La skincare diventa (davvero) green: maschere in tessuto a secco per salvare l’ambiente

Gli appassionati di beauty con l’animo green non possono non essersi mai posti il problema: le maschere monouso in tessuto, tanto amate nella skincare coreana, che impatto hanno sull’ambiente? E in che modo è possibile continuare a prendersi cura di sé senza distruggere il pianeta? L’American Chimical Society ha provato a dare una risposta e a sperimentare un prodotto alternativo, dalla stessa efficacia, ma ecofriendly. Le tradizionali maschere sono imbevute di prodotto (idratante, nutriente, schiarente, assorbente, ecc..) e confezionate singolarmente in buste di plastica a tenuta stagna. Anche il materiale di cui sono composte contiene microplastiche e conservanti. In uno studio pubblicato su ACS Applied Materials & Interfaces è stato, invece, presentato un prodotto idratante per il viso confezionato a secco con materiali biobased e sostenibili, che può essere attivato successivamente per rilasciare sostanze idratanti e nutrienti.

I ricercatori hanno sviluppato, quindi, una maschera con un foglio di acido polilattico (PLA) di origine vegetale, in grado di respingere l’acqua, e lo hanno rivestito con uno strato di gelatina mescolato con acido ialuronico ed estratto di tè verde. Hanno poi testato la capacità delle maschere di trasferire l’umidità scoprendo che le gocce d’acqua non passavano attraverso le maschere senza contatto con la pelle, indipendentemente dal lato su cui venivano posizionate.

Una volta sul viso, il contatto ha avviato il trasporto unidirezionale dell’acqua dal PLA alla gelatina alla pelle, ma solo per le maschere rivestite con microsfere a base di gelatina. Posizionare la maschera sulla pelle inumidita, invece che asciutta, ha migliorato il trasporto dell’acqua attraverso la maschera.

Infine, il team ha studiato l’impatto degli ingredienti del prodotto sulle cellule di topo, come proxy delle reazioni sulla pelle. Meno cellule hanno mostrato segnali di invecchiamento quando sono state coltivate con la maschera rispetto a quelle coltivate in condizioni di controllo; i ricercatori attribuiscono questo risultato alle proprietà antiossidanti degli estratti di tè verde. Secondo il team, le proprietà benefiche degli ingredienti naturali e il design a rilascio unidirezionale dell’idratazione rendono questa maschera un’alternativa promettente con un minore impatto ambientale rispetto ai prodotti tradizionali confezionati in umido.

Sostenibile, naturale, ecobio: chi decide se un cosmetico è green?

Si fa presto a dire bio. E altrettanto in fretta a discutere di sostenibilità. Ma quando si parla di cosmetici, come facciamo a essere sicuri che un prodotto sia davvero rispettoso dell’ambiente e del pianeta? Semplice, non lo sappiamo. O meglio, dobbiamo fidarci: della lista degli ingredienti, degli esperti della materia, dell’azienda che lo produce e della giungla di certificazioni che – ahinoi – non seguono standard univoci.

Ma facciamo un passo indietro. Ipotizziamo di voler lanciare sul mercato la nostra nuova linea di cosmetici. Abbiamo tutto ciò che ci serve, autorizzazioni comprese. La filiera dei nostri prodotti è, secondo gli standard che abbiamo a disposizione, sostenibile. Poche emissioni di CO2, packaging riciclato, materie prime provenienti da agricoltura biologica. La lista degli ingredienti – il cosiddetto Inci (International Nomenclature of Cosmetic Ingredients) – ha superato la prova dell’EcoBiocontrol, cioè la ‘bibbia’ per gli appassionati della cosmesi bio e magari abbiamo scelto fornitori locali a km0. Siamo persino diventati soci di Cosmetica Italia, l’associazione di categoria appartenente a Confindustria, che riunisce le aziende cosmetiche. Insomma, siamo pronti a dire al mondo che ci siamo e che siamo sostenibili e naturali. E ora?

Nessun ente governativo, nazionale o europeo, potrà mettere un ‘bollino’ green ai nostri prodotti, perché il Regolamento Ue 1223 del 2009 – che rappresenta lo strumento giuridico in materia di cosmetici a cui devono attenersi tutte le aziende del settore – non prevede una classificazione in questo senso. Il testo norma la sicurezza d’uso dei prodotti e delle materie prime, ma non distingue tra cosmetici naturali e cosmetici che non lo sono. “Una nostra commissione interna – dice a GEA Gian Andrea Positano, responsabile del Centro Studi di Cosmetica Italiaha definito un perimetro di classificazione di questi prodotti, distinguendo tra cosmetici a connotazione naturale e cosmetici sostenibili, che spesso si sovrappongono, ma questa distinzione serve a contestualizzare i dati (di produzione e di mercato) in termini comunicazionali e di marketing, ovviando a qualsiasi forma di definizione cogente a livello normativo”.

All’interno di questo perimetro i cosmetici a connotazione naturale sono caratterizzati da elementi grafici o testuali (claim) che comunicano la presenza di un alto numero di ingredienti biologici o di origine naturale. Quelli definiti sostenibili, invece, comunicano la loro connotazione di sostenibilità ambientale/green in ambiti che possono riguardare tutto il suo ciclo di vita o le politiche corporate dell’impresa verso la sostenibilità (ambientale, sociale, economica).

E allora come facciamo a raccontare al mondo che i nostri prodotti sono green? La prima strada è quella di comunicarlo attraverso azioni di marketing – spiegando chi siamo, cosa facciamo e perché lo facciamo – provando a conquistare la fiducia dei consumatori grazie alla nostra promessa. Sarà poi il mercato a dirci se abbiamo raggiunto lo scopo.

La seconda strada è quella delle certificazioni che, però, come detto, vengono fornite solo da organismi privati specializzati. Ad esempio, possiamo comunicare la conformità allo standard internazionale ISO 16128 – cioè la validazione del calcolo degli indici di naturalità e biologicità di cosmetici e dei loro ingredienti in base – attribuita da CCPB, che la Commissione Europea ha riconosciuto come organismo di certificazione equivalente in numerosi Paesi nel mondo, ma in Italia no.

Oppure, possiamo affidarci a una delle principali certificazioni private di bio cosmesi europee ed italiane. Intanto, però, è necessario chiarire un aspetto fondamentale: “non potrà mai essere messo sul mercato – dice Positano – un prodotto che non ha la garanzia di essere sicuro per i consumatori. Per esserlo potrebbe contenere sostanze chimiche di sintesi, come ad esempio conservanti”. Chimico, però, non significa ‘non naturale’, anche se nella narrazione, soprattutto online, spesso si fa confusione. Una sostanza di sintesi, inoltre, può risultare innocua per la salute e per l’ambiente, indipendentemente dalla sua origine. Così, ad esempio, in una crema possiamo trovare l’alcool cetilstearilico, che dal nome pare tutto fuorché naturale, invece è di origine vegetale e magari deriva anche da agricoltura biologica.

Il fatto stesso che ci siano molti enti di certificazione e molti metodi per farlo, perché ciascuno usa parametri diversi – spiega Positano – è la dimostrazione che non esiste un cosmetico naturale tout court, altrimenti ci sarebbe un regolamento in materia. Si tratta di classificazioni di marketing”. Che, però, considerando che il mercato dei cosmetici naturali o sostenibili ha raggiunto i 2,6 miliardi di euro nel 2021, evidentemente funzionano.

E se volessimo certificare la sostenibilità dei nostri prodotti, cosa dovremmo fare? Potremmo, ad esempio, provare a ottenere il bollino del Sistema Gestione Ambientale, che indica l’impegno dell’impresa nella salvaguardia dell’ambiente, nell’utilizzo consapevole delle risorse naturali e nella prevenzione dell’inquinamento, in modo coerente con le necessità del contesto socio-economico di riferimento, nel pieno rispetto delle normative ambientali cogenti e volontarie applicabili.

Ma le certificazioni davvero garantiscono la sostenibilità di tutta la filiera? “No, non riescono a farlo, magari riuscissero”, spiega il chimico Fabrizio Zago, creatore dell’EcoBiocontrol. “Ci sono degli enti di certificazione più o meno seri – spiega – che la vedono in maniera olistica. Il migliore si chiama Eu-Ecolabel. È l’unico sistema di certificazione che guarda a 360 gradi la provenienza e dà un giudizio di sostenibilità complessivo”.

Ovviamente far certificare i prodotti costa e molte aziende, racconta il responsabile del Centro studi di Cosmetica Italia “scelgono di non farlo, non solo per ragioni economiche, ma anche per una propria strategia di marketing”: come si diceva, preferiscono ‘raccontare’ i loro prodotti, senza la necessità di avere un ente terzo che dica quanto siano buoni e giusti.

Un capitolo a parte merita la questione della sperimentazione sugli animali. “In Europa i test animali sono assolutamente vietati sia sui prodotti cosmetici sia sui loro ingredienti””, dice Positano. Ma – e qui nasce l’ennesima incongruenza – per esportare in alcuni Paesi extra Ue (come la Cina) i cosmetici prodotti in Europa è necessario dimostrare che siano stati testati sugli animali.

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Agli italiani piace green: nel 2021 hanno speso 2,6 mld in cosmetici naturali

Oltre 10 miliardi di euro. È quanto hanno speso nel 2021 gli italiani per acquistare prodotti cosmetici, circa l’8,8% in più rispetto all’anno precedente, facendo salire l’Italia al terzo posto del podio europeo, dopo Germania e Francia. Ma crescono anche la produzione (+10%), che supera gli 11,8 miliardi di euro, l’export (+14%) e la bilancia commerciale, che scavalca i 2,7 miliardi euro. I dati sono contenuti nel rapporto annuale del centro studi di Cosmetica Italia, la ‘voce’ dell’industria cosmetica nazionale. Dalle multinazionali alle piccole e medie realtà produttive e distributive collocate sull’intero territorio nazionale, l’associazione conta oggi tra le sue fila oltre 630 aziende. I dati “confermano la salute di un comparto che ha ribadito la sua capacità non solo di resilienza alla crisi economica, ma soprattutto di reattività e di adeguamento alle nuove prospettive di acquisto da parte dei consumatori sia italiani che esteri”.

In questo quadro di crescita, una spinta forte arriva anche dal mondo dei cosmetici ‘green’, anche se la definizione corretta, come ricorda Cosmetica Italia, è quella di cosmetici a connotazione naturale/biologici e cosmetici sostenibili. Nel primo gruppo rientrano i prodotti che indicano la presenza di un alto numero di ingredienti biologici o di origine naturale; nel secondo, invece, quelli che comunicano la loro connotazione di sostenibilità ambientale/green in ambiti che possono riguardare tutto il suo ciclo di vita o le politiche corporate dell’impresa verso la sostenibilità. Complessivamente queste due categorie insieme nel 2021 hanno generato un mercato pari a 2,6 miliardi di euro, facendo registrare un aumento del 12,6% rispetto al 2019, anche se i consumatori italiani hanno preferito quelli sostenibili (1,49 miliardi di euro, +16,4% sul 2019) a quelli a connotazione naturale/biologici (1,15 miliardi di euro, +8,1% sul 2019). “Sicuramente – spiega Cosmetica Italia – la curva matura della naturalità ha saturato il mercato, mentre il tema legato alla sostenibilità ha ancora ampi margini di crescita in termini di narrazione e coinvolgimento attivo dei consumatori”.

Come ricorda a GEA Gian Andrea Positano, responsabile del Centro studi Cosmetica Italia, inoltre, “nel 2021 nel mondo sono stati lanciati circa 94.000 nuovi cosmetici. Di questi, il 44% è rappresentato da quelli a connotazione naturale e il 56% da quelli a connotazione sostenibile”. In Italia i nuovi lanci sono stati 1800: il 42% riguarda prodotti naturali, il 58% quelli sostenibili.