Pil in calo, consumi nulli: ad agosto il ‘carrello dello spesa’ doppia l’inflazione generale

Il Pil italiano non si riprende, mentre a correre è il ‘carrello della spesa’. Ancora una volta, i dati Istat restituiscono la fotografia di un’Italia che arranca. La stima finale sul prodotto interno lordo conferma un -0,1% nel secondo trimestre 2025 (dal +0,3% di gennaio-marzo) nonostante un +0,4% annuale (da +0,7%) e una crescita acquisita dello 0,5%. Rispetto al trimestre precedente si registra una stabilità dei consumi finali nazionali e una crescita dell’1% degli investimenti fissi lordi. Le importazioni sono aumentate dello 0,4% trimestrale ma le esportazioni sono diminuite dell’1,7%. La lieve flessione del Pil, spiega la nota di aggiornamento Istat sui conti, è dovuta “a contributi nulli dei consumi delle famiglie e delle Isp (Istituzioni sociali private) e della spesa delle amministrazioni pubbliche, a contributi positivi degli investimenti per 0,2 punti percentuali e della variazione delle scorte per 0,4 punti, a fronte di un contributo negativo  della domanda estera netta per 0,7 punti”. Dal lato del valore aggiunto sono risultate in diminuzione sia l’agricoltura, silvicoltura e pesca dello 0,6% sia l’industria dello 0,3%, a fronte di una stazionarietà fatta registrare dai servizi.

Uno stallo, quello dei consumi, registrato nonostante l’inflazione sia sotto controllo da mesi e continua a non destare particolari preoccupazioni, tranne per il ‘carrello della spesa’, che cresce più del doppio della media dei prezzi. Secondo le stime preliminari, ad agosto l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività, al lordo dei tabacchi, registra una variazione del +0,1% su base mensile e del +1,6% su agosto 2024 (da +1,7% del mese precedente). Ad accelerare è la crescita su base annua dei prezzi del ‘carrello della spesa’: i beni alimentari, per la cura della casa e della persona mostrano balzano da +3,2% di luglio a +3,5%, così come, in modo più contenuto, i prodotti ad alta frequenza d’acquisto (da +2,3% a +2,4%). Anche l’inflazione di fondo, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, accelera leggermente, da +2% a +2,1%, così come quella al netto dei soli beni energetici (da +2,2% a +2,3%). Nel dettaglio, spiega Istat, l’indice generale dell’inflazione scende principalmente per effetto della flessione dei prezzi dei beni energetici (-4,4% da -3,4% di luglio) mentre accelerano invece i prezzi nel settore alimentare (+4% da +3,7%), che risentono dell’aumento del ritmo di crescita sia dei prezzi dei prodotti non lavorati (+5,6% da +5,1%) sia di quelli lavorati (+3% da +2,8%).

In allarme le associazioni di categoria e dei consumatori. Confcommercio spiega che “la conferma di una modesta contrazione del Pil nel secondo trimestre rende più complicato il raggiungimento di un tasso di crescita attorno allo 0,7-0,8% nella metrica dei dati grezzi. Ristagnano i consumi, in ragione della scarsa fiducia presso le famiglie“. In questo scenario congiunturale emerge “in termini molto favorevoli la dinamica del saldo turistico consumer che ha ritoccato al rialzo i precedenti record, rendendo possibile una proiezione a fine anno prossima ai 29 miliardi di euro, valore mai raggiunto in precedenza“. Proprio l’inflazione sui servizi legati al turismo, secondo il Codacons, rappresenta un’ulteriore nota dolente. Secondo l’associazione dei consumatori, i prezzi dei voli nazionali crescono del +23,5% su anno, le tariffe dei traghetti del +7,8%, i listini dei pacchetti vacanza nazionali del +10,4%, case vacanza, b&b e altre strutture ricettive del +6%, quelle dei servizi ricreativi e sportivi (lidi, piscine, palestre, ecc.) del +6,8%. Di “stangata” parla anche l’Unione nazionale dei consumatori (Unc), secondo cui l’Inflazione pari a +1,6% significa, per una coppia con due figli, un aumento del costo della vita pari a 611 euro su base annua, superiore a quella che si aveva in luglio, pari a 606 euro. Inoltre, ben 384 euro (a luglio erano 356 euro) se ne vanno solo per i prodotti alimentari e le bevande analcoliche e 403 euro per il carrello della spesa (un mese fa erano 376).

Più sfumata la lettura di Confesercenti: “Da un lato c’è un rallentamento dell’inflazione generale, che può offrire un po’ di respiro. Dall’altro, persistono tensioni sui beni essenziali – alimentari e spesa quotidiana – voci difficili da comprimere per le famiglie, soprattutto quelle con redditi più contenuti. Uno scenario, dunque, di estrema debolezza dei consumi delle famiglie, che nel secondo trimestre hanno segnato una crescita nulla rispetto al trimestre precedente. Al netto del contributo del turismo, la spesa delle famiglie sul territorio economico ha registrato un arretramento congiunturale dello 0,1%“.

rinnovabili

Calano consumi energia a luglio, 44% coperto da rinnovabili: +53,4% produzione eolico

Crescita a due cifre per la produzione di energia da eolico (+53,4%) e dal solare fotovoltaico (+17,8%), in Italia. Dati che spingono lo sfruttamento delle rinnovabili: a luglio le fonti pulite hanno coperto il 43,8% della domanda elettrica nazionale, la stessa quota del luglio 2024). Questa la fotografia di Terna relativa allo scorso mese e ai primi sette mesi dell’anno. In particolare, segnala la società che gestisce la rete nazionale di trasmissione dell’energia, l’incremento della produzione del fotovoltaico (+840 GWh) è dovuto al contributo positivo dell’aumento di capacità in esercizio (+873 GWh) che ha compensato il minor irraggiamento (-33 GWh). In diminuzione invece la fonte idrica (-30,4%), termica (-6,9%) e geotermica (-2,2%). Da gennaio a luglio, la capacità rinnovabile in esercizio è aumentata di 3.705 MW (di cui 3.354 MW di fotovoltaico), mentre negli ultimi dodici mesi, la capacità installata di fotovoltaico ed eolico è aumentata di 6.868 MW (+14,6%), raggiungendo i 53.781 MW complessivi. Al 31 luglio 2025, secondo il database di Terna, si registrano in Italia 17.132 MWh di capacità di accumulo (valore in aumento del 68,7% rispetto allo stesso mese del 2024), che corrispondono a 6.991 MW di potenza nominale, per circa 828.000 sistemi di accumulo.

Quanto ai consumi, nel mese di luglio il fabbisogno di energia elettrica in Italia è stato pari a 30 miliardi di kWh, in calo del 3,5% rispetto a luglio 2024. “La variazione negativa, che si confronta con il dato record di 31 TWh di luglio dello scorso anno (+4,6%), è stata raggiunta con lo stesso numero di giorni lavorativi (23) e una temperatura media mensile leggermente inferiore rispetto a luglio 2024 (-0,4°C)”, spiega la nota della società, ricordando che il picco massimo di domanda, pari a circa 56,2 GW, è stato registrato nella giornata di martedì 1 luglio tra le ore 14 e le 15. Il dato della domanda elettrica corretto dal solo effetto temperatura, porta la variazione a -2% rispetto a luglio 2024. A livello territoriale, la variazione tendenziale di luglio è risultata ovunque negativa: -3,7% al Nord e al Centro, -2,9% al Sud e nelle Isole. Nei primi sette mesi dell’anno, il fabbisogno nazionale è sostanzialmente stazionario (-0,3%) rispetto al corrispondente periodo del 2024 (-0,6% il valore rettificato). Lo scorso mese la domanda di energia elettrica italiana è stata soddisfatta per l’84,6% dalla produzione nazionale e per la quota restante (15,4%) dal saldo dell’energia scambiata con l’estero. Il valore del saldo estero mensile risulta pari a 4,6 TWh, l’8,1% in più rispetto a luglio 2024. A livello progressivo, da gennaio a luglio 2025, l’import netto è in diminuzione del 10% rispetto ai primi sette mesi del 2024.

L’indice Imcei (Indice Mensile dei Consumi Elettrici Industriali) elaborato da Terna, che prende in esame i consumi industriali delle imprese cosiddette ‘energivore’, ha fatto registrare una flessione del 2,1% rispetto a luglio 2024. In particolare, positivi i comparti di ceramiche e vetrarie, siderurgia, cemento calce e gesso e meccanica. In flessione, chimica, cartaria, metalli non ferrosi e alimentari; stazionari i mezzi di trasporto. In termini congiunturali, la variazione della richiesta elettrica destagionalizzata e corretta dagli effetti di calendario e temperatura è negativa (-4,8%) rispetto a giugno 2025. In diminuzione anche la variazione congiunturale dell’indice Imcei (-1,2%).

Confcommercio: “Nel 2025 crescita Pil +0,8%”. Meloni: “Vicini a chi crea ricchezza”

I fondamentali dell’economia italiana sono positivi. Nel 2024, rispetto al 2023, il reddito disponibile è cresciuto infatti dell’1,3% e i consumi dello 0,4%, mentre il mercato del lavoro nel 2025 risulta ai suoi massimi storici con gli occupati saliti a 24,2 milioni (+2,1 milioni rispetto al 2021) e i disoccupati scesi da 2,5 a 1,5 milioni. L’inflazione è calcolata in un +1,7% tendenziale, mentre il Pil italiano registra un +0,8% nel 2025 e un +0,9% nel 2026. A dirlo è l’Ufficio Studi di Confcommercio-Imprese per l’Italia nella sua analisi per l’economia italiana 2025-2026, diffusa in occasione dell’assemblea annuale della Confederazione oggi a Roma.

“L’incertezza globale – si legge nell’analisi – è cresciuta bruscamente per effetto delle politiche commerciali annunciate dagli Stati Uniti, alimentando timori di rallentamento dell’economia mondiale. Questo clima di instabilità può avere ripercussioni anche sull’Europa. Eppure, in questo scenario, l’Italia mostra segnali di stabilità: lo spread Btp-Bund si è ridotto grazie a una gestione prudente della finanza pubblica. Per quel che riguarda il mercato del lavoro, invece, nel 2025 i settori del commercio, della ristorazione e dell’alloggio non riusciranno a trovare circa 260mila lavoratori. Un dato in crescita rispetto al 2024 (+4%) “che rappresenta una vera e propria emergenza”.

L’analisi ha poi mostrato che esiste una contraddizione tra percezione e realtà: incertezza e fiducia in calo, ma in crescita le intenzioni di spesa (elettrodomestici, ristrutturazione abitazione, auto, arredamento) e quelle sulle vacanze estive (37,7% contro il 26,2% nel 2024). “Combinando la tenuta e i possibili effetti dei fondamentali economici con l’articolato e contraddittorio quadro che vede un calo della fiducia ma una crescita delle dichiarazioni d’acquisto – si legge ancora – sembra possibile ancora raggiungere l’obiettivo di crescita dei consumi reali pari all’1% nel 2025 e nel 2026″.

In un videomessaggio inviato all’Assemblea generale di Confcommercio, la premier Giorgia Meloni si è complimentata col mondo delle aziende del terziario, “motore dell’economia nazionale”: “Abbiamo creato le condizioni migliori per la crescita della competitività. Fin dal primo giorno a Palazzo Chigi ci siamo schierati al fianco di chi crea ricchezza e di chi crea occupazione”. E ancora: “Stiamo creando un ambiente favorevole per chi vuole investire in Italia e allo stesso tempo siamo impegnati per aiutare le nostre aziende a rafforzare l’export e la loro presenza sui mercati internazionali”. La premier snocciola dati: negli ultimi due anni e mezzo è stato creato quasi un milione di posti di lavoro, è stato raggiunto il record di numero di occupati e la disoccupazione è ai minimi da 18 anni a questa parte. Inoltre il precariato diminuisce e i contratti stabili aumentano. E per il futuro promette di abbassare le tasse per tutti, guardando “con un’attenzione particolare al ceto medio”. Ottimista il ministro delle imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, che riconosce il “momento difficile” causato da guerre e dazi. Eppure, “in questo mare in tempesta la nave Italia appare più sicura, stabile, consapevole, responsabile e capace di tenere il mare”.

Ad aprile ‘effetto Pasqua’ rilancia i consumi ma le vendite non alimentari restano ferme

I consumi in Italia registrano ad aprile un’accelerazione inattesa, spinta dall’effetto calendario legato alla Pasqua. Secondo i dati Istat, le vendite al dettaglio segnano un aumento mese su mese dello 0,7% in valore e dello 0,5% in volume, con una crescita trainata in particolare dai beni alimentari, che registrano un +1,3% in valore e un +0,9% in volume. Anche i beni non alimentari mostrano un lieve progresso, con un +0,2% in valore e +0,3% in volume.

Il raffronto su base annua restituisce uno scenario ancora più marcato: rispetto ad aprile 2024, le vendite crescono del 3,7% in valore e dell’1,9% in volume. Anche qui la spinta arriva quasi esclusivamente dal comparto alimentare, dove l’incremento raggiunge l’8,6% in valore e il 5,4% in volume, grazie agli acquisti legati alle festività pasquali, celebrate quest’anno ad aprile, a differenza del 2024, quando erano cadute a fine marzo. L’effetto stagionale ha quindi giocato un ruolo decisivo nel determinare il balzo dei consumi, come confermato dallo stesso Istat, che parla del più forte aumento tendenziale in valore dal giugno 2023. Tuttavia, la ripresa appare sbilanciata. Il settore non alimentare resta in difficoltà, segnando un calo dello 0,4% in valore e dello 0,8% in volume. Tra le categorie merceologiche, si salvano solo profumeria (+3,4%) e strumenti musicali e fotografici (+3,2%), mentre le flessioni più significative colpiscono calzature (-3,9%) e articoli sportivi (-3,5%).

La crescita beneficia della spinta della grande distribuzione, che registra un +6,8% in valore su base annua. Le piccole superfici avanzano invece di appena lo 0,9%, a conferma delle difficoltà strutturali che continuano a colpire il commercio di vicinato. Una tendenza che, secondo Confesercenti, ha ormai assunto carattere stabile: dal 2022 i piccoli negozi accumulano perdite superiori al 10% in termini di volumi. Anche il commercio elettronico non sfugge alla debolezza, con un -0,7%, mentre le vendite fuori dai negozi scendono dello 0,1%.

Le associazioni dei consumatori invitano dunque alla cautela nell’interpretazione dei dati. Il Codacons definisce il balzo di aprile una “illusione ottica” legata alla Pasqua, sottolineando che i consumi restano deboli nella media dei primi mesi dell’anno. Assoutenti avverte che, nei primi quattro mesi del 2025, le vendite alimentari crescono in valore dell’1,4%, ma crollano in volume dell’1,2%, segno che le famiglie acquistano meno pur spendendo di più, a causa dell’inflazione. Una famiglia con due figli, secondo le stime dell’associazione, ha dovuto tagliare la spesa per cibi e bevande di circa 110 euro annui, a parità di potere d’acquisto. Per cui se da un lato l’effetto Pasqua ha riportato momentaneamente in positivo le statistiche del commercio, dall’altro non si intravedono ancora segnali solidi di una ripresa strutturale. Il quadro resta fragile, aggravato dalla crisi dei prezzi e da un consumo delle famiglie ancora frenato.

A San Valentino cuori pieni e tasche vuote: rincari in tutti i settori, spesa media 2 miliardi

Amore, ma quanto mi costi? Quest’anno, più del solito. Fiori, cioccolato, cene, gioielli: i rincari non danno tregua neanche agli amanti più creativi. Complici le crisi geopolitiche e il riscaldamento globale, i prezzi sono schizzati alle stelle praticamente in tutti i settori.

Secondo un rapporto pubblicato ieri da Climate Central, nell’ultimo anno i cambiamenti climatici hanno costantemente spinto le temperature oltre la soglia critica per il cacao dell’Africa occidentale, compromettendo i raccolti in una regione che rifornisce il mondo di cioccolato. Le precipitazioni insolite provocano poi un aumento dei parassiti che sta compromettendo la produzione e portando a un aumento dei prezzi senza precedenti. E’ una corsa al rialzo che in Italia porta a un aumento del 9,2% su base annua, secondo l’Istat.

Non va meglio per il settore dei fiori, che nel Bel Paese pare sia ancora la scelta prediletta per oltre un innamorato su due, il 54% secondo Coldiretti. Il trend 2025 è quello di andare “a caccia” di varietà più originali per differenziarsi e stupire, con un occhio alla sostenibilità. Invece delle tradizionali rose, ci si orienta così verso ranuncoli, tulipani, gigli, garofani, gerbere. I bouquet Made in Italy possono durare qualche giorno in più, perché non devono affrontare i tempi di viaggio: “L’ideale è acquistare direttamente dal produttore o nei mercati contadini di Campagna Amica per essere sicuri di mettere nel vaso un prodotto nazionale al 100%, che sostiene i territori e rispetta l’ambiente e l’occupazione, oppure scegliere prodotti certificati italiani”, suggerisce Coldiretti.
Tra i doni più gettonati, ci sono appunto i dolciumi (28%), ma anche l’abbigliamento (12%) e i gioielli (6%).

La spesa complessiva per celebrare il 14 febbraio sarà molto più alta degli altri anni. Il record dei rincari spetta ai gioielli i cui prezzi, in base agli ultimi dati ufficiali dell’Istat, aumentano del 17,3% su base annua. Chi deciderà di trascorrere fuori casa la festa degli innamorati dovrà mettere in conto pacchetti vacanza con aumenti in media del 13,5%, voli internazionali che segnano un +4,6% (+3,3% i nazionali), alberghi più cari del 3%.
Per i ristoranti le tariffe salgono in media del +3,1%, con la spesa complessiva per le cene romantiche che si attesterà attorno ai 300 milioni di euro, mentre per fiori e piante prezzi su in media del 2,3%.

Tra regali, viaggi e cene al ristorante la spesa degli italiani supererà insomma quota 2 miliardi di euro, prevede il Codacons, con un incremento medio pro capite del +7,5% rispetto al 2024.

Il Natale non salva fiducia dei consumatori. Istat: Indice cala per terzo mese di fila

Il Natale non basta a sostenere l’indice di fiducia dei consumatori, che a dicembre 2024 cala, passando da 96,6 a 96,3 mentre sale quella delle imprese, da 93,2 a 95,3.
Un dato, quello delle imprese, che per l’Istat è trainato dal comparto dei servizi di mercato, dove si registra un generale miglioramento delle opinioni degli imprenditori, soprattutto rispetto al settore dell’informazione e comunicazione e a quello dei servizi alle imprese e altri servizi. L’indice di fiducia dei consumatori invece diminuisce per il terzo mese di fila, seguendo una dinamica negativa che, spiega l’istituto, “riflette un deterioramento delle attese sia sulla situazione economica generale (comprese le attese sulla disoccupazione) sia su quella personale; in peggioramento anche le opinioni sul bilancio familiare e quelle sull’opportunità di risparmiare nella fase attuale”.

“Una gelata sui consumi di Natale”, osserva Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori che, teme il rischio di festività “in bianco sul fronte delle spese”. La componente relativa alle opportunità di acquistare beni durevoli, ossia i beni che si comperano tipicamente a Natale, ha un rimbalzo ma, avverte Dona, “il recupero è talmente impercettibile, 0,3 punti, che dopo essere precipitata a novembre da -60,6 a -71, oltre 10 punti percentuali in meno, non può indurci all’ottimismo”.
Per il Codacons, la ragione è da ricercare nella legge di bilancio: “Le misure inserite dal governo non hanno pienamente convinto le famiglie, che evidenziano un generale pessimismo sul futuro della nostra economia”, commenta il presidente, Carlo Rienzi. Quello che manca in questo momento, sostiene, è un “impegno reale sul fronte dei prezzi, che dopo due anni di inflazione alle stelle continuano a salire in settori chiave come gli alimentari, e misure efficaci sul fronte della difesa del potere d’acquisto dei cittadini”.

Tra i consumatori, l’Istat evidenzia un peggioramento soprattutto delle attese sulla situazione economica del Paese e di quelle sulla disoccupazione, che si riflette in un calo del clima economico (da 97,8 a 96,1) e di quello futuro (da 93,8 a 93,3). Invece, il clima personale registra un lieve aumento (da 96,2 a 96,4) e il clima corrente rimane sostanzialmente stabile (da 98,7 a 98,6).

Con riferimento alle imprese, l’indice di fiducia diminuisce nell’industria (nella manifattura cala da 86,5 a 85,8 e nelle costruzioni flette da 101,5 a 100,9) mentre aumenta nei servizi, seppur con intensità diverse tra i comparti: in particolare, l’indice sale decisamente nei servizi di mercato (da 93,9 a 99,6) mentre nel commercio al dettaglio registra un incremento marginale (l’indice passa da 106,8 a 106,9).

Quanto alle componenti degli indici di fiducia del settore industriale, nella manifattura migliorano solo le attese di produzione e nelle costruzioni peggiorano entrambe le variabili. Passando al comparto dei servizi di mercato, si osserva un’evoluzione positiva di tutte le componenti dell’indicatore; invece, nel commercio al dettaglio i giudizi sulle vendite migliorano ma le scorte di magazzino sono giudicate in accumulo e le attese sulle vendite diminuiscono.

Ad agosto l’inflazione rallenta a +1,1%, beni energetici accentuano calo a -6,1%

Ad agosto, secondo le stime preliminari, l’inflazione rallenta, scendendo a +1,1% (dall’1,3% di luglio). La decelerazione si deve all’ampliarsi della flessione dei prezzi dei beni (da -0,1% a -0,5%), che si confronta con l’accelerazione della dinamica dei prezzi dei servizi (da +3,0% a +3,2%); il differenziale inflazionistico tra questi ultimi e i prezzi dei beni si porta dunque a +3,7 punti percentuali (dai +3,1 di luglio). Lo rileva l’Istat.

L’evoluzione dei prezzi dei beni riflette, in primo luogo, quella dei prezzi dei Beni energetici, che accentuano la loro discesa su base annua (da -4,0% a -6,1%; -0,6% sul mese), nonostante le spinte al rialzo registrate nel settore dei Beni energetici regolamentati. Più in dettaglio, nell’ambito dei Beni energetici non regolamentati (da -6,0% a -8,6%; -1,0% rispetto a luglio), pesa l’inversione di tendenza dei prezzi del Gasolio per mezzi di trasporto (da +3,1% a -5,8%; -2,2% il congiunturale), della Benzina (da +0,7% a -5,3; -1,9 da luglio) e del Gasolio per riscaldamento (da +3,1% a -5,6%; -2,6% da mese), solo in parte compensata dalla flessione meno marcata dei prezzi di Gas di città e gas naturale mercato libero (da -19,7% a -13,4%; -0,5% su base mensile) e di Energia elettrica mercato libero (da -18,2% a -17,4%; +0,6% da luglio).

Per quanto riguarda la componente regolamentata, l’accelerazione su base tendenziale dei prezzi (da +11,7% a +14,0%; +3,2% il congiunturale) è interamente condizionata dall’andamento di quelli del Gas di città e gas naturale mercato tutelato (da +32,4% a +36,3%; +5,3% da luglio), mentre i prezzi dell’Energia elettrica mercato tutelato restano stabili (a -9,7%; nullo il congiunturale).

I prezzi dei Beni alimentari nel complesso tendono ad accelerare lievemente (da +0,9% a +1,0%; +0,3% rispetto al mese precedente), mostrando andamenti contrapposti delle sue sotto-componenti: quella dei Beni alimentari lavorati è in moderata accelerazione (da +1,6% a +1,8%; +0,9% da luglio); quella dei Beni alimentari non lavorati, invece, amplia seppur di poco la sua flessione (da -0,4% a -0,5%; -0,6% su base mensile). In particolare, per la componente non lavorata, ampliano la flessione sia i prezzi di Frutta fresca e refrigerata (da -2,4% a -2,8%; -3,7% da luglio) sia quelli dei Vegetali freschi o refrigerati diversi dalle patate (da -3,3% a -3,9%; -0,4% il congiunturale).

Nel comparto dei servizi, il ritmo di crescita su base annua dei prezzi aumenta del 3,2% (da +3,0%; +0,4% sul mese). A un maggiore livello di dettaglio, accelerano i prezzi dei Servizi relativi ai trasporti (da +2,2% a +2,9%; +1,9% da luglio), a causa soprattutto degli andamenti dei prezzi del Trasporto aereo passeggeri (da -12,6% a -4,8%; +16,3% il congiunturale) e del Trasporto marittimo e per vie d’acqua interne (da -5,7% a -1,0%; +31,4% rispetto al mese precedente), connessi a fattori stagionali; di contro, decelerano seppur di poco i prezzi dei Servizi relativi all’abitazione (da +2,7% a +2,5%; +0,1% da mese).

L’impatto dell’evoluzione dei prezzi delle diverse tipologie di prodotto sul tasso di inflazione del mese di agosto è misurato dai contributi alla variazione tendenziale dell’indice generale dei prezzi al consumo.

agricoltura

I prezzi agricoli crollano ai livelli di 3 anni fa, ma gli alimentari costano il 23% in più

La speculazione esiste? Molti la evocano, pochi la misurano. Tuttavia, confrontando i dati diffusi dalla Fao oggi sui prezzi agricoli mondiali con i prezzi alimentari al consumo globali, non si può non notare che qualcosa non torna.

L’Indice Fao dei prezzi alimentari è sceso per il settimo mese consecutivo a 117,3 punti a febbraio, il livello più basso in tre anni, rispetto ai 118,2 rivisti al rialzo di gennaio. La diminuzione degli indici dei prezzi dei cereali e degli oli vegetali ha più che compensato gli aumenti di quelli dello zucchero, della carne e dei latticini. Negli ultimi tre anni l’indice PriceStats Daily World Food Inflation Index – realizzato da State Street – fa vedere invece che gli alimentari sono rincarati del 23%, passando da un punteggio di 133 del febbraio 2021 a quota 164 al termine dello scorso mese. Quello di State Street è un indice composito per Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Germania, Irlanda, Italia, Paesi Bassi, Nuova Zelanda, Spagna, Grecia, Canada, Australia, Giappone, Corea del Sud, Russia, Sud Africa, Brasile, Cile, Cina, Colombia, Uruguay, Turchia e Argentina. L’indice utilizza la componente alimentare e delle bevande analcoliche non destagionalizzata dell’inflazione di ciascun Paese, con ponderazioni basate sulla spesa per consumi finali delle famiglie del 2010, in dollari correnti, dalla Banca Mondiale.

Vedendo il grafico, il PriceStats Daily World Food Inflation Index, non sembra dare segni di inversione. Sale. Il contrario della traiettoria intrapresa dai prezzi agricoli globali. L’Indice Fao delle quotazioni cerealicole è diminuito del 5% a febbraio, raggiungendo un livello inferiore del 22,4% rispetto a quello di febbraio 2023. I prezzi all’esportazione del mais sono diminuiti maggiormente tra le aspettative di grandi raccolti in Sud America e i valori competitivi offerti dall’Ucraina, mentre quelli internazionali del grano sono diminuiti soprattutto grazie al forte ritmo delle esportazioni dalla Russia. Anche i prezzi internazionali del riso sono diminuiti dell’1,6% a febbraio. L’Indice Fao dei prezzi degli oli vegetali è calato invece dell’1,3% da gennaio, attestandosi all’11% al di sotto del valore di febbraio 2023. Quelli internazionali dell’olio di soia sono diminuiti notevolmente, sostenuti dalle prospettive di abbondanti produzioni di soia in Sud America, mentre le ampie disponibilità di esportazioni globali di oli di girasole e di colza hanno spinto i loro prezzi verso il basso. I prezzi mondiali dell’olio di palma sono aumentati marginalmente a febbraio a causa del calo stagionale della produzione.

L’indice Fao dei prezzi dello zucchero, al contrario, è aumentato del 3,2% a febbraio. L’aumento riflette le persistenti preoccupazioni sull’imminente produzione del Brasile dopo un periodo prolungato di precipitazioni inferiori alla media, nonché i previsti cali di produzione in Tailandia e India, due principali paesi esportatori. Anche l’indice dei prezzi della carne è aumentato dell’1,8% da gennaio, con le quotazioni della carne di pollame che sono aumentate maggiormente, seguite da quelle della carne bovina, colpite dalle forti piogge che hanno interrotto il trasporto del bestiame in Australia. Anche i prezzi della carne suina sono aumentati leggermente a causa della maggiore domanda da parte della Cina e della situazione di offerta limitata in Europa occidentale. I prezzi internazionali della carne ovina sono diminuiti in parte a causa della produzione record conseguente alla ricostituzione del gregge in Australia. In crescita anche l’Indice dei prezzi dei prodotti lattiero-caseari, aumentato dell’1,1%, guidato dalla maggiore domanda di importazioni di burro da parte degli acquirenti asiatici. Anche i prezzi del latte in polvere e del formaggio sono aumentati marginalmente.

Guardando avanti, la Fao ha pubblicato un nuovo Brief sull’offerta e la domanda di cereali, alzando leggermente le sue previsioni per la produzione totale mondiale di cereali nel 2023 a 2.840 milioni di tonnellate. Caleranno i prezzi al consumo?

bollette

INFOGRAFICA INTERATTIVA Energia, i consumi pro capite nel 2022 Paese per Paese

Nell’infografica INTERATTIVA di GEA, su dati di Ourworldindata, è rappresentata l’energia consumata nel 2022 pro capite per Paese. Muovendo il cursore sul planisfero si possono vedere i dati Stato per Stato. I più energivori sono i canadesi con oltre 102mila kWh consumati pro capite. Ogni italiano invece nel 2022 ha consumato in media 28.910 kWh.

INFOGRAFICA INTERATTIVA Commercio, a novembre vendite dettaglio +0,4% mensile e +1,5% su 2022

Nell’infografica interattiva di GEA, l’andamento dell’indice del commercio al dettaglio. L’Istat stima per novembre 2023 una crescita congiunturale dello 0,4% in valore su ottobre. Su base tendenziale, le vendite al dettaglio aumentano dell’1,5% in valore.