Bollette della luce su del 18,6% nel quarto trimestre. Arera: “Manca ancora equilibrio”

Ancora cattive notizie sul fronte delle bollette per gli italiani. L’Arera, infatti, ha comunicato un +18,6% per quanto riguarda l’elettricità per la famiglia tipo in tutela nel quarto trimestre. Il costo sarà di 28,29 centesimi al kWh, in netta diminuzione rispetto ai 66,01 centesimi che caratterizzavano il quarto trimestre 2022 (-57% circa). Il prezzo attuale è legato al forte incremento dei costi di acquisto dell’energia elettrica (+19,4%), e della voce oneri di sistema (+0,4%), leggermente compensata da una riduzione dei costi di dispacciamento (-1,2%). Nell’arco del 2023, una famiglia tipo spenderà in media 889,60 euro, segnando un -32,7% rispetto al 2022.

Arera sottolinea, come componente positiva, l’introduzione, al fianco del bonus elettricità, di una novità: un contributo straordinario crescente con il numero dei componenti familiari, che arriverà in automatico a chi già riceve il bonus elettrico, cioè le famiglie con livello Isee fino a 15.000 euro (30.000 euro per le famiglie numerose), per un valore totale di 300 milioni di euro. Misure che attuano quanto previsto dal Governo nel decreto approvato nella riunione del Consiglio dei ministri dello scorso 25 settembre. Su questo in giornata si era espresso anche il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin, che aveva sottolineato come “non possiamo andare avanti eternamente con i bonus, ma fin quando c’è necessità sì. Speriamo arrivi presto un nuovo equilibrio, che però dipende anche da dinamiche internazionali, i fattori sono moltissimi, non possiamo fare altro che gestire il presente. Non ha senso fare bonus strutturali, ha senso curare la ferita, l’antibiotico a vita costa molto di più a chi lo riceve”.

Equilibrio che, per il momento, secondo il presidente di Arera, Stefano Besseghini, non c’è ancora: “E’ vero che i prezzi dell’energia non mordono con l’aggressività di un anno fa ma le oscillazioni sono indice di un settore energetico ancora alla ricerca di un suo equilibrio, con inevitabili riflessi nella bolletta anche a causa della stagionalità a cui andiamo incontro”. Anche per questo Besseghini sottolinea l’importanza “in questa stagione invernale” di “prestare molta attenzione al contenimento dei consumi e, per quanto possibile, a sviluppare investimenti di efficienza energetica”.

Notizie dalle tinte fosche per Assoutenti, che parla di “pessimo segnale”, sottolineando come le bollette stiano tornando al livelli di fine 2021, “quando l’Italia si ritrovò in piena emergenza energetica”. Una “mazzata”, per il Codacons, che stima come le nuove tariffe peseranno in media per 120 euro su base annua sulla famiglia tipo, che fra luce e gas si trova a spendere oltre 2mila euro l’anno. Per questo Codacons spinge il Governo a “adottare da subito misure di contrasto, a partire dal rinvio alla fine del mercato tutelato prevista per il prossimo gennaio”. E, oltre alle famiglie, il problema interessa anche le imprese. “Il costo dell’energia – chiosa Coldirettisi riflette infatti in tutta la filiera e riguarda sia le attività agricole ma anche la trasformazione e la distribuzione”.

Terna: “Ad agosto consumi elettrici in calo dell’1,1%, rinnovabili coprono 43,8% domanda”

Secondo i dati di Terna, la società che gestisce la rete elettrica di trasmissione nazionale, nel mese di agosto la domanda di elettricità nel nostro Paese è stata pari complessivamente a 25,7 miliardi di kWh, con una diminuzione dell’1,1% rispetto allo stesso periodo del 2022. Questo valore è stato raggiunto con lo stesso numero di giorni lavorativi (22) e una temperatura media mensile leggermente inferiore rispetto ad agosto 2022 (-0,6°). Rettificando il dato da tali effetti, la variazione cambia di segno registrando un +0,7% rispetto ad agosto 2022.

L’indice IMCEI elaborato da Terna, che prende in esame i consumi industriali di circa 1.000 imprese ‘energivore’, registra una variazione complessivamente nulla rispetto allo stesso mese dello scorso anno. A fronte, infatti, di variazioni positive dei comparti dei mezzi di trasporto, degli alimentari e della siderurgia, sono in calo i comparti dei metalli non ferrosi, della chimica, della cartaria e della meccanica. Stabili quelli di cemento, calce e gesso e le ceramiche e vetrarie.

In termini congiunturali, il valore della richiesta elettrica, destagionalizzato e corretto dall’effetto temperatura, risulta in crescita (+1%) rispetto a luglio 2023. Sostanzialmente stabile la variazione congiunturale dell’indice IMCEI (+0,2%). Nei primi otto mesi del 2023, la richiesta cumulata di energia elettrica in Italia è in calo del 4,5% rispetto allo stesso periodo del 2022 (-3,4% il dato rettificato). Variazione negativa anche dell’Indice IMCEI, che da gennaio ad agosto fa registrare un -5,3%. A livello territoriale, la variazione tendenziale di agosto 2023 è risultata ovunque negativa: -1,4% al Nord, -1,1% al Centro e -0,6% al Sud e Isole.

Nel mese di agosto 2023 la domanda di energia elettrica italiana è stata soddisfatta per l’87,1% con la produzione nazionale e, per la quota restante (12,9%), dal saldo dell’energia scambiata con l’estero. La produzione nazionale netta è risultata pari a 22,6 miliardi di kWh, in diminuzione del 3,5% rispetto ad agosto 2022. Lo scorso mese le fonti rinnovabili hanno prodotto complessivamente 11,3 miliardi di kWh, coprendo il 43,8% della domanda elettrica (contro il 34,1% di agosto 2022). La produzione da rinnovabili ad agosto è stata così suddivisa: 34,7% idrico, 33,3% fotovoltaico, 15,5% eolico, 12,6% biomasse, 3,9% geotermico.

Secondo le rilevazioni Terna illustrate nel report mensile, considerando tutte le fonti rinnovabili, nei primi otto mesi del 2023 l’incremento di capacità in Italia è pari a 3.470 MW, un valore superiore di circa 1.733 MW (+100%) rispetto allo stesso periodo del 2022. Estendendo l’analisi agli ultimi 12 mesi (quindi al periodo settembre 2022 – agosto 2023) l’incremento di capacità risulta pari a 4.770 MW. Proseguono il recupero della produzione da fonte idrica (+49,8%) e la crescita del fotovoltaico (+19,8%). In aumento anche la produzione da fonte eolica (+43,8%). In flessione la produzione da fonte termica (-20,5% con una variazione del -57,2% della produzione a carbone) e la geotermoelettrica (-3,7%). Estendendo l’analisi ai primi otto mesi dell’anno si osserva come l’effetto combinato della diminuzione del fabbisogno, dell’aumento dell’import e della crescita delle fonti rinnovabili abbia comportato una rilevante contrazione della produzione da fonte termica (-16,6%) con una conseguente riduzione dei consumi gas per produzione termoelettrica stimabile in circa 3,3 miliardi di standard metri cubi rispetto all’analogo periodo del 2022.

Per quanto riguarda il saldo import-export, la variazione è pari a +19% per un effetto combinato della diminuzione dell’export (-8,9%) e dell’aumento dell’import (+15,8%).

 

energia

L’elettricità generata da combustibili fossili è ai minimi storici nell’Unione Europea

La percentuale di elettricità generata da combustibili fossili è scesa al 33% nell’Unione Europea nella prima metà dell’anno, il livello più basso di sempre. Lo rivela un rapporto pubblicato mercoledì dal think-tank sul clima e l’energia Ember. Tra gennaio e giugno, “i combustibili fossili hanno generato 410 TWh nell’Ue, la quota più bassa di sempre del mix elettrico, pari al 33%“, afferma Ember nel suo rapporto, rispetto a quasi il 36% per le energie rinnovabili nel loro complesso, tra cui circa il 27% per l’energia solare ed eolica, secondo i dati forniti da Ember all’AFP. “Il declino dei combustibili fossili è un segno dei tempi. Il carbone e il gas sono troppo costosi, troppo rischiosi e l’Ue li sta eliminando gradualmente“, sottolinea Matt Ewen, analista di Ember.

La ragione principale è che la domanda di elettricità è diminuita in modo significativo nel continente, sia da parte delle famiglie che delle fabbriche, e sono soprattutto le centrali elettriche a carbone e a gas ad aver subito un rallentamento, riducendo la loro quota di produzione totale. La produzione di elettricità da fonti fossili nelle centrali a carbone e a gas è diminuita del 17% tra gennaio e giugno rispetto alla prima metà del 2022, si legge nel rapporto. Cinque Paesi dell’Ue hanno registrato un calo superiore al 30% (Portogallo, Austria, Bulgaria, Estonia e Finlandia).

La produzione di energia elettrica a carbone è diminuita del 23%, rappresentando per la prima volta a maggio meno del 10% del mix elettrico europeo. La produzione a gas è diminuita del 13%. Gli autori del rapporto avvertono della necessità di aumentare “massicciamente” la diffusione delle energie rinnovabili, in particolare dell’energia solare ed eolica, “per sostenere un’economia resiliente in tutta Europa” e compensare il calo della produzione di energia elettrica da combustibili fossili su una base a lungo termine.

In termini di volume, la produzione rinnovabile non è sufficiente, allo stato attuale, a compensare il calo dell’elettricità generata dai combustibili fossili, che è stato pari a 86 TWh, mentre le rinnovabili sono aumentate solo di poco meno di 40 TWh nello stesso periodo. L’energia solare è cresciuta del 13% (+13 TWh) nel semestre rispetto ai primi sei mesi del 2022 e l’energia eolica del 4,8% (+10 TWh). L’energia idroelettrica è cresciuta dell’11% (+15 TWh).

Il rapporto sottolinea inoltre che la produzione di energia nucleare è destinata a riprendersi, dopo essere stata a metà dell’anno all’inizio del 2023 a causa dell’elevato livello di indisponibilità della flotta nucleare francese, la più grande d’Europa.

In Francia parte sperimentazione sull’autostrada A10 per la ricarica a induzione di auto e camion

Due tecnologie che consentono ai veicoli elettrici di ricaricarsi durante la guida saranno presto testate sull’autostrada A10 vicino a Parigi. Da un lato, bobine magnetiche infilate sotto l’asfalto ricaricheranno le batterie per induzione, come i telefoni cellulari. Dall’altro, un binario inserito a filo dell’asfalto permetterà ai veicoli dotati del sistema di collegarsi al suolo. Ad annunciarlo è il concessionario Vinci Autoroutes.

Questi sistemi di “strada elettrica” potrebbero accelerare la rivoluzione in atto nell’industria automobilistica: consentono ai veicoli elettrici di viaggiare più a lungo, senza fermarsi per ricaricarsi, e senza dover trasportare batterie troppo pesanti e che consumano materiali rari.

La “strada elettrica” sarà essenziale per la rapida elettrificazione dei veicoli commerciali pesanti, la maggior parte dei quali è ancora alimentata a diesel, secondo i rapporti presentati al Ministero dei Trasporti francese nell’estate del 2021. Sulla A10, l’idea è di testare queste soluzioni ad alta velocità. L’obiettivo è quello di “chiarire gli ultimi interrogativi rimasti prima di implementare queste tecnologie su larga scala, su centinaia o migliaia di chilometri“, spiega Louis du Pasquier, responsabile del progetto presso Vinci.
I primi test saranno effettuati nel settembre 2023 a Rouen su una pista chiusa di proprietà di Cerema, un ente pubblico sotto l’autorità del Ministero francese della Transizione Ecologica. Questi sistemi di ricarica dinamica saranno poi installati su quattro chilometri della corsia di destra della A10 in direzione Parigi-Orléans, a monte della barriera di pedaggio di Saint-Arnoult-en-Yvelines. I caricabatterie funzioneranno solo con i veicoli compatibili.

Ci sono ancora diversi ostacoli da superare: secondo le relazioni presentate al Ministero, l’induzione non è potente ed è costosa da installare, mentre la rotaia può intasarsi e causare problemi soprattutto alle due ruote. Oltre all’induzione e alla rotaia conduttiva, in Germania si sta sperimentando una terza soluzione, che utilizza una catenaria come per i tram: è “la più avanzata dal punto di vista tecnico”, ma fornisce energia solo ai camion e i piloni necessari a bordo strada pongono problemi di sicurezza, sottolinea la relazione.

La start-up Electreon, che fornisce il sistema di induzione, ha già progetti in Israele, Svezia, Stati Uniti e Italia, dove Fiat sta testando la ricarica di una piccola 500. Il consorzio Elonroad, che fornisce il sistema ferroviario, lo sta testando nel sud della Svezia dal 2019. L’esperimento sulla A10 avrà una durata di tre anni e un costo di 26 milioni di euro, con il sostegno del piano pubblico France 2030 attraverso la Banca pubblica per gli investimenti (BPI). Hutchinson, una filiale di TotalEnergies, produrrà le bobine e l’Università Gustave-Eiffel testerà l’efficacia delle varie soluzioni.

A maggio i consumi di energia elettrica calano del 6,3%. Crescono le rinnovabili

Cala la domanda di energia elettrica in Italia. Secondo quanto emerge dai dati raccolti da Terna, la società che gestisce la rete di trasmissione nazionale guidata da Giuseppina Di Foggia, a maggio la richiesta complessiva si è assestata sui 24,3 miliardi di kilowattora, facendo così registrare una diminuzione del 6,3% rispetto allo stesso periodo del 2022. Allo stesso modo scendono anche i consumi industriali, con una riduzione dell’8,1% rispetto allo stesso periodo di 12 mesi fa. Entrando nel dettaglio dei settori, c’è il segno positivo per i mezzi di trasporto, le ceramiche e vetrarie, oltre agli alimentari. Mentre gli altri settori sono in flessione, soprattutto quello dei metalli non ferrosi.

Scorporando il dato, la riduzione è confermata anche prendendo in esame i primi cinque mesi del 2023, durante i quali la richiesta di energia elettrica in Italia è calata del 4,5%, sempre rispetto allo stesso periodo del 2022 (-4,1% il dato rettificato).

Maggio ha avuto lo stesso numero di giorni lavorativi (22) e una temperatura media mensile inferiore di 1,8°C rispetto allo stesso mese del 2022, sottolinea Terna, mostrando il dato della domanda elettrica destagionalizzato e corretto dall’effetto della temperatura, risultata in calo del 5,6%. A livello territoriale, la variazione tendenziale di maggio 2023 è risultata negativa dovunque: -7,3% al Nord, -6,2% al Centro e -4,3% al Sud e Isole. In termini congiunturali, il valore della richiesta elettrica, destagionalizzato e corretto dall’effetto temperatura, risulta in flessione dell’1,7% rispetto ad aprile 2023. L’indice Imcei elaborato da Terna, che prende in esame i consumi industriali di circa 1000 imprese cosiddette ‘energivore’, ha registrato una diminuzione congiunturale rispetto ad aprile del 2,5%.

Buone notizie anche dai dati relativi alle fonti rinnovabili, che hanno prodotto complessivamente 10,4 miliardi di kWh, coprendo il 42,8% della domanda elettrica (a maggio 2022 era del 35,6%). La produzione si divide per il 40,3% da idrico, il 28,1% da fotovoltaico, il 14,6% da eolico, il 12,6% da biomasse e il 4,4% da geotermico. Secondo le rilevazioni Terna illustrate nel report mensile, considerando tutte le fonti rinnovabili, nei primi cinque mesi dell’anno l’incremento di capacità in Italia è pari a 2.001 MW. Il valore è superiore di 1.110 MW (+125%) rispetto allo stesso periodo del 2022. Complessivamente, rispetto a maggio dell’anno scorso, sono stati installati ulteriori 4.200 MW.

In crescita risulta la produzione da fonte idrica (+33,4%) ed eolica (+33,8%), mentre è in flessione quella da fonte termica (-19,8%) e fotovoltaica (-5,4%). Resta sostanzialmente stabile, invece, la produzione geotermoelettrica (+0,2%).

Sempre a maggio 2023, la domanda di energia elettrica italiana è stata soddisfatta per l’82,1% con la produzione nazionale e per la quota restante (17,9%) dal saldo dell’energia scambiata con l’estero. La produzione nazionale netta, inoltre, è pari a 20,1 miliardi di kWh, in calo del 6,7% rispetto a maggio 2022. Infine, il saldo import-export, la variazione è -4,8% per un effetto combinato di una diminuzione dell’import (-3,3%) e un aumento dell’export (+28,5%).

In Vietnam fa troppo caldo: Hanoi al buio ogni sera per risparmiare energia

Hanoi si spegne. Le autorità vietnamite, infatti, hanno preso una decisione radicale vista l’eccezionale ondata di caldo nella capitale: immergere la città nell’oscurità. L’illuminazione pubblica è stata spenta in tutti i parchi e in due terzi della città, che conta 8 milioni di abitanti, a partire dalle 23.00. Le autorità sperano di ridurre così la tensione in tutti i quartieri e di conseguenza la pressione sulla fornitura di energia elettrica, utilizzata in larga misura dai sistemi di condizionamento dell’aria, e di risparmiare denaro.

Secondo gli scienziati, il riscaldamento globale è un fattore che contribuisce al peggioramento dei fenomeni meteorologici estremi in Vietnam. All’inizio di maggio, nel Paese è stata registrata una temperatura di 44,1°C, un record assoluto. Per due volte, ad aprile e a fine maggio, il Vietnam ha subito un’ondata di calore che ha reso difficili le condizioni di vita e di lavoro, soprattutto nelle città.

L’uso intensivo di condizionatori d’aria e ventilatori sta mettendo a dura prova la rete elettrica, ha avvertito EVN, l’azienda nazionale. Inoltre, nel nord del Paese, il livello dell’acqua nelle dighe è sceso del 30-40% a causa di una grave siccità.

Grazie alla misura adottata da Hanoi, ogni giorno si risparmia un’ora di illuminazione. La città ha adottato misure simili in passato, ma non su questa scala. “Il programma di risparmio energetico è stato esteso quest’anno al 70% del sistema di illuminazione pubblica della città“, ha dichiarato ai media locali Le Trung Kien, vicedirettore della società responsabile dell’illuminazione pubblica. “Forniamo sempre un’illuminazione sufficiente per il traffico, la sicurezza e l’ordine“, ha aggiunto Kien. La misura potrebbe durare fino alla fine di agosto.

Cosa è il disaccoppiamento dei prezzi gas-elettricità

Nel mondo in continua evoluzione dell’energia, un concetto che sta guadagnando sempre più attenzione è il disaccoppiamento del costo del gas da quello dell’elettricità. Il termine rappresenta una nuova direzione che il settore energetico sta prendendo, con implicazioni significative per l’economia e l’ambiente. Il prezzo del gas e dell’elettricità sono strettamente correlati. Il costo dell’elettricità dipende in gran parte dai prezzi del gas naturale, poiché molte centrali elettriche vengono alimentate proprio da questo combustibile. Il prezzo del gas naturale, in realtà, determina anche quello dell’elettricità prodotta con altre fonti, comprese quelle rinnovabili: la ragione dipende dal modo in cui funziona il mercato energetico europeo. A inizio degli anni 2000, legare il costo dell’energia prodotta da rinnovabili a quelli del gas aveva il vantaggio di incentivare gli impianti green garantendo margini di guadagno maggiore e compensando gli investimenti iniziali per realizzare impianti eolici o solari. Un modo per agevolare la diffusione degli impianti verdi. E questo soprattutto perché sul mercato viene venduta prioritariamente energia prodotta con costi marginali minori, cioè quella per la quale un aumento della produzione influisce meno sul costo per l’azienda produttrice. Visto che sono gratuite, l’elettricità prodotta da fonti rinnovabili come la luce del sole e il vento, quando disponibile, è sempre la prima a essere scelta.

Ma l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, le conseguenti sanzioni europee contro Mosca e la necessità degli Stati membri dell’Ue di ‘smarcarsi’ dalla dipendenza dal gas russo, hanno portato alla richiesta di una separazione di questi costi, consentendo a ciascun settore di determinare i propri prezzi in base alle dinamiche di mercato specifiche. Il sistema infatti ha retto fino a che il prezzo del gas non si è impennato portandosi dietro anche quello dell’elettricità. In Italia circa la metà dell’elettricità è prodotta da centrali a gas che garantiscono quella continuità che al momento le rinnovabili non hanno (il sole non c’è di notte). Se il prezzo del gas vola però l’aumento si ripercuote sul prezzo dell’elettricità prodotta, anche da rinnovabili, quindi a costi molto più bassi. Il disaccoppiamento parte dall’idea di consentire a ogni fornitore un prezzo in base ai costi di produzione. Oggi il prezzo del gas viene determinato al Ttf, il mercato di riferimento per l’Europa. Il costo per megawattora nell’ultimo anno è lievitato, salvo ora tornare su i 30 euro per effetto del price cap. Come tutte le Borse, anche quella del gas di Amsterdam, è volatile e soggetta alla speculazione aumentata con l’attacco russo all’Ucraina e le dispute sulle forniture all’Europa. Per questo paesi europei come Spagna, Portogallo, Italia e Grecia, dove il prezzo dell’elettricità è cresciuto di più, stanno chiedendo di riformare il mercato energetico per ‘disaccoppiare’ il prezzo del gas da quello dell’energia in generale, e vendere quella prodotta da fonti rinnovabili a prezzi più equi.

Ma perché dovremmo prestare attenzione al disaccoppiamento? Innanzitutto, dal punto di vista economico, la soluzione sembra offrire un maggiore grado di flessibilità nella gestione dei costi energetici. Le imprese e i consumatori possono prendere decisioni più consapevoli, scegliendo le fonti energetiche più convenienti e adattabili alle loro esigenze. Ad esempio, se il prezzo del gas naturale aumentasse, le imprese potrebbero optare per una maggiore dipendenza dall’elettricità, proveniente magari da fonti rinnovabili, riducendo così anche il proprio impatto ambientale.

Ed è proprio qui che entrano in gioco gli aspetti più utili per una transizione ecologica, a cui sempre più si sta guardando. Il disaccoppiamento del costo del gas da quello dell’elettricità offre la possibilità di promuovere un uso più sostenibile dell’energia. Mentre il gas naturale può essere considerato una fonte di energia relativamente pulita rispetto ai combustibili fossili tradizionali, l’energia elettrica proveniente anche da fonti rinnovabili è completamente priva di emissioni di CO2 durante la fase di utilizzo. Pertanto, separare i costi significa consentire una maggiore adozione di energia elettrica verde, riducendo l’impatto ambientale complessivo del nostro sistema energetico.

Auto elettriche? Pare inquinino meno quelle a… carbone

Si è incagliato l’iter europeo relativo allo stop delle immatricolazioni di auto a motore endotermico dal 2035. Ciò che pareva una sentenza qualche settimana fa adesso lo sembra un po’ meno: di rinvio in rinvio, di protesta in protesta, di dubbio in dubbio qualcosa si è mosso a Bruxelles. O, per lo meno, sono state prese in considerazione le istanze di chi, in particolare dell’Italia, ha sollevato perplessità su un provvedimento traumatico per un’intera filiera produttiva. Due le premesse.

La prima: è doveroso salvaguardare il Pianeta, dunque eliminare le emissioni di Co2 e circoscrivere l’aumento della temperatura come da accordi presi a Parigi nell’ormai lontano 2015. E in questo senso, l’Europa sta avanti a tutti, esempio virtuoso per India e Cina ma pure per gli Stati Uniti. La seconda: la mobilità elettrica è sicuramente la più funzionale in prospettiva, anche se al momento nessun Paese è strutturato per supportare l’erogazione il bisogno di elettricità di milioni e milioni di veicoli.

Evase le premesse, resta una considerazione. Tra oggi e il 2035 esistono delle vie di mezzo rappresentate, ad esempio, dai biocarburanti. Che inquinano poco e che consentono una transizione meno traumatica per chi non può modificare o capovolgere i propri sistemi produttivi. Soluzione, questa, che giocoforza dovrà essere presa in considerazione dalle autorità di Bruxelles, a volte troppo rigide e troppo distanti dalla realtà. E ancora: tra oggi e il 2035, chissà che non si facciano sostanziali passi avanti sulla produzione a basso prezzo di idrogeno (verde) e che così l’elettrico non rappresenti l’unica via di fuga possibile dalla Co2. Senza dimenticare, comunque, che per ‘offrire’ elettricità fatalmente si inquina.

L’ultima riflessione riguarda una questione strettamente europea, che fa a pugni con la volontà (legittima) di preservare il nostro presente e il nostro futuro attraverso la decarbonizzazione. Esiste infatti un paradosso difficile da spiegare e da accettare. Mentre si discute animatamente e quasi si litiga sui motori a diesel e benzina, la Gran Bretagna riapre dopo 37 anni una importante miniera di carbone per supportare la produzione dell’acciaio. Nello stesso tempo, la Germania sta facendo viaggiare ‘a cannone’ le sue centrali a carbone per fronteggiare la crisi energetica. Imitata anche dall’Italia. Ora: non bisogna essere uno di Fridays for Future per capire che i conti non tornano, che qualcosa non quadra. E se usassimo le auto a carbone?

Meloni a Kiev: “Lavoriamo per conferenza ricostruzione ad aprile”

Una dichiarazione congiunta sulla pace, sull’avvicinamento dell’Ucraina all’Unione europea, sulla ricostruzione, per la quale Roma lavora a una conferenza che si terrà ad aprile. Giorgia Meloni torna da Kiev, Bucha, Irpin dopo aver toccato con mano il dolore, la devastazione, ma anche la voglia di rivalsa di un Paese che, giura, l’Italia e l’intera Europa non abbandoneranno.

Saremo con voi fino alla fine”, promette visitando i luoghi dei crimini di guerra a Bucha, al procuratore generale Andriy Kostin. Paragona lo spirito ucraino al risorgimento italiano, prima, al boom del dopoguerra poi: “Sono certa che nei prossimi anni potremo parlare di un miracolo ucraino“, è l’auspicio.

Parla accanto al presidente Volodymyr Zelensky, allontana lo spettro di divisioni interne alla maggioranza di governo per le posizioni filoputiniane espresse da Silvio Berlusconi. “Nessuno gli ha mai bombardato la casa“, fa notare Zelensky.

Rimane agli atti che c’è un aggredito e un aggressore, rimane agli atti che per paradosso è l’aggredito che cerca un negoziato di pace“, precisa Meloni e fino al negoziato assicura all’Ucraina ogni genere di supporto. Supporto politico, militare, per difendere le infrastrutture strategiche contro il “gioco sadico” di portare allo stremo la popolazione civile, supporto umanitario e finanziario. Il gruppo di lavoro ‘emergenza elettrica Ucraina‘, voluto fortemente proprio da lei, ha già inviato materiale per diversi milioni di euro. Un tentativo di sostenere il Paese in sofferenza elettrica dopo i bombardamenti. Partono per l’Ucraina trasformatori e gruppi di diversa taglia, cavi e accessori per cercare di ripristinare una fornitura di energia stabile a circa 3 milioni di persone.

La conferenza sulla ricostruzione di aprile continuerà e amplierà molto il lavoro: “C’è un know how che le imprese italiane possono offrire, lo metteremo a disposizione perché nella ricostruzione l’Italia vuole giocare un ruolo da protagonista“, afferma la premier. Si partirà dalle esigenze principali, con un “cambio di passo” sul lavoro fatto finora: “Io non concentrerei la ricostruzione sul futuro – spiega -. Un segnale molto importante è lavorare subito. L’Italia credo possa fare la differenza“. Pensa al settore dei trasporti, dell’energia, dell’agroalimentare. Ma c’è un sogno, che è anche un messaggio di speranza. Sia Roma sia Odessa sono candidate per l’Expo 2030: “Sarebbe straordinario che l’Expo tornasse in Europa, ma possiamo lavorare insieme per questa scadenza, è un segnale importante di come crediamo che le cose andranno bene domani“.

 

(Photo credit AFP)

Con il calo delle bollette riprendono i consumi elettrici delle energivore

Calano ancora i consumi elettrici a gennaio, secondo i dati forniti da Terna, però c’è una inversione di tendenza nel settore industriale. I consumi energetici delle imprese sono tornati a salire, parallelamente al crollo dei prezzi di gas ed elettricità.

Nel primo mese del 2023 l’Italia ha consumato complessivamente 26,2 miliardi di kWh di energia elettrica, un dato in flessione del 4,6% rispetto a gennaio del 2022, considerando comunque che il mese scorso ha avuto una temperatura media mensile superiore di 1,5°C rispetto a gennaio del 2022. Il dato della domanda elettrica è risultato in diminuzione del 4,3%. A livello territoriale, la variazione tendenziale di gennaio è stata ovunque negativa: -4,2% al Nord, -5,1% al Centro e -5,2% al Sud e nelle isole. In termini congiunturali, mese su mese, il valore della richiesta elettrica ha invece fatto registrare una sostanziale stazionarietà rispetto a dicembre 2022 (+0,1%).  Le fonti rinnovabili hanno coperto complessivamente il 28,2% della domanda elettrica con le seguenti variazioni: fotovoltaico -13,9%, eolico -10,5%, idrico -10,9% e geotermico -4,4%. In calo anche la generazione termica (-14,9% rispetto a gennaio 2022). La produzione delle fonti rinnovabili è stata così suddivisa: 30,9% eolico, 28,2% idrico, 19,8% biomasse, 14,9% fotovoltaico e 6,2% geotermico. Per quanto riguarda il saldo import-export, la variazione è pari a +86,1% per un effetto combinato di un aumento dell’import (+59,5%) e di una diminuzione dell’export (-45,3%).

C’è però una ripresa dei consumi. L’indice Imcei elaborato da Terna, che prende in esame i consumi industriali delle imprese cosiddette ‘energivore’, ha fatto registrare una flessione dell’8,5% rispetto a gennaio del 2022, ma una crescita del 3,5% rispetto a dicembre 2022: è il primo aumento registrato dopo due mesi consecutivi di flessione. In particolare, rispetto allo stesso mese dello scorso anno, ha registrato un rialzo la domanda dei settori alimentari, chimica, mezzi di trasporto, ceramiche e vetro. Valori negativi invece per siderurgia, meccanica, carta, metalli non ferrosi e cemento, calce e gesso. A livello geografico la salita mensile maggiore si registra in Lazio e Campania (+11%), mentre la discesa più grande è in Emilia Romagna (-24%). La mini-svolta in alcune regioni è facilmente riconducili al clima mite, alla conferma dei bonus fiscali governativi e alla discesa dei prezzi. A gennaio il gas è sceso di oltre il 50% e pure l’energia elettrica ha subito un forte ridimensionamento, di conseguenza le bollette – a partire da quelle nel mercato tutelato per il metano – hanno iniziato una netta retromarcia.

Meno spese, dunque, e più consumi. Una correlazione che, mettendo a confronto l’Imcei (Indice mensile dei consumi elettrici industriali) con l’Ipi (Indice di produzione industriale), fa presagire anche una ripresa della stessa attività manifatturiera. Riferendosi ai risultati dell’ultimo mese dello scorso anno, l’Istat spiegava che “l’evoluzione” della produzione industriale nel corso del 2022 era stata “caratterizzata da un calo congiunturale nel primo trimestre, seguito da un recupero nel secondo; due ulteriori flessioni hanno caratterizzato la seconda parte dell’anno”. Un andamento che coincide con quello dei consumi, appesantiti lo scorso anno del boom delle bollette. Ora che le tariffe sono meno care, un pezzo dell’industria può tornare ad espandersi.