Ad agosto l’inflazione rallenta a +1,1%, beni energetici accentuano calo a -6,1%

Ad agosto, secondo le stime preliminari, l’inflazione rallenta, scendendo a +1,1% (dall’1,3% di luglio). La decelerazione si deve all’ampliarsi della flessione dei prezzi dei beni (da -0,1% a -0,5%), che si confronta con l’accelerazione della dinamica dei prezzi dei servizi (da +3,0% a +3,2%); il differenziale inflazionistico tra questi ultimi e i prezzi dei beni si porta dunque a +3,7 punti percentuali (dai +3,1 di luglio). Lo rileva l’Istat.

L’evoluzione dei prezzi dei beni riflette, in primo luogo, quella dei prezzi dei Beni energetici, che accentuano la loro discesa su base annua (da -4,0% a -6,1%; -0,6% sul mese), nonostante le spinte al rialzo registrate nel settore dei Beni energetici regolamentati. Più in dettaglio, nell’ambito dei Beni energetici non regolamentati (da -6,0% a -8,6%; -1,0% rispetto a luglio), pesa l’inversione di tendenza dei prezzi del Gasolio per mezzi di trasporto (da +3,1% a -5,8%; -2,2% il congiunturale), della Benzina (da +0,7% a -5,3; -1,9 da luglio) e del Gasolio per riscaldamento (da +3,1% a -5,6%; -2,6% da mese), solo in parte compensata dalla flessione meno marcata dei prezzi di Gas di città e gas naturale mercato libero (da -19,7% a -13,4%; -0,5% su base mensile) e di Energia elettrica mercato libero (da -18,2% a -17,4%; +0,6% da luglio).

Per quanto riguarda la componente regolamentata, l’accelerazione su base tendenziale dei prezzi (da +11,7% a +14,0%; +3,2% il congiunturale) è interamente condizionata dall’andamento di quelli del Gas di città e gas naturale mercato tutelato (da +32,4% a +36,3%; +5,3% da luglio), mentre i prezzi dell’Energia elettrica mercato tutelato restano stabili (a -9,7%; nullo il congiunturale).

I prezzi dei Beni alimentari nel complesso tendono ad accelerare lievemente (da +0,9% a +1,0%; +0,3% rispetto al mese precedente), mostrando andamenti contrapposti delle sue sotto-componenti: quella dei Beni alimentari lavorati è in moderata accelerazione (da +1,6% a +1,8%; +0,9% da luglio); quella dei Beni alimentari non lavorati, invece, amplia seppur di poco la sua flessione (da -0,4% a -0,5%; -0,6% su base mensile). In particolare, per la componente non lavorata, ampliano la flessione sia i prezzi di Frutta fresca e refrigerata (da -2,4% a -2,8%; -3,7% da luglio) sia quelli dei Vegetali freschi o refrigerati diversi dalle patate (da -3,3% a -3,9%; -0,4% il congiunturale).

Nel comparto dei servizi, il ritmo di crescita su base annua dei prezzi aumenta del 3,2% (da +3,0%; +0,4% sul mese). A un maggiore livello di dettaglio, accelerano i prezzi dei Servizi relativi ai trasporti (da +2,2% a +2,9%; +1,9% da luglio), a causa soprattutto degli andamenti dei prezzi del Trasporto aereo passeggeri (da -12,6% a -4,8%; +16,3% il congiunturale) e del Trasporto marittimo e per vie d’acqua interne (da -5,7% a -1,0%; +31,4% rispetto al mese precedente), connessi a fattori stagionali; di contro, decelerano seppur di poco i prezzi dei Servizi relativi all’abitazione (da +2,7% a +2,5%; +0,1% da mese).

L’impatto dell’evoluzione dei prezzi delle diverse tipologie di prodotto sul tasso di inflazione del mese di agosto è misurato dai contributi alla variazione tendenziale dell’indice generale dei prezzi al consumo.

agricoltura

I prezzi agricoli crollano ai livelli di 3 anni fa, ma gli alimentari costano il 23% in più

La speculazione esiste? Molti la evocano, pochi la misurano. Tuttavia, confrontando i dati diffusi dalla Fao oggi sui prezzi agricoli mondiali con i prezzi alimentari al consumo globali, non si può non notare che qualcosa non torna.

L’Indice Fao dei prezzi alimentari è sceso per il settimo mese consecutivo a 117,3 punti a febbraio, il livello più basso in tre anni, rispetto ai 118,2 rivisti al rialzo di gennaio. La diminuzione degli indici dei prezzi dei cereali e degli oli vegetali ha più che compensato gli aumenti di quelli dello zucchero, della carne e dei latticini. Negli ultimi tre anni l’indice PriceStats Daily World Food Inflation Index – realizzato da State Street – fa vedere invece che gli alimentari sono rincarati del 23%, passando da un punteggio di 133 del febbraio 2021 a quota 164 al termine dello scorso mese. Quello di State Street è un indice composito per Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Germania, Irlanda, Italia, Paesi Bassi, Nuova Zelanda, Spagna, Grecia, Canada, Australia, Giappone, Corea del Sud, Russia, Sud Africa, Brasile, Cile, Cina, Colombia, Uruguay, Turchia e Argentina. L’indice utilizza la componente alimentare e delle bevande analcoliche non destagionalizzata dell’inflazione di ciascun Paese, con ponderazioni basate sulla spesa per consumi finali delle famiglie del 2010, in dollari correnti, dalla Banca Mondiale.

Vedendo il grafico, il PriceStats Daily World Food Inflation Index, non sembra dare segni di inversione. Sale. Il contrario della traiettoria intrapresa dai prezzi agricoli globali. L’Indice Fao delle quotazioni cerealicole è diminuito del 5% a febbraio, raggiungendo un livello inferiore del 22,4% rispetto a quello di febbraio 2023. I prezzi all’esportazione del mais sono diminuiti maggiormente tra le aspettative di grandi raccolti in Sud America e i valori competitivi offerti dall’Ucraina, mentre quelli internazionali del grano sono diminuiti soprattutto grazie al forte ritmo delle esportazioni dalla Russia. Anche i prezzi internazionali del riso sono diminuiti dell’1,6% a febbraio. L’Indice Fao dei prezzi degli oli vegetali è calato invece dell’1,3% da gennaio, attestandosi all’11% al di sotto del valore di febbraio 2023. Quelli internazionali dell’olio di soia sono diminuiti notevolmente, sostenuti dalle prospettive di abbondanti produzioni di soia in Sud America, mentre le ampie disponibilità di esportazioni globali di oli di girasole e di colza hanno spinto i loro prezzi verso il basso. I prezzi mondiali dell’olio di palma sono aumentati marginalmente a febbraio a causa del calo stagionale della produzione.

L’indice Fao dei prezzi dello zucchero, al contrario, è aumentato del 3,2% a febbraio. L’aumento riflette le persistenti preoccupazioni sull’imminente produzione del Brasile dopo un periodo prolungato di precipitazioni inferiori alla media, nonché i previsti cali di produzione in Tailandia e India, due principali paesi esportatori. Anche l’indice dei prezzi della carne è aumentato dell’1,8% da gennaio, con le quotazioni della carne di pollame che sono aumentate maggiormente, seguite da quelle della carne bovina, colpite dalle forti piogge che hanno interrotto il trasporto del bestiame in Australia. Anche i prezzi della carne suina sono aumentati leggermente a causa della maggiore domanda da parte della Cina e della situazione di offerta limitata in Europa occidentale. I prezzi internazionali della carne ovina sono diminuiti in parte a causa della produzione record conseguente alla ricostituzione del gregge in Australia. In crescita anche l’Indice dei prezzi dei prodotti lattiero-caseari, aumentato dell’1,1%, guidato dalla maggiore domanda di importazioni di burro da parte degli acquirenti asiatici. Anche i prezzi del latte in polvere e del formaggio sono aumentati marginalmente.

Guardando avanti, la Fao ha pubblicato un nuovo Brief sull’offerta e la domanda di cereali, alzando leggermente le sue previsioni per la produzione totale mondiale di cereali nel 2023 a 2.840 milioni di tonnellate. Caleranno i prezzi al consumo?

bollette

INFOGRAFICA INTERATTIVA Energia, i consumi pro capite nel 2022 Paese per Paese

Nell’infografica INTERATTIVA di GEA, su dati di Ourworldindata, è rappresentata l’energia consumata nel 2022 pro capite per Paese. Muovendo il cursore sul planisfero si possono vedere i dati Stato per Stato. I più energivori sono i canadesi con oltre 102mila kWh consumati pro capite. Ogni italiano invece nel 2022 ha consumato in media 28.910 kWh.

INFOGRAFICA INTERATTIVA Commercio, a novembre vendite dettaglio +0,4% mensile e +1,5% su 2022

Nell’infografica interattiva di GEA, l’andamento dell’indice del commercio al dettaglio. L’Istat stima per novembre 2023 una crescita congiunturale dello 0,4% in valore su ottobre. Su base tendenziale, le vendite al dettaglio aumentano dell’1,5% in valore.

Il lato oscuro del Black Friday: boom di acquisti ma schizzano le emissioni di CO2

E’ arrivato il tanto atteso Black Friday, che per un giorno – ma a dire il vero anche per una settimana – spinge sugli acquisti, complici grandi sconti e offerte speciali. Prezzi ribassati che, se da un lato fanno bene al portafoglio, dall’altro rischiano di far diventare questo venerdì ancora più nero per l’ambiente. E le ragioni sono tante, a cominciare dalla questione trasporti, soprattutto a causa degli acquisti online. Un prodotto comprato sul web, infatti, deve essere imballato, spedito e consegnato al domicilio del cliente, passando da hub e magazzini vari, spesso percorrendo migliaia di chilometri a bordo di aerei e camion prima di arrivare a casa dell’acquirente.

“Quando sono milioni i consumatori che fanno acquisti contemporanei in un arco di tempo ristretto – spiega Alessandro Miani, presidente della Società Italiana di Medicina Ambientale (Sima)i costi ambientali si impennano raggiungendo livelli altissimi”. In base alle stime di Sima, gli italiani che acquisteranno online e nei negozi fisici durante l’intera settimana del Black Friday, contribuiranno all’immissione in atmosfera di circa 500mila di tonnellate di CO2 a livello globale.

Non solo. Secondo un white paper di Up2You Insight dedicato alle emissioni nel settore retail, in Europa, durante il Black Friday dello scorso anno i camion impiegati per trasportare i pacchi nei magazzini e nei negozi hanno rilasciato nell’aria 1,2 milioni di tonnellate di CO2. Questo dato rappresenta un aumento del 94% rispetto a una settimana media, equivalente alle emissioni di circa 7.000 voli da Parigi a New York. Complessivamente, il 25% delle emissioni globali è attribuibile alle attività commerciali e se si pensa che il giro d’affari in Italia sfonderà la soglia dei 4 miliardi di euro (dati Codacons), in aumento del 15% rispetto al 2022, è evidente che la questione ambientale esiste.

Eppure, secondo la recente ricerca Unguess-Scalapay, un consumatore su due considera decisivo nel comportamento d’acquisto l’impatto ambientale nella scelta di cosa e dove comprare durante questo Black Friday. Ogni italiano spenderà quest’anno tra i 216 e i 238 euro, ma la Gen Z (cioè i giovani fino a 26 anni) sarà quella più propensa agli acquisti green. E in questa direzione spinge anche il Wwf. “Il Pianeta non fa sconti”, dice l’organizzazione ambientalista, che punta il dito contro “il sovra consumo camuffato da affare” che raggiunge l’apice in questo periodo, soprattutto nel settore della moda. “Ci contendiamo vestiti e prodotti di moda, che acquistiamo magari a un prezzo basso – spiega il Wwf – per poi indossarli pochissime volte e buttarli velocemente”.

Dietro il costo molto basso che paghiamo per portare a casa quel capo si nascondono infatti “l’utilizzo di materie prime di bassa qualità e additivi chimici – ricorda l’associazione – elevate emissioni di gas serra, l’utilizzo e lo spreco di risorse come suolo e acqua e l’inquinamento delle falde acquifere e degli ecosistemi acquatici, ma anche lo sfruttamento di lavoratori che spesso vivono dall‘altro capo del mondo”.

A Roma giù il prezzo di 9 prodotti alimentari. Boom per olio d’oliva, birra e zucchero

Zucchero, tonno in scatola, succo di frutta, riso, pomodori pelati, piselli e patate surgelati, Parmigiano Reggiano, olio extra vergine, latte intero di alta qualità, biscotti e birra sono i prodotti che, almeno a Roma, hanno segnato un rincaro a doppia cifra a settembre rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. I dati sono forniti dall’osservatorio del ministero delle imprese e del made in Italy, che si basa a sua volta sulle rilevazioni Istat. I rialzi maggiori sono però quelli dell’olio d’oliva che sfiora il +50%, seguito da latte intero di alta qualità (+33,8%), birra (+31%) e, fuori dal podio, zucchero (+28,2%).

I prezzi globali dell’olio d’oliva proprio a settembre avevano superato gli 8.900 dollari per tonnellata, spinti dal forte calo della produzione e da un clima estremamente secco in gran parte del Mediterraneo. Il prezzo medio nel mese di agosto era stato del 130% più alto rispetto all’anno precedente, con prezzi che hanno rapidamente superato il precedente record di 6.242 dollari a tonnellata stabilito nel 1996, senza evidenziare alcun segno di allentamento. Ma, mentre l’offerta è crollata, la domanda di olio d’oliva è aumentata dal 2020 perché i consumatori cucinavano a casa più spesso durante e dopo la pandemia. La guerra in Ucraina, che ha creato una carenza globale di olio di girasole, ha spinto la domanda di olio d’oliva ancora più in alto, con una produzione invece precipitata specie in Spagna e Italia, con punte di -50/-60%, a causa della siccità e di eventi climatici estremi.

Lo zucchero poi, una delle soft commodity più famose al mondo ha visto le sue quotazioni, salire del 50% nell’ultimo anno, tornando a rivedere i massimi da 12 anni a 28 centesimi di dollaro per libbra sul mercato di New York. Questo perché la domanda globale cresce, nonostante la proliferazione delle diete, mentre l’offerta soffre per cambiamenti climatici e un maggiore utilizzo dell’estratto da canna o barbabietola per scopi industriali. Le colture da zucchero offrono infatti alternative di produzione al cibo, come mangimi per il bestiame, fibre ed energia, in particolare biocarburanti (etanolo a base di zucchero) e cogenerazione di elettricità (bagassa di canna).

Ci sono però anche prodotti che calano. Stracchino o crescenza, spinaci surgelati, pancetta in confezione, olio di semi di girasole, latte scremato a lunga conservazione, fior di latte, carne fresca di bovino adulto (primo taglio), carne fresca suina con osso e bastoncini di pesce surgelati costano di meno, nei confronti di un anno fa, nella capitale d’Italia. Crolla di quasi il 30% il prezzo in particolare dell’olio di girasole, grazie al fatto che l’industria italiana è riuscita dopo lo choc della guerra in Ucraina a diversificare le provenienze. Da notare poi il calo del prezzo della carne bovina, nonostante la tenuta dei consumi. A incidere sulla discesa delle quotazioni – come aveva sottolineato Ismea qualche settimana fa – il fatto che il picco di produzione della Polonia ha saturato il mercato tedesco, già intasato per il forte calo dei consumi in atto nel Paese a causa della crisi. Le produzioni polacche, ma anche quelle tedesche hanno cercato così sfogo negli altri Paesi, tra cui l’Italia in particolare, cosa che ha generato un forte impatto sui prezzi. L’effetto Covid che aveva spinto i consumi dei vari Paesi verso le produzioni nazionali è in pratica esaurito. A giugno infatti nel nostro Paese le quotazioni dei vitelloni hanno segnato un primo ripiegamento, legato proprio alla fortissima pressione concorrenziale della carne dagli altri Paesi Ue.

Dalla Svezia alla Spagna: l’Europa in cerca della ‘sobrietà energetica’ verso l’inverno

Tutta l’Europa sta cercando di ridurre la propria dipendenza dalle importazioni di idrocarburi, dalla Spagna, che punta sull’energia eolica, alla Finlandia, che ha acquisito il suo nuovo reattore nucleare EPR. L’obiettivo è duplice: abbassare i prezzi dell’elettricità e del gas, che sono saliti alle stelle dopo la cessazione, dal 2022, di gran parte delle forniture di gas russo a causa della guerra in Ucraina, e raggiungere gli obiettivi del piano climatico dell’Unione Europea che mira a ridurre le emissioni di gas serra del 55% entro il 2030.

GERMANIA. A settembre il Bundestag ha adottato una legge sull’efficienza energetica che impone alle aziende piani di riduzione dei consumi e alle amministrazioni di risparmiare il 2% di energia all’anno. I consumatori sono oggetto di una campagna denominata “80 milioni insieme per cambiare l’energia”. Nel 2022, il consumo di elettricità è diminuito del 4% su base annua, attestandosi a 484,2 TWh. Quello del gas è diminuito del 17,6% in un anno, secondo l’Ufficio federale delle reti.

SPAGNA. Nell’estate 2022, il governo ha imposto ad aziende, uffici, cinema, teatri, stazioni ferroviarie e aeroporti di limitare l’aria condizionata a un minimo di 27°C e il riscaldamento a un massimo di 19°C. I negozi devono tenere le porte chiuse. A queste misure si è aggiunto un piano di ‘sobrietà’ che prevede aiuti alle Pmi che desiderano investire in dispositivi di risparmio energetico e nell’installazione di contatori ‘intelligenti’, per controllare meglio i propri consumi. Secondo i gestori delle reti gas ed elettricità, lo scorso anno la Spagna ha ridotto il consumo di gas a 364,4 TWh (-3,7%) e di elettricità a 250,5 TWh (-2,4%).

ESTONIA. Gli estoni sono incoraggiati a staccare la spina degli elettrodomestici inutilizzati, a ristrutturare le loro case e a installare pannelli solari. Il consumo di energia elettrica è aumentato nel 2022 a 9,6 TWh, mentre quello di gas naturale è diminuito del 27%, a 352 milioni di m3.

FRANCIA. Nel 2022, secondo il governo, il consumo finale di elettricità è diminuito di quasi il 5% rispetto al 2021, attestandosi a 414 TWh. Dal 1 agosto 2022 al 31 luglio 2023 è diminuito del 7,4% rispetto alla media 2014-2019. Lato gas il calo dei consumi è del 9,5% rispetto al periodo 2018-2019. Engie ed EDF offrono “sfide” ai propri clienti per incoraggiarli a risparmiare elettricità quest’inverno, premiati con bonus (Engie) o posti per partecipare agli eventi dei Giochi Olimpici (EDF).

REGNO UNITO. Il Regno Unito punta a ridurre il proprio consumo energetico del 15% entro il 2030. Quest’inverno, i gestori delle reti elettriche e del gas dovranno rinnovare gli incentivi finanziari per incoraggiare gli utenti a restare sobri. British Gas ha prolungato fino a dicembre la sua promozione che offre una riduzione del 50% sulla bolletta per i consumi elettrici effettuati tra le 11 e le 16 della domenica, periodo in cui la domanda delle imprese è minore mentre gli impianti eolici offshore del Nord continuano a girare.

GRECIA. Secondo l’operatore di rete nazionale, il consumo di elettricità da gennaio ad agosto 2023 è diminuito del 4,15% rispetto allo stesso periodo del 2022. Non sono state annunciate misure per incoraggiare ulteriori riduzioni dei consumi quest’inverno.

POLONIA. Nel 2022, secondo l’agenzia di regolamentazione dell’energia, il consumo di energia elettrica è sceso dello 0,5% rispetto al 2021, a 173,4 Twh, e quello di gas è sceso a 17 miliardi di m3.
Il governo ha annunciato una misura che offre una riduzione del 10% sulla bolletta energetica delle famiglie che riducono i consumi tra il 1° ottobre 2022 e il 31 dicembre 2023 rispetto al periodo equivalente precedente.

REPUBBLICA CECA. Secondo l’Ufficio di regolamentazione dell’energia, il consumo di elettricità è diminuito del 3,9% nel 2022 a 60,4 Twh rispetto al 2021, con il consumo delle famiglie in calo del 9% nel corso dell’anno, il calo più forte mai registrato in 20 anni.

SVEZIA. Il governo ha annunciato alla fine di settembre che le emissioni di CO2 del paese aumenteranno entro il 2030, principalmente a causa della riduzione delle tasse sul carburante.
Secondo l’Agenzia svedese per l’energia, nel 2022 il consumo di elettricità è diminuito del 4,45% a 137 TWh. Un calo dovuto soprattutto ai “prezzi molto alti dell’energia elettrica”, ha spiegato.

Terna: “Ad agosto consumi elettrici in calo dell’1,1%, rinnovabili coprono 43,8% domanda”

Secondo i dati di Terna, la società che gestisce la rete elettrica di trasmissione nazionale, nel mese di agosto la domanda di elettricità nel nostro Paese è stata pari complessivamente a 25,7 miliardi di kWh, con una diminuzione dell’1,1% rispetto allo stesso periodo del 2022. Questo valore è stato raggiunto con lo stesso numero di giorni lavorativi (22) e una temperatura media mensile leggermente inferiore rispetto ad agosto 2022 (-0,6°). Rettificando il dato da tali effetti, la variazione cambia di segno registrando un +0,7% rispetto ad agosto 2022.

L’indice IMCEI elaborato da Terna, che prende in esame i consumi industriali di circa 1.000 imprese ‘energivore’, registra una variazione complessivamente nulla rispetto allo stesso mese dello scorso anno. A fronte, infatti, di variazioni positive dei comparti dei mezzi di trasporto, degli alimentari e della siderurgia, sono in calo i comparti dei metalli non ferrosi, della chimica, della cartaria e della meccanica. Stabili quelli di cemento, calce e gesso e le ceramiche e vetrarie.

In termini congiunturali, il valore della richiesta elettrica, destagionalizzato e corretto dall’effetto temperatura, risulta in crescita (+1%) rispetto a luglio 2023. Sostanzialmente stabile la variazione congiunturale dell’indice IMCEI (+0,2%). Nei primi otto mesi del 2023, la richiesta cumulata di energia elettrica in Italia è in calo del 4,5% rispetto allo stesso periodo del 2022 (-3,4% il dato rettificato). Variazione negativa anche dell’Indice IMCEI, che da gennaio ad agosto fa registrare un -5,3%. A livello territoriale, la variazione tendenziale di agosto 2023 è risultata ovunque negativa: -1,4% al Nord, -1,1% al Centro e -0,6% al Sud e Isole.

Nel mese di agosto 2023 la domanda di energia elettrica italiana è stata soddisfatta per l’87,1% con la produzione nazionale e, per la quota restante (12,9%), dal saldo dell’energia scambiata con l’estero. La produzione nazionale netta è risultata pari a 22,6 miliardi di kWh, in diminuzione del 3,5% rispetto ad agosto 2022. Lo scorso mese le fonti rinnovabili hanno prodotto complessivamente 11,3 miliardi di kWh, coprendo il 43,8% della domanda elettrica (contro il 34,1% di agosto 2022). La produzione da rinnovabili ad agosto è stata così suddivisa: 34,7% idrico, 33,3% fotovoltaico, 15,5% eolico, 12,6% biomasse, 3,9% geotermico.

Secondo le rilevazioni Terna illustrate nel report mensile, considerando tutte le fonti rinnovabili, nei primi otto mesi del 2023 l’incremento di capacità in Italia è pari a 3.470 MW, un valore superiore di circa 1.733 MW (+100%) rispetto allo stesso periodo del 2022. Estendendo l’analisi agli ultimi 12 mesi (quindi al periodo settembre 2022 – agosto 2023) l’incremento di capacità risulta pari a 4.770 MW. Proseguono il recupero della produzione da fonte idrica (+49,8%) e la crescita del fotovoltaico (+19,8%). In aumento anche la produzione da fonte eolica (+43,8%). In flessione la produzione da fonte termica (-20,5% con una variazione del -57,2% della produzione a carbone) e la geotermoelettrica (-3,7%). Estendendo l’analisi ai primi otto mesi dell’anno si osserva come l’effetto combinato della diminuzione del fabbisogno, dell’aumento dell’import e della crescita delle fonti rinnovabili abbia comportato una rilevante contrazione della produzione da fonte termica (-16,6%) con una conseguente riduzione dei consumi gas per produzione termoelettrica stimabile in circa 3,3 miliardi di standard metri cubi rispetto all’analogo periodo del 2022.

Per quanto riguarda il saldo import-export, la variazione è pari a +19% per un effetto combinato della diminuzione dell’export (-8,9%) e dell’aumento dell’import (+15,8%).

 

Crollo ‘epico’ per il prezzo delle uova: -85% da inizio anno in Usa

Photocredits: Afp

 

C’è solo una commodity il cui prezzo ha fatto peggio delle uova: il gas. Il metano in America e ad Amsterdam vale il 70-80% in meno rispetto a un anno fa. Ma anche il future sul dono che la gallina fa all’umanità quasi quotidianamente è in caduta libera. Una caduta “epica” la definisce il sito finanziario Zerohedge. In effetti sono diminuite di 4,5 dollari a dozzina, circa -85% dall’inizio del 2023, -67% nei confronti dello stesso periodo di un anno fa. Karyn Rispoli, analista senior del mercato delle uova presso Urner Barry, ha dichiarato alla Cnn che i prezzi all’ingrosso hanno iniziato a crollare alla fine di marzo. “Mentre il mercato delle uova nel 2022 è stato dominato dall’influenza aviaria, quest’anno il mercato è stato dominato dalla sua assenza“, ha sintetizzato Rispoli.

L’anno scorso, la peggiore influenza aviaria degli ultimi anni aveva decimato la popolazione di galline ovaiole degli Stati Uniti, riducendo così le scorte di uova. Inoltre, gli agricoltori erano alle prese con l’impennata dei costi di mangimi, gasolio e fertilizzanti. Cal-Maine Foods, il più grande produttore di uova negli Stati Uniti, aveva registrato una crescita degli utili di oltre il 700% nel trimestre conclusosi il 25 febbraio  per l’aumento dei prezzi delle uova. Alcuni politici statunitensi come la senatrice Elizabeth Warren avevano anche chiesto maggiore chiarezza sul motivo per cui i prezzi fossero diventati così alti, sollevando preoccupazioni su possibili truffe. Ma ora l’offerta è tornata in carreggiata. A inizio di dicembre, c’erano circa 308 milioni di galline che deponevano uova per il consumo, in calo rispetto ai circa 328 milioni di dicembre 2021, secondo il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti. Ma da allora il numero è cresciuto: ad aprile erano 314 milioni le ovaiole. E così ad aprile – ricorda Zerohedge – Cal-Maine Foods ha registrato il più grande calo azionario mensile dal 2008, per il crollo dei prezzi del pollame.

Non sembra però essere tornata in carreggiata la domanda, scottata appunto dai super rincari. Quando i prezzi stavano salendo, “tutti avevano una storia su cosa stavano facendo i prezzi delle uova“, ha detto sempre alla Cnn, Amy Smith, vicepresidente di Advanced Economic Solutions. Le uova sono diventate “il manifesto di quello che stava succedendo con l’inflazione“, ha aggiunto Smith. Nel mese scorso le vendite unitarie di uova negli Stati Uniti sono diminuite del 4% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

L’aviaria ha fatto danni anche in Italia. “Il 2022 è stato un anno difficile per il settore delle produzioni avicole. L’offerta nazionale di carne di pollame ha subito la flessione più pesante che si ricordi, scendendo al disotto di quella del 2021 di quasi il 12%, toccando il livello “minimo” degli ultimi dieci anni. Altrettanto è avvenuto – spiega Ismeaper le disponibilità di uova da consumo. Alla base dell’eccezionale calo del prodotto della macellazione nazionale, oltre al sostanzioso aumento dei costi legato alla particolare situazione geopolitica”, c’è appunto “un problema sanitario di importante dimensione”. Tuttavia, nel 2023 “la produzione dovrebbe infatti gradualmente riposizionarsi a livelli precrisi mentre è verosimile prevedere un’ulteriore graduale crescita dei consumi, sia di carne di pollame che di uova, che potrebbero tornare – e forse addirittura superare – i livelli precedenti”, conclude Ismea.

caro prezzi

In un anno volano prezzi patate, succo arancia e zucchero. Crollano gas, litio e legna

Un anno fa, a due mesi dallo scoppio della guerra in Ucraina, c’era il timore di imminenti attacchi chimici russi su Odessa e l’Onu chiedeva una tregua immediata a Mariupol. Il gas, che continuava ad arrivare in Europa dai gasdotti russi, era scambiato a 75 euro/Mwh, mentre il petrolio viaggiava spedito ben sopra i 100 dollari al barile. In Europa, poi, i tassi d’interesse erano a zero. Un anno dopo i prezzi energetici sono crollati, mentre hanno preso il volo le commodities agro-alimentari, con il costo del denaro che negli Usa è salito al 5% mentre da noi attualmente è al 3,5%.

Partendo proprio dall’energia colpisce il -20% delle quotazioni dei greggi, nonostante l’Opec+ abbia deciso di ridurre la produzione negli ultimi mesi anche con la domanda che invece dovrebbe arrivare al record storico nel 2023 sostenuta dalla riapertura della Cina dopo i blocchi legati al Covid. Il Ttf olandese invece, che ha fatto tremare l’Europa quando si inerpicò a 348 euro/Mwh, precipita di quasi il 60% perché il Vecchio Continente ha drasticamente ridotto (quasi 20%) il consumo di gas e si sta dotando di numerosi rigassificatori per non dipendere più dalla Russia eliminando dunque l’allarme sulla carenza di metano. Fra le principali commodities energetiche non ce n’è una che non costi meno rispetto a un anno fa.

Nel campo dei metalli troviamo l’oro che è salito oltre i 2000 dollari l’oncia, seguendo l’ipotesi di uno stop della politica restrittiva ad opera della Federal Reserve. Negli ultimi giorni il metallo giallo è sceso sotto quota 2000, rispetto a un anno fa tuttavia il prezzo è cresciuto del 4,5%. Più alto il rincaro dell’argento, utilizzato nel mondo industriale e nel campo della transizione energetica, ora superiore al 6%. Poi quasi tutti segni meno: -10,4% il rame e -64% il litio, due metalli molto richiesti per le auto elettriche che stentano a sbranare il mercato. Non a caso il platino, +20%, è richiesto per la sua funziona anti-emissioni nelle marmitte dei veicoli sempre meno inquinanti ma a motore endotermico. L’acciaio, infine, segna -25%.

Nel mondo agricolo ci sono i rialzi annuali maggiori: la patata, cresciuta di oltre il 70% tra deficit produttivi legati a rincari energetici e siccità, è la commodity che ha messo a segno il rialzo più alto tra tutte le commodities. Segue il succo d’arancia, +53%, lo zucchero (+31,8%) molto usato anche nella produzione di carburanti vegetali e il cacao col suo +31%. Male invece legno (meno 60%), latte (-23%) e burro (-34,5%) e perfino il grano (-38%) al centro di numerose trattative internazionali legate alla guerra russo-ucraina. Nel mondo alimentare colpisce il forte rialzo dei bovini vivi (+26,6%) e del salmone (+22%), mentre sono in netto calo le uova americane (-29%) e il pollame (-17%).

Sul fronte industriale sprofonda l’urea (-66%) in seguito alla diminuzione del prezzo del gas, mentre vola il molibdeno (+59%) per la forte domanda da parte della siderurgia cinese che ha creato un deficit di offerta. Giù anche il palladio (-26%) sempre più sostituito dal platino. In ribasso anche alluminio (-23%) e nichel (-26%), quest’ultimo frenato per ora dalla lentezza di diffusione delle auto elettriche.
Complessivamente, secondo PricePedia, l’indice totale commodity evidenzia una caduta dei prezzi annuale del 14%. E per il 2024 si prevede una diminuzione annua dei prezzi pari al -5%. In particolare quello delle materie prime energetiche registra una caduta del -21% e quello dei prezzi degli industriali segnala un -12 per cento.