Dal G7 l’impegno per accelerare l’uscita dai combustibili fossili
I Paesi industrializzati del G7 si sono impegnati domenica ad “accelerare” la loro “uscita” dai combustibili fossili in tutti i settori, senza però fissare una nuova scadenza, e hanno deciso di puntare congiuntamente all’azzeramento dell’inquinamento da plastica entro il 2040. L’impegno ad abbandonare i combustibili fossili (petrolio, gas, carbone) non si applica però a quelli con impianti di cattura e stoccaggio della CO2, secondo il comunicato congiunto dei ministri del clima, dell’energia e dell’ambiente del G7, riuniti da sabato a Sapporo (Giappone settentrionale). Invece di un calendario preciso, i principali Paesi industrializzati (Stati Uniti, Giappone, Germania, Francia, Regno Unito, Italia e Canada) hanno vagamente incluso questo obiettivo nei loro sforzi per raggiungere la neutralità energetica del carbonio entro il 2050 “al più tardi“. L’anno scorso si erano già impegnati a decarbonizzare la maggior parte dei loro settori elettrici entro il 2035, obiettivo riconfermato domenica.
A dimostrazione della difficoltà dei negoziati, i Paesi non si sono impegnati a fissare una data per la graduale eliminazione del carbone nel settore elettrico, anche se il Regno Unito, sostenuto dalla Francia, aveva proposto il 2030. Sul fronte ambientale, i Paesi del G7 si sono impegnati a ridurre a zero l’inquinamento aggiuntivo da plastica entro il 2040, in particolare attraverso l’economia circolare, riducendo o abbandonando la plastica monouso e non riciclabile. Germania, Francia, Ue, Regno Unito e Canada fanno già parte di una coalizione internazionale che ha assunto lo stesso impegno lo scorso anno. Ma è la prima volta che Stati Uniti, Giappone e Italia si uniscono a loro. La questione è cruciale: la quantità di rifiuti di plastica è raddoppiata a livello mondiale in vent’anni e solo il 9% di essi viene effettivamente riciclato, secondo l’OCSE. E le Nazioni Unite stimano che la quantità di plastica scaricata negli oceani sarà quasi triplicata entro il 2040.
I membri del G7 hanno dovuto dimostrare unità e determinazione dopo l’ultimo allarmante rapporto di sintesi del Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC), pubblicato a marzo. Secondo l’IPCC, il riscaldamento globale causato dall’attività umana raggiungerà 1,5°C al di sopra dei livelli preindustriali entro il 2030-2035. Ciò mette ulteriormente a rischio l’obiettivo dell’Accordo di Parigi del 2015 di limitare l’aumento della temperatura a questo livello, o almeno ben al di sotto dei 2°C.
Domenica il G7 ha anche riaffermato il suo impegno a lavorare con altri Paesi sviluppati per raccogliere 100 miliardi di dollari all’anno per i Paesi emergenti per combattere il riscaldamento globale, un impegno che risale al 2009 e che originariamente doveva essere raggiunto entro il 2020. Un vertice per migliorare l’accesso ai finanziamenti per il clima per i Paesi in via di sviluppo, una questione delicata e cruciale, è previsto per la fine di giugno a Parigi.
Dato il contesto geopolitico globale molto teso, con la guerra in Ucraina dall’anno scorso e le proposte conservatrici del Giappone sul gas naturale, le ONG ambientaliste temevano che la riunione di Sapporo si sarebbe risolta in una regressione. Il G7 ha convenuto, come l’anno scorso, che gli investimenti nel gas naturale “possono essere appropriati” per aiutare alcuni Paesi a superare l’attuale crisi energetica. Ma allo stesso tempo è stato sottolineato il primato di una transizione energetica “pulita” e la necessità di ridurre la domanda di gas. Anche l’altra proposta giapponese di far riconoscere l’ammoniaca e l’idrogeno come co-combustibili “puliti” per le centrali termoelettriche è stata circondata da garanzie. Il G7 ha insistito sul fatto che queste tecnologie devono essere sviluppate da fonti “a basse emissioni di carbonio e rinnovabili“.
Le ONG ambientaliste, tuttavia, sono rimaste deluse. “Ci sono alcune buone notizie” negli annunci del G7 “ma manca ancora l’ambizione” di affrontare le sfide, ha detto Daniel Read di Greenpeace.