in manovra

L’agricoltura come settore “strategico“, con le esportazioni che continuano a crescere (+7,5% nei primi 7 mesi del 2023) e su cui “basare il rilancio del Paese”. Come ogni anno, per tre giorni, Ettore Prandini riunisce il governo, la Chiesa e le imprese per il Villaggio Campagna Amica di Coldiretti. Dal palco del Circo Massimo di Roma, la vetrina non potrebbe essere migliore per rivolgersi all’esecutivo e chiedere che in manovra non vengano trascurati i finanziamenti per la “sovranità alimentare“.

L’obiettivo, spiega, è “ridurre la dipendenza dall’estero promuovendo filiere produttive 100% Made in Italy e raffreddando l’inflazione che pesa sui bilanci delle famiglie e delle imprese“. Il presidente di Coldiretti pensa a misure per il contenimento del carico fiscale delle imprese con strumenti di accesso al credito e garanzie, ma anche norme per semplificare e sbloccare le risorse già stanziate, potenziano le strutture amministrative, per tagliare la burocrazia che “troppo spesso paralizza gli investimenti“. Intervenire sulle emergenze, senza dimenticare le “scelte strutturali” per far fronte agli effetti sempre più devastanti dei cambiamenti climatici, “attraverso un’azione a favore della transizione ecologica con investimenti che vanno dal verde urbano alle agroenergie ma anche un Piano invasi per garantire acqua a cittadini e imprese e lo sviluppo dell’agricoltura 4.0 per difendere il potenziale produttivo nazionale“, scandisce.

Al Villaggio arriva anche la voce del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che invia un messaggio sull’importanza di perseguire un’agricoltura “resiliente e sostenibile”, per preservare la qualità degli alimenti, divenuta, rimarca il capo dello Stato, “uno dei connotati tipici del nostro Paese e della nostra cultura“. L’agricoltura è una sfida globale che la Terra sta affrontando, osserva Mattarella, messa alla prova dal cambiamento climatico, ma anche dall’“impatto derivante dall’aggressione da parte della Federazione Russa ai danni dell’Ucraina che, oltre che sulle persone e sull’ambiente, ha anche inciso sui flussi commerciali e sui costi dell’energia”, ricorda.

Il lavoro di squadra dei coltivatori diretti per preservare l’ambiente “ci aiuta a pensare che solo insieme se ne esce“, scandisce il cardinale presidente della Cei, Matteo Zuppi, che lascia per qualche momento i lavori del Sinodo e raggiunge il palco al Circo Massimo. Paragona la filosofia di Coldiretti, che punta sul senso di comunità, a quella della “dottrina sociale della Chiesa”.

Il lavoro degli agricoltori è tutto incentrato a preservare i cibi italiani. “Qualità” è il termine più ripetuto. La minaccia arriva, oltre che dall’Italian sounding, con gli alimenti che imitano i prodotti tipici della Penisola, anche dai cibi prodotti in laboratorio. “Non capisco perché se un giocatore usa anabolizzanti viene sospeso e poi propongono carne con gli anabolizzanti sui piatti dei nostri figli. C’è qualcosa che non va”, denuncia il vicepremier, Matteo Salvini.

In commissione Agricoltura alla Camera, è stato chiuso l’iter per la legge che vieta l’utilizzo della carne sintetica. “Andrà in Aula nei prossimi giorni”, fa sapere il presidente della commissione, Mirco Carloni. “Avremo bisogno di tutto il vostro appoggio perché l’opposizione sarà dura“, prevede.

Negli anni, il Villaggio di Coldiretti “ha avvicinato i cittadini alla qualità e alla sostenibilità del cibo e quindi a una sana alimentazione, che è fondamentale per stimolare la cura delle salute”, afferma il ministro della Salute, Orazio Schillaci. “Nutrirsi bene è il primo presupposto per una vita in salute e la dieta mediterranea, che io chiamo italiana, è il modello alimentare con maggiore benefici. Il Paese ha una filiera agroalimentare di qualità che offre tutti gli ingredienti per la dieta mediterranea ed una preziosa alleata della salute”.

Frutta e verdura sempre più care: la risposta potrebbe arrivare dagli agromercati

Il cibo costa troppo e nel carrello finisce sempre meno. Causa caro-prezzi, gli italiani devono rivedere le proprie scelte nutrizionali quotidiane, e la risposta, in Italia come in Europa, sembra essere nei mercati agricoli all’ingrosso. Perché è qui che si determina il prezzo di ciò che poi finisce sugli scaffali, ed è qui che si può ad avere un prezzo ‘giusto’, a riprova di inflazione. Il ragionamento è stato lanciato in Parlamento europeo, con un evento apposito – ‘Mercati all’ingrosso, centro dell’agroalimentare europeo’ – organizzato dal capo delegazione di Forza Italia, Salvatore De Meo. “I mercati all’ingrosso sono il luogo fisico dove i prodotti acquisiscono un valore aggiunto nel confezionamento, nel controllo della qualità, nella tracciabilità e nella formazione trasparente del prezzo nell’interesse dei produttori e del consumatore finale”.
A dare una prima idea del problema è Herbert Dorfmann (Svp/Ppe), membro della commissione Agricoltura. “Soprattutto nel settore dell’ortofrutta la situazione sta diventando allarmante”, denuncia. “Se vado al supermercato, sulla mela che pago 2,99 euro, se va bene l’agricoltore prende 30 centesimi. Questo margine non è soddisfacente”. In pratica c’è una situazione per cui “da una parte c’è un consumatore che mangia meno, perché il prodotto costa troppo, e dall’altra parte c’è un produttore in difficoltà perché guadagna poco”.

In Italia il caro-prezzi intanto incide. “Il 22% degli italiani non compra prodotti di ortofrutta perché non ce la fa. Vuol dire che 2,6 milioni di italiani non mangiano”, denuncia Luigi Scordamaglia, presidente di Filiera Italia – Coldiretti. Anche lui, come De Meo, chiede maggiore attenzione e coinvolgimento per i mercati agroalimentari all’ingrosso. “Senza di essi non si riesce a capire il prezzo di produzione. Vogliamo quindi un prezzo più equo e più trasparente”. Scordamaglia chiede però l’intervento della politica per cambiare un modello che penalizza il ‘made in’. “Sull’ortofrutta pesa il costo della logistica”, sottolinea. “Abbiamo il costo più elevato in Europa: 1,12 euro a chilometro”. Il suggerimento del presidente di Filiera Italia – Coldiretti è dunque quello di fare uso de i fondi del Piano per la ripresa (Pnrr) per interventi sulla logistica, oltre che per favorire “contratti di filiera che includano i mercati all’ingrosso”.

Anche perché, dati alla mano, questi mercati tornano utili come ‘ammortizzatori’ dell’inflazione all’interno della filiera. Secondo un’analisi Ambrosetti diffusa per l’occasione , “a fronte di una crescente pressione sui costi operativi, i mercati hanno ammortizzato l’inflazione il 53,1% delle volte nell’ultimo anno”, tra febbraio 2022 e febbraio 2023. Più nello specifico i mercati agroalimentari all’ingrosso hanno contrastato il rialzo dell’inflazione “per almeno un mese in tutti i prodotti”. Indicazioni chiare, dunque.

Un impegno alla politica, italiana ed europea, arriva anche da Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura. Nel settore primario, quello agricolo, “ci attendono sfide epocali, non impossibili ma difficili”. Nello specifico “per i produttori si tratta di produrre di più senza compromettere la biodiversità e la natura, senza influire sui costi”. Un compito che spetterà a chi deve prendere le decisioni per il funzionamento di sistema produttivo ed economico. Che passa anche per il rispetto del Green Deal. “La produzione di energia da fonti rinnovabili nella aziende agricole diventa fondamentale. Il mio modello di distribuzione dovrà avvenire con il minor impatto ambientale” possibile. Vuol dire permessi semplici e veloci, poca burocrazia, normativa a misura di azienda.

In tema di agenda verde e sostenibile europea, Matteo Bartolini, vicepresidente della Cia-Confederazione italiana agricoltori, un’idea ce l’ha. “Il tema della logistica dovrebbe aiutarci a comunicare la volontà di raggiungere gli obiettivi del Green Deal europeo, invogliando e incentivare i consumatori a consumare a livello locale”. In questo modo “si tiene vivo e aperto il negozietto di prossimità”. E si tiene basso il prezzo di prodotti alimentari, soprattutto frutta e verdura, sempre meno a portata di famiglie.

incendi

Incendi, allarme Coldiretti: “Serviranno 15 anni per ricostituire i boschi distrutti”

Per ricostituire i boschi ridotti in cenere dal fuoco ci vorranno fino a 15 anni con danni all’ambiente, all’economia, al lavoro e al turismo. E’ quanto stima la Coldiretti sugli effetti degli incendi divampati in Italia, che hanno distrutto centinaia di ettari di alberi e macchia mediterranea, dalla Sicilia alla Calabria fino alla Puglia spinti dal caldo record. Le alte temperature e l’assenza di precipitazioni hanno inaridito i terreni favorendo l’innesco dei roghi nelle campagne e nei boschi spesso abbandonati. “Nelle aree bruciate dagli incendi – sottolinea la Coldiretti – saranno impedite tutte le attività umane tradizionali e la scoperta del territorio da parte di appassionati ma viene anche a mancare un importante polmone verde. Ogni rogo costa agli italiani oltre diecimila euro all’ettaro fra spese immediate per lo spegnimento e la bonifica e quelle a lungo termine sulla ricostituzione dei sistemi ambientali ed economici delle aree devastate”.

A preoccupare di più è, per Coldiretti, “la disattenzione e l’azione dei piromani”, visto che si stima che il 60% degli incendi sia causato volontariamente. Proprio per garantire una funzione di controllo e monitoraggio e intervenire tempestivamente Coldiretti e vigili del fuoco, con il supporto dell’Associazione A.B.-Agrivenatoria Biodiversitalia, hanno sottoscritto un protocollo per le attività di lotta attiva agli incendi di bosco o per rischi idrogeologici. “L’accordo prevede che gli agricoltori mettano a disposizione – spiega Coldiretti – spazi per i mezzi di pronto intervento e partecipino a progetti mirati per lo sviluppo di procedure per l’allertamento delle squadre operative Vvf in caso di emergenze”.

“Nella lotta agli incendi è determinante la velocità di azione e sono proprio gli agricoltori sul territorio che costituiscono – ricorda Coldiretti – una rete naturale e diffusa di sorveglianza, senza la quale il conto delle devastazioni sarebbe molto più pesante, ma che li espone anche a gravi rischi, specie in una situazione dove la siccità e le alte temperature favoriscono l’espandersi rapido delle fiamme”. Il secondo asse della collaborazione prevista dall’accordo riguarda il supporto al corpo nazionale dei vigili del fuoco da parte di Coldiretti ed Ab, con eventuale formazione a favore degli operatori Vvf, per interventi finalizzati alla gestione di insetti pericolosi, come gli imenotteri aculeati, anche al fine di preservare l’ecosistema e la biodiversità, con la messa in sicurezza delle api.

A favorire gli incendi è il fatto che 2023 si classifica fino ad ora in Italia nella top ten degli anni più caldi di sempre con una temperatura superiore di 0,43 gradi la media storica che lo classifica all’ottavo posto tra le più alte mai registrate nel periodo dal 1800, quando sono iniziate le rilevazioni.

 

Con Foresta Italia piantati in un anno 60mila alberi 100% da filiera nazionale

Sessantamila: tanti sono gli alberi piantumati (e seguiti nella cura) in un solo anno grazie a ‘Foresta Italia‘, la campagna di forestazione e riforestazione nazionale promossa da Rete Clima, Coldiretti e Pefc (Programme for Endorsement of Forest Certification schemes).

Gli alberi sono stati piantati in 17 regioni italiane e 42 siti urbani ed extraurbani, utilizzando il 100% della filiera italiana, con certificato di provenienza e passaporto fitosanitario.
Sono 30 le aziende private che hanno deciso di sostenere la campagna e declinare in maniera concreta i propri obiettivi di politica ambientale. Realizzare e sostenere progetti di nuova forestazione da parte delle aziende si costituisce come strategia di azione-comunicazione ESG: una progettualità che, dentro a questi progetti di Rete Clima, riesce ad essere efficace, locale, tracciabile e partecipata. Per le aziende si tratta di una proposta articolata e concreta che coinvolge direttamente i propri dipendenti e stakeholder, per contribuire al raggiungimento di numerosi SDGs (Sustainable Development Goals 2030) definiti dalle Nazioni Unite come obiettivi globali entro il 2030.

Un segnale “forte” di sinergia tra pubblico e privato per la promozione del capitale naturale italiano e la biodiversità su scala locale, per Paolo Viganò, presidente e fondatore di Rete Clima. “Interagiamo con le Pubbliche Amministrazioni e con le imprese – spiega – per portare avanti un modello di sviluppo sostenibile e coerente con gli obiettivi di contrasto al surriscaldamento globale“. I partner, sposando i progetti di Rete Clima fanno una scelta di campo, scandisce: “Stare dalla parte della tutela e della salvaguardia del patrimonio ambientale nazionale, portando avanti politiche votate alla sostenibilità nella maniera più concreta e innovativa“.

Foresta Italia nasce infatti con l’obiettivo di piantare alberi nelle aree che necessitano di riforestazione, garantendo sempre il coinvolgimento della filiera florovivaistica italiana.
Le oltre 35 diverse specie arboree e arbustive utilizzate negli interventi di forestazione e riforestazione della campagna Foresta Italia sono autoctone, con certificato di provenienza, coltivate nei vivai locali con una pianificazione rigorosa della produzione vegetale. Rete Clima è l’unica realtà in Italia impegnata in progetti di forestazione e riforestazione ad avere sottoscritto un “contratto di coltivazione” con le aziende florovivaistiche locali, uno strumento che può essere utilizzato anche dall’Amministrazione pubblica per superare il problema recentemente segnalato dalla Corte dei Conti rispetto alla mancanza di alberi da piantare nelle città italiane con i fondi del PNRR.

Il contratto di coltivazione consente all’azienda florovivaistica la programmazione della produzione di piantine forestali, che impiegano 2-3 anni per arrivare alla dimensione minima utilizzabile. Grazie a loro, la campagna Foresta Italia ha sempre alberi e arbusti in quantità sufficiente e delle specie necessarie. I vivai vengono scelti tra quelli in regola con tutti gli aspetti normativi e le piante vengono pagate il giusto prezzo, a chi le coltiva, e non secondo la logica del massimo risparmio economico. Attraverso questo modello i vivai italiani potrebbero produrre velocemente i milioni di alberi previsti dai fondi del Pnrr.

L’appello di Rete Clima però è alle amministrazioni, perché si destinino alla forestazione risorse adeguate:Chi progetta e gestisce interventi di forestazione urbana ha davanti sfide importanti, perché le condizioni climatiche estreme metteranno sempre più in difficoltà la piantagione di alberi in città. Occorre una maggiore consapevolezza della complessità di piantare e gestire alberi in città, i cui benefici – non bisogna mai dimenticarlo – sono direttamente proporzionali al loro stato di salute“, sottolinea l’organizzazione. Il riferimento è al coinvolgimento della filiera florovivaistica, all’approccio tecnico, al monitoraggio delle forestazioni dopo l’impianto, senza dimenticare che, sottolinea Rete Clima, “non si può pensare, nelle condizioni climatiche attuali e future, di poter gestire in modo corretto la piantagione e la cura di un albero con pochi euro come non si po’ più pensare di piantare alberi senza considerare e mettere a bilancio i costi per le cure negli anni successivi“.

Siccità, cabina di regia e commissario fino al 31 dicembre. Meloni: “Situazione complessa”

Una cabina di regia per accelerare e coordinare la pianificazione degli interventi infrastrutturali di medio e lungo periodo e, nel breve periodo, un commissario nazionale fino al 31 dicembre 2023, con un incarico rinnovabile e con un perimetro “molto circostanziato di competenze“. Così il governo si prepara ad affrontare l’emergenza siccità che ha colpito l’Italia.

Abbiamo ereditato una situazione complessa“, spiega Giorgia Meloni davanti all’Aula del Senato. Il decreto andrà in consiglio dei ministri entro la fine di marzo, verosimilmente la prossima settimana.

Al tavolo convocato a Palazzo Chigi e presieduto dal vicepremier Matteo Salvini c’erano anche i ministri Francesco Lollobrigida (Agricoltura), Nello Musumeci (Protezione civile), Roberto Calderoli (Autonomie), la viceministra all’Ambiente Vannia Gava e i sottosegretari Alfredo Mantovano e Alessandro Morelli.

Il commissario potrà agire sulle aree territoriali a rischio elevato e potrà sbloccare interventi di breve periodo, come sfangamento e sghiaiamento degli invasi di raccolta delle acque, aumento della capacità degli invasi, gestione e utilizzo delle acque reflue, mediazione in caso di conflitti tra regioni ed enti locali in materia idrica, ricognizione del fabbisogno idrico nazionale.

Ci sarà da risolvere il problema degli acquedotti, ma anche, a monte, quello della raccolta di acqua. Quasi nove litri di pioggia su dieci che cadono lungo la Penisola non vengono raccolti. Per le carenze infrastrutturali, si trattiene solo l’11% dell’acqua piovana e nella distribuzione di quella raccolta, le perdite idriche totali sono pari al 42%, secondo l’Istat. A questo, si aggiunge il problema delle temperature in costante aumento e dell’aumento dell’intensità delle piogge, effetti dei cambiamenti climatici che “richiedono interventi strutturali“, sottolinea Coldiretti.

Il Piano Idrico Nazionale è sempre più urgente, nel rispetto delle priorità indicate dalla “sempre più disattesa legge 152“: dopo quello potabile, per l’acqua viene l’uso agricolo, cioè la produzione di cibo e poi via via tutti gli altri utilizzi, ricorda Francesco Vincenzi, presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (Anbi). I dati disastrosi della rete idrica colabrodo sono all’attenzione delle Corti dei Conti regionali, dove il Codacons ha denunciato “tutte le omissioni da parte degli enti locali che hanno fatto poco o nulla per risolvere tale criticità“.

Il problema non si risolve “con l’ennesima cabina di regia“, denuncia il co-portavoce di Europa Verde, Angelo Bonelli. Quello che serve, afferma, è “un cambio di politiche energetiche e ambientali che sono le stesse da decenni responsabili del disastro climatico“. La siccità è già un problema contingente nella penisola italiana, ricorda, dove fiumi sono diventati “corridoi di sabbia” e le riserve di acqua in Lombardia sono circa il 45% in meno rispetto alla media tra il 2006 e il 2020. “Di fronte a questo disastro, questo governo non capisce che deve cambiare politiche, e non puntare a diventare l’hub del gas europeo, ma delle rinnovabili. Invece – insiste – il governo Meloni fa la guerra al clima, alla casa green, all’auto elettrica e poi per dare una risposta alla siccità istituisce l’ennesima cabina di regia. La risposta di questo governo alla crisi idrica è l’inazione e la guerra alle politiche europee sul clima“.

Agroalimentare, Prandini (Coldiretti): Europa condizionata da interessi multinazionali

“Il cibo nei prossimi anni sarà ancora più centrale nelle scelte di carattere politico e soprattutto nella crescita economica a livello globale, l’Europa sotto questo punto di vista è fortemente condizionata dai grandi interesse delle multinazionali”. Lo ha detto Ettore Prandini, presidente di Coldiretti a margine del convegno ‘L’evoluzione dell’agroalimentare italiano ed europeo tra sostenibilità e benessere’, organizzato da Gea ed Eunews. “Il NutriScore ne è un esempio, laddove si cercava di condizionare la scelta e l’acquisto di prodotto agroalimentare in modo fuorviante e ingannevole nei confronti dei cittadini e dei consumatori, dicendo cosa faceva bene e cosa faceva male. Gli studi di carattere scientifico hanno dimostrato esattamente l’opposto, il sistema italiano invece, il NutrInform è la scelta corretta che deve essere fatta laddove si raccontano le giuste quantità di ogni singolo prodotto che possono e devono essere consumate. In questo modo difenderemo le nostre eccellenze dell’enogastronomia. Dobbiamo continuare a lavorare creando alleanze con altri stati membri che hanno sistemi produttivi simili ai nostri e che hanno a cuore gli interessi dei loro cittadini e consumatori e che non svendono la loro posizione a favore delle grandi multinazionali”, ha aggiunto.