Schwarzenegger in Vaticano per conferenza sul clima: “Cattolici crociati dell’ambiente”

Repubblicano sì, ma sul fronte della lotta al cambiamento climatico Arnold Schwarzenegger è lontanissimo dalle posizioni di Donald Trump. Tanto che si dice “felicissimo” di partecipare, domani, al convegno con Papa Leone XIV a Castel Gandolfo dedicato ai dieci anni dalla Laudato Sì.

‘Raising Hope for Climate Justice‘ è il titolo del vertice convocato nelle ville pontificie dall’1 al 3 ottobre, “un momento importantissimo”, lo definisce l’ex governatore della California. Per raggiungere gli obiettivi climatici, Schwarzenegger fa un rapido conto dei cattolici nel mondo, 1,4 miliardi di persone, e li chiama “alle armi”: “Immaginate il potere comunicativo che si può sprigionare coinvolgendoli, ogni singola persona può essere un crociato dell’ambiente per ‘terminare’, uso questo termine, l’inquinamento“. Utilizza più volte il termine “terminate”, per giocare con il titolo della sua saga più celebre, Terminator. E chiede di mettere da parte una narrazione troppo scientifica del global warming: “L’inquinamento uccide 7 milioni di persone ogni anno, parliamo di questo, non delle calotte che si sciolgono. Stiamo uccidendo i bambini, gli esseri umani”, spiega durante la conferenza di presentazione del convegno, in Vaticano.

La chiave del contrasto al cambiamento climatico, per la stella di Hollywood, è l’azione, nonostante tutto. Anche contro un contesto ostile: “Ci dicevano che si poteva proteggere o l’economia o l’ambiente, in California abbiamo dimostrato il contrario”, rivendica. Quando era governatore, alla Casa Bianca c’era l’amministrazione Bush. “Il governo federale non aveva interesse ad aiutare lo Stato con le sue leggi a favore dell’ambiente – ricorda -. Avevamo bisogno di un permesso federale, ma siamo andati avanti comunque, abbiamo creato una legge dopo l’altra, quando il governo federale ci fermava adivamo alle vie legali, finché non li abbiamo battuti“. “Hasta la vista, baby”, scherza, riferendosi ancora Terminator. E a chi gli chiede un commento sulla posizione di Trump: “Mai arrendersi – insiste -, non usiamo il governo federale come scusa, non ci si ferma. Chiediamoci ‘io cosa posso fare?'”.

L’appello ai leader mondiali arriva da Jaime Spengler, arcivescovo di Porto Alegre e presidente della Conferenza Episcopale del Brasile e del Celam, che chiede alla Cop30 “decisioni coraggiose”, decisioni che gli statisti devono essere chiamati a costruire, “poiché la scienza mostra che il tempo stringe”, avverte. Decisioni necessarie, osserva, “affinché le future generazioni possano avere giorni migliori”. “Quando trattiamo dei cambiamenti climatici e della urgente e necessaria transizione energetica, non si può agire in maniera ‘romantica’. La crisi ecologica e il conseguente riscaldamento globale non possono essere trattati come una questione da discutere più avanti! Siamo al limite del possibile! Ancora un po’ e non avremo capacità di ritorno”, esorta.

Questa collaborazione senza precedenti tra organizzazioni cattoliche, in partnership con le principali voci di molte fedi e della società civile, arriva a un mese dalla Cop brasiliana. “Sappiamo che i leader non stanno compiendo progressi adeguati per salvaguardare il nostro clima per le generazioni future”, gli fa eco Lorna Gold, direttrice esecutiva del Movimento Laudato Si’, che si dice “scioccata” dalla mancanza di progressi significativi per abbandonare senza indugio i combustibili fossili. “Chiediamo a tutti i governi di pubblicare NDC ambiziosi e di impegnare le risorse finanziarie necessarie per invertire questa tendenza”, scandisce.

Mentre l’appello più drammatico arriva dal ministro dell’Ambiente di Tuvalu, in Oceania, una delle nazioni più vulnerabili al mondo rispetto al cambiamento climatico. “Ogni volta che c’è l’alta marea la nostra terra viene erosa, ogni ciclone rischia di farci scomparire”, racconta Maina Talia, ministro degli Affari Interni, dei Cambiamenti Climatici e dell’Ambiente, che parla di “una minaccia esistenziale attuale”. “I mari che innalzano il loro livello ci stanno inghiottendo”. Un grado e mezzo in più sui livelli pre-industriali, “non è un numero astratto, è la differenza tra la vita e la morte”, sostiene. “Stiamo annegando e la nostra sopravvivenza dipende dalla solidarietà globale. Chi ha responsabilità della crisi deve onorare il debito ecologico”, tuona il ministro che alla Cop30 domanda cronoprogrammi vincolanti per la fine dei combustibili fossili e un impegno per la deforestazione zero. E sulla migrazione climatica che il diritto internazionale garantisca la dignità dei migranti, “non solo il nostro spostamento fisico”.

Clima, in Ue non c’è l’accordo dei 27 sugli obiettivi al 2040. Decisione attesa per fine anno

L’Europa sta perdendo la sua leadership in materia di clima? Il blocco tra i 27 paesi membri sull’obiettivo di riduzione delle emissioni di gas serra nel 2040 persiste e rischia di non essere risolto prima della conferenza delle Nazioni Unite sul clima che si terrà a novembre in Brasile.
Venerdì a Bruxelles, un incontro tra diplomatici ha messo nuovamente in luce le divisioni tra gli europei. A questo punto, non esiste una chiara maggioranza all’interno dell’Unione europea a sostegno dell’obiettivo di riduzione del 90% delle emissioni di gas serra nel 2040 rispetto al 1990 proposto dalla Commissione.

Diversi paesi, tra cui Francia, Germania, Italia e Polonia, hanno chiesto di rinviare la discussione a un vertice tra capi di Stato e di governo nel mese di ottobre. La Danimarca, che detiene la presidenza di turno dell’Unione europea, sperava di raggiungere un compromesso già il 18 settembre durante una riunione dei ministri dell’ambiente. Ma i diplomatici danesi hanno dovuto fare marcia indietro, contro la loro volontà, e ora puntano a un accordo “entro la fine dell’anno”. La grande conferenza delle Nazioni Unite sul clima (COP30) è prevista dal 10 al 21 novembre a Belem, in Brasile. E martedì la Commissione europea si diceva ancora convinta che l’Unione avrebbe avuto entro quella data un “obiettivo ambizioso” da “portare sulla scena internazionale”. Questo calendario è ora a rischio.

Nei corridoi di Bruxelles, alcuni diplomatici evocano la possibilità che l’Unione europea si presenti a Belém con una forbice di riduzione delle emissioni di gas serra, ma senza una cifra definitiva. In nome della difesa della loro industria, Stati come l’Ungheria, la Polonia e la Repubblica Ceca hanno ripetutamente ribadito la loro opposizione alla riduzione del 90% raccomandata dalla Commissione. All’inizio di luglio Bruxelles ha introdotto delle “flessibilità” nel metodo di calcolo: la possibilità di acquisire crediti di carbonio internazionali, pari al 3% del totale, che finanzierebbero progetti al di fuori dell’Europa. Ma questa concessione non è stata sufficiente a convincerli.

Da parte sua, la Francia ha mantenuto una posizione ambigua, criticando il metodo della Commissione e chiedendo garanzie sulla difesa del nucleare o sul finanziamento delle “industrie pulite”. Dal punto di vista dei suoi obblighi internazionali, Parigi sottolinea che l’Ue deve solo presentare un percorso per il 2035 – e non per il 2040 – alla COP30 e chiede di separare le due discussioni.

Se l’obiettivo climatico 2040 fosse sottoposto a votazione a livello di capi di Stato e di governo, sarebbe necessaria l’unanimità, molto difficile da raggiungere. Una votazione a livello di ministri dell’ambiente richiede invece solo una maggioranza qualificata. Alle Nazioni Unite si teme che l’Ue perda l’effetto trainante che ha avuto finora sulle questioni ambientali. “Tutti sanno perfettamente che rimaniamo tra i più ambiziosi in materia di azione per il clima”, ha risposto all’AFP il commissario europeo Wopke Hoekstra.

Mattarella in Brasile per rilanciare storico legame. Sguardo rivolto anche a Cop30

Un viaggio atteso ventiquattro anni. Tanto è passato dall’ultima volta che un presidente della Repubblica ha messo piede in Brasile, Paese storicamente amico dell’Italia, con importanti rapporti sia commerciali che diplomatici. L’ultimo fu Carlo Azeglio Ciampi, nel maggio del 2000. Ora sarà Sergio Mattarella ad accorciare le distanze con la nazione sudamericana guidata da Luiz Inàcio Lula da Silva. Il capo dello Stato, dal 14 al 20 luglio prossimi, toccherà cinque tappe: Brasilia, la capitale, Porto Alegre, poi San Paolo, Rio de Janeiro e Salvador.

Sarà un viaggio molto intenso e ricco di significato, anche per la storica coincidenza della Presidenza del G7 al nostro Paese e quella del G20 al Brasile. Non a caso Lula ha partecipato all’incontro dei Leader organizzato dalla premier, Giorgia Meloni, a Borgo Egnazia lo scorso mese di giugno. Senza dimenticare che il prossimo anno la Cop30 si svolgerà a Belem, nello Stato del Para, dunque in pieno territorio amazzonico: su questo appuntamento sono riposte molte delle speranze dei Paesi membri che possano arrivare quelle risposte all’emergenza climatica che, stando ai sentimenti della vigilia, difficilmente si potranno attendere alla prossima Conferenza di Baku, in Azerbaijan, in prossima a novembre. Il Brasile, come noto, è decisamente sensibile all’argomento, che resta uno dei cavalli di battaglia dell’attuale Presidenza. Così come la sicurezza alimentare, con il piano ‘Fame zero’ rilanciato da Lula dopo la vittoria alle elezioni presidenziali.

Non è escluso che si parli degli accordi con l’Unione europea, ancora senza conclusione per questioni tecniche non definite, ma che in prospettiva avrebbero una portata enorme dal punto di vista economico. Addirittura, è stato calcolato che sarebbero i più fruttuosi tra tutti quelli firmati dall’Ue. Con ricadute molto positive, ovviamente, anche sull’Italia in quasi tutti i settori, incluso quello agricolo e agroalimentare.

Anche per questi motivi il viaggio di Mattarella (che sarà accompagnato dal viceministro degli Esteri, Edmondo Cirielli) assume un’importanza particolare. Il capo dello Stato, che ha già visitato negli anni scorsi Argentina, Uruguay e Messico poi lo scorso anno Cile e Paraguay, con il Brasile allargherà e implementerà l’opera di valorizzazione del nostro ruolo in Sudamerica. Ed è anche il Paese che ha il legame più forte con il nostro, grazie alla presenza di una comunità molto nutrita di italiani, circa 750mila iscritti all’Aire, ma addirittura venti o trenta milioni di discendenti. Questo viaggio sarà anche l’occasione per siglare alcuni accordi. Al momento dovrebbero essere cinque, di natura prettamente tecnica. Uno riguarda il reciproco riconoscimento delle patenti di guida, altri tre più scientifica e non di carattere istituzionali, due dei quali siglati dall’università di Torino, uno con la scuola di Medicina dello stato di San Paolo e l’altro con l’Embrapa, l’ente brasiliano che si occupa di ricerca in campo agricolo. Ancora, una quinta intesa riguarda la collaborazione tra l’Istituto di fisica di Trieste e il ministero della Scienza e tecnologia del Brasile. Non è escluso che possano aggiungersene altri, se verranno chiusi in tempo i dettagli.

Sono tanti i temi che verranno toccati durante la settimana, che inizierà da Brasilia dove, lunedì 15 luglio, già in mattinata Mattarella incontrerà Lula al Palácio do Planalto: dopo i colloqui ufficiali, è in programma anche una colazione di lavoro al Palácio Itamaraty, sede del governo federale. Nel pomeriggio il presidente della Repubblica sarà al Palazzo del Congresso nazionale brasiliano, dove vedrà il presidente, Rodrigo Pacheco, prima di visitare la mostra ‘Oltreoceano’, allestita con opere di artisti italo-brasiliani per celebrare i 150 anni dell’immigrazione italiana in Brasile, calcolata simbolicamente dall’attracco della nave ‘La Sofia’ (partita da Genova) nel porto di Vitòria nel 1874. In serata l’incontro con una rappresentanza della collettività italiana.

Lasciata Brasilia, martedì 16 luglio Mattarella ha in programma una tappa dal significato molto intenso. Perché sarà a Porto Alegre, dove visiterà una delle zone più colpite dalle alluvioni del maggio scorso che hanno flagellato il Rio Grande do Sul, toccando quasi 500 comuni con una densità di popolazione di oltre venti milioni di persone e causando oltre 150 morti e centinaia di dispersi. L’Italia sin dai primi momenti è stata in prima fila al fianco delle comunità, inviando aiuti umanitari come farmaci e presidi sanitari, generatori di corrente, potabilizzatori di acqua e oltre 30 tonnellate di beni alimentari. I segni della furia delle piogge sono ancora visibili, al punto che le operazioni di atterraggio e spostamento non saranno facili, visto che è ancora inagibile la gran parte delle infrastrutture locali. Nel Rio Grande do Sul, il capo dello Stato avrà modo di incontrare anche una parte della collettività italiana residente.

Nel pomeriggio, poi, è previsto lo spostamento a San Paolo, la città dove la presenza di nostri connazionali o discendenti è molto forte, ma soprattutto cuore pulsante dell’economia brasiliana. Con il Brasile il legame è storico non solo dal punto di vista culturale, perché il volume di interscambio commerciale si aggira attorno ai 10 miliardi di euro l’anno, con ottime potenzialità di crescita nel prossimo futuro, anche se da quel punto di vista il primo partner per i brasiliani resta la Cina. Nel Paese sudamericano c’è una forte presenza di alcune tra le grandi aziende come Enel, Tim, Pirelli, Saipem, Stellantis con gli stabilimenti di Belo Horizonte. Nella mattinata di mercoledì 17 luglio Mattarella visiterà prima il Museo dell’Immigrazione e successivamente l’Arsenale della Speranza gestito dal Sermig. Nel pomeriggio sarà a Edificio Italia, sede del Circolo italiano di San Paolo.

In serata, poi, il trasferimento a Rio de Janeiro, dove il giorno, giovedì 18 luglio, interverrà al Cebri, il Centro brasiliano per le relazioni internazionali, con un discorso sul ‘Dialogo inclusivo per uno scenario internazionale in evoluzione. Partenariati e prospettive a livello bilaterale, regionale e globale’. Il tema è primaria importanza, non solo per il dibattito aperto da tempo sulla visione di un mondo diviso tra Nord e Sud, in cui il Brasile (che nel 2025 presiederà i Brics) spesso ha mostrato posizioni divergenti dall’Europa e dall’Occidente, anche se la consapevolezza è che serva uno sguardo lungo e comune per affrontare vecchie e nuove sfide globali. L’appuntamento al Cebri sarà interessante anche per le modalità operative, che saranno parzialmente interattive, con una sessione di interventi dal pubblico e di commenti su tematiche molto ampie, circa la necessità di un dialogo inclusivo, multilaterale, in uno scenario mondiale caratterizzato, però, dalla frammentazione. Concetti già espressi anche da Mattarella.

Ultima tappa del viaggio sarà venerdì 19 luglio a Salvador, con la visita del Cristo Redentore e in tarda mattinata l’incontro con la comunità francescana di Betania. Nel pomeriggio Mattarella vedrà anche una rappresentanza della comunità italiana, poi il giorno dopo, il 20 luglio, il rientro in Italia.