Musumeci: “In arrivo codice nazionale Ricostruzioni ma fondamentale fare prevenzione”

Con i cambiamenti climatici, le calamità naturali sono sempre più frequenti e le ricostruzioni ancora troppo lente e costose. Per questo Nello Musumeci è al lavoro su un codice delle ricostruzioni omogeneo e più efficace, valido per l’intero territorio nazionale e per ogni tipo di calamità.

Al Commissario straordinario spetterà la competenza della ricostruzione, insieme alla Regione interessata e agli Enti locali, ma “fissando tempi precisi“, spiega il ministro.
Accanto alla regolazione della fase di ricostruzione, mette in chiaro Musumeci, serve fare prevenzione: “Solo negli ultimi 40 anni abbiamo speso più di 200 miliardi di euro per ricostruire, quando ne sarebbero bastati la metà per poter mettere in sicurezza quei territori“, osserva.

Il provvedimento è alla fase finale. “Penso che due, tre mesi potrebbero bastare. Rispetto agli 80 anni trascorsi – rivendica Musumeci – è un tempo assolutamente breve e ragionevole“. Il limite temporale massimo per ricostruire è fissato in dieci anni.

Ciò che i privati cittadini saranno chiamati a fare a breve è assicurare obbligatoriamente i propri beni contro le calamità naturali, cosa al momento obbligatoria solo per le imprese. “Il cittadino è convinto che lo Stato sia un erogatore di beni e servizi. Ma lo Stato non è più in grado di sostenere un costo così rilevante, costante e destinato a crescere“, ribadisce il ministro. “La disciplina che proponiamo è omogenea e definisce la fine e l’inizio dei diversi stadi delle crisi”, afferma, ricordando che dopo ogni evento calamitoso “si sono susseguite discipline poco organiche e frammentarie, differenziate per territori“.

Una delle prossime mosse sarà, anticipa, aprire un tavolo fiumi tombati. “Nessuno ne parla, ma sono una delle cause principali dei disastri nei centri urbani. Iniziamo a fare un’analisi, un censimento serio, e cerchiamo di capire quanti di questi corsi d’acqua possano essere liberati per evitare nuovi disastri“, afferma, dicendosi pronto a pagarne le conseguenze in termini di consenso, perché “il diritto alla vita non è negoziabile, è fisiologico e abbiamo il dovere di garantirlo, costi quel che costi“.

L’iniziativa incassa l’appoggio delle Regioni: “La vicinanza al territorio è fondamentale”, sottolinea il presidente della conferenza Massimiliano Fedriga, ricordando il terremoto del 1976 in Friuli Venezia Giulia, che “rappresentò un modello di collaborazione istituzionale e di fattivo riscatto”. Funzionò perché la gestione dell’emergenza coinvolse, anche in fase di ricostruzione, tutti i livelli istituzionali, chi conosceva il territorio e le sue risorse. Rappresentò, sostiene il governatore del Friuli Venezia Giulia, “un modello per l’attuale sistema di protezione civile su base regionale, dal decentramento degli interventi alla collaborazione tra tutti livelli di Governo“.

Oggi abbiamo un’opportunità formidabile“, rileva il capo della protezione civile, Fabrizio Curcio: un disegno di legge sulla ricostruzione che è in lavorazione e un ddl, nella semplificazione normativa, che dà la delega al governo per modificare alcuni temi in materia di codice di protezione civile. “Quindi siamo veramente nel momento migliore: c’è una modifica in atto sulla ricostruzione, una modifica in atto sulla protezione civile, stanno per metterle insieme“. E’ indispensabile, ripete, perché i cambiamenti climatici “è evidente che ci proiettino verso una gestione emergenziale molto diversa da quella fatta finora e automaticamente anche per una gestione di ricostruzione“.

Protezione civile pronta alla campagna per la prevenzione incendi

Un “nemico subdolo“. Così il ministro per la Protezione civile e le Politiche del mare, Nello Musumeci, definisce gli incendi estivi.

Dal 15 giugno al 30 settembre dello scorso anno, sono state 1.102 le richieste di concorso aereo alla protezione civile, per 5.849 ore di volo e 30.994 lanci con oltre 176 milioni di litri di estinguente.

Oggi a Roma il ministro convoca la prima riunione preliminare in vista dell’imminente campagna estiva. “Solo con un’attenta prevenzione e facendo rete fra tutti i soggetti, pubblici e privati, potremo riuscire a neutralizzarne gli effetti devastanti“, osserva. All’incontro partecipano il sottosegretario all’Interno Emanuele Prisco, il capo dipartimento Fabrizio Curcio, il capo dipartimento dei vigili del fuoco Laura Lega, il comandante del corpo nazionale dei vigili del fuoco Guido Parisi, il generale Giuseppe De Riggi del comando dei carabinieri forestali, con gli assessori alla Protezione civile di tutte le Regioni.

Sul tavolo, i Piani comunali per gli Incendi di interfaccia, i presidi rurali, la necessità di dotare alcune aree di elisuperfici, la campagna comunicativa di prevenzione, la distribuzione sul territorio della flotta aerea, la sensibilizzazione dei ragazzi nei Campi scuola.

Secondo i dati Effis (European Forest Fire Information System), nel 2021 quasi 160mila ettari di superfici boscate e non boscate italiane sono stati devastati dalle fiamme. Un dato “sicuramente sottostimato, visto che il sistema di monitoraggio europeo prende in considerazione solo gli incendi che hanno interessato una superficie non inferiore ai 30 ettari“, rileva Legambiente. L’area mediterranea è particolarmente sensibile ai mutamenti climatici. L’aumento delle temperature e la diminuzione delle precipitazioni amplificheranno la vulnerabilità del territorio rispetto al rischio di incendi boschivi. Lo scenario al 2050 prevede un allungamento della stagione degli incendi del 11% e un aumento delle giornate con pericolosità estrema di circa il 46% rispetto allo storico.

La lotta agli incendi boschivi “richiede territori pronti ad affrontarla, lavoro sinergico tra le autorità locali e le Strutture Operative del Servizio nazionale della Protezione civile, cittadini informati e responsabili nei comportamenti“, spiega Curcio. “Per questo siamo al lavoro, con tutti i nostri partner, per una campagna antincendi boschivi che purtroppo anche quest’anno sarà caratterizzata da una marcata siccità“, avverte. Per questo, l’appello di Musumeci è a un “maggiore senso di responsabilità da parte di tutti: più uomini in divisa sul territorio per scoraggiare i piromani, il rispetto della effettività della pena a carico degli incendiari condannati, solerzia dei proprietari nel realizzare i ‘viali tagliafuoco’ nei loro fondi agricoli (coltivati o meno), allertamento dei sindaci, motivazione dei volontari e aggiornamento da parte delle Regioni della mappa dei punti di approvvigionamento d’acqua nelle aree rurali per i velivoli anfibi. Prepariamoci – avverte – a una stagione impegnativa per tutti!”.

Mario Draghi a Canazei

Marmolada, vittime e feriti. Draghi: Intervenire perché non riaccada

Una tragedia umana indicibile, che porta con sé anche tutto il dramma di un cambiamento climatico in atto che sembra non lasciare scampo. Il crollo di un enorme seracco dal ghiacciaio della Marmolada ha causato almeno sette vittime (di cui tre identificate), otto feriti di cui due in condizioni delicate e 13 dispersi. Un blocco di detriti e ghiaccio lungo 200 metri, largo 60 e spesso 30 metri: “Praticamente due campi da calcio spessi 30 metri”, ha precisato il governatore del Veneto Luca Zaia. Un disastro annunciato, secondo il Wwf che spiega come “era prevedibile”, visto che “quanto accaduto corrisponde agli scenari e agli avvertimenti che climatologi e glaciologi diffondono da anni”. I dati e le analisi, per l’associazione, sono “disponibili da tempo: è l’azione che manca”. E quell’azione diventa ogni giorno di più una corsa contro il tempo, visto che “la montagna sta collassando e sta diventando sempre più fragile”, rimarca Legambiente. Che tramite le parole del suo presidente, Stefano Ciafani, invita l’Italia a “accelerare il passo sulle politiche climatiche dove è in forte ritardo, approvando al più presto l’aggiornamento del piano nazionale integrato energia e clima agli obiettivi del Repower Eu e un piano di adattamento al clima”.

Il cordoglio per il disastro è condiviso. Dal Parlamento Ue, la cui plenaria a Strasburgo in apertura osserva un minuto di silenzio, fino al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ha telefonato al governatore trentino Maurizio Fugatti e a quello del Veneto Luca Zaia per esprimere la sua vicinanza. Ma il presidente del Consiglio Mario Draghi ha voluto addirittura recarsi sul posto, pur con le difficoltà del maltempo che ha reso impossibile l’arrivo in elicottero a Canazei, per “rendermi conto di persona di quello che è successo. Assicuro che è molto importante essere venuti. Abbiamo fatto un punto tecnico e operativo con tutti coloro che hanno collaborato alle operazioni, ma soprattutto sono qui per esprimere la più sincera, affettuosa e accorata vicinanza alle famiglie delle vittime, dei dispersi, dei feriti. E alle comunità che sono state colpite da questa tragedia“. In un punto stampa congiunto con le autorità locali e il capo della Protezione civile, Fabrizio Curcio, Draghi non fa sconti: “Questo è un dramma che certamente ha dell’imprevedibilità, ma certamente dipende dal deterioramento dell’ambiente e della situazione climatica“. Per questo, ora, il Governo “deve riflettere su quanto accaduto e deve prendere dei provvedimenti. Perché quanto accaduto abbia una probabilità bassissima di succedere o possa, addirittura, essere evitato“.

Intanto sono gli esperti a analizzare la situazione. E a spiegare, come Massimo Frezzotti, professore del dipartimento di scienze dell’Università Roma Tre, che il disastro “è la conseguenza delle attuali condizioni meteorologiche, vale a dire un episodio di caldo precoce che coincide con il problema del riscaldamento globale. Lo scioglimento dei ghiacci è accelerato nelle Alpi. Abbiamo vissuto un inverno estremamente arido, con un deficit di precipitazioni dal 40 al 50%. Le condizioni attuali dei ghiacciai corrispondono a metà agosto, non all’inizio di luglio“. I dati Arpav (Agenzia regionale di protezione ambientale del Veneto) lo confermano: a maggio-giugno le temperature medie giornaliere sono risultate significativamente superiori alla media storica, con uno scarto di +3.2°C nei due mesi. Le conclusioni le tira Legambiente: “Per fronteggiare la crisi climatica, servono azioni e interventi coerenti e sostenibili. Se riusciremo a limitare il riscaldamento globale sotto la soglia dei 1,5 gradi come nell’obiettivo degli accordi di Parigi, a fine secolo sopravvivrà un terzo dei ghiacciai, in caso contrario i ghiacciai alpini scompariranno del tutto”.

 

(Foto Palazzo Chigi)