Canada, freno all’estrazione dai fondali marini per preservare l’ecosistema

Il governo canadese ha annunciato giovedì che non permetterà l’estrazione dai fondali marini negli oceani nazionali senza una “rigorosa struttura normativa“. L’annuncio è stato fatto nella giornata conclusiva del Quinto Congresso Internazionale sulle Aree Marine Protette a Vancouver. “Il Canada non dispone attualmente di un quadro giuridico nazionale che consenta l’estrazione dai fondali marini e, in assenza di una solida struttura normativa, non consentirà l’estrazione dai fondali marini nelle aree sotto la sua giurisdizione“, hanno dichiarato in una nota congiunta i ministri delle Risorse naturali, degli Oceani e della Pesca. “È così che garantiremo la salute dei nostri ecosistemi oceanici per le generazioni a venire“, ha aggiunto il ministro dell’Ambiente Steven Guilbeault, aggiungendo che “proteggere il 30% dei nostri oceani deve essere più di un semplice slogan“.

Ottawa ha anche annunciato questa settimana la creazione di una nuova Area marina protetta del Pacifico per preservare una striscia di costa marina di 10 milioni di ettari che si estende dalla cima dell’isola di Vancouver al confine tra Canada e Alaska. Firmato con diverse popolazioni indigene, il piano è anche una componente necessaria dell’obiettivo del Canada di proteggere il 30% della sua terra e del suo oceano entro il 2030. Un impegno fondamentale assunto dai Paesi di tutto il mondo in occasione del Vertice sulla biodiversità di Montreal dello scorso dicembre. “Questo piano è un passo importante per far progredire sia la conservazione dell’ambiente marino che la riconciliazione con le popolazioni indigene“, ha dichiarato Hussein Alidina, esperto di aree marine del WWF Canada. “Dobbiamo ora rivolgere rapidamente la nostra attenzione all’attuazione di queste aree marine protette e fare ciò che è necessario per renderle una realtà“, ha aggiunto.

La regione ospita oltre 64 specie di pesci, 70 specie di uccelli marini, 30 specie di mammiferi marini, tra cui orche, lontre marine e delfini, e 52 specie di invertebrati come molluschi, ricci di mare, polpi e altro.Le nostre nazioni hanno una solida esperienza nel dimostrare che la conservazione guidata dagli indigeni funziona per la natura e per le persone“, ha dichiarato Dallas Smith, portavoce della First Nations Coalition for Responsible Fish Management. “Mentre affrontiamo le sfide urgenti della perdita di biodiversità e del cambiamento climatico, questo è il modello di cui il mondo ha bisogno ora“, ha aggiunto.

Il deserto di Atacama coperto dai rifiuti: minaccia a ecosistema

Una discarica nel deserto. Il deserto di Atacama, nel nord del Cile, è diventato il ricettacolo di tonnellate di vestiti usati, ma anche di auto e pneumatici fuori uso provenienti da tutto il mondo e abbandonati, in quella che è diventata una vera minaccia per il suo ecosistema. Migliaia di vestiti ricoprono le aride colline che circondano il comune di Alto Hospicio, nella regione di Tarapaca, circa 1.800 km a nord di Santiago. Nella vicina città di Iquique si accumulano altre migliaia di auto smantellate provenienti da Stati Uniti, Giappone o Corea, mentre in altre zone del deserto, che si estende per oltre 100.000 km2, il paesaggio è deturpato da centinaia di pneumatici.

Il Cile è specializzato da più di quarant’anni nel commercio di abiti usati, tra vestiti buttati dai consumatori, destoccaggio e opere di beneficenza da tutto il mondo. Secondo la dogane cilena, nel 2021 sono entrate nel Paese circa 46.285 tonnellate di indumenti usati. I vestiti, come le macchine, entrano dalla zona franca del porto di Iquique e dono destinati al mercato dell’usato cileno o a quello di altri paesi dell’America latina. La maggior parte delle auto viene riesportata in Perù, Bolivia o Paraguay. Tuttavia, molti finiscono nelle strade di Iquique o sui fianchi delle colline circostanti.
Più della metà dei vestiti e delle scarpe prodotti, a basso costo e in catena, soprattutto in Asia, finiscono sparpagliati nel deserto a causa della congestione del circuito di riciclo. Regolarmente, queste ‘discariche selvagge’ vengono date alle fiamme per ridurre i fastidi, provocando però dense nuvole di fumo tossico. “Questi incendi sono molto tossici, perché ciò i fumi sono creati da plastica bruciata“, ha detto Paulín Silva, avvocato che a marzo ha presentato una denuncia contro lo Stato cileno presso un tribunale dedicato alle questioni ambientali. Originario di Iquique, Silva denuncia in particolare la passività del governo di fronte a queste discariche che, assicura, costituiscono “un rischio ambientale” e “un pericolo per la salute umana”. “Sono le persone senza scrupoli di tutto il mondo che vengono a scaricare qui i loro rifiuti“, ha incalzato Patricio Ferreira, il sindaco di Alto Hospicio, una delle città più povere del Cile. “Abbiamo ripulito una zona e ci stanno inquinando in un’altra area”, si è lamentato sentendosi impotente di fronte al problema. “Ci sentiamo abbandonati. Sentiamo che la nostra terra viene sacrificata”.

Nonostante sia considerato uno dei deserti più aridi del mondo – con precipitazioni che in alcune zone non raggiungono i 20 millimetri all’anno – l’Atacama ospita un ecosistema unico. Nella sua parte più arida, vicino alla città costiera di Antofagasta, gli scienziati, tra cui la biologa cilena Cristina Dorador, hanno scoperto forme di vita estreme: microrganismi capaci di vivere quasi senza acqua o sostanze nutritive nonostante la radiazione solare. Questi microrganismi potrebbero detenere i segreti dell’evoluzione e della sopravvivenza sulla terra, ma anche su altri pianeti, secondo loro.
In alcune zone vicino alla costa, la nebbia permette lo sviluppo di vegetazione e animali vertebrati, ha continuato Pablo Guerrero, professore di botanica all’Università di Concepcion e ricercatore presso l’Istituto di Ecologia e Biodiversità (IEB). “L’esistenza della vita in questi luoghi è, in un certo senso, un evento fortuito”, ha indicato considerando che si tratta di una regione dove l’ecosistema è “molto fragile“. “Qualsiasi cambiamento o diminuzione del regime delle precipitazioni e della foschia ha immediatamente conseguenze per le specie che vi abitano”.
Dozzine di specie di fiori a predominanza viola fioriscono quando le precipitazioni sono superiori alla media. I loro semi, sepolti sotto la sabbia, possono sopravvivere per decenni in attesa che un minimo di acqua germogli e poi fiorisca. A causa dei cambiamenti climatici, ma anche dell’inquinamento e dell’avanzata delle città, alcune specie di cactus sono però scomparse.
Ci sono specie di cactus che sono considerate estinte. Sfortunatamente, questo è un fenomeno che vediamo su larga scala e con un deterioramento sistematico negli ultimi anni“, ha continuato Guerrero.

Biodiversità

Tutelare la biodiversità per avere salute e ricchezza

Biodiversità, ovvero l’insieme di forme di vita animale e vegetale in un ecosistema, è sinonimo di salute e benessere, anche economico. È questo il senso pieno di una parola che sentiamo spesso citare come ‘valore’ prezioso se non assoluto; è questa la ragione per cui dobbiamo difenderla.

La ricchezza di biodiversità rafforza l’efficienza, la produttività e lo stato di salute di qualunque ecosistema. Una vasta area di territorio coltivata con un’unica specie (monocoltura) è più povera e diventerà ogni anno più povera. Soprattutto se non ci si preoccupa di difendere anche la più piccola area di incolto.

Un ecosistema con poche forme di vita è più vulnerabile a qualunque agente esterno imprevisto: disastro naturale, siccità, attacco da parte di qualche patogeno ecc… È ampiamente dimostrato che la biodiversità favorisca la sicurezza alimentare ed energetica, la protezione da disastri naturali, aumenti il livello di salute all’interno della società umana e dei gruppi animali, aumenti quantità e qualità delle risorse idriche disponibili e per tutte queste ragioni arricchisca addirittura le tradizioni culturali.

Normalmente, tendiamo a considerare degne di attenzione soltanto le forme di vita fisicamente notevoli: ci accorgiamo di un albero, meno di un filo d’erba; di un cane o un gatto, meno di un insetto (a meno che non ci infastidisca!). Un prato ci sembra meno prospero di un bosco: in realtà un pascolo di montagna può contenere anche dieci o venti volte il numero di specie viventi in un bosco fitto…

Ogni specie svolge un ruolo fondamentale nell’intero ecosistema e l’impoverimento della biodiversità interrompe questo ‘gioco di squadra’, ne compromette l’efficacia e i risultati.
Gli inquinamenti, o la siccità che ha caratterizzato l’ultimo inverno nel nord Italia mettono fortemente in crisi la biodiversità dell’ecosistema. E il ripetersi o il prolungarsi di questi fenomeni può compromettere i territori (e le attività umane, l’approvvigionamento di cibo e acqua, la salubrità ecc…) in maniera grave.

Una natura florida e ricca di biodiversità, insomma, non è semplicemente bellissima da vedere e da vivere, ma anche un tesoro inestimabile. La sua tutela non è un vezzo ma un dovere, una necessità.