Carne sintetica, Scordamaglia: “Nuovi criteri di valutazione seri da Efsa”

Nuovi criteri di valutazione seri, oggettivi e completi da parte dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) con cui trattare l’immissione in commercio di carne e altri ‘nuovi alimenti’ coltivati in laboratorio. Mentre a Bruxelles si riaccende il dibattito sul cibo sintetico con un’iniziativa che vede l’Italia protagonista insieme a Francia e Austria, l’amministratore delegato di Filiera Italia e direttore mercati, politiche europee ed internazionalizzazione di Coldiretti, Luigi Scordamaglia, indica a GEA la via da seguire su un tema che a Bruxelles e in Italia riscalda gli animi. Roma, Vienna e Parigi – sostenute da almeno dieci delegazioni – hanno portato oggi (23 gennaio) all’attenzione del Consiglio Ue Agricoltura un documento per chiedere alla Commissione europea una valutazione dell’impatto dell’immissione in commercio di carne coltivata. Anche se, al momento, a Bruxelles non è arrivata ancora nessuna richiesta in tale direzione.

In Europa sta prendendo forma una nuova Alleanza contro il cibo coltivato in laboratorio. L’Italia quindi non è sola…

“Il passaggio di oggi è importantissimo, a cominciare dal titolo del documento che viene discusso che non è ‘No ai prodotti sintetici’ ma è finalizzato alla salvaguardia dei prodotti di qualità, della terra e degli agricoltori. La questione che si pone il documento – con sempre maggiore appoggio trasversale da parte di altri Paesi – è quale tipologia di modello agroalimentare vuole l’Unione europea, tra un modello fatto di legame con la terra e la tradizione o un futuro di omologazione in cui ci si limita a ingerire dei prodotti sintetici, omologati, solo per soddisfare esigenze nutrizionali di base. Questo è un interrogativo profondo che il documento in apertura si pone”.

E quali sono le richieste?

“E’ un approccio tutt’altro che ideologico, non c’è alcuno schieramento di destra o sinistra. Ci si chiede e si chiede alla Commissione europea di ragionare su un fatto molto semplice: sempre più le evidenze scientifiche mettono in evidenza potenziali rischi mai esistiti prima nei novel food, dunque prima di prendere in considerazione qualsiasi richiesta di autorizzazione al commercio la Commissione dovrebbe rivedere le attuali linee guida (previste dall’Efsa per raccomandare all’Ue l’immissione al commercio) che non comportano ad oggi test clinici o preclinici, tutta una serie di criteri di valutazione che finora non servivano perché non sono mai stati presentati alimenti di questo tipo e che oggi alla luce di questi potenziali rischi diventano essenziali. Il documento dice in maniera più concreta che esistono potenziali rischi per la salute che le attuali linee guida dell’Efsa non prendono in considerazione e quindi serve fermarsi un attimo, modificare questi criteri e introdurne di nuovi”.

Non è prematuro condurre una battaglia di questo tipo dal momento che ad oggi non è stata avanzata alcuna richiesta di immissione in commercio?

“Se fosse arrivata oggi una richiesta di autorizzazione al commercio sarebbe avvenuta dentro le attuali linee guida dell’Efsa per i novel food, si sarebbe fatta una valutazione di contenuto nutrizionale come si è applicata ai novel food che sono stati autorizzati in passato. Quello che si sta chiedendo è di adeguare il sistema di valutazione prima che arrivino le domande di autorizzazione, adeguarli a tecnologie che attualmente non sono previste. Con il documento si sta dicendo di accendere una luce su questo tema, di non lasciarlo passare inosservato e valutiamo scientificamente cosa serve nelle linee guida dell’Efsa per avere un criterio di valutazione serio, oggettivo e completo”.

La Commissione europea ha rimandato la proposta sull’etichettatura nutrizionale armonizzata, ma la presidenza belga ha organizzato per il 25 aprile un simposio scientifico dedicato al tema al sistema di etichettatura a semaforo Nutriscore. Cosa si aspetta?

“Il Nutriscore, dando il bollino verde a prodotti sintetici, tende a dare un giudizio non sulla qualità complessiva dell’alimento e della dieta, ma sull’apporto nutrizionale anche se è chimicamente o sinteticamente rappresentato. Anche il Nutriscore va verso un’omologazione della dieta. Ben venga ogni approfondimento scientifico purché sia veramente scientifico. Nei Paesi in cui il Nutriscore è diffuso (Francia, Belgio, Germania, Lussemburgo, Paesi Bassi, ndr) il tasso di obesità non si è ridotto, anzi è aumentato e questo perché non è il singolo alimento ma la dieta, lo stile di vita corretto, la qualità di ciò che mangiamo che incide sull’obesità che è il vero nemico da abbattere”.

Il Belgio è uno dei Paesi che ha adottato il Nutriscore, questo fattore rischia di orientare troppo il dibattito?

“E’ negativo se il dibattito scientifico viene costruito ad hoc e di parte. Io non credo che il Nutriscore sia un problema solo per l’Italia. L’alternativa all’omologazione della dieta non è solo la dieta mediterranea, il Nutriscore va contro il modo di mangiare, nel più ampio senso culturale, di tutti i Paesi. Il Nutricore è un’omologazione in cui l’alimentazione sintetica è sempre più vista come ingurgitare una serie, un elenco chimico di nutrienti invece che complessivamente fare l’esperienza di cibo di qualità”.

Luigi Scordamaglia: “Su packaging ha prevalso buon senso, presidenza spagnola irresponsabile”

Sulla proposta di regolamento packaging il Parlamento Europeo ha fatto prevalere il buon senso. E’ soprattutto un beneficio da un punto di vista economico per la nostra filiera, per il consumatore che spreca meno ma soprattutto ambientale visto che il passaggio dal riciclo al riuso avrebbe comportato un aumento del 180% delle emissioni di CO2 e del 240% del consumo di acqua. Oggi trovo abbastanza irresponsabile la posizione della presidenza spagnola che, pur di portare a casa qualcosa in una presidenza assolutamente vuota, vuole oggi forzare ignorando la volontà popolare che il Parlamento Europeo ha espresso”. Così l’amministratore delegato di Filiera Italia e direttore mercati, politiche europee ed internazionalizzazione di Coldiretti Luigi Scordamaglia a margine della decima edizione dell’evento ‘How can we govern Europe?’, organizzato da Withub con la direzione editoriale di Eunews e GEA, in corso a Bruxelles, presso la residenza dell’ambasciatore d’Italia in Belgio.

 

 

Scordamaglia ha espresso la sua posizione anche sugli alimenti sintetici, spiegando che “il governo italiano ha notificato a Bruxelles la legge contro i prodotti sintetici, la carne sintetica, voluta dal Parlamento, dalle Regioni e dai Comuni trasversalmente, ma soprattutto dai cittadini italiani. Di fatto non si è detto forse abbastanza che quello che l’Italia ha adottato con divieto è una moratoria in attesa che l’Unione europea prenda atto di due rischi: il rischio sanitario di quello che Fao e Oms hanno evidenziato, i 53 potenziali rischi per i quali serve modificare la procedura di approvazione di questi prodotti, e il rischio che venga tagliato il cordone ombelicale che lega la terra alla produzione di cibo e gli agricoltori e concentrato nei laboratori”.

 

Scordamaglia (Filiera Italia): “Farine insetti questione di trasparenza e fake news”

Il problema delle farine di insetti, del consumo di insetti è un problema meno grave dei prodotti alimentari sintetici, è semplicemente una questione di trasparenza e di fake news”. Così Luigi Scordamaglia, Presidente Filiera Italia a margine del convegno ‘L’evoluzione dell’agroalimentare italiano ed europeo tra sostenibilità e benessere’, organizzato da Gea- Green Economy Agency ed Eunews. “Se qualcuno vuole per assaggiare qualcosa di esotico mangiare insetti è cosa perfettamente legittima purché vengano segnalati in etichetta con claim evidenti e non microscopiche lettere insieme tanti altri ingredienti che nessuno legge. Seconda cosa non diciamo che sono la salvezza del mondo in termini di sostenibilità perché se bisognasse iniziare a produrli per 9 miliardi di persone sarebbe necessario l’utilizzo di massicce quantità di antibiotici e altre sostanze nocive. E non dimentichiamo che questi insetti provengono da paesi che in termini di standard di sicurezza hanno parametri ben inferiori ai nostri e quindi sono maggiormente pericolosi

Scordamaglia (Filiera Italia): “Etichette vino? Si rischia di dare spallata alla dieta mediterranea”

Sul frontone del tempio di Apollo a Delfi, oltre al ben noto ‘Conosci te stesso’, campeggiava anche un altro invito, quello alla moderazione: ‘Nulla di eccessivo’. Suggerimento fatto proprio anche dai latini con l’oraziano ‘Est modus in rebus’, ‘C’è una misura nelle cose’. Ed è proprio questo richiamo ad evitare gli eccessi e le decisioni estreme che ora viene rivolto alla Commissione europea che il 12 gennaio scorso ha deciso di consentire all’Irlanda di etichettare con l’alert ‘Nuoce alla salute’ le bottiglie di alcolici, vino compreso. I produttori italiani sono in allarme; l’export di vino nostrano infatti nel 2022 ha raggiunto un valore di otto miliardi di euro, per un volume di 21,5 milioni di ettolitri. Mentre l’export italiano in Irlanda vale 42 milioni di euro, per un volume di 120.000 ettolitri. Alla luce della decisione di etichettare il vino come pericoloso per la salute, ci potranno essere ripercussioni per il nostro export?

Al di là delle esportazionispiega a GEA Luigi Scordamaglia, presidente di Filiera Italia, la fondazione nata per sostenere e valorizzare il cibo 100% italiano – preoccupa l’effetto domino che potrà verificarsi in ogni Paese. Se passa il principio che nei confronti del vino è necessario approvare una decisione simile, in maniera criminalizzante, senza distinguere tra uso e abuso, tra consumo consapevole e leggerezza, sarà un vero problema per i nostri prodotti certificati di origine protetta e di qualità. Questa decisione legittima un fenomeno che può estendersi a tutti i Paesi in aperta violazione delle leggi sugli scambi nel mercato interno”.

Ma non è solo l’aspetto economico a preoccupare. Scordamaglia sottolinea anche l’importante valore culturale e alimentare rappresentato dal vino. “Se prendesse piede questo convincimento, che il vino ‘nuoce alla salute’, – prosegue – si andrebbe a caratterizzare in maniera negativa un prodotto che in Italia è comparso nel 4.100 avanti Cristo in Sicilia e che da allora ha caratterizzato la storia della nostra civiltà e di tutte quelle del Mediterraneo. Inoltre il consumo consapevole di vino ha contribuito a portare noi e i giapponesi ad essere i popoli più longevi al mondo. Demonizzare il vino potrebbe quindi dare una spallata alla dieta mediterranea, vista da tutti come una dieta sana ed equilibrata”.

Scordamaglia, sul lato procedurale, parla dunque di un “comportamento pilatesco della Commissione europea – spiega – che ora rende difficile forme di ricorso”; ma il settore valuta comunque un ricorso alla Corte di Giustizia per contestare il via libera alle etichette concesso dall’Ue all’Irlanda. “Abbiamo assistito a un gravissimo comportamento deciso a tavolino dalla Commissione – conclude il presidente di Filiera Italia – che viola un principio del mercato comunitario. La battaglia sarà dura, ma non ci arrendiamo all’idea di demonizzare un prodotto che sta alla base di una civiltà millenaria e ci rappresenta nel mondo”.